disruptività tra etica e morale - ASAMBLEA ITALO
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disruptività tra etica e morale - ASAMBLEA ITALO
DISRUPTIVITÀ TRA ETICA E MORALE Romeo Lucioni Leggere le dichiarazioni del responsabile della “repressione” in Argentina negli anni lugubri di una storia che ha visto l’eclisse della ragione, del buon senso, del senso morale, umanistico ed umanitario, ci porta a considerare le relazioni tra etica e morale in rapporto con la disruptività. I fatti riportati (… che possiamo considerare come “il disruptivo”) mettono in chiaro come il problema , da un punto di vista sociale ed umanitario, impone una netta separazione e differenziazione tra il “fatto disruptivo” ed il senso profondo della “disruptività”. a) Il “fatto” (… come “evento”) porta a considerare, se così possiamo definirle, le “… motivazioni che portano l’autore di un “fatto”’ il responsabile della comparsa di un evento, a poter dire che “… bisognava risolvere un problema e questa “obbligatorietà” portava in sé la delimitazione di un “pre-giudizio” legato ad una concezione ideologica della legalità, del diritto, della … definizione dei termini impositivi di una “legge superiore, positiva, invalicabile”. È proprio questo il limite imposto dalla “considerazioni etiche” che fanno anteporre il “senso del diritto del potere” su qualsiasi altro “… senso del diritto della persona, del soggetto, del cittadino”. Da tempo discutiamo su questo punto che ha aspetti culturali, sociali, politici, filosofici e religiosi che nascono dalla pretesa di “… dover riconoscere il senso delle radici del mondo culturale europeo ed occidentale” la discussione nasce dalla presunta risposta di Gesù (fondamento della religione cattolica) alla provocazione dei filistei: “… date a Cesare quel che è di Cesare; date a Dio quel che è di Dio”. Sarebbe questo il fondamento dell’etica che impone le regole per un rapporto con l’autorità (politica e religiosa) che assume ahimè i termini del “potere”. Il generale violatore dei “diritti umani” si pone sempre nella “logica del potere” sostenuta da un “diritto positivo” che stabilisce i limiti imposti per una “concezione del valore sociale della legge”. Il “dittatore” si sente investito da un diritto che prevarica il “diritto naturale” per assumere, secondo lui, il “diritto della verità” che si sente di impersonare nella “… lettura ossessiva del libro dell’Apocalisse, nel quale sorge la presunzione del diritto di stabilire teologicamente il vallo tra il Bene ed il Male”. b) Il “senso della disruptività” anticipa le “dinamiche dell’evento” determinando il “valore della morale” (che è “senso etico del diritto naturale” e mai senso etico del potere) che impone il rispetto del “… dare alla persona ciò che è sempre e ineluttabilmente il “diritto dell’essere” da rispettare prima ed al di sopra del diritto di Cesare e del diritto di Dio. Questa presa di posizione rappresenta il “senso vero del diritto” ed anche il “senso ineluttabile della conquista di un concetto fondante e fondamentale se vogliamo considerare il “senso del diritto come valore assoluto di una concezione filosofica e culturale delle radici politiche e sociali della cultura, del sapere, dell’umanesimo. Sulla base di queste definizioni, il dittatore argentino si staglia nella storia dell’umanità come un criminale, come un “violatore sacrilego di ogni principio morale, del fondamento stesso del valore della vita, di quel “senso comune” che Hanna Arendt ha letto come il fondamento per il quale l’uomo si distanzia dalla obbligatorietà ferina dell’imposizione della forza. In altri termini, il “diritto del soggetto” (persona e cittadino) deve essere rispettato come il fondamento assoluto per poter tracciare le linee-guida di una società che vuole essere democratica e, proprio per questo, rispettosa della vita, del diritto alle pari opportunità, all’imposizione della giustizia e della sussidiarietà. Questi principi non possono essere prevaricati con l’imposizione di una etica del potere (diritto di Cesare o diritto di Dio) proprio perché la “… tradizione del senso comune come senso del valore dell’uomo” se vuole tradursi in “fondamento” o come “… le vere radici politiche, culturali, sociali e filosofiche” deve ristabilire, una volta per tutte, i limiti tra morale naturale ed etica (… che è stata purtroppo travisata come “etica del potere, del diritto positivo e della verità”. Partendo da queste considerazioni, la disruptività va intesa come “rottura delle regole della convivenza sociale, politica, economica, religiosa, culturale e umanistica”. In questi termini, possiamo intendere come “disruptività” ogni proposito di prevaricazione della “morale naturale”, del “senso comune”, dal “valore ontologico dell’essere”, ma anche del valore invalicabile della ragione. La ragione senza morale è il segno del “non essere”, diventa il “fondamento del nulla” e, proprio per questo, il lasciapassare per quelle “pulsioni di morte” che Freud ha evidenziato nella base stessa dello psichismo dell’uomo che può diventare veramente umano solamente nel momento in cui riesce a ristabilire il “senso timologico della vita”. In questi primi anni del terzo millennio, sembra che stiamo vivendo la tragicità dei primi anni del secondo millennio quando la “prevaricazione della morale naturale in favore di una presunta etica del potere, ha portato a riproporre la “logica del diritto di Caino” che è e sarà sempre la logica del potere, del senso di una presunta superiorità della forza, della ragione, del diritto del più forte che si auto-definisce come il depositario della verità o come il vero interprete dell’illuminismo apocalittico assunto come “vendicatore del Bene” contro la “deviazione del Male”. Solo da pochi anni si sono tracciate le linee culturali per definire le dinamiche della disruptività e proprio da queste definizioni si sono fondamentale le ricerche umanistiche, filosofiche, culturali ed anche umanistiche (… nelle quali confluiscono i principi della psicologia, della psicoanalisi e della timologia) che sono state indicate come il “… fondamento per un Nuovo-Rinascimento”. Questa concettualizzazione sta prendendo il significato di un fondamento profondo, sostanziale ed irrinunciabile per rompere definitivamente con quel “colonialismo culturale” che mai è stato abbandonato anche se, all’inizio del primo millennio, si era creduto di aver tracciato le linee-guida per definire il senso della cultura, dell’umanesimo, del diritto, della libertà, dell’uguaglianza e della legalità. Il principio fondante per “una lotta contro la disruptività” si sta delineando come il fondamento per tracciare le linee-guida della lotta dell’uomo contro il colonialismo culturale, contro il principio dell’etica del potere, ma soprattutto, a favore di un “senso morale dell’uomo per l’uomo”, di una “politica democratica universale che dalla globalizzazione deve il vero senso dell’uguaglianza, della libertà e della legalità. DISRUPTIVIDAD ENTRE ÉTICA Y MORAL Romeo Lucioni Leer las declaraciones del jefe de la "represión" en la Argentina durante los años sombríos de la historia que ha visto el eclipse de la razón, del sentido común, del sentido moral, humanista y humanitario, nos lleva a considerar la relación entre la ética y la moral en relación con con la disruptividad. Los hechos denunciados (... que se pueden considerar como " lo disruptivo") ponen de manifiesto cómo el problema, desde un punto de vista social y humanitario, requiere de una clara separación y distinción entre "hecho disruptivo", y el profundo significado de la "disruptività" . a) El "hecho" (... como un "evento") nos lleva a considerar, si así podemos llamarlas, "... las razones que llevan al autor de un hecho "el responsable de la ideaciòn de un evento, para poder decir que "... tenía que resolver un problema” y que “...esta obligación figura en sí misma la definición de un "prejuicio" en relación con una concepción ideológica de la legalidad, del derecho, ... de la definición de la imposición de una "ley superior, positiva, insuperable." Ese es el límite impuesto por las "consideraciones éticas" que se ponen como fundamento del "sentido del derecho del poder", por encima de cualquier “... otro sentido del derecho de la persona, del sujeto, de un ciudadano." Desde algun tiempo, este argumento sustenta el debate cultural, social, político, filosófico y religioso sobre la afirmación de "... tener que reconocer el significado de las raíces culturales de Europa y del Occidente. La discusión surge de la respuesta supuesta de Jesús (fundamento de la religión Católica) a la provocación de los filisteos: "... dar al César lo que es del César, dar a Dios lo que es de Dios." Este sería el fundamento de la ética, que hace cumplir las reglas de una relación con la autoridad (política y religiosa) que asume los términos del "poder". El General violador de los "derechos humanos" se pone siempre en la "lógica del poder", respaldada por un "derecho positivo", que establece los límites de una "concepción del valor social de derecho". El "dictador" se siente favorodo por una ley que prevalece sobre el "derecho natural" para poder asumir, según él, "el derecho de la verdad" que se evidencia en el obsesivo "... leer el libro de Apocalipsis, en el que existe la presunción del derecho a determinar el predominio teológico del Bien sobre el Mal ". b) El "sentido de disruptività" anticipa ", las dinàmicas del evento" determinando el "valor moral" (eso es "ética de la ley natural" y nunca el sentido ético del poder), que exige el cumplimiento de la dar "a la persona lo que es siempre e inevitablemente, el "derecho a ser respetado” antes y por encima de la ley del César y la ley de Dios. Esta posición representa el "verdadero significado de la ley" y también "ineludible sentido del concepto de un derecho fundamental y esencial si tenemos en cuenta el sentido "de un derecho como el valor absoluto de una base filosófica y cultural de las raices políticas y sociales, del conocimiento y del humanismo. Con base en estas definiciones, el dictador argentino se destaca en la historia como un criminal, como un "violador sacrílego de todo principio moral, que es la base misma del valor de la vida, de ese" sentido común "que Hannah Arendt ha leido como la base para que el hombre se aleje de la imposición obligatoria de la fuerza salvaje. En otras palabras, el "derecho del sujeto" (persona y ciudadano) debe ser respetado como el fundamento absoluto con el fin de elaborar las directrices para una sociedad que quiere ser democrática y, por esto, muy respetuosa de la vida, del derecho a la igualdad de oportunidades, de la imposición de la justicia y de la subsidiariedad. Estos principios no pueden ser prevaricados con la imposición de una ética del poder (el derecho de César, o la ley de Dios), porque "... la tradición del sentido común como el sentido del valor del hombre" si se quiere traducir a "fundación" o como "... las raíces reales de la vida política, cultural, social y filosófica" deberá definir, una vez por todas, las fronteras entre la moral natural y la ética (... desafortunadamente eso fue falsificado como una "ética del poder, del derecho positivo y de la verdad." Con base en estas consideraciones, la disruptividad tiene que ser entendida como "romper las reglas de la convivencia social, política, económica, religiosa, cultural y humanistica" En estos términos, se puede interpretar como "disruptività" todo proposito de prevaricaciòn de la "moral natural", del "sentido común", del "valor ontológico del ser", y asì también como el valor invalicable de la razón. La razón sin la moral es la señal del "no ser", se convierte en el "fundamento de la nada" y, por esta razón, el paso a los "instintos de muerte" que Freud ha evidenciado en la base misma de la psique humana que puede llegar a ser verdaderamente humana, solamente cuando es rficaz en el restaurar el "sentido timologico de la vida." En estos primeros años del tercer milenio, parece que estamos viviendo a través de la tragedia de los comienzos del segundo milenio, cuando la prevaricaciòn de la moral natural en favor de una ética del poder ha llevado a proponer la" lógica del derecho de Caín ", que es y será siempre la lógica del poder, el sentido de una supuesta superioridad de la fuerza, de la razón, el derecho del más fuerte que se auto-define como depositario de la verdad o el verdadero intérprete de la Ilustración apocalíptica tomada como "vengador de lo Bueno "en contra de la" desviación del Mal ". Sólo en los últimos años se han establecido límites para definir la dinámica de la cultura y de la disruptividad. Sobre estas definiciones, ha desarrollada la investigación humanistica, filosófica, cultural (... donde confluye los principios de la psicología, del psicoanálisis y de la timologia) que se han designado como "... las bases para el establecimiento de un “Nuevo Renacimiento". Esta conceptualización está tomando el significado de un fundamento profundo, sustancial e indispensable para una ruptura definitiva con el "colonialismo cultural" que nunca fue abandonado, aun cuando, a principios del primer milenio, se creìa que se habìan trazado las directrices para definir el sentido de la cultura, del humanismo, del derecho, la libertad, la igualdad y la legalidad. El principio fundamental de "una lucha contra disruptividad" se está convirtiendo en la base para la elaboración de un proyecto que lidera la lucha contra el colonialismo cultural, contra el principio de la ética del poder, pero sobre todo, a favor de una " sentido moral de hombre para elhombre ", una" política universal democráticas que la globalización tiene el verdadero significado de la igualdad, la libertad y la legalidad.