Presidente p.t.

Transcripción

Presidente p.t.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI PALMI
Sento N.1732/07
N. 1016/06 RG. T.
composto dai signori:
N.•4534/04 RG.N.R
1. Dott. Vincenzo
GIGLIO
Presidente - Estes-
SENTENZA
2. Dott. Silvia
CAPONE
Giudice
in data 08/11/07"
3. Dott. Alessandra BORSELLI Giudice
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depositata in cancelIetht'~ .~
il
2 t - t 1- 2 d:.~-j~.::~ ~:::;."
Con l'intervento del Pubblico Ministero
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rappresentato dal Sostituto Procuratore della Repubblica
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Dott. Francesco De Falco Giannone
Art.N.
e con il Cancelliere B/3 Cama Domenico
del Campione Penale
il
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
fatta scheda
Sentenza passata in giudicato
il
nella causa penale
CONTRO
MARCHIORELLO Dino + 8
(segue elenco)
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Appello
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1) MARCHIORELLO Dino Giovanni Maria, nato il 09/0911924 a Cittadella
(PD) residente a Rosa' (VI) Via Ca' Minotto n. 46 - assente già presenteDif. Avv. Franco Antonelli di fiducia foro - di B:QII1arHJo;~
2) CUNSOLO Domenico, nato il 30/0911953 a Chiaravalle Centrale (CZ)
residente a Milano Via Besana n.4 - contumace - Dif.Avv.Carlo Girli di
fiducia - foro di Milano -
3) ORTOLAN Enzo, nato il 31/0711941 a Venezia residente ad Artegna (DD)
Via Chiamuzzacco n.51b - assente già presente - Dif. Avv.Francesco Napoli
di fiducia - foro di Palmi.-
4) GERONZI Cesare, nato il 15/0211935 a Marino (RM) ivi residente Via
Vascarelle n. 16- assente già presente - Dif. Avv. ti Francesco Vassali e
Guido Calvi di fiducia - foro di Roma - (domicilio eletto presso lo studio
dell'avv. Francesco Vassali -
5) PIRROTTA Paolo Antonio, nato il 02/0511947 a Messina residente a Reggio
Calabria Via Spirito Santo n .291 (domicilio eletto) - Dif Avv. Abenavoli
Aldo Raffaello di fiducia - foro di Reggio Calabria -
6) FALCONE Giuseppe, nato il 15111/1946 a Messina ivi residente contrada
Bucolico/ Salice (domicilio eletto) - assente già presente - Dif.Avv.Barone
Isabella di fiducia - foro di Messina-
7) ABETE Luigi, nato il 17/02/1947 a Roma ivi residente Via Predestina n.683
assente già presente - Dif.Avv.ti Vincenzo D'Ascola di fiducia - foro di
Reggio Calabria - e Roberto Rampioni di fiducia - foro di Roma che elegge
domicilio)
8) BRUNO Martino, nato il 04/0911964 a Taranto ivi residente Via Palteja
n.556 - presente - Dif. Avv. ti Vincenzo D'Ascola di fiducia foro di
Reggio Calabria - e Vincenzo Rampioni di fiducia - foro di Roma -
9) CATALANO Eduardo, nato il 05/11111957 a Napoli residente a Catania
Via Vittorio Emanuele II n. 201 p.l
di fiducia - che elegge domicilio
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presente - Dif.Avv.Luigi Cardone
IMPUTATI
(Vedi allegati)
Con l'intervento di:
• Pubblico Ministero: Dr. Rocco Cosentino
• Le Parti hanno concluso come segue:
• Pubblico Ministero: chiede: per Marchiorello Dino, Geronzi Cesare, Abete
Luigi, l'assoluzione per tutti i reati contestati, perché il fatto non costituisce reatoPer Cunsolo Domenico, Ortalan Enzo e Falcone Giuseppe, condanna, previa
concessione delle attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, ad
anni 2 di reclusione ed euro 10.000 do multa - Per Pirrotta Paolo, Martino
Bruno e
Catalano Eduardo, condanna, previa concessione delle attenuanti
generiche equivalenti alla contestata aggravante, per tutti i reati contestati avvinti
dal vincolo della continuazione, alla pena di anni 2 e mesi 6 di reclusione ed euro
16.000 di multa.La Difesa della parte civile: Avv. Gobbi al temine della discussione si riporta
ad una memoria scritta che sarà depositata all'udienza del 06/11/07- Avv.
Romualdo deposita memoria iscritta alla quale si riporta -
Avv.Musitano
deposita conclusi scritte alle quali si riporta -Avv. Cimato deposita conclusioni
scritte alla quali si riporta - Avv. Tanza deposita nota spese e sentenza della
Corte di
Cassazione del 18/03/03, si riporta alla memoria scritta che sarà
depositata dall'Avv. Saccomanno.- Avv. Saccomanno deposita nota spese e
memoria alla quale si riporta - Avv.Amato deposita nota spese e si riporta alla
memoria depositata dall'Avv. Saccomanno- Avv. Turcani a conclusioni
dell'intervento iniziato alla scorsa udienza dall'Avv.Gobbi ,deposita nota spese e
si riporta alla memoria che sarà depositata dall'Avv. Saccomanno - Avv. SpineIli
deposita memoria e nota spese alla quale si riporta - Per le parti civili sono
presenti: Avv.Gobbi e Avv.Albanese Malvasi come sostituto degli Avv.ti Amato,
D'inzillo, Saccomanno e Tanza
La Difesa imputati: Avv.Vassalli chiede l'assoluzione per Geronzi per non aver
commesso il fatto - Avv.Apa nell'interesse di Geronzi chiede :l'assoluzione
perché il fatto non sussiste o per non averlo commesso, deposita memoria scritta.Avv. Infantino chiede: per Pirrotta l'assoluzione con formula ampiaAvv .D'ascola chiede: nell'interesse di Abete ,l'assoluzione perché il fatto non
sussiste; per Martino chiede l'assoluzione perché il fatto non susssiste in subordine per non averlo commesso - Avv. Cardone chiede: nell'interesse di Catalano
l'assoluzione per non aver commesso il fatto o perché il fatto non costituisce
reato, deposita memoria scritta - Avv. Barone chiede: nell'interesse di Falcone
l'assoluzione per non aver commesso il fatto, deposita memoria- Avv. Napoli
nell'interesse di Ortolan chiede l'assoluzione perché il fatto non sussiste,o perché
non costituisce reato o per non averlo commesso, deposita memoria scritta- Avv.
Antonelli nell'interesse di Marchiorello chiede l'assoluzione per insussistenza del
fatto, deposita memoria scritta - Avv. Soliani nell'interesse di Consolo chiede
l'assoluzione per insussistenza del fatto o per non averlo commesso o perché non
costituisce reato - Avv. Rampioni nell'interesse di Abete e Martino chiede
l'assoluzione perché il fatto non sussiste, o per non averlo commesso o perché
non costituisce reato, chiede inoltre il dissequestro di quanto in sequestro -
-....
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ELENCO PARTI CIVILI - E bi ~epfs'\)~·.;
PROCESSO "Marchiorello Dino + 10" N° 1016/06 RGT
f)
COMUNE DI ROSARNO
Avv. M. Giulia Cimato del foro di Palmi
2)
CHIDEM S.r.l.
Avv. Antonio Tanza del foro di Lecce
J)
DE MASI COSTRUZIONI
Avv. Fabrizio Gobbi del foro di Milano
4)
RETIFICIO DE MASI S.r.l.
Avv. Fabrizio Gobbi del foro di Milano
5)
DE MASI OFFICINE S.a.8.
Avv. Carlo D'Inzillo del foro di Roma
6)
DE MASI ANTONIN
Avv. G. Saccomanno del foro di Palmi
7)
ZINCAL S.r.L
Avv. Antonio Amato del foro di Lecce
8)
DE MASI AGRICOLTURA Sip.a.
Avv. G. Saccomanno del foro di Palmi
9)
CALFIN S.p.a
Avv. G. Saccomanno del foro di Palmi
fO)
ADUC ONLUS
f f)
DA MASI GIUSEPPE
Avv. C. D'inzillo del foro di Roma, A.
Tanza del foro di Lecce
f2)
ROTTURA NATALINA
Avv. C. D'inzillo del foro di Roma, A.
T anza del foro di Lecce
fJ)
DE MASI ANTONIO
Avv. C. D'inzillo del foro di Roma, F.
Gobbi del foro di Milano
f4)
DE MASI GRAZIA
Avv. C. D'inzillo del foro di Roma, F.
Gobbi del foro di Milano
f5)
DI GIOIA ANGELA C.
Avv. F. Gobbi del foro di Milano, G.
Saccomanno del foro di Palmi
f6)
DE MASI SERAFINA
Avv. F. Gobbi del foro di Milano, G.
Saccomanno del foro di Palmi
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ELENCO PARTI CIVILI
PROCESSO "Marchiorello Dino + 10" N° 1016/06 RGT
-:
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17)
MUMOLI MICHELE
Avv. F. Gobbi del foro di Milano, G.
Saccomanno del foro di Palmi
18)
DE MASI CATERINA
Avv. F. Gobbi del foro di Milano, G.
Saccomanno del foro di Palmi
19)
REGIONE CALABRIA
Avv. Lucio Romualdo del foro di Reggio
Calabria
20)
COMUNE DI GIOIA TAURO
Avv. Domenico Musitano del foro di
Palmi
DESCRIZIONE SOMMARIA DELLA FASE DIBATTIMENTALE
Con decreto del 7.6.2006 il GUP ha rinviato a giudizio Dino MARCHIORELLO, Domenico
CUNSOLO, Enzo ORTOLAN, Cesare GERONZI, Paolo Antonio PIRROTTA, Giuseppe
FALCONE, Luigi ABETE, Martino BRUNO, Eduardo CATALANO, Luigi BAGALA' e Fulvio
CHERUBINI perché rispondessero delle imputazioni di usura loro rispettivamente contestate.
Nel corso della prima udienza, tenutasi il 5.10.2006, si sono presentati gli imputati ORTOLAN e
CATALANO. Tutti gli altri imputati sono rimasti assenti e, non avendo addotto alcun legittimo
impedimento, sono stati dichiarati contumaci. Si sono presentate o costituite tutte le parti civili
risultanti dai verbali del processo. Il Tribunale ha risolto una serie di eccezioni preliminari
sollevate da varie parti processuali.
Il 18.10.2006 sono state stralciate le posizioni degli imputati BAGALA' e CHERUBINI essendo
stata dichiarata la nullità, limitatamente alla loro posizione, degli atti successivi all'avviso di
conclusione dell'indagine preliminare non essendo stati costoro interrogati pur avendolo chiesto
espressamente. Sono state ammesse le prove richieste dalle parti con le eccezioni risultanti dal
verbale.
Il 29.11.2006 sono stati sentiti i testi Lorenzo ARCIDIACO e" Francesco LA TORRE.
Il 17.1.2007 il processo è stato rinviato per un legittimo impedimento dell'Avv. GILLI,
difensore di Domenico CUNSOLO. Sono stati contestualmente sospesi i termini di prescrizione
dei reati contestati.
L'8.2.2007 il processo è stato nuovamente rinviato per un legittimo impedimento del predetto
Avv. GILLI e dell'imputato Enzo ORTOLAN.
Il 13.3.2007 sono stati sentiti Antonino DE MASI e Francesco CARISTI (quest'ultimo
SI
è
rifiutato di rispondere avvalendosi della facoltà concessagli dall'art. 210 c.p.p.},
Il 24.4.2007 si sono presentati gli imputati Cesare GERONZI, Luigi ABETE e Martino BRUNO
ed è stata revocata la loro dichiarazione di contumacia. Sono stati sentiti i testi Giuseppe
TRIPODI (questi si è avvalso della facoltà di non rispondere ex art. 210 c.p.p.), Marcello
POLLIO (è stata acquisita la sua relazione), Rinaldo SCOPELLITI e Rosario Domenico
VASTA. È stata revocata l'ammissione di tutti i testi residui delle parti civili ad eccezione di
Giuseppe DE MASI. Sono stati esaminati gli imputati Luigi ABETE e Cesare GERONZI.
Il 3.5.2007 si è presentato l'imputato Giuseppe FALCONE ed è stata revocata la sua
dichiarazione di contumacia. È stato sentito il teste Giuseppe DE MASI. Sono stati esaminati
gli imputati Giuseppe FALCONE (del quale è stato anche acquisito il verbale d'interrogatorio),
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Eduardo CATALANO e Martino BRUNO. Sono state acquisite le dichiarazioni dell'imputato
Dino MARCHIORELLO.
Il 31.5.2007 sono stati sentiti i testi Vincenzo OCCHINEGRO, Pierpaolo COTONE e Gabriella
SERRAVALLE. È stata revocata l'ammissione dei testi Giovandomenico FORMOSA, Mario
PANTALEO, Carlo CAPRODOSSI e Antonio LIGUORI.
II 14.6.2007 l'imputato Enzo ORTOLAN ha reso dichiarazioni spontanee ed è stato esaminato.
Sono stati sentiti i testi della difesa Davide FRANCO, Umberto TROCINO e Paolo FERRO LUZZI.
II 25.9.2007 è stata revocata l'ammissione dei testi della lista CUNSOLO.
II 9.10.2007 si è presentato l'imputato Dino MARCHIORELLO ed è stato revocata la
dichiarazione di contumacia. Lo stesso ha reso dichiarazioni spontanee. È stata acquisita
documentazione prodotta dal PM. Sono stati sentiti i consulenti di parte Maurizio GRASSANO
e Emanuele D'INNELLA (di entrambi sono state acquisite le relazioni). Sono stati sentiti i testi
Alessandro CHITI e Andrea ROSSI. È stata revocata l'ammissione di tutti gli altri testi residui
della difesa. Sono stati specificamente indicati gli atti utilizzabili per la decisione.
~'~1.•10.2007 il PM ha pronunciato la sua requisitoria PM e sono iniziati gli interventi delle parti
CIVIh.
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Il 6.11.2007 le parti civili hanno concluso i loro interventi e sono iniziate le arringhe difensive.
L'8.11.2007 sono state concluse le arringhe difensive ed il Tribunale, chiuso il dibattimento, si è
ritirato in camera di consiglio per poi leggere il dispositivo della sentenza.
ELEMENTI DI PROVA
La prima parte dell'istruttoria dibattimentale è stata scandita essenzialmente dal racconto delle
parti offese e dunque Antonino e Giuseppe DE MASI ed uno dei loro principali collaboratori,
Lorenzo ARCIDIACO.
Deposizione di Antonino DE MASI
Il gruppo industriale fondato da suo padre Giuseppe ha ormai più di cinquant'anni ed opera nei
settori della costruzione meccanica, della commercializzazione delle macchine agricole,
nell'informatica e nei servizi portuali. II suo fatturato annuo si aggira attorno a 15 milioni di
euro.
2
La struttura attuale del gruppo, che da lavoro a circa 280 persone, consta dunque di numerose
aziende, con diverse forme societarie, la cui esatta articolazione è riportata in un prospetto
allegato all'esposto presentato a suo tempo alla Procura della Repubblica.
Il vero e proprio core business è tuttavia concentrato nella costruzione di macchinari per
lolivicoltura, settore in cui il gruppo DE MASI è all'avanguardia tecnologica, dispone di
brevetti industriali di rilievo, ha una importante presenza su mercati esteri come Spagna,
Portogallo, Grecia, Israele ed Australia.
Nel periodo compreso tra il 1996 ed il 1998 lui ed i suoi familiari, allo scopo di consolidare ed
incrementare quote di mercato e fatturato, decisero di sfruttare le opportunità offerte dalla
Legge 488 del 1992 chiedendo la contribuzione pubblica per progetti localizzati essenzialmente
nell 'area industriale di Gioia Tauro e per altre piccole iniziative nelle zone di Rizziconi,
Cittanova e Vibo Valentia.
Alla presentazione dei progetti seguiva per legge una procedura finalizzata alla loro valutazione
la cui prima fase passava attraverso gli istituti di credito (nel loro caso la Banca Nazionale del
Lavoro) cui era stata delegata la verifica della bontà industriale, tecnologica e finanziaria.
Completata questa istruttoria le domande di contribuzione e la loro valutazione venivano
trasm esse al Mini,tero delle AttiVità Produttive per l'eveutuale approvazione.
Ottenuto il decreto di approvazione, si poteva ottenere la prima tranche del finanziamento
dietro presen tazione di una fideiussione.
Il pagamento degli ulteriori importi era invece legato agli stati di avanzamento lavori.
Le società del gruppo interessate a tali progetti dovettero subire intoppi burocratici di ogni tipo
che provocarono ritardi rilevanti nell'esecuzione dei programmi necessari.
N aturalmente in questo iter si inserirono anche controlli ad opera dei più svariati organismi
istituzionali i quali si conclusero invariabilmente senza rilievi.
Quei ritardi, uniti alla severità dell'impegno finanziario che comportarono gli investimenti
intrapresi, accrebbero l'esigenza delle società del gruppo di accedere al credito.
La famiglia ritenne che fosse più prudente rivolgersi a più banche anziché concentrare la
domanda su un solo istituto.
Quelle cui i DE MASI si rivolsero in misura quantitativamente prevalente furono la
ANTONVENETA e la BANCA DI ROMA
ma ci furono anche rapporti con la BNL e il
MONTE DEI P ASCHI DI SIENA.
Svariati furono anche i tipi di rapporto avviati secondo le possibilità e le richieste dei varr
istituti.
3
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I
Quanto alle condizioni contrattuali, i DE MASI, per via delle loro pressanti esigenze finanziarie,
accettarono senza fiatare quelle proposte dalle banche così come accettarono ulteriori pretese
che esorbitavano dalle loro necessità e rispondevano piuttosto ad interessi delle banche
medesime.
Così, ad esempio, a fronte di una loro richiesta di credito per un miliardo di lire, la BANCA DI
ROMA gli concesse un'apertura di credito per il doppio salvo poi pretendere che uno dei due
miliardi fosse investito in BOT da trattenere a garanzia della rest.it.uzione del prest.ito e facendo
così lievitare l'ammontare degli interessi pagati.
Più o meno la stessa cosa fece il MONTE DEI PASCHI DI SIENA che concesse anch'esso un
prestito di due miliardi di lire a fronte dell'unico miliardo richiest.o , pretendendo tuttavia che
una parte dell'eccesso di liquidità venisse investita in titoli il cui andamento di mercato fu
disastroso producendo in poco tempo una perdita del 40/50% del capit.ale.
Anche i rapporti con ANTONVENETA, inizialmente corretti, si inasprirono progressivamente e
un esponente della stessa si intromise pesantemente nella vendita, che i DE MASI avevano
programmato per procurarsi liquidità, del 50% della loro società ZIN .CAL che operava nell' area
port.uale di Gioia Tauro. Quell'intromissione costò alla famiglia la riduzione di un miliardo del
prezzo che l'acquirente, anch'egli cliente della ANTONVENETA, si era già impegnato a pagare
per l'acquisto della quota.
N essun episodio di rilievo si verificò invece nei rapporti con la BNL la cui gestione era peraltro
assai centralizzata sicchè le filiali periferiche avevano scarsa voce in capitolo.
Le difficoltà ed i ritardi burocratici da un lato e le crescenti incomprensioni con le banche
dall'altro fecero sì che il gruppo entrasse in affanno finanziario, tanto più alla luce dei costi
progressivamente crescenti del credito ricevuto.
La famiglia ed il suo principale collaboratore Lorenzo ARCIDIACO cominciarono dunque ad
esaminare con attenzione capillare la documentazione bancaria e si rivolsero anche ad un
esperto, il Dott. PAGLIARO, ed all'associazione ADUC la cui esistenza era st.ata appresa
attraverso consultazioni on line.
Si constatò così che le condizioni applicate al finanziamenti concessr alle società del gruppo
erano palesemente penalizzanti.
Fu pertanto deciso di adire l'autorità giudiziaria civile e penale, iniziativa questa che portò ad
un ulteriore peggioramento dei rapporti con le banche che ne furono dest.inatarie.
Il gruppo DE MASI venne così a trovarsi in una condizione di isolamento che ovviamente si
riverberò sulle sue attività industriali e commerciali.
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Fu pertanto necessarro cominciare a praticare forti sconti sulla vendita dei prodotti così da
ottenere la liquidità necessaria per la normale operatività aziendale, fu talvolta indispensabile
pagare in ritardo gli stipendi ai dipendenti, furono cercati nuovi rapporti con istituti di credito
ottenendo soltanto l'apertura di un fido di 500.000 € ad opera della Banca Popolare di Crotone.
Deposizione di Giuseppe DE MASI
È il fondatore del gruppo DE MASI la cui costituzione ed il cm consolidamento hanno
impegnato un cinquantennio.
Le aziende che lo compongono hanno un'elevata capacità tecnologica ed una radicata presenza
nel settore delle macchine agricole sia sul mercato nazionale che su mercati esteri come la
Spagna, il Portogallo, l'Australia e la Nuova Zelanda.
Il gruppo da lavoro a circa 250 persone.
Lo sviluppo del gruppo ha richiesto l'accesso ai finanziamenti della Legge 288 ed il connesso
ricorso al credito bancario. Sennonché quella che era una possibilità di crescita si trasformò in
un momento di crisi per l'atteggiamento di varie delle banche cui i DE MASI si rivolsero per
chiedere l'aiuto finanziario di cui avevano bisogno. Tassi elevati, richieste improvvise e
immotivate di rientro, pretese incomprensibili, tutto questo fece sì che le aziende del gruppo
entrassero in affanno e fossero costrette a limitare le loro possibilità operative se non addirittura
a cessare la loro attività.
Deposizione di Lorenzo ARCIDIACO
È responsabile amministrativo delle aziende del gruppo DE MASI anche se segue più da vicino
la DE MASI COSTRUZIONI. Iniziò questo lavoro nel 1998.
Il gruppo, che attualmente da lavoro a circa 250 dipendenti, si è costituito nell'arco di un
cinquantennio partendo dall'attività del capostipite Giuseppe DE MASI.
La società capogruppo è la CAL.FIN. del cui patrimonio fanno parte le proprietà immobiliari
della famiglia DE MASI e le quote di partecipazione dei suoi esponenti nelle società operative.
Ci sono poi la DE MASI COSTRUZIONI che costruisce macchine agricole, la ZIN.CAL. che fa
zincature per parti macchine e lavorazioni di carpenteria pesante, la DE MASI SPA che
produce, ripara e commercializza pezzi di ricambio per l'agricoltura così come l'AGRITER.
Fanno sempre parte del gruppo altre due società finite in liquidazione, la DE MASI
AGRICOLTURA e la CHI.D.E.M., ed infine il RETIFICIO DE MASI, anch'esso finito in
liquidazione senza mai essere divenuto operativo.
Nel quinquennio 1996 - 2001 il gruppo avviò diversi programmi di investimento ai sensi della
Legge 488 del 1992 riuscendo ad ottenerne il finanziamento nella quasi totalità dei casi.
5
Programmi di questo tipo richiedevano una forte collaborazione delle banche. La struttura dei
finanziamenti agevolati prevedeva infatti che, dopo l'erogazione di una prima tranche legata
alla presentazione di una polizza fideiussoria, gli ulteriori importi fossero liquidati in relazione ai
progressivi stati di avanzamento lavori. Occorreva in altri termini acquisire terreni, costruire
impianti, dotarsi di macchinari e solo dopo queste operazioni si acquisiva il diritto alle
successive erogazioni del contributo complessivamente stanziato. Questo stato di
cose,
unitamente a vari fattori di difficoltà (pressione criminale mafiosa, intoppi burocratici,
insufficienza delle risorse finanziarie del gruppo), rendeva necessario il ricorso al credito
bancario.
Fu così che le aziende del gruppo interessate alla Legge 288 dovettero chiedere nuovi fidi o
incrementare quelli già esistenti. Tale era peraltro la loro necessità di credito che non furono in
condizioni di interloquire sulle condizioni offerte dai vari istituti di credito finendo cosÌ per
accettarle senza alcuna resistenza o negoziazione.
Sempre quella necessità fu alla base dell'accettazione di ulteriori pretese di talune banche, come
ad esempio il MONTE DEI PASCHI DI SIENA il quale pretese, a fronte della concessione di
un'apertura di credito, la sottoscrizione di fondi comuni di sua emissione che ben presto si
rivelarono un investimento disastroso tanto che accumularono in soli tre mesi una perdita del!!.
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30% del capitale sottoscritto.
Come responsabile amministrativo del gruppo gli competeva anche il controllo e la sistemazione
della documentazione bancaria.
Ebbe dunque la possibilità di rendersi conto che la spesa delle società del gruppo per interessi ed
altri oneri bancari, tra i quali spiccava la commissione di massimo scoperto, era ingente. D'altro
canto, non era possibile fare a meno del credito ottenuto sicchè gli esponenti del gruppo
cominciarono progressivamente a cedere loro proprietà immobiliari e quote significative di
alcune delle società DE MASI oltre che a liquidare titoli ed altre forme di investimenti
finanziari.
Furono
abbandonati
o
drasticamente
ridimensionati
nUOVI
programmI
di
investimento. Tutto questo però non servì, se non in misura insufficiente, a ridurre la
dipendenza del gruppo dal sistema creditizio.
Raggiunto e superato il livello di guardia, i proprietari del gruppo, su suo consiglio, decisero di
monitorare complessivamente i loro rapporti creditizi e si affidarono al Dott. P AGLIARO per
un 'analisi tecnica. N e venne fuori che alcuni istituti avevano applicato tassi ed oneri in misura
superiore ai limiti massimi previsti dalla legge. Fu cosÌ che la proprietà decise di avvrare
procedimenti giudiziari per il recupero di ciò che indebitamente le era stato sottratto.
6
Non si trattò tuttavia di una scelta indolore. Dopo le prime azioni legali, precisamente nel 2003,
la DE MASI AGRICOLTURA fu segnalata alla Centrale Rischi del sistema bancario poiché
aveva esposizioni piuttosto rilevanti e non era in grado di rientrare. Questo mise in notevole
difficoltà la società che dovette procedere alla cessione di un suo importante ramo aziendale alla
DE MASI SPA ed entrò in liquidazione. Ne derivarono difficoltà a catena per le altre società del
gruppo in termini di peggioramento dei rapporti con i fornitori (che diminuirono drasticamente
gli sconti precedentemente concessi) e di ulteriori ristrettezze nell'accesso al credito, e questo in
un periodo in cui sarebbe stato al contrario necessario espandersi per cogliere le opportunità
commerciali su alcuni mercati stranieri dell'area mediterranea.
Peraltro, queste difficoltà erano in massima parte attribuibili al difficile rapporto con il sistema
creditizio e non a deficit strutturali del gruppo. La DE MASI era infatti di per se stessa in grado
di
stare
sul
mercato
e
di
produrre
e
commercializzare
prodotti
tecnologicamente
all'avanguardia, poteva contare su un fatturato complessivo annuo di circa 20 milioni di euro e
avrebbe disposto, ove non avesse dovuto fronteggiare quelle difficoltà esterne, di apprezzabili
margini di redditività.
Restante parte dell'istruttoria dibattimentale
Il resto dell'istruttoria è servito essenzialmente ad ascoltare le dichiarazioni degli imputati che
hanno accettato di sottoporsi all'esame o hanno reso dichiarazioni spontanee, a sentire una serie
di testi che hanno illustrato l'organizzazione interna degli istituti di credito i cui esponenti sono
imputati in questo processo ed una serie di consulenti che hanno espresso le loro valutazioni
sulla perizia redatta dal Dott. CRISCUOLO e, più in generale, sui fondamenti tecnici del
sistema cui ha dato vita la legge 108.
È stata infine acquisita una rilevante mole di documenti prodotti da tutte le parti processuali.
Sia le prove dichiarative di cui si è appena fatta menzione che quelle documentali saranno
richiamate e commentate, ove se ne ravvisi la necessità, nelle successive parti della motivazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
PREMESSA
L'esposizione del percorso logico che il Tribunale ha posto a fondamento della propria decisione
richiede alcune premesse.
7
Non sono mancate nel corso della fase dibattimentale suggestioni volte ad attribuire a questa
esperienza giudiziaria un significato ben più ampio di quello strettamente connesso alle ipotesi
di reato contestate dalla pubblica accusa.
Numerosi sono gli indizi in tal senso ma ne possono bastare alcuni soltanto.
Il modo in cui sono stati cumulati i capi di imputazione: a differenza di quanto avviene
normalmente, e senza che vi fosse alcuna ragione formale di connessione, il comune
denominatore di questo processo è stato individuato nelle parti offese (i componenti della
famiglia DE MASI ed i quotisti o azionisti delle società facenti capo al gruppo omonimo) sicchè
hanno finito per confluire in un unico contenitore vicende e persone formalmente e
sostanzialmente estranee tra loro il cui solo punto di contatto è stato, appunto, il comune
riferimento alle operazioni di accesso al credito dei DE MASI medesimi.
Le deposizioni di Antonino DE MASI, Giuseppe DE MASI e Lorenzo Domenico ARCIDIACO:
in più passaggi costoro hanno fatto riferimento ad una sorta di atteggiamento indistinto degli
istituti bancari con cui le società del gruppo hanno avuto rapporti negoziali, volto a rendere
progressivamente più difficile il loro accesso al credito ovvero ad appesantire le condizioni
applicate fino a farle diventare intollerabili. È sembrato cioè che questi testi abbiano inteso
accreditare una sorta di intenzione comune, e dunque di responsabilità di sistema, direttamente
finalizzata a spremere il gruppo DE MASI in modo parossistico per poi abbandonarlo al suo
destino una volta compresa l'impossibilità di ottenerne ulteriori vantaggi.
Gli interventi conclusivi di talune parti processuali: è più volte sembrato, sia nella conduzione
dell'istruttoria dibattimentale che nelle conclusioni finali, che taluni dei protagonisti del
processo si attendessero non soltanto una pronuncia sui capi di imputazione ma un giudizio più
ampio che, rivolgendosi in generale al mondo del credito, ne stigmatizzasse prassi asseritamente
scorrette e servisse quindi da monito per ripristinare l'equilibrio violato e precludere eventuali
violazioni future.
Ebbene, va subito chiarito che non è questo il compito del Tribunale, di nessun giudice per la
verità.
Non è in questo ambito istituzionale che possono trovare soluzione problemi che pure sono
oggettivamente emersi nel corso dell'istruzione dibattimentale. Non è attraverso un giudizio che
possono essere governati, ma neanche analizzati compiutamente, fenomeni di amplissima
portata quali la storica debolezza del tessuto produttivo del Meridione d'Italia e della Calabria
in particolare e il non sempre agevole e proficuo rapporto tra imprenditoria locale ed operatori
8
del credito (rapporto reso vieppiù complicato dal progressivo assorbimento in istituti nazionali
delle poche banche nate nel nostro territorio).
E non è neanche questa la sede per pronunciamenti massimalisti sul complesso normativo messo
in campo dal legislatore per disciplinare il funzionamento del credito ed i rapporti tra datori e
prenditori di denaro. È vero, e lo si vedrà più in dettaglio in parti successive di questa
motivazione, che la legislazione vigente, in particolare per ciò che qui interessa la novella
contenuta nella Legge 108 del 1996, non è esente da profili problematici ma, lo si ribadisce, non
spetta ad alcun giudice farsi paladino di campagne riformiste o chiarificatrici che finiscano per
incidere in settori di spettanza esclusiva del potere legislativo.
Spetta semmai al giudice la verifica di legittimità costituzionale delle specifiche norme la cui
applicazione gli è necessaria per la definizione del giudizio. E tuttavia, nel caso in esame non
viene in riferimento alcuna norma che non regga a tale vaglio ed alla stessa conclusione sono
giunti altri giudici chiamati ad un analogo compito. Ma anche di questo si dirà meglio più
avanti.
Sicchè, in ultima analisi al Tribunale compete soltanto pronunciarsi sui capi di imputazione
/l
contestati dall'accusa e farlo in relazione a singole persone considerate in relazione alle loro ,/j
/,
personali condotte ed alla loro posizione soggettiva e non in quanto esponenti di un mondo,
quello del credito appunto, da valutare come un monolite indistinto.
Un'altra precisazione si impone ancora. Nel corso della sua deposizione Antonino DE MASI e
Lorenzo ARCIDIACO hanno più volte fatto cenno a comportamenti scorretti di alcuni
esponenti di talune delle banche con cui le aziende dell'omonimo gruppo hanno avuto rapporti.
Pretese di sottoscrizione di titoli poi rivelatisi investimenti disastrosi, indebite ingerenze in
vendite di quote di aziende del gruppo tradottesi in un abbassamento rilevante del prezzo
spuntato, imposizione di erogazione di credito in misura superiore a quella necessaria e
contestuale imposizione di sottoscrizione, con il denaro prestato in eccesso, di titoli subito
acquisiti in garanzia e via discorrendo.
Non c'è dubbio che tali episodi, ove realmente esistenti, getterebbero una luce inquietante sul
comportamento dei soggetti coinvolti e, di riflesso, sulla connivenza o quantomeno sull'assenza
di adeguati controlli da parte degli istituti di credito per i quali quei soggetti hanno operato.
Ed è ugualmente indubbio che quegli stessi episodi, sempre se provati, contribuirebbero a
dimostrare in quale stato di debolezza e di soggezione i DE MASI potrebbero essersi venuti a
trovare nel loro rapporto con le banche.
9
Resta tuttavia il fatto che nessuna di tali vicende è stata presa in considerazione dalla Procura e
posta a base di una qualche imputazione.
N e deriva che neanche il Tribunale potrà e dovrà occuparsene in alcuna direzione.
SISTEMA LEGISLATIVO COSTRUITO DALLA Legge 108 DEL 1996
Fatta queste necessarie premessa, è già il momento di entrare nel vivo del processo e di
affrontare quindi i temi la cui soluzione è indispensabile per un corretto inquadramento delle
condotte addebitate agli imputati.
Bisogna allora confrontarsi, per intanto su un plano generale, con il sistema costruito dalla
Legge 108 del 1996.
È noto che l'art. 644 c.p. comma 3° nella sua nuova formulazione dispone che gli interessi
debbano essere considerati usurari allorchè oltrepassino il limite massimo stabilito dalla legge.
Per la verità lo stesso comma introduce un'ulteriore eventualità, quella cioè di considerare
usurari anche interessi ad un tasso inferiore a quel limite sempre che siano sproporzionati alla
prestazione resa e chi li ha dati o promessi si trovi in una condizione di difficoltà economica o
finanziaria.
.
I difensori di parte civile hanno provato ad utilizzare anche questa possibilità alternativa
chiedendo cioè al Tribunale di affermare la responsabilità degli imputati sulla base di questa
seconda opzione.
Va subito chiarito al riguardo che il tenore letterale e sostanziale di tutti i capi di imputazione
non consente affatto di assecondare questa prospettiva. La loro semplice lettura evidenzia
infatti che la Procura ha inteso sì inserire in contestazione un asserito stato di bisogno delle parti
offese ma attribuendogli la limitata valenza di circostanza aggravante del fatto principale. Si
vuole cioè intendere che l'accusa è stata interamente costruita sull'ipotesi della consumazione
dei reati per via della previsione di interessi in misura superiore a quella massima consentita e
senza intravedere e descrivere alcun collegamento tra questa circostanza e le condizioni
economico - finanziarie delle parti offese. Quella suggestione va quindi respinta in quanto non
attinente all'accusa per come si è concretamente atteggiata.
Si può allora tornare allora all'ipotesi principale ed alla costruzione legislativa da cui essa prende
le mosse.
Le novità introdotte dalla Legge 108 possono essere così sintetizzate:
spetta alla legge stabilire il limite oltre il quale gli interessi sono usurari;
lO
f
la determinazione del tasso di interesse usurario deve tenere conto delle commissioni,
delle remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse,
collegate ali' erogazione del credito;
la rilevazione del tasso effettivo globale medio (d'ora in avanti TEGM) è demandata al
Ministro del Tesoro (oggi Ministro dell'Economia e delle Finanze) il quale vi provvede
trimestralmente dopo avere sentito la BANCA D'ITALIA e l'VFFICIO ITALIANO
CAMBI (di seguito VIC);
il TEGM esprime la media degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari
finanziari iscritti negli elenchi ufficiali tenuti dalla BANCA D'ITALIA e dall'VIC nel
corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura;
nel TEGM rientrano le commissioni, le remunerazioni a qualsiasi titolo e le spese, escluse
quelle per imposte e tasse;
spetta ugualmente al Ministro dell'Economia e delle Finanze, ancora una volta dopo
avere sentito la BANCA D'ITALIA e l'VIC, la classificazione delle operazioni per
categorie omogenee tenuto conto della natura dell'oggetto, dell'importo, della durata, dei
rischi e delle garanzie;
il limite oltre il quale gli interessi vengono considerati usurari è stabilito nel tasso medio
risultante dall'ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta Vfficiale relativamente alla
categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato della metà (cosiddetto
tasso soglia).
A questo complesso di norme deve poi aggiungersi la Legge 28.2.2001 n? 24 la quale, per scopi di
interpretazione autentica, ha precisato che si intendono usurari gli interessi che superano il limite
stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualsiasi titolo,
indipendentemente dal momento del loro pagamento.
Va infine segnalato che la BANCA D'ITALIA ha emesso nel corso del tempo varie circolari
contenenti le istruzioni impartite alle banche ed agli altri intermediari finanziari per la
segnalazione dei dati occorrenti per la rilevazione del TEGM.
Lo stesso ha fatto l'VIC emettendo istruzioni conformi a quelle della banca centrale.
È questo dunque il sistema costruito dal legislatore.
Va subito detto che talune parti processuali, ci si riferisce principalmente ad alcune delle parti
civili, hanno sollevato, ora esplicitamente ora en passant, delle obiezioni sia riguardo al sistema
di per se stesso che al modo in cui lo hanno inteso ed applicato gli operatori, ed in particolare la
BANCA D'ITALIA, chiamati a svolgervi funzioni di rilievo.
Il
If
La prima questione è stata posta riguardo ad una possibile violazione del principio della riserva
di legge in materia penale derivante dalle competenze che la Legge 108 ha attribuito al Ministro
dell'Economia.
Sul punto, come si è anticipato, si è già pronunciata la Corte di Cassazione (si veda Casso Peno
Sez, 21\, sentenza n? 20148 del 18.3.2003, SIMONI ed altri) affermando che" In tema di usura è
manifestamente infondata l'eccezione di incostuusionalùà del combinato disposto degli artt. 644,
terzo comma cod. peno e 2 della legge 7 marzo 1996 n. 108 per contrasto con l'art. 25 Cost., sotto il
profilo che le predette norme, nel rimettere la determinazione del "tasso soglia", oltre il quale si
configura
uno
degli
elementi soggettivi
del delitto
di
usura, ad
organ:
amministrativi,
determinerebbero una violazione del principio della riserva di legge in materia penale. (La Corte ha
osservato che il principio della riserva di legge è rispettato in quanto la suddetta legge indica
analiticamente il procedimento per la determinazione dei tassi soglia, affidando al Ministro del tesoro
solo il limitato ruolo di <<fotografare», secondo rigorosi criteri tecnici, l'andamento dei tassi
finanziari)" .
N on occorre dire altro al riguardo se non che questo Tribunale condivide appieno l'orientamento
dei giudici di legittimità e lo fa proprio.
La seconda questione, pur strettamente connessa alla prIma,
SI
pone tuttavia su un plano
differente.
Si è sostenuto dunque che, anche ad ammettere la legittimità del ricorso al Ministro
dell'Economia per la rilevazione dei tassi e ad organismi quali la BANCA D'ITALIA e l'VIC per
il supporto tecnico a tale rilevazione, è certamente arbitraria l'operazione compiuta dall'istituto
centrale allorchè ha elaborato esso stesso la formula matematica per il calcolo del TEGM ed ha
individuato, ancora una volta autonomamente, gli oneri e le commissioni da inserire in quella
formula e quelli da escludere. Altrettanto arbitrario in questo contesto sarebbe poi stato il
calcolo separato della commissione di massimo scoperto (d'ora in avanti CMS) e la sua mancata
inclusione nel sistema di calcolo del TEGM.
Il Tribunale non condivide neanche queste argomentazioni.
La prima considerazione da fare al riguardo è che la BANCA D'ITALIA è espressamente
menzionata nella Legge 108 come un organismo il cui parere è obbligatorio ai fini dell'emissione
del decreto trimestrale di rilevazione dei tassi.
Questa menzione, va da sé, ha una sua precisa giustificazione.
La BANCA D'ITALIA è infatti la banca centrale della Repubblica italiana ed è parte del
Sistema europeo di banche centrali (SEBC) e dell'Eurosistema. E' un istituto di diritto pubblico.
12
J
Persegue finalità d'interesse generale nel settore monetario e finanziario (tra le quali spiccano il
mantenimento della stabilità dei prezzi, la stabilità e l'efficienza del sistema finanziario, in
attuazione del principio della tutela del risparmio sancito dall'art. 47 Cost., e tutti gli altri
compiti ad essa affidati dall'ordinamento nazionale).
Si tratta peraltro di un organismo cui l'ordinamento, proprio per la delicatezza dei compiti
affidatigli, assicura in massimo grado autonomia ed indipendenza e ciò a prescindere dal fatto
che il suo capitale sociale appartenga in parte, per retaggio storico, ad alcune delle banche sulle
quali la BANCA D'ITALIA esercita la sua funzione di vigilanza.
Fatta questa prima precisazione da cui emerge la piena legittimazione dell'istituto centrale ad
avere voce in capitolo nella materia oggetto del processo, resta ancora da dire che la legge 108,
allorchè ha indicato le modalità di determinazione del tasso usurario, si è servita di espressioni di
tipo generale. Il legislatore ha cioè parlato di commissioni, remunerazioni e spese, ha precisato
che nel calcolo deve rientrare tutto ciò che è collegato all'erogazione del credito ma non ha poi
inteso compilare un elenco analitico delle specifiche voci che dovessero rientrare in ciascuna di
questa categorie.
È dunque la stessa legge a consentire ed anzi imporre un intervento degli organismi tecnici così
da dare un contenuto concreto a principi e categorie che altrimenti rimarrebbero non
compiutamente espressi.
N eanche sotto questo aspetto dunque è dato cogliere le aberrazioni denunciate dalle parti civili.
Spingendo adesso questo esame al suo punto di massima concretezza, è lecito affermare che la
BANCA D'ITALIA abbia interpretato il suo ruolo con eccessiva larghezza ed in modo arbitrario
ed illogico? E se sì, non bisognerebbe forse rigettare in toto il suo contributo e quindi tornare ad
un'applicazione letterale della legge 108?
Il Tribunale, nell'intento di dare una risposta a tutti gli interrogativi sollevati dalle parti, non si
sottrarrà neanche a queste domande.
È chiaro che l'esame deve essere condotto attraverso le istruzioni, periodicamente aggiornate,
emesse dalla BANCA D'ITALIA. È questo infatti lo strumento di cui l'istituto si è servito per
adempiere alle funzioni demandategli dalla legge citata.
L'attenzione sarà ovviamente rivolta alle scelte operative che portino ad escludere qualche voce
dal calcolo del TEGM poiché solo le stesse, secondo la prospettazione delle parti civili, sarebbero
suscettibili di tradire lo spirito della legge 108 che invece vorrebbe la massima inclusione
possibile.
13
f
La prima di questa scelte è quella in virtù della quale talune categorie di operazioni sono state
escluse dalle rilevazioni.
Questo è il loro elenco:
operazioni con non residen ti
operazioni in valuta diversa dall'euro
posizioni classificate a sofferenza
crediti ristrutturati o in corso di ristrutturazione
operazioni a tasso agevolato
operazioni a tassi promozionali o convenzionati
finanziamenti revocati
posizioni relative a utilizzi per soli saldi liquidi che non hanno fatto registrare saldi
contabili a debito
posizioni affidate con utilizzo contabile nullo nel periodo di riferimento
finanziamenti finalizzati alla commercializzazione di specifici beni concessi a tassi di
favore
operaZIOnI di
finanziamento
effettuate nei
confronti di
società del
gruppo
di
1"/
appartenenza
/
crediti rinegoziati a condizioni di costo stabilite tra le parti o fissate per legge
finanziamenti effettuati con fondi raccolti mediante emissione di obbligazioni di sene
speciale con la clausola di convertibilità in azioni di società terze, regolati a condizioni
prossime a quelle della relativa provvista.
Sono arbitrarie queste esclusioni?
Si prenda ad esempio il caso dei crediti ristrutturati o in corso di ristrutturazione. Traducendo
dal linguaggio bancario, si intendono per tali quelli per i quali l'operatore concede una
moratoria nel pagamento e rinegozia il debito ad un tasso inferiore a quelli di mercato. È
evidente la ragione di una scelta simile: l'operatore teme che il mantenimento delle condizioni di
partenza non sia sopportabile dal debitore e possa spingerlo verso l'insolvenza; preferisce
pertanto accontentarsi di un corrispettivo minore ma più sicuro. Ebbene, se un tasso del genere
venisse inserito nel calcolo del TEGM, esso contribuirebbe a creare un valore difforme da quello
effettivo. Sarebbe infatti tenuto in considerazione un tasso che non obbedisce a logiche di
mercato ma piuttosto ad una finalità transattiva. Il che, come si è già detto, tradirebbe non solo
lo spirito della legge ma anche il suo stesso tenore letterale dal momento che i decreti
14
J
ministeriali trimestrali devono indicare appunto tassi effettivi, cioè conformi a quanto avviene
effettivamente sui mercati.
Lo stesso evidentemente si può dire delle operaZlOl1l a tasso agevolato o promozionale, delle
posizioni che non hanno fatto registrare saldi contabili a debito, dei finanziamenti infragruppo e
così via.
Ciascuna delle tipologie elencate presenta infatti specificità tali da sottrarla all'ordinaria
dinamica in materia di tassi sicchè il suo eventuale inserimento nel calcolo del TEGM servirebbe
più a tradire la ratio della legge 108 che a rispettarla.
Si può dunque convenire che la scelta operata per questo aspetto dalla BANCA D'ITALIA non
appare affatto arbitraria ed ha anzi finalità di salvaguardia della voluntas legis.
Un'altra scelta su cui si è concentrata l'attenzione delle parti processuali è quella attinente gli
oneri e le spese da non includere nel calcolo del TEGM.
Scorrendo dunque le istruzioni della BANCA D'ITALIA, si rileva che sono state escluse, oltre
alle imposte e tasse direttamente escluse dal legislatore, le seguenti voci:
recupero di spese, anche se sostenute per servizi di terzi
spese legali ed assimilate
interessi di
mora e oneri assimilabili contrattualmente previsti per il caso di
inadempimento di un obbligo
;:t(f'
I
oneri applicati al cliente indipendentemente dalla circostanza che si tratti di rapporti di
finanziamento o di deposito
spese connesse con i servizi accessori (questa voce, presente nelle istruzioni aggiornate
fino al dicembre 2002, è successivamente scomparsa)
spese per assicurazioni e garanzie che non abbiano a che fare con la copertura del rischio
del mancato o solo parziale rimborso del credito (questa voce, presente nelle istruzioni
aggiornate fino al luglio 2001, è successivamente scomparsa).
Anche in questo caso si può convenire che tutte le esclusioni obbediscono ad un evidente criterio
di ragionevolezza.
N on si può infatti dubitare che il recupero di spese sia una voce non collegata all'erogazione del
credito.
Lo stesso può dirsi per le spese legali e per gli oneri applicati alla clientela a prescindere dalla
natura del rapporto.
15
Quanto infine agli interessi di mora e agli altri oneri a questi assimilabili, il loro fondamento è di
natura civilistica e sta nella responsabilità contrattuale di chi si sia sottratto ad un obbligo
assunto su base convenzionale.
Ancora una volta dunque la scelta operata dalla BANCA D'ITALIA appare congrua al dettato
legislativo.
Il terzo tema su cm fermare l'attenzione è quello della formula prescelta dall'istituto per il
calcolo del TEGM.
Questo si determina secondo la procedura che segue: si moltiplicano gli interessi per 36.500 ed il
prodotto così ottenuto è diviso per i numeri debitori; l'ammontare risultante è addizionato
all'ulteriore importo ottenuto moltiplicando gli oneri per 100 e dividendo il risultato per
l'accordato.
Per interessi si intendono le competenze di pertinenza del trimestre di riferimento, calcolate in
funzione del tasso di interesse annuo applicato.
I numeri debitori sono dati dal prodotto dei capitali e dei giorni.
Gli oneri sono quelli definiti come tali dalle istruzioni per la rilevazione.
L'accordato è il limite massimo del credito concesso dall'intermediario sulla base di una ,
decisione assunta nel rispetto delle procedure interne.
Sul punto, vi sono state anzitutto alcune obiezioni di dettaglio. È stato ad esempio affermato
che la formula non comprenderebbe gli interessi composti, cioè gli interessi prodotti da altri
interessi trasformatisi in capitale per effetto dell'anatocismo. Si tratta tuttavia di un rilievo
incongruo dal momento che la dizione adoperata dalle istruzioni è invece tale da assicurare
l'onnicomprensività delle competenze percepite dalla banca nel trimestre di riferimento.
Il grosso dei rilievi attiene invece a questioni di principio. Non è stata cioè contestata da alcuno
la congruità matematica della formula quanto piuttosto la sua idoneità a rappresentare
esattamente il valore cercato. In particolare il consulente delle parti civili, Dott. POLLIO, si è
affannato a dimostrare la possibilità di ricorrere a formule alternative, tutte, a suo avviso, più
indicative di quella adottata dalla BANCA D'ITALIA.
Che dire al riguardo? Il Tribunale non ignora, ad onta della convinzione che la matematica non
è un'opinione, che una formula come quella di cui si discute è il frutto di una scelta che si è
imposta su altre possibili.
Tuttavia, ed è questo il punto, una scelta bisognava farla perché era il legislatore ad averla
richiesta e perché bisognava assicurare certezza agli operatori del credito e a tutti coloro che
siano in qualche modo interessati all'applicazione della legge 108.
16
La BANCA D'ITALIA l'ha fatta, ha adottato un modello rappresentativo che non ha in sé
elementi di abnormità, l'ha elaborato valendosi di staff di personale che per riconoscimento
unanime è di elevato valore professionale, si è mossa lungo il solco di metodologie consolidate.
Questo basta al Tribunale per ritenere quella scelta affidabile così che non si debba
discos tarsene.
Del resto, la migliore dimostrazione di ciò che succederebbe se
SI
ritenesse la formula della
BANCA D'ITALIA solo uno dei tanti modelli utilizzabili in alternativa tra loro sta nella stessa
relazione del Dott. POLLIO.
Si tratta, si badi bene, di un professionista di notevole e specifica esperienza nel settore eppure
non ha trovato di meglio da fare che proporre ben cinque ipotesi di calcolo del TEGM: la prima
conforme a quella dell'istituto centrale, la seconda priva dell'accordato, la terza inclusiva della
CMS frazionata per il massimo scoperto, la quarta inclusiva della CMS tra gli oneri, la quinta ed
ultima inclusiva della CMS tra gli interessi.
N on c'è bisogno di particolari commenti per evidenziare che questa navigazione in mare aperto
creerebbe un insuperabile disorientamento tra gli operatori interessati che davvero non
fF/;!~
saprebbero a che santo votarsi per stabilire quale sia il confine entro cui agire.
Senza dimenticare, poi; che le istruzioni della BANCA D'ITALIA e quindi anche il metodo di
calcolo del TEGM che l'istituto ha adottato sono vincolanti per tutte le banche e gli altri
intermediari finanziari ai sensi degli artt. 4, 5 e 51 del Decreto Legislativo 385 del 1993 (il
cosiddetto Testo unico bancario). Si potrebbe cioè, ove si seguisse la strada suggerita dalle parti
civili, arrivare alla paradossale situazione per la quale un operatore che abbia seguito
pedissequamente le istruzioni e non abbia sforato i tassi soglia rilevati dai decreti ministeriali
potrebbe ugualmente essere chiamato a rispondere sulla base di calcoli differenti ed eccentrici
rispetto a quelli imposti dalla BANCA D'ITALIA. Tutto questo con buona pace della certezza
del diri tto .
Sicchè, ancora una volta, il Tribunale ritiene di non dovere e neanche potere condividere le
suggestioni cui si è fatto cenno.
Il discorso fin qui intrapreso non sarebbe completo se mancasse di prendere in considerazione i
rilievi, anch'essi numerosi. mossi in riferimento alla CMS ed al modo di computarla ai fini della
previsione dell'art. 644 comma 3° c.p.
L'argomento è importante e problematico e sarà quindi oggetto di una specifica trattazione nel
paragrafo immediatamente successivo.
17
If
COMMISSIONE DI MASSIMO SCOPERTO
Si intende per CMS, secondo la definizione che ne da la BANCA D'ITALIA nelle sue istruzioni,
il corrispettivo pagato dal cliente per compensare l'intermediario dell' onere di dovere essere
sempre in grado di fronteggiare un'espansione nell'utilizzo dello scoperto del conto.
Si tratta di una voce non espressamente menzionata nel testo dell'art. 644 c.p.
Le
istruzioni dell'istituto
centrale hanno
comunque inteso assicurarne la
rilevazione
prescrivendo tuttavia che la stessa sia fatta separatamente e che la CMS non entri nel calcolo del
TEGM.
Va infine segnalato che il 2.12.2005 la BANCA D'ITALIA ha emesso il bollettino di vigilanza n?
1166966 in cui, per la prima volta, ha introdotto il concetto di CMS soglia (consistente nella
CMS media aumentata del 50%) in analogia alla metodica utilizzata per la determinazione del
TEG soglia.
N ella stesso bollettino si precisa poi che"l'applicazione di commissioni che superano l'entità della
GAIS soglia non determina di per sé l'usurarietà del rapporto che va invece desunta da una
valutazione complessiva delle condizioni applicate. A tale fine, per ciascun trimestre l'importo della
G.NIS percepita l'a confrontato con l'ammontare degli interessi (ulteriori rispetto a quelli in concreto
. praticati) che la banca avrebbe potuto richiedere fino ad arrivare alle soglie di volta in volta vigenti.
Qualora l'eccedenza della commissione rispetto alla GAIS soglia sia inferiore a tale margine, è da
fI
"
ritenere ch e non SI, determini
etertruni un supero d eIle sogIOle dOI
·1 egge'·.
o
«
/
f
o
La BANCA D'ITALIA ha comunque avuto cura di precisare che le istruzioni contenute nel
bollettino in esame obbediscono sì all'esigenza di fornire una possibile soluzione interpretativa ai
tanti dubbi espressi dall'autorità giudiziaria e da altri organismi ma non sono in ogni caso
vincolanti ai fini dell'interpretazione della Legge 108/96.
È questo dunque il quadro con cui confrontarsi.
Il problema che si pone per primo è strettamente connesso alla scelta della BANCA D'ITALIA
di escludere la CMS dal novero delle voci che entrano nella formula matematica per il calcolo del
TEGM.
C'è ovviamente una ragione che giustifica quest'esclusione e consiste in ciò che, a differenza
dell'interesse, la CMS non è rapportata al tempo ma al comportamento dell'utilizzatore del
credito (che può liberamente scegliere di servirsi o non servirsr della provvista che
l'intermediario si è obbligato a tenere a sua disposizione). È dunque legata ad un fattore
variabile che mal si adatta ad essere utilizzato in una formula che richiede invece parametri fissi .
•
18
Ebbene, sulla scia della metodica adottata dalla BANCA D'ITALIA si è innestato un confronto
dibattimentale cui hanno contribuito tutti i consulenti delle parti processuali.
Una prima possibilità interpretativa ed applicativa è quella proposta dai consulenti di alcuni
degli imputati, in particolare i professori D'INNELLA e FERRO· LUZZI.
Da parte di costoro si sostiene dunque (per comodità si fa riferimento al loro contributo
complessivo, tanto più che la parte concettuale dei loro contributi poggia su considerazioni assai
affini) che:
il fondamento tecnico ed i parametri cui è legata la CMS sono profondamente diversi da
quelli dell'interesse; la concreta configurazione della prima è strettamente connessa al
comportamento dell'utilizzatore del credito sicchè, se se ne tenesse conto ai fini della
fattispecie di usura, la consumazione del reato dipenderebbe in ultima analisi dal
comportamento della parte offesa e non da quello del preteso soggetto agente che,
peraltro, non avrebbe alcuna possibilità giuridica di impedire o limitare quel
comportamento;
fino al 2006 le comunicazioni che la BANCA D'ITALIA ha ricevuto dagli istituti di
credito riguardavano indistintamente sia la CMS applicata sui conti con fido accordato
che la CMS applicata sui conti senza fido accordato; è stato quindi determinato un tasso
medio di CMS che unisce importi non comparabili tra loro; i conti con fido accordato
sono infatti preceduti da un attento monitoraggio del merito creditizio del cliente e in
questo caso la CMS può essere variata a seconda del grado di rischio che la banca si
assume; nel secondo caso, invece, le banche tendono ad applicare la CMS nel grado
massimo possibile poiché non hanno sufficienti informazioni sul comportamento che
terrà iI cliente e sul rischio che gliene deriverà; proprio per questa ragione, a partire dal
2006 la banca centrale ha chiesto che le comunicazioni in materia di CMS vengano fatte
solo per i conti con fido accordato;
sempre per queste stesse ragioni è improprio che il tasso soglia della CMS sia stato
determinato con la stessa metodica utilizzata per il TEG; mentre infatti per quest'ultimo
ha senso l'aumento del 50% del tasso medio (poiché studi matematico - statistici hanno
dimostrato che una forbice di questa misura ha effettivamente una concreta connessione
con quanto avviene sul mercato), lo stesso non vale invece per la CMS che, al contrario,
non è stata oggetto di studi analoghi;
la Legge 108 del 1996 fa espresso riferimento solo al TEGM e non ha mai menzionato la
CMS che è invece presa in considerazione da una fonte di rango non normativo quali sono
19
le istruzioni della BANCA D'ITALIA (che dovrebbero piuttosto essere inquadrate come
atto amministrativo di portata generale).
La conclusione ovvia di queste argomentazioni è che la CMS non può essere utilizzata come
componente per il calcolo del TEGM ma neanche avere un rilievo autonomo nel senso cioè che
possa essere autonomamente produttiva di usura ove sia stata superata la soglia.
Di segno ovviamente opposto sono state le argomentazioni del consulente delle parti civili, Dott.
POLLIO, il quale si è invece speso, con dovizia di dati ed elementi logici, per documentare la
tesi contraria secondo la quale la CMS va tenuta in considerazione quale fattore rilevante e
potenzialmente produttivo di usura nei rapporti creditizi.
Per venire a capo di questo evidente contrasto tra posizioni nessuna delle quali appare arbitraria
o priva di valore scientifico, il Tribunale ha fortunatamente a disposizione i principali criteri
ermeneutici offerti dall'art. 12 delle Preleggi e dunque il dato letterale e la ratio legis.
Il tenore testuale del quarto comma dell'art. 644 c.p. è chiarissimo laddove prevede che "Per la
determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto di tutte le commissioni, remunerazioni a
qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito".
E proprio da questa chiarezza espressiva discende un'altrettanto chiara volontà legislativa:
quella cioè di considerare rilevanti nell'ambito della fattispecie di usura tutti gli oneri che un
utente sopporti in connessione al suo uso del credito.
Stando così le cose, la soluzione è piuttosto agevole.
La CMS è certamente un costo che trova la sua fonte in un rapporto negoziale tra un cliente ed
un intermediario finanziario. Non solo: si tratta di un costo che, indiscutibilmente, è collegato
all'erogazione del credito giacché ricorre tutte le volte in cui il cliente utilizza concretamente
l'apertura di credito concessagli dall'intermediario e funge da corrispettivo per l'onere, cui esso
intermediario si sottopone, di procurarsi la necessaria provvista di liquidità e tenerla a
disposizione del cliente.
È dunque la stessa legge, e non una qualche istruzione della BANCA D'ITALIA, ad imporre che
la CMS sia tenuta in considerazione come elemento potenzialmente produttivo di usura.
Stabilito questo primo principio, resta da valutare l'incidenza delle difficoltà tecniche cui hanno
accennato i consulenti delle difese degli imputati.
Si tratta, occorre riconoscerlo, di difficoltà serie e di solido fondamento scientifico, tanto che la
stessa BANCA D'ITALIA, fin dall'entrata a regime della Legge 108, non ha trovato di meglio
che ricorrere ad un calcolo differenziato della CMS riconoscendo per ciò stesso l'impossibilità di
selezionare una formula che facesse confluire questa voce nel calcolo del TEG.
20
f
Di ciò il Tribunale non può che prendere atto non disponendo, ovviamente, di alcuno strumento
logico o interpretativo che possa colmare una lacuna della scienza contabile.
D'altro canto, non è neanche possibile che una difficoltà di tal genere possa porre nel nulla una
legge vigente.
Ed allora, l'unica soluzione possibile è che la CMS - che, lo si ribadisce, è un onere sicuramente
compreso tra quelli menzionati dal quarto comma dell'art. 644 c.p. - sia rilevante di per se
stessa e cioè possa, in presenza dei necessari elementi costitutivi, generare autonomamente una
condizione usuraria nel rapporto tra datore e prenditore di credito.
La conclusione appena raggiunta porta con sé un inevitabile corollario.
Se la CMS rientra a pieno titolo tra gli oneri menzionati dal quarto comma dell'art. 644 e se è
impossibile allo stato attuale inserirla congruamente nel calcolo del TEGM tanto da doverla
prendere in considerazione come elemento dotato di autonoma rilevanza penale, allora la
soluzione, presentata peraltro con estremo beneficio d'inventario, proposta dalla BANCA
D'ITALIA nel bollettino del dicembre 2005, quella cioè di confrontare la CMS con gli interessi e
fare una sorta di
conguaglio tra ammontari ultrasoglia ed ammontari infrasoglia, è
impraticabile.
Se infatti le di~amiche ed i fattori di formazione degli interessi sono disomogenei ed
incomparabili con le dinamiche ed i fattori di formazione della CMS, altrettanto disomogenee ed
incomparabili saranno le cifre finali.
C'è ancora una questione da affrontare.
Qual è il limite oltre il quale la CMS acquisisce rilevanza penale? Quello superiore al valore
medio rilevato nei decreti ministeriali o quello superiore al valore medio aumentato del 50%?
Si è sottolineato in precedenza che solo a partire dal dicembre del 2005, con il bollettino
1166966, la BANCA D'ITALIA ha introdotto il concetto di CMS soglia, da calcolarsi similmente
al TEG soglia ovverossia individuando il valore medio e poi aumentandolo del 50%.
Sennonché, i fatti oggetto di questo processo sono invariabilmente avvenuti in epoca precedente
al dicembre 2005 e dunque in periodi nei quali le istruzioni della banca centrale e dell'VIC non
contenevano alcun accenno a questo nuovo concetto e si limitavano a prescrivere la semplice
rilevazione separata del valore medio della CMS.
A quale parametro si deve dunque agganciare la valutazione giudiziaria?
Il perito Dott. CRISCVOLO ha scelto di utilizzare il criterio della CMS soglia e di considerare
pertanto indebiti soltanto i casi di sforamento del valore medio aumentato della metà.
Il Tribunale ritiene che questo criterio sia condivisibile.
21
Esistono più ragioni a sostegno di questa tesi.
C'è anzitutto un fatto di mera simmetria applicativa. In un contesto che, come si è visto, è
caratterizzato da una certa dose di incertezze interpretative, la chiarezza e la sistematicità delle
prassi finiscono per avere un importante ruolo di supporto agli operatori. È quindi preferibile
che il calcolo di due valori che, ancorché autonomamente rilevanti, si inseriscono nel medesimo
rapporto sia fatto secondo metodiche affini o addirittura uguali.
Ancora: valgono per la CMS le stesse considerazioni che hanno spinto il legislatore a prevedere il
concetto di TEG soglia; ragioni di civiltà e di certezza giuridica impediscono di creare un sistema
in cui l'acquisizione di un corrispettivo di per se lecito ed in misura prossima alla media possa
dar luogo a responsabilità penale; in altri termini, il superamento del cuscinetto aggiuntivo del
50% (percentuale in cui, peraltro, si intravede una significativa assonanza con la lesione ultra
dimidium ex art. 1448 comma 2° Cod. Civ.) è ciò che trasforma un comportamento lecito e
congruo alle dinamiche del mercato in un comportamento riprovevole e meritevole di sanzione
penale; e queste considerazioni valgono indistintamente per il TEG e per la CMS.
Infine: è principio generale del nostro ordinamento che l'interpretazione debba avvenire
possibile in bonam partem e dunque nel senso più favorevole all'imputato.
OV~7
C'è dunque quanto basta perché il Tribunale faccia propria la tesi del Dott. CRISCUOLO.
Il discorso fin qui fatto non sarebbe completo se mancasse di prendere in esame un ultimo
aspetto sollevato da vari difensori degli imputati.
Si è detto dunque da parte di costoro che se la CMS non è nominativamente menzionata nel
quarto comma dell'art. 644, se la BANCA D'ITALIA ha sempre prescritto di rilevarla
separatamente dal TEG e non ha mai trovato il modo di far confluire i due valori in uno
soltanto, se insomma la CMS è rimasta fino ad oggi un oggetto oscuro e dagli effetti scarsamente
decifrabili, tutto questo non può che risolversi nell'impossibilità di farne uso come elemento
oggettivo del reato di usura.
La questione, pur suggestiva, non ha alcun pregio pratico.
Si è già detto, e non lo si ripeterà, che l'art. 644 prescrive di includere, ai fini della valutazione
della ricorrenza dell'usura, tutti gli oneri comunque collegati al credito.
Si è pure detto che la CMS rientra certamente in questo novero per via delle sue caratteristiche
funzionali.
Già questo basterebbe poiché si tratta di considerazioni elementari alla portata di chiunque
operi professionalmente nel credito.
22
Ma c'è di più: la BANCA D'ITALIA, pur nel modo che si è visto, ha sempre riposto attenzione
su questa voce e ne ha sempre prescritto la rilevazione in quanto rilevante in materia di usura.
Anche la banca centrale ha dunque dato, senza alcuna incertezza, un chiaro segnale al mondo
bancario fornendogli peraltro, assieme all'VIC ed al Ministro dell'Economia, un'indicazione
precisa riguardo al fatto che la CMS andasse, per cosÌ dire, maneggiata con cura e fosse
suscettibile di conseguenze di rilevanza penale.
È allora evidente che interpretazioni volte a banalizzare questi dati - ma ancor prima la logica
del sistema costruito dal legislatore - e a trasformare gli operatori del credito in soggetti
bisognosi di istruzioni di dettaglio per non violare la legge, non possono trovare alcuna
accoglienza.
IL MOMENTO DI CONSUMAZIONE DEL REATO
Si è rilevato in premessa che, a seguito di pronunce giudiziarie contrastanti, il Parlamento
avvertì la necessità di emanare la Legge di interpretazione autentica 28.2.2001 n? 24 precisando
che si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui
essi sono promessi o comunque convenuti, a qualsiasi titolo, indipendentemente dal momento del loro
pagamento.
//
La questione ha un suo rilievo in questo processo dal momento che tutte le ipotesi di usura
contestate dalla pubblica accusa sono state costruite non in relazione al momento iniziale dei
rapporti di credito che gli esponenti della famiglia DE MASIo società dell'omonimo gruppo
avviarono con alcune banche ma a dinamiche successive di quegli stessi rapporti.
In altre parole, l'accusa ha ipotizzato che tali rapporti, inizialmente leciti, diedero luogo a
fattispecie penalmente rilevanti per il modo in cui furono gestiti successivamente alloro sorgere
e dunque per la progressiva applicazione di condizioni peggiorative riguardo ai tassi di interesse
ed alla CMS.
C'è allora da chiedersi se, alla luce del disposto della Legge 24, si possa parlare di usura anche in
ques ti casi.
Il Tribunale ritiene di dover dare una risposta positiva, anche
i/i/-
1Il
questo caso sulla base di
plurime argomentazioni.
Tanto per iniziare, la previsione della promessa o della convenzione come momento consumativo
del reato non significa affatto che tale momento possa aversi solo nella fase iniziale di un
rapporto di credito. È infatti ben possibile che le condizioni possano cambiare in costanza di
rapporto per fatto unilaterale accettato o per accordo bilaterale. Si potrebbe anzi dire che sia
questa la situazione fisiologica in un contesto che, come quello creditizio, è estremamente
23
sensibile alle variazioni di mercato. Ora, immaginare che la previsione della Legge 108 debba
intendersi limitata al solo momento iniziale di un rapporto che ordinariamente è di lunga durata
ed è destinato a conoscere numerose modifiche significherebbe dare alla norma un significato
palesemente sottostimato rispetto all'evidente ratio legis.
N on solo: a questo argomento già di per sé decisivo si aggiunge la previsione dell'art. 644 ter c.p.
secondo il quale la prescrizione dell'usura decorre dal giorno dell'ultima riscossione sia degli
interessi che del capitale. Anche questo, a ben vedere, è un segnale preciso: il legislatore ha
inteso prendere in considerazione l'intero arco di durata del rapporto illecito di credito evitando
accuratamente che sfugga all'area della rilevanza penale qualsiasi comportamento che si iscriva
in esso, partendo dal momento genetico e terminando con l'ultimo atto di esazione.
C'è dunque la chiara volontà di perseguire ogni comportamento, quale che sia la fase in cui esso
si manifesta, che sia espressivo del reato.
È indubbio allora che l'usura possa concretarsi, sempre che vi sia un riferimento ad interessi
l ,,/
promessi o convenuti, in qualsiasi momento del rapporto tra il soggetto agente e la vittima.
.$/
CONTRIBUTI TECNIO (PERIZIA D'UFFICIO E CONSULENZE DI PARTE)
Come era naturale che fosse data la materia esplorata, questo processo ha tra le sue PrinCipar
fonti conoscitive numerosi elaborati tecnici.
Alla perizia redatta dal Dott. CRISCUOLO su incarico del GUP occorre aggiungere infatti varie
consulenze di parte: quella redatta dal Dott. Nicodemo DE PINO per conto della Procura,
quella del Dott. Marcello POLLIO per le parti civili, quelle del Prof. Dott. Emanuele
D'INNELLA, del Prof. Paolo FERRO - LUZZI, dei Dottori Davide FRANCO e Umberto
TROCINO e del Dott. Maurizio GRASSANO per gli imputati.
Si tratta di elaborazioni che presentano spesso marcate differenze concettuali e visioni talvolta
contrastanti su singoli punti concreti.
È bene allora chiarire l'idea del Tribunale al riguardo.
Alcune parti processuali, principalmente le parti civili, hanno stigmatizzato la scelta del GUP di
avvalersi di un perito proveniente dalle fila della BANCA D'ITALIA.
Si tratta, si badi bene, di critiche che
hanno a che fare non con il profilo personale e
professionale del Dott. CRISCUOLO, la cui moralità e competenza tecnica non sono state messe
in discussione da alcuno, quanto piuttosto con la sua qualità di funzionario della banca centrale.
Si è ciò sostenuta, coerentemente ad un 'impostazione più generale per la quale la BANCA
D'ITALIA, attraverso l'emanazione di istruzioni discutibili ed arbitrarie, sarebbe stata un
24
fattore di freno della realizzazione delle possibilità offerte dalla legge 108, l'improprietà del
ricorso ad un esponente di quello stesso istituto.
In altri termini, le parti civili hanno considerato una iattura ciò che è poi effettivamente
successo e cioè che il Dott. CRISCUOLO scegliesse, per obbligo di appartenenza si potrebbe dire,
di non discostarsi dalla strada tracciata dal suo istituto.
Non si ripeterà a questo proposito ciò che è già stato detto nei paragrafi precedenti. Si ribadisce
soltanto, per quanto qui serve, che il Tribunale non considera affatto arbitrarie le scelte fatte
dalla BANCA D'ITALIA e dall'VIC nelle loro istruzioni ed anzi le guarda come l'unico modo
possibile di dare attuazione pratica ad una legge che diversamente sarebbe stata attuata solo
parzialmente e in modo assai più disagevole.
Sicchè, il fatto che il Dott. CRISCUOLO provenga dai ranghi della banca centrale e
SI
sia
attenuto alle istruzioni della stessa per svolgere il suo lavoro peritale non è di per sé un motivo
valido per contestarne l'operato.
Chiarito questo aspetto preliminare, resta adesso da stabilire quale delle visioni tecniche offerte
I/iif/'
sia quella più idonea a fungere da supporto alle valutazioni di questo giudice.
~
Al riguardo, il Tribunale ritiene di dovere utilizzare in modo privilegiato il contributo dello
stesso Dott'. CRISCUOLO.
Più che evidenti sono le ragioni di tale scelta.
La relazione redatta dal funzionario in questione è, a differenza di tutte le altre, il frutto di un
serrato contraddittorio tra le parti interessate e si è potuta giovare non solo delle competenze
personali del perito ma anche dei punti di vista dei consulenti di parte, a seconda dei casi per
valorizzarli o confutarli.
Ancora: il perito d'ufficio, a differenza di tutti gli altri professionisti nominati dalla parti, non
aveva alcun interesse ad enfatizzare visioni unilaterali.
In più: è emerso che il Dott. CRISCUOLO non solo è funzionario della BANCA D'ITALIA ma
ha fatto parte del ristretto staff che ha collaborato alla redazione delle istruzioni tante volte
citate. È dunque, senza tema di smentite, uno dei massimi esperti italiani in materia ed ha
avuto a disposizione, per via della sua specifica collocazione funzionale, un osservatorio
privilegiato sulle questioni che stanno alla base di questo processo.
Infine: nessuno dei consulenti di parte ha mosso al perito obiezioni che revocassero in dubbio la
correttezza del metodo da lui adoperato e la sua capacità di tradurre in conclusioni specifiche e
concrete il metodo stesso. Ci sono state sì, come si è già detto, critiche di natura generale o
concettuale ovvero rilievi marginali e di dettaglio sulla valutazione di singole poste ma nessun
25
consulente ha voluto o potuto affermare che il Dott. CRISCUOLO abbia usato, ad esempio, una
documentazione errata o abbia fatto calcoli o comparazioni sbagliati.
Questo sul versante della perizia d'ufficio.
Se si va adesso a prendere in considerazione individualmente le consulenze di parte si vedrà che:
la consulenza redatta dal Dott. DE PINO è totalmente inficiata da seri errori
metodologici che sono stati rilevati non soltanto dai consulenti degli imputati ma anche
dallo stesso perito d'ufficio allorchè è stato sentito nel corso dell'udienza preliminare; uno
per tutti, l'uso sbagliato della formula matematica indicata dalla BANCA D'ITALIA
inserendo gli oneri non nella seconda parte della stessa e cioè in rapporto all'accordato,
come prescritto, ma nella prima parte e cioè quella che dovrebbe rapportare gli interessi
ai numeri debitori;
la consulenza del Dott. POLLIO, cui si è già accennato in precedenti passaggi, si fonda
su una visione, quella cioè dell'inserimento della CMS nel calcolo del TEG, che il
Tribunale non condivide per le ragioni già esplicitate;
le consulenze D'INNELLA e FERRO - LUZZI sono ugualmente non condivisibili, ma
/W
per ragioni opposte: il Tribunale non ritiene infatti, ed anche questo è stato già detto, che / /
sia corretta un'interpretazione volta a porre nel nulla la CMS e la sua rilevanza ai fini
dell'art. 644 ;
la consulenza FRANCO - TROCINA presenta anch'essa profili censurabili: i due
professionisti contestano, ad esempio, al Dott. CRISCUOLO di avere inserito nel calcolo
del TEG le spese fisse di chiusura dimenticando tuttavia che sono le istruzioni della
BANCA D'ITALIA a prevedere che le spese di chiusura della pratica vadano appunto
inserite nel calcolo; sviluppano considerazioni sulla CMS che appaiono eccentriche
rispetto alle conclusioni già raggiunte dal Tribunale; ritengono applicabile il conguaglio
tra interessi e CMS mentre il Tribunale ritiene che ciò non sia possibile; propongono
infine un ragionamento per il quale la valutazione delle condizioni applicate da una
banca ad un cliente dovrebbe essere fatta con riferimento alla durata complessiva del
rapporto e non,
come la Legge 108 chiaramente indica, con riferimento ai singoli
trimestri; sicchè, ad esempio, è irrilevante che nell'arco di più anni la BNL abbia
ricavato dai conti DE MASI meno di ciò che avrebbe potuto complessivamente chiedere
se poi, in uno o più singoli trimestri, c'è stato lo sforamento;
la consulenza GRASSANO, infine, si accentra su punti di dettaglio quali la diversa
denominazione di una voce che atteneva al compenso preteso da una banca a conclusione
26
del rapporto; anche questo consulente dimentica che le spese di chiusura sono state
specificamente indicate dalle istruzioni della BANCA D'ITALIA come un onere da
inserire nel calcolo.
Questa breve ed approssimativa analisi conferma la bontà della scelta della perIZIa
CRISCUOLO come contributo tecnico da privilegiare.
EVENTUALE RILEVANZA DELL'ART. 5 c.P.
È stato da taluno posto il problema per il quale, a fronte delle difficoltà tecniche connesse
all'applicazione della legge 108 per la parte concernente i meccanismi di calcolo del TEGM e
della CMS, sarebbe invocabile l'istituto previsto dall'art. 5 c.p. come configurato dalla nota
decisione della Consulta del 1988.
Sul punto il Tribunale aderisce all'indirizzo espresso da Cass, Peno Sez, 6 A , sentenza n? 36346 del
5.4.2003, DELUCCA, secondo cui "L'errore di diritto scusabile, ai sensi dell'art. 5 cod. peno è
configurabile soltanto in presenza di una oggettiva ed insuperabile oscurità della norma o del
complesso di norme aventi incidenza sul precetto penale. Ne consegue che non è scusabile l'errore
riferibile al calcolo dell'ammontare degli interessi usurari sulla base di quanto disposto dall'art. 644
c. P:» trattandosi di interpretazione che, oltre ad essere nota all'ambiente del commercio, non presenta
in sé particolari difficoltà" .
ESAME DEI CAPI DI IMPUTAZIONE
La già avvenuta soluzione di tutte le problematiche di natura preliminare consente di iniziare
adesso l'esame specifico dei singoli capi di imputazione.
È bene precisare che in questa fase l'esame avverrà con esclusivo riferimento all'elemento
oggettivo del reato. Gli aspetti legati alla posizione soggettiva degli imputati (e dunque alla
veste con cui hanno agito per conto degli istituti di appartenenza) saranno trattati
separatamente in parti successive.
Imputazione suh C
Il fatto contestato è connesso al rapporto intercorso tra la ANTONVENETA e la DE MASI
OFFICINE SAS in relazione al conto corrente 10469 S.
Si è trattato di un rapporto non assistito da un affidamento formale ed il perito l'ha classificato,
coerentemente alle istruzioni della BANCA D'ITALIA, come passaggio a debito di un conto non
affidato.
L'elemento oggettivo del reato ricorre dal momento che il TEG soglia è stato superato nel
secondo trimestre del 1999 e nel primo, terzo e quarto trimestre del 2000.
27
f
Lo stesso si deve dire riguardo alla CMS la
CUI
soglia è stata sempre superata nel quarto
trimestre del 2000 ed in tutti i trimestri del 2001.
Imputazione suh D
Il fatto contestato è connesso al rapporto intercorso tra la ANTONVENETA e la DE MASI
AGRICOLTURA SPA in relazione al conto corrente 1143/J.
Sulla base delle concrete caratteristiche di tale rapporto, il perito lo ha classificato come
finanziamento per anticipi su crediti piuttosto che come apertura di credito in conto corrente.
L'elemento oggettivo del reato ricorre dal momento che il TEG soglia è stato superato nel
quarto trimestre del 1999, nel primo e nel secondo trimestre del 2000 e nel secondo e nel quart.o
trimestre del 2002.
Imputazione suh F
Il fatto contestato è connesso al rapporto tra la BANCA DI ROMA ed Antonino DE MASI in
relazione al conto corrente 30358 - 32.
L'elemento oggettivo del reato ricorre dal momento che la CMS soglia è stata superata nel primo
e nel secondo trimestre del 1999.
Imputazione suh G
Il fatto contestato è connesso al rapporto tra la BANCA DI ROMA e la ZIN.CAL. SRL in
I
rapporto al conto corrente 655225 - 51.
Si è trattato di un rapporto non assistito da un affidamento formale ed il perito l'ha classificato,
coerentemente alle istruzioni della BANCA D'ITALIA, come passaggio a debito di un conto non
affidato.
L'elemento oggettivo del reato ricorre dal momento che la CMS soglia è stata costantemente
superata in tutti i trimestri compresi tra il 1999 ed il 2002.
Imputazione suh I
Il fatto contestato è connesso al rapporto tra la BANCA DI ROMA e la DE MASI
COSTRUZIONI SRL in relazione al conto corrente 653253 - 57.
Si è trattato di un rapporto non assistito da un affidamento formale ed il perito l'ha classificato,
coerentemente alle istruzioni della BANCA D'ITALIA, come passaggio a debito di un conto non
affidato.
L'elemento oggettivo del reato ricorre dal momento che il TEG soglia è stato superato nel
secondo trimestre del 1999 e la CMS soglia è st.ata superata nel quarto trimestre del 1998 e nei
primi due trimestri del 1999.
28
P'
(l
I
Va peraltro segnalato che l'unico caso di superamento del TEG soglia è dovuto all'applicazioue
di un tasso peggiore per il cliente in relazione all'antergazione della valuta di due addebiti di
consistente importo.
Imputazione suh Q
Il fatto contestato è connesso al rapporto tra la BNL e la ZIN.CAL. SRL in relazione al conto
corrente 4598.
Si è trattato di un rapporto non assistito da un affidamento formale ed il perito l'ha classificato,
coerentemente alle istruzioni della BANCA D'ITALIA, come passaggio a debito di un conto non
affidato.
L'elemento oggettivo del reato ricorre dal momento che il TEG soglia è stato superato nel
quarto trimestre del 1998 e la CMS soglia è stata superata in tutti i trimestri compresi tra il
quarto trimestre del 1997 ed il secondo trimestre del 200l.
Imputazione suh R
Il fatto contestato è connesso al rapporto tra la BNL e la CHI.D.E.M. SRL in relazione al conto
corrente 6717.
Si è trattato di un rapporto non assistito da un affidamento formale ed il perito l'ha classificato,
l '(
coerentemente alle istruzioni della BANCA D'ITALIA, come passaggio a debito di un conto non. /
I
affidato.
L'elemento oggettivo del reato ricorre dal momento che la CMS soglia è stata superata in tutti i
trimestri compresi tra il primo del 1999 ed il secondo del 2001.
Imputazione suh S
Il fatto contestato è connesso al rapporto tra la BNL e la DE MASI COSTRUZIONI SRL in
relazione al conto corrente 4592.
Si è trattato di un rapporto non assistito da un affidamento formale ed il perito l'ha classificato,
coerentemente alle istruzioni della BANCA D'ITALIA, come passaggio a debito di un conto non
affidato.
L'elemento oggettivo del reato ricorre dal momento che la CMS è stata superata in tutti
trimestri compresi tra il quarto del 1998 ed il secondo del 200l.
Qualifiche funzionali degli imputati e loro incidenza ai fini della partecipazione ai reati
Presidenti delle hanche
Chiarito che l'elemento oggettivo ricorre
III
tutte le fattispecie contestate dall'accusa, resta
adesso da esaminare la posizione degli imputati in relazione alla qualifica funzionale che essi
avevano all'epoca dei fatti.
29
Si
inizierà
dal
gruppo
costituito
da
Cesare
GERONZI,
Luigi
ABETE
e
Dino
MARCHIORELLO.
Le loro posizioni hanno in comune la qualifica apicale che ciascuno di costoro ha rivestito nella
propria banca.
Prima di avviare un esame individuale, è il caso di fare qualche considerazione sul tenore
letterale dei capi di imputazione.
L'accusa, tutte le volte che abbia riguardato i presidenti delle banche, ha addebitato loro il
concorso in usura in quanto rappresentanti legali delle banche e responsabili delle direttive
generali così come esplicitate nei fogli illustrativi.
Sul punto si osserva che la prima delle due qualifiche è del tutto insignificante al fini
dell'eventuale concorso.
La rappresentanza legale è infatti un istituto prettamente civilistico in virtù del quale un
soggetto acquisisce il potere di agire in nome e per conto di un altro soggetto e quindi di
produrre effetti giuridici direttamente nella sfera di quest'ultimo.
Questa qualifica non è di per sé rilevante in materia penale poiché non implica necessariamente
una partecipazione cosciente e volontaria al fatto - reato né può essere assunta a base di una
responsabilità da posizione che finirebbe per diventare una sorta di responsabilità oggettiva.
Quanto alla seconda qualifica, quella cioè connessa all'asserita responsabilità dell'emissione delle
direttive generali e dei fogli illustrativi che ne costituiscono l'esplicazione, la considerazione da
fare è che, contrariamente all'opinione dell'accusa la quale sembra immaginare che al ruolo
presidenziale sia connaturale una funzione operativa e che questa sia così scontata da non
meritare alcun approfondimento, la questione va verificata in concreto e caso per caso.
Va già ora rilevata, in ogni caso, l'esistenza di un consolidato indirizzo interpretativo di
legittimità, di cui si trova traccia tra l'altro in Cass, Peno Sez. 41\, sentenza n? 2592 del 28.9.2006,
DI LORENZO ed altro, secondo cui
" ... il legale rappresentante di una società di notevoli
dimensioni non è responsabile allorché l'azienda sia stata preoentioamente suddivisa in distinti
settori, rami o servizi ed a ciascuno di questi siano stati in concreto preposti soggetti qualificati ed
idonei, nonchè dotati della necessaria autonomia e dei poteri indispensabili per la completa gestione
degli affari inerenti a determinati servizi".
Ed occorre pure aggiungere che, ormai da tempo ed in applicazione di una specifica previsione
del Testo unico bancario, precisamente l'art. 53 comma I" lettera D, la BANCA D'ITALIA
emana disposizioni di carattere generale che si occupano tra l'altro dell'organizzazione
amministrativa e contabile e dei controlli interni delle banche. L'istituto centrale ha realizzato
30
questo suo compito attraverso le istruzioni di vigilanza disponendo tassativamente che le
banche si dotino di strumenti che consentano di individuare i soggetti responsabili di ogni fase
del processo di gestione del rischio di tasso di interesse.
Ebbene - lo si vedrà di qui a poco - tutti gli istituti di credito interessati a questo processo si
sono conformati alle istruzioni della banca centrale ed hanno adottato un sistema che,
invariabilmente, affida ad un'articolazione centralizzata e semiapicale, variamente denominata
direzione centrale o generale e solitamente posta in posizione immediatamente sottoordinata al
consiglio di amministrazione, la determinazione delle condizioni applicate alla clientela e dunque
anche dei tassi.
Dino MARCHIORELLO
All'udienza del 9.10.2007 questo imputato ha inteso rendere dichiarazioni spontanee il cui senso
complessivo può essere riportato nei termini che seguono:
ha sempre fatto l'imprenditore ed è titolare di aziende che hanno sede in Veneto ed
occupano migliaia di dipendenti;
da più di trent'anni siede nel consiglio d'amministrazione della ANTONVENETA e,
dopo essere stato semplice consigliere, è stato eletto vicepresidente e poi presidente;
non ha mai avuto funzioni operative e gestionali essendo queste affidate in via esclusiva
al vicepresidente ed al direttore generale, rispettivamente il Dott. CEROLA ed il
Dottorlf/
l
PONTILLO;
1/
ha comunque sempre raccomandato la massima aderenza alle disposizioni di vigilanza
della BANCA D'ITALIA.
Già all'udienza del 3.5.2007, comunque, il difensore del MARCRIORELLO aveva depositato
una sua dichiarazione scritta in cui l'interessato precisava tra l'altro di avere ricoperto la carica
di presidente fino al 31.12.2001.
Agli elementi provenienti dall'imputato, che ovviamente attendono di essere verificati, vanno
aggiunti gli ulteriori dati acquisiti attraverso l'istruttoria dibattimentale.
Si può menzionare anzitutto la deposizione resa da Alessandro CRITI all'udienza del 9.10.2007.
Il teste ha dichiarato quanto segue:
lavora per la ANTONVENETA dal giugno 2000, dapprima nella segreteria di gruppo,
Area Calabria, poi come responsabile amministrativo ed infine come risk manager
dell'area medesima;
31
la determinazione dei tassi di interesse era demandata alla direzione generale che
provvedeva con periodiche circolari, connesse all'andamento dei mercati, in cui erano
specificamente indicati i tassi massimi da applicare alle varie tipologie creditizie;
tutte le strutture periferiche della banca avevano potere propositivo al riguardo ma in
ogni caso la decisione finale sulle condizioni da applicare alla clientela era riservata alla
direzione generale.
I difensori degli imputati legati alla ANTONVENETA hanno infine prodotto una corposa mole
di atti, tra i quali spiccano varie ed illuminanti circolari interne, dai quali risultano confermate
le indicazioni del teste CHITI.
In altri termini, in quella banca la determinazione dei tassi di interesse e, più in generale, delle
condizioni da applicare alla clientela è di competenza esclusiva dell'articolazione "direzione
generale" guidata da un direttore generale il quale risponde complessivamente del suo operato al
consiglio di amministrazione dal quale è stato nominato.
Quanto al presidente della ANTONVENETA, gli spetta la rappresentanza legale della banca e
la presidenza del consiglio di amministrazione e dunque la fissazione dell'ordine del giorno e la
direzione della discussione.
Non risulta invece da alcun atto che il presidente medesimo abbia mal ricevuto deleghe
operative o compiti gestionali di qualsivoglia tipo.
'/.
Non occorre altro allora per concludere che Dino MARCHIORELLO è estraneo alla l
commissione dei reati che gli sono stati contestati ai capi C e D.
Cesare GERONZI
Il 3.5.2007 questo imputato si è sottoposto ad esame ed ha reso le dichiarazioni che seguono:
non spetta al presidente di un grande gruppo bancario come la BANCA DI ROMA
alcuna funzione operativa; lo stesso può dirsi per gli organismi di cui il presidente, in
ragione della sua carica, siede di diritto e cioè il consiglio d'amministrazione ed il
comitato esecutivo;
la struttura della gestione del credito, la determinazione dei tassi e delle condizioni
spettano invece alla cosiddetta area commerciale che provvede peraltro a redigere i fogli
informativi che vengono poi sottoposti all'attenzione della clientela;
i poteri del presidente sono dunque solamente quelli previsti dallo statuto.
Le dichiarazioni di Cesare GERONZI hanno trovato piena conferma nei dati acquisiti
attraverso l'istruttoria.
Si può citare anzitutto la deposizione del teste Andrea ROSSI, sentito all'udienza del 9.10.2007.
32
Queste le sue dichiarazioni:
è attualmente il responsabile della funzione di consulenza legale della direzione centrale
della BANCA DI ROMA;
in questa banca il presidente ha un ruolo di mera rappresentanza e non dispone quindi di
poteri operativi e gestionali;
in materia di fissazione dei tassi e più in generale delle condizioni da riservare alla
clientela, la competenza è stata in genere accentrata presso la direzione centrale,
all'interno dell'area commerciale o marketing a seconda delle denominazioni vigenti nei
vari periodi;
va poi tenuto presente che è ormai sedimentata la prassi di tenere distinte, ed affidate a
strutture separate, l'erogazione del credito, cui si accompagna la valutazione del merito
creditizio del potenziale cliente, e il cosiddetto pricing, cioè la fissazione delle condizioni;
quest'ultima funzione è strettamente connessa all'andamento dei mercati ed è di tipo
generale, cioè quasi mai personalizzata in relazione ad un singolo cliente.
Al contributo del teste ROSSI si è infine aggiunta la produzione documentale curata dalla difesa
da cui emerge che, effettivamente, il presidente della BANCA DI ROMA, per configurazione
. statutaria, ha un ruolo di mera rappresentanza cui non si accompagna alcuna funzione;'
operativa o gestionale.
Anche per Cesare GERONZI si deve allora concludere che non ha partecipato alla commissione
dei fatti che gli sono stati contestati ai capi F, G ed I.
Luigi ABETE
Il 24.4.2007 l'imputato ABETE ha reso dichiarazioni spontanee e si è sottoposto ad esame.
Questo il senso complessivo delle sue dichiarazioni:
è presidente della BNL dal 7.8.1998 ed a partire da allora la presidenza ed il consiglio
d'amministrazione dell'istituto non hanno mai avuto competenza in materia di tassi e
condizioni da applicare alla clientela, competenza che è invece sempre spettata alla
direzione commerciale;
il compito del presidente è quello di rappresentare la banca, di fissare l'ordine del giorno
delle sedute del consiglio d'amministrazione, di essere un punto di riferimento generale
per l'istituto ma non gli appartengono certo funzioni gestionali ed operative;
in ogni caso, la BNL ha sempre fissato il top rate al di sotto del tasso soglia e si è dotata
di strumenti informatici, periodicamente potenziati ed affinati, in grado di verificare la
33
congruenza delle condizioni praticate
1ll
concreto alle prescnzlOlll normative ed alle
istruzioni ministeriali e della BANCA D'ITALIA;
l'unico caso in cui il perito CRISCUOLO ha rilevato uno sforamento del tasso soglia,
peraltro per una percentuale e per un importo modestissimi, è dovuto all'inclusione nel
calcolo di una spesa che avrebbe invece dovuto, secondo le stesse istruzioni della BANCA
D'ITALIA, essere esclusa; se ciò fosse stato fatto, il tasso concretamente applicato
sarebbe rimasto inferiore rispetto a quello soglia.
Per valutare la posizione di Luigi ABETE sono disponibili vari contributi istruttori.
Anzitutto quello di Pierpaolo COTONE, sentito come teste il 31.5.2007.
Questa la sua deposizione:
è dal 9.9.2005 il segretario del consiglio d'amministrazione della BNL;
i poteri del presidente sono quelli stabiliti dallo statuto e dunque gli compete la
rappresentanza legale dell'istituto, la convocazione e la presidenza del consiglio
d'amministrazione, del comitato esecutivo e dell'assemblea;
si tratta di poteri che sono rimasti inalterati nel tempo nonostante le ripetute mOdifiche/?,
apportate allo statuto e sono stati esercitati in modo conforme alle previsioni statutarie;
.
/
/
il presidente non ha invece alcuna competenza gestionale;
a sua volta il consiglio d'amministrazione si occupa della gestione amministrativa
complessiva della banca e nomina al proprio interno un amministratore delegato ed un
direttore generale (ma fino al 2004 l'amministratore delegato ricopriva entrambi i ruoli);
l'amministratore delegato è il massimo esponente operativo della società ed esercita tutte
le competenze che il consiglio d'amministrazione non svolga direttamente; risponde del
suo operato al consiglio medesimo; fanno a lui capo la direzione generale e le varie
direzioni centrali.
Ulteriori indicazioni sul ruolo e sui poteri del presidente BNL si ricavano dall'analisi dei vari
statuti della banca.
Se ne ricava che:
il presidente stabilisce l'ordine del giorno delle sedute del consiglio d'amministrazione e
del comitato esecutivo;
assume i provvedimenti d'urgenza, assieme ad uno degli amministratori delegati, di
competenza del comitato esecutivo;
ha la legale rappresentanza della banca.
34
Il presidente è inoltre componente di diritto del consiglio d'amministrazione al quale spettano
tutti i poteri di amministrazione ordinaria e straordinaria salvo quelli riservati all'assemblea per
legge o per statuto. In particolare spetta al CDA qualsiasi delibera riguardante l'indirizzo
generale della banca, la determinazione dell'assetto organizzativo generale, la determinazione
dei criteri per il coordinamento e la direzione delle società del gruppo BNL nonché per
l'esecuzione delle istruzioni impartite dalla BANCA D'ITALIA.
Il presidente fa infine parte di diritto del comitato esecutivo il quale esercita i poteri che gli sono
stati delegati dal CDA.
Anche per Luigi ABETE,
III
conclusione, deve affermarsi che non abbia partecipato alla
commissione dei reati che gli sono stati contestati ai capi Q, R eS.
Direttori e funzionari
Rientrano in questo secondo gruppo tutti gli altri imputati.
Anche per costoro va fatta qualche considerazione preliminare derivata dal tenore testuale dei
/
(1''1
capi di imputazione.
Il PM, tutte le volte in cui le contestazioni hanno menzionato i soggetti non di vertice delle /
banche con cui il gruppo DE MASI ha intrattenuto rapporti, si è premurato di precisare che
costoro avrebbero avuto la possibilità di intervenire per riportare i tassi entro le soglie di legge.
Pare dunque di comprendere che il PM rimproveri a questa categoria di imputati un
comportamento omissivo sicchè la loro partecipazione alla produzione del risultato finale
sarebbe consistita nel non fare ciò che potevano e dovevano fare.
È questa allora, per il principio di necessaria correlazione tra contestazione e decisione, la
prospettiva con cui il Tribunale si sente tenuto a confrontarsi.
Stando così le cose, è più che evidente che in tanto direttori e funzionari potranno essere
considerati responsabili dei reati di cui sono stati accusati in quanto avessero l'obbligo giuridico
ed assieme ad esso la possibilità concreta di tenere quel comportamento - la riconduzione dei
tassi entro i limiti di legge -la cui omissione gli è stata contestata.
La prima domanda da porsi è a questo punto scontata. Spettava giuridicamente ai direttori ed
ai funzionari intervenire in senso correttivo su condizioni e tassi eccedenti i limiti massimi
indicati dalla legge?
La risposta non può che essere negativa.
Valgono anche qui le stesse considerazioni fatte a proposito degli imputati presidenti.
Gli odierni istituti di credito, tanto più se di rilievo nazionale o talvolta ultranazionale come
quelli di cui si occupa questo processo, sono strutturati secondo una complessa organizzazione
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amministrativa e funzionale. Esistono organi apicali con funzioni di rappresentanza generale (la
presidenza) e di governance strategica (il consiglio d'amministrazione), organi con funzioni di
controllo (il collegio dei revisori), organi centrali solitamente strutturati in un sottosistema che a
sua volta comprende una direzione generale e direzioni centrali ad essa sottoposte, (sottosistema
cui sono demandati i compiti gestionali ed operativi a livello generale), varie articolazioni
periferiche in ordine decrescente di importanza.
AI sistema appena delineato, che per comodità può essere definito di tipo tradizionale, si sono
aggiunte le due ulteriori possibilità introdotte dalla legge 3.10.2001 n? 366 e dal successivo
decreto legislativo 17.1.2003 n? 6 che hanno revisionato profondamente il quadro normativo
delle società di capitali.
È adesso possibile, dunque, accedere al modello cosiddetto dualistico il quale prevede la
presenza di un consiglio di gestione e di un consiglio di sorveglianza affidando al primo organo la
gestione in via esclusiva dell'impresa ed al secondo compiti eterogenei essendogli attribuite gran
parte delle funzioni assembleari, la vigilanza e le responsabilità del collegio sindacale.
È infine disponibile anche un modello monistico in cui la gestione spetta in via unica ed
esclusiva ad un consiglio di amministrazione che al suo interno costituisce un comitato per il
controllo sulla gestione cui spettano funzioni comparabili a quelle del collegio sindacale.
L'istruttoria dibattimentale ha in ogni caso dimostrato che, quale che sia il sistema societario
adottato, i grandi istituti di credito tendono ad enfatizzare, e per in giunta in modo
progressivamente più intenso, i poteri di indirizzo e di gestione del centro riducendo
contestualmente entro margini sempre più angusti i poteri delle strutture periferiche.
Tendenza questa tanto più evidente nei casi in cui le grandi banche abbiano assorbito piccoli
istituti locali. È emerso cioè l'intento di debellare qualsiasi prassi locale sostituendovi
l'organizzazione standard di cui gli istituti incorporanti si servono sull'intero territorio
nazionale.
Una concreta realizzazione di questo tipo la si è visto a proposito della ANTONVENETA che ha
progressivamente ristretto, fino a renderli scarsamente significativi, i margini di autonomia delle
agenzie e delle filiali in materia di concessione del credito.
In applicazione di questo disegno generale, ad esempio, la filiale di Gioia Tauro fu spostata ai
fini dell'erogazione del credito dall'iniziale collocazione nella categoria B alla categoria C il che
significò in concreto una restrizione dell'ammontare dei fidi accordabili.
Che questa fosse una situazione generalizzata lo prova la deposizione del teste Francesco
Lorenzo LA TORRE, direttore di filiale della ANTONVENETA, sentito all'udienza del
36
f
29.11.2006, il quale ha dichiarato che nell'organizzazione di tale banca i direttori periferici non
hanno alcuna autonomia deliberativa quanto ai tassi ed alle condizioni da applicare alla
clientela. Possono invece proporre alle articolazioni competenti l'applicazioni di tassi e
condizioni migliorative di quelle standard quando ritengano vantaggiosa l'acquisizione di un
determinato cliente.
Più in generale, a detta del Dott. LA TORRE, al direttore di una filiale spetta essenzialmente il
compito di acquisire clientela affidabile.
Ma lo stesso può dirsi per la BANCA DI ROMA (si rivedano le dichiarazioni del teste ROSSI) e
per la BNL. Per quest'ultimo istituto si può fare riferimento, ad esempio, alle varie
comunicazioni di servizio prodotte dalla difesa da cui si desumono la capillare attenzione e la
rigorosa specificità con cui la Direzione Personale e Sviluppo Organizzativo della banca ha
sempre inteso disciplinare il mansionario della varie figure professionali e la progressiva erosione
dei margini di autonomia del personale periferico con la contestuale trasformazione dei vecchi
l{f/
poteri deliberativi in mere facoltà propositive.
A tutto ciò va poi aggiunto quello che si è già detto allorchè si è commentata la posizione del
presidenti.
In tutti e tre gli istituti coinvolti in questo processo, la competenza a stabilire le condizioni
applicabili alla clientela era incardinata presso una struttura centrale sicchè i livelli locali
avevano al riguardo solo poteri propositivi normalmente esercitati in senso migliorativo.
Un altro argomento di spessore è che gli istituti di credito di cui si parla, al pari di tutti gli
intermediari sottoposti ai poteri autoritativi ed alla vigilanza della BANCA D'ITALIA, hanno
dovuto dotarsi di sistemi di controllo informatico volti ad impedire preventivamente violazioni
della Legge 108.
Sul punto si può ricordare, per il caso della BNL, la deposizione della Dot.t.ssa Gabriella
SERRAVALLE, sentita all'udienza del 31.5.2007.
La teste ha dichiarato quanto segue:
è dipendente della direzione generale della BNL con la qualifica di responsabile della
struttura definita "Processi, Progetti ed Applicazioni" incardinata presso la Direzione
Operation;
il compito di questa struttura è quello di definire e sviluppare procedure di lavoro e
progetti informatici:
la banca dispone, fin dal 1998, di un sistema di controllo automatizzato e centralizzato il
cui scopo è evitare il superamento dei tassi soglia; in altri termini, ciascun tasso di
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ciascun conto viene confrontato con il tasso soglia e, ove l'incidenza di voci di spesa possa
determinarne il superamento, è automaticamente bloccato il sistema di liquidazione e,
per l'effetto, anche la produzione delle competenze; viene quindi generato un tabulato di
controllo che, accompagnato dall'estratto conto a scalare, è inviato alla dipendenza della
banca presso la quale è incardinato il rapporto interessato in modo che vengano fatte le
opportune correzioni e ricalcolati gli interessi entro i limiti definiti;
il sistema è costantemente aggiornato e controllato e si allinea alle istruzioni della
BANCA D'ITALIA.
Lo stesso può dirsi per la BANCA DI ROMA. Si può citare a questo proposito uno degli allegati
prodotti dalla difesa, precisamente una circolare ad uso interno emessa dalla direzione centrale
dell'istituto in cui si afferma testualmente che "Per tutte le operazioni creditizie sopra considerate,
supportate da procedure informatiche, la Banca si è dotata di strumenti automatizzati, coerenti con le
istruzioni della BANCA D'ITALIA., finalizzati a controllare ed evitare il rischio che nel
perfezionamento delle operazioni stesse si possano lambire o - peggio ancora - superare i limiti di
legge oltre i quali si potrebbero integrare gli estremi - sia prettamente formali - dell'illecito penale.
Qualora i suddetti limiti dovessero, per mera accidentalità, essere superati, le procedure non
effettuano la contabilizzazione del calcolo degli interessi e degli oneri e producono idonei supporti,
utili ai fini del controllo e degli eventuali susseguenti interventi di rettifica, per le strutture centrali
competenti a seconda delle operazioni considerate".
Lo stesso può dirsi infine anche per la ANTONVENETA.
Certo, si può discutere sull'effettiva bontà di questi software e di questi controlli interni.
L'istruttoria dibattimentale ha infatti dimostrato che, ad onta della profusione di procedure
informatiche e di stringenti regolamentazioni, le banche non hanno saputo impedire i ripetuti
sforamenti segnalati dal perito CRISCUOLO.
N on è quindi azzardato sostenere che quei sistemi si sono rivelati inadeguati ed auspicare una
loro profonda revisione. Ma questa, come direbbe lo scrittore Carlo LUCARELLI, è un'altra
storia.
Ciò che invece conta in questo processo è che, che nella percezione di un qualunque dipendente
di uno qualsiasi di questi istituti, esisteva un sistema in grado di impedire preventivamente
l'applicazione di condizioni illecite.
Così definite le coordinate da utilizzare, può adesso darsi conto del tenore delle dichiarazioni
rilasciate dagli imputati, iniziando da Eduardo CATALANO.
Questi è stato esaminato all'udienza del 3.5.2007 ed ha dichiarato quanto segue:
38
dall'1.3.1999 al luglio del 2005 ha operato presso la filiale BNL di Reggio Calabria;
fino al 2002 è stato responsabile del settore 14, dapprima e fino al dicembre del 2000 con
competenza limitata alle aziende direttamente gestite dalla filiale di Reggio Calabria,
successivamente con competenza estesa alle imprese in carico alle agenzie di Rosarno e di
Siderno;
la sua collocazione funzionale comportava che seguisse da vicino le imprese in rapporto
con la banca, ne gestisse i conti in termini di proposte commerciali, ne valutasse il merito
creditizio;
in questa veste seguì anche le imprese del gruppo DE MASI avendo come interlocutori
privilegiati Antonino e Serafina DE MASI ma tenendo contatti anche con Giuseppe DE
MASI; il suo predecessore nel rapporto con tale gruppo fu Martino BRUNO, all'epoca
responsabile delle filiale di Rosarno;
l'organizzazione di allora della BNL prevedeva che i direttori di filiale possedessero in
proprio alcuni poteri autorizzatori e potessero, a loro volta, delegarli ad esponenti della
struttura che dirigevano;
in virtù di questo, e tenuto conto della vicinanza fisica e del rapporto fiduciario con il
direttore, potè gestire e soddisfare direttamente le esigenze quotidiane del gruppo;
allorchè invece erano necessarie pratiche più articolate o per importi superiori, occorreva
l'intervento di livelli di competenza più alti ed in tal caso si limitava ad acquisire
elementi valutativi e a redigere istruttorie;
a livello generale tutte le voci delle condizioni da applicare alla clientela sono stabilite
dalla direzione commerciale della BNL e, almeno normalmente, allorchè un nuovo
rapporto viene aperto gli si applicano le condizioni standard; è comunque possibile
derogare in senso migliorativo dalle stesse in misura crescente secondo i diversi livelli di
competenza (direttore di filiale, divisione commerciale, direzione commerciale);
l'istituto si era anche dotato di un sistema informatizzato e gestito a livello centrale in
grado di segnalare eventuali anomalie e sforamenti delle condizioni rispetto ai tassi soglia
fissati dalla normativa; in tal caso spettava intervenire agli uffici amministrativi
competenti in modo da ripristinare una situazione di legalità.
Anche Martino BRUNO si è sottoposto ad esame il 3.5.2007 ed ha dichiarato quanto segue:
è stato responsabile dell'agenzia di Rosarno dal 17.7.1998 fino al 20.12.2000;
39
jp/
si occupò in tale veste delle imprese del gruppo DE MASI e, secondo l'organizzazione di
allora della BNL, istruiva in accordo alla regolamentazione interna le pratiche che ad
esso si riferivano e le spediva al direttore della filiale di Reggio Calabria;
le condizioni applicate ai vari rapporti in essere erano quelle stabilite dalla direzione
commerciale centrale dell'istituto;
a partire dal 1997 la banca si dotò di un programma informatico in grado di segnalare
eventuali anomalie delle condizioni rispetto alle prescrizioni derivanti dalla Legge
sull'usura.
Quanto a Giuseppe FALCONE, è stato anzitutto acquisito il verbale dell'interrogatorio del
FALCONE reso il 31.1.2005 alla Brigata della Guardia di Finanza di Spadafora su delega del
PM.
Nell'occasione l'imputato affermò che:
non è mai stato direttore o comunque preposto della filiale di Reggio Calabria della1J/··
/1
BANCA DI ROMA avendovi invece ricoperto il ruolo di consulente imprese;
si è occupato delle pratiche del gruppo DE MASI esclusivamente nel periodo compreso
tra 1'11.12.2000 ed il 31.12.2001;
la gestione dei tassi era informatizzata ed i programmi di gestione venivano inviati dalla
sede centrale sicchè nessun funzionario poteva modificarli a suo piacimento;
ove fosse stato inserito un tasso superiore a quello massimo indicato dal sistema, il
programma non l'avrebbe accettato.
Sempre nel corso dell'udienza del 3.5.2007 l'imputato FALCONE
SI
è sottoposto ad esame.
Queste le sue dichiarazioni dibattimentali:
è attualmente pensionato;
è stato in servizio presso la filiale di Reggio Calabria dal 1993 fino al giugno del 2002,
data in cui è stato trasferito alla filiale di Messina;
la sua qualifica era quella di consulente gestore delle imprese; aveva quindi il compito di
seguire il gruppo di imprese che gli era stato affidato facendo da mediatore tra le loro
esigenze e quelle della banca; riferiva pressoché quotidianamente al suo immediato
superiore gerarchico e cioè il direttore di filiale;
il suo ruolo e la sua qualifica non gli consentivano alcun potere eli intervento sulle
condizioni applicate alla clientela; del resto la banca disponeva eli programmi eli software
che gestivano in modo automatico questo aspetto elei rapporti; gli competeva comunque
40
un potere propositivo che doveva in ogni caso passare attraverso il vaglio degli organismi
competenti;
svolse questo compito anche per le società del gruppo DE MASI nel periodo compreso tra
1'11.12.2000 ed il 31.12.2001;
il suo interlocutore quasi esclusivo per il gruppo era Antonino DE MASI;
nel periodo in cui seguì il gruppo non si registrò alcuna crisi o alcun evento particolare
che ne turbasse il rapporto con la banca;
in generale, il gruppo DE MASI aveva una rilevante dipendenza dalle banche ma
mostrava comunque una sua capacità di stare sul mercato e di non superare soglie di
rischio nella sua esposizione debitoria.
Il 14.6.2007 è stato il turno di Enzo ORTOLAN.
Dal complesso delle sue dichiarazioni si ricava che nel febbraio del 1999 (ma con efficacia
giuridica decorrente dall'1.3.1999) la BANCA REGIONALE CALABRESE SPA
SI
fuse per
incorporazione con la ANTONVENETA.
A partire dalla stessa data l'ORTOLAN fu nominato responsabile dell'articolazione territoriale
denominata Area Calabria, carica che mantenne per un anno esatto, precisamente fino
all'1.3.2000 allorchè venne nominato responsabile dell'Area Friuli e la sua carica precedente fu
assegnata a Fulvio CHER UBINI.
Ai responsabili di area spettava il compito di garantire una gestione coordinata della clientela,
dell'offerta dei prodotti e delle condizioni di accesso al credito.
Spettava invece in via esclusiva alla direzione generale dell'istituto la determinazione delle
condizioni generali dei tassi applicabili alla clientela per i vari tipi di rapporti creditizi.
Esposte così anche le versioni rese dagli imputati che hanno accettato di essere esaminati e
verificatane la congruità ai risultati che per altro verso l'istruttoria dibattimentale ha
raggiunto, non resta che concludere
Risulta a questo punto evidente l'insostenibilità della tesi secondo la quale i direttori ed a
fortiori i funzionari fossero giuridicamente tenuti a riportare i tassi entro i limiti di legge.
Mancava loro infatti la possibilità concreta di farlo essendo privi di competenze funzionali al
riguardo.
Non resta allora che assolvere anche Domenico CUNSOLO, Enzo ORTOLAN, Paolo Antonio
PIRROTTA, Giuseppe FALCONE, Martino BRUNO ed Eduardo CATALANO dai reati loro
rispettivamente contestati per non avere commesso il fatto.
P.Q.M.
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'1/
/l'
Visto l'art. 530 c.p.p.
assolve Dino Giovanni Maria MARCHIORELLO, Domenico CUNSOLO, Enzo ORTOLAN,
Cesare GERONZI, Paolo Antonio PIRROTTA, Giuseppe FALCONE, Luigi ABETE, Martino
BRUNO ed Eduardo CATALANO da tutti i reati loro rispettivamente contestati per non avere
commesso il fatto.
90 giorni per il deposito della motivazione.
Palmi, 8 novembre 2007
Il presidente estensore
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