La Parola per i poveri
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La Parola per i poveri
nel mondo 18 domenica, 25 ottobre 2015 Lvia – contro la denutrizione in burkina faso Mangia di più… e diventi grande Il diritto al cibo si è celebrato il 16 ottobre, giorno in cui le Nazioni Unite hanno istituito la Giornata Mondiale dell’Alimentazione, a ricordarci un bisogno, che è anche un diritto di ogni essere umano, sebbene ancora negato a molti. L’associazione Lvia in occasione di questa giornata ha lanciato una Campagna di raccolta fondi che riprende la preoccupazione e l’augurio che accomuna le mamme di tutto il mondo: «Mangia, che diventi grande!» per aiutare le mamme del Burkina Faso a far crescere i propri bambini. (Altro servizio a pagina 19). Con l’associazione Lvia, una giovane torinese, Giorgia Pianelli, è impegnata nel paese africano del Burkina Faso in un programma che aiuta le mamme a garantire una corretta nutrizione ai propri bimbi e che permette di curare tempestivamente i bambini denutriti nell’età più delicata, dai 6 mesi ai cinque anni. Giorgia ha 29 anni e ha già un’importante esperienza e un ruolo di responsabilità in questo progetto di cooperazione internazionale. Il suo viaggio africano inizia nel 2012, quando ha colto l’occasione del servizio civile internazionale per sperimentarsi nella cooperazione. Durante il primo anno di attività in Burkina Faso, Giorgia ha collaborato con Lvia e con delle associazioni locali operando presso un Centro Giovani appena al di fuori della capitale Ouagadougou. Poi, quello stesso anno è arrivata una grave carestia. La crisi colpiva un contesto già molto fragile, paesi che risentivano ancora degli effetti della crisi alimentare del 2008, quando la speculazione finanziaria unita a cause ambientali fece quasi duplicare i prezzi del cibo. Le famiglie più povere non avevano avuto il tempo di ricostruire le loro attività e i loro risparmi. La crisi alimentare del 2012 ha colpito più di 18 milioni di persone in Africa Occidentale. Tempestivamente, l’associazione Lvia è intervenuta in Burkina Faso grazie a finanziamenti internazionali, in particolare dell’Unione Europea, con un programma per rispondere all’emergenza della malnutrizione infantile. Giorgia inizia a lavorare in un primo progetto, con un ruolo di logista; i progetti continuano e nel 2015 ne diventa la coordinatrice. L’intervento sanitario è ancora necessario: 1 bimbo su 8 in Burkina Faso ancora rischia la malnutrizione acuta severa. Su questo aspetto, Lvia opera con un’equipe di nutrizionisti e medici, tutti burkinabè, oltre che con la collaborazione di un’altra ong italiana, Medicus Mundi (Mmi). Nella Regione del Centre-Ouest, dove si concentrano i progetti di Lvia, il numero dei bimbi gravemente malnutriti è sceso da 15 mila a 11 mila. «Ogni trimestre i nostri operatori sanitari monitorano 500 mila bambini andando direttamente nei villaggi – Spiega Giorgia – Utilizziamo un apposito braccialetto per misurare la circonferenza del braccio che indica lo stato di salute del bimbo». I bimbi malnutriti vengono portati al più vicino ambulatorio, dove vengono nutriti e curati con un trattamento antibiotico e antiparassitario gratuito. «La tempestività della cura è fondamentale – aggiunge Giorgia – perché i bambini malnutriti se non curati avranno un ritardo nella crescita fisica e intellettuale». Giorgia ha contatti con le mamme e insieme ai nutrizionisti si interfaccia con loro: «Noi insegniamo alle mamme la preparazione di pappe fatte con cerali locali e arricchite da alimenti molto nutrienti. A volte però ci sono famiglie che rifiutano le cure. A fronte di una patologia poco conosciuta nei suoi effetti, molti preferiscono portare i bimbi dai guaritori tradizionali, perché subentra la superstizione e perché le cure presso i centri sanitari sono costose. «È per questo che abbiamo lanciato la Campagna di raccolta fondi – spiega Giorgia, – per continuare a sostenere tutte le spese relative alle analisi, alle medicine e al ricovero dei bimbi». In breve il 26 ai santi martiri Bambini e Aids il sogno di Kawonga «Un domani per i miei bambini». È il titolo del libro (Piemme editore) di Pacem Kawonga, nativa del Malawi, che sarà presentato lunedì 26 ottobre alle 18 presso la chiesa dei Santi Martiri (via Garibaldi 25) alla presenza dell’autrice, nell’ambito del ciclo di incontri proposto dalla Comunità di Sant’Egidio «la voce dei testimoni». Un’autobiografia in cui l’autrice, donna del Malawi, piccolo e povero paese africano, racconta la sua lotta coraggiosa contro l’Aids come coordinatrice di uno dei centri del programma «Dream» promosso dalla Comunità di Sant’Egidio. il 7 al cottolengo Madre Teresa Per il Senegal I giovani dell’oratorio di Mathi (parrocchia San Mauro Abate), in collaborazione con la Compagnia della Torre e il Lions club Torino, sabato 7 novembre alle 15.30 e alle 20.45 presso la sala convegni del Cottolengo (via Cottolengo 12) mettono in scena il musical «Madre Teresa». Ingresso ad offerta libera. Il ricavato sarà devoluto a favore dei progetti missionari in Ecuador. torino – La testimonianza del leader della comunità di origine Quechua nel nord del Cile Gli indigeni Quipisca esempio al Forum Stanno costruendo il proprio sviluppo economico dal basso e con autodeterminazione La ricchezza del Terzo Forum per lo Sviluppo Economico Locale tenutosi a Torino è da ricercare tra le decine di delegati locali provenienti da tutte le parti del mondo. Ognuno con il proprio bagaglio di storia e passione, ma soprattutto con l’entusiasmo di raccontare il proprio territorio e le proprie origini. Esperienze lontane migliaia di chilometri dai riflettori del forum ma cartina al tornasole degli effetti positivi di un appuntamento importante organizzato dalla città. Claudia Ranaboldo, ricercatrice e coordinatrice del programma Rimisp (Centro Latino Americano per lo sviluppo rurale) accompagna la delegazione cilena al Forum; mi presenta Wilfredo Manuel Bacian Delgado, leader della comunità indigena Quipisca di origine Quechua nel nord del Cile; quello dei Quipisca è uno dei casi più rappresentativi da lei seguiti e costituisce un esempio di autodeterminazione dell’identità indigena locale. In Cile le comunità indigene non hanno una presenza massiccia come in Perù e in Bolivia e quella dei Quipisca è una presenza molto piccola, costituita da 30 famiglie distribuite su un territorio prevalentemente desertico di circa 3.000 Kmq. Wilfredo Bacian è un diplomato universitario in Sviluppo Territoriale e la sua laurea è frutto della prima relazione che la comunità Quipisca ha avuto con Rimisp attraverso l’istituzione di corsi universitari con una caratteristica innovativa rispetto alle università europee: l’accesso ai corsi di studio anche a coloro che non hanno alcun titolo precedente. Al termine dei suoi studi, Wilfredo è ritornato nella sua comunità non solo per mettere a disposizione la conoscenza acquisita, ma anche chiedendosi quale piano la comunità Quipisca potesse attuare alla luce della sua nuova esperienza. È nato così un percorso basato sul riconoscimento dei diritti del proprio territorio e su tutto ciò che implica l’appartenenza ad esso con il conseguente processo di ricostruzione del valore comunitario. Una base materiale, la terra e il territorio, e una base simbolica legata all’importanza della comunità e della sua identità culturale. Il riconoscimento del patrimonio culturale e il peso che questo ha per la comunità anche in termini economici è all’origine del ponte di collegamento con lo sviluppo economico locale. Il primo sforzo che i Quipisca hanno attuato è stato la ricerca delle origini della propria cultura e il tentativo di ricostruzione della propria identità storica raccogliendone i risultati in un libro che costituisce l’unica traccia documentata del loro percorso passato. Wilfredo mi mostra orgoglioso una copia del libro che costituisce la linea di base della propria identità e mi dice che sarà presto online sul sito web della sua comunità. www.quipisca.cl Dal punto di vista dello sviluppo economico, Wilfredo e la Ranaboldo sottolineano un tema fondamentale per i Quipisca: arrivare ad una visione comunitaria dello sviluppo. Ciò che la comunità ricerca in termini di crescita, di miglioramento del tenore di vita e del livello economico e delle infrastrutture non è deciso da fuori ma all’interno del gruppo sociale. È il principio di autodeterminazione e di presa coscienza dell’autonomia decisionale della collettività. In quest’ottica la comunità ha chiesto a Rimisp di fungere da assistente tecnico di appoggio all’interno dei processi che sta portando avanti. Un rapporto di autonomia anche in relazione alla presenza sul territorio di un‘impresa mineraria con la quale i Quipisca stanno sviluppando un piano di sviluppo territoriale con identità culturale e a cui vanno le risorse ricavate dalla cooperazione con questa azienda coinvolta attivamente nella ricostruzione del territorio. Il Cile è uno stato moderno con una serie di problemi e la comunità indigena Quipisca sta costruendo il proprio sviluppo economico dal basso e con autodeterminazione in modo che il rapporto con lo Stato nazionale e municipale, con le imprese minerarie e con le altre comunità sia un rapporto di cooperazione, di responsabilità sociale e imprenditoriale ma non di dipendenza. Daniele ROMEO Don BOssù – fidei donum in guatemala, il suo servizio agli ultimi nella traduzione in kekchi’ della bibbia La Parola per i poveri «Dalla parte dei poveri per donare e condividere il pane della Parola». È il senso più profondo della missione che don Ennio Bossù, già Rettore del Seminario Maggiore di Torino, continua a portare avanti in Guatemala. Dopo aver terminato il servizio come guida del Seminario torinese è infatti tornato nel Paese dell’America centrale a sud del Messico, dove aveva già trascorso oltre trent’anni come sacerdote «fidei donum» occupandosi in particolare della formazione dei seminaristi e della traduzione della Bibbia nelle lingue locali degli Indios. Don Bossù, classe 1939, in occasione della Giornata Missionaria mondiale, che si è celebrata domenica 18 ottobre, ci ha raccontato che cosa significa per lui essere «missionario dalla parte dei poveri», secondo il tema di riflessione della giornata. «‘Noi siamo i collaboratori di Dio in questa opera della creazione che è rappresentata dal libro della Genesi in sette giorni ma che durerà fino alla fine dei tempi: perché Dio può solo creare, ma non può realizzare il suo programma reale se non attraverso l’aiuto dell’uomo’ – don Bossù ricorda le parole di don Arturo Paoli, sacerdote missionario dei Piccoli Fratelli del Vangelo, scomparso lo scorso luglio, per descrivere il ‘sogno’ di Dio quando chiama un essere umano all’esistenza. E in me – sottolinea – esso ha preso forma e si è strutturato nella vocazione sacerdotale ed in particolare nel servizio come ‘fidei donum’ ai poveri del Guatemala, dove ho svolto il mio ministero sacerdotale ‘dalla parte dei poveri’». Partito nel 1973 don Bossù rimase dapprima un anno nella capitale, Città del Guatemala, e poi in diverse parrocchie della diocesi di Verapaz, tra gli Indios kekchi’ e pokomchi’. «Mi è sempre sembrato – racconta – che il Signore mi chiamasse soprattutto ad essere missionario ad gentes; e se adesso, dopo otto anni trascorsi come Rettore del Seminario Maggiore a Torino, sono ancora una volta in Guatemala, è perché penso che questa debba essere la mia risposta al ‘sogno’ di Dio». «C’è poi bisogno qui e in questo momento – evidenzia – di terminare due progetti di traduzione della Bibbia iniziati molti anni fa per portare la Parola di Dio nelle lingue dei poveri». L’uno riguarda la revisione della prima traduzione in kekchi’ realizzata nel 2006, in particolare il progetto prevede di «raccogliere e vagliare le indicazioni delle comunità che in questi nove anni hanno utilizzato questa Bibbia, per preparare una nuova edizione riveduta e corretta»; il secondo è quello di terminare la traduzione in pokonchi’, l’altra lingua parlata in Verapaz. «Stare dalla parte dei poveri – commenta – significa per me oggi dare loro il pane della Parola. È incredibile la fame che le popolazioni con cui vivo hanno della Parola di Dio. Un esempio: in un mese sono state vendute le cinquemila copie della traduzione del 2006 ristampata lo scorso agosto. Prende, inoltre, sempre più corpo la pastorale giovanile della zona pokonchi’, che mi è stata affidata a gennaio: corsi di formazione periodici per la gioventù pokonchi’ basati sulla Parola, l’identità culturale e l’ecologia, anche alla luce dell’enciclica di Papa Francesco ‘Laudato Sii’». Guatemala dunque per sempre? «Non so – risponde il sacerdote – posso solo dire: fino a quando Dio lo vorrà. E aggiungo: se racconto qualcosa della mia vita missionaria, lo faccio per dire ad ogni sacerdote che è bello essere ‘fidei donum’ (quanto bene farebbe anche solo una breve esperienza missionaria in qualche Paese del Terzo Mondo!) e ricordare a tutti che la vita è missione e ‘c’è un vincolo inseparabile tra la nostra fede e i poveri’ (EG 48)». «Papa Francesco – riflette don Bossù – il 9 maggio 2014 si è rivolto ai direttori delle Pontificie Opere Missionarie sottolineando che ‘l’evangelizzazione, che deve raggiungere tutti, è chiamata a partire dagli ultimi, dai poveri, da quelli che hanno le spalle piagate sotto il peso e la fatica della vita. [...] La Chiesa è il popolo delle beatitudini, la casa dei poveri, degli afflitti, degli esclusi e dei perseguitati, di coloro che hanno fame e sete di giustizia. A voi è chiesto di operare affinché le comunità ecclesiali sappiano accogliere con amore preferenziale i poveri, tenendo le porte della Chiesa aperte perché tutti vi possano entrare e trovare rifugio’. Ed ecco il senso della missione che deve porre al centro le periferie geografiche ed esistenziali, i poveri, che hanno bisogno di ascoltare e condividere la Parola di Amore del Vangelo». «E non dimentichiamo – conclude il sacerdote missionario – che i poveri ci evangelizzano. Se facciamo qualcosa per loro, essi ci danno cento volte di più». Stefano DI LULLO