I Mattone su mattone la città di Dio
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I Mattone su mattone la città di Dio
I NOTIZIE DALLA MARIAPOLI PERMANENTE REDAZIONE: LOPPIANO . 50064 INCISA VALDARNO IFI) . ANNO VII N. 1 . GENNAIO·FEBBRAIO 1984 . BIMESTRALE SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE GRUPPO IV 170%) Mattone su mattone la città di Dio e in una città s'appiccasse il fuoco in svariati punti, an che un focherello modesto, ma che resistesse a tutti gli urti, in poco tempo la città rimarrebbe in cendiata. Se in una città, nei punti più dis� parati, s'accendesse il fuoco che Gesù ha portato sulla terra e questo fuoco resistesse per la buona volontà degli abitanti al gelo del mondo, avremmo fra non molto accesa la città d'amor di Dio. Il fuoco che Gesù ha portato sulla terra è Lui stesso, è carità: quel l'amore che non solo lega l'anima a Dio, ma le anime fra loro. Infatti un fuoco soprannaturale acceso significa il continuo trion fo di Dio in anime a Lui donate, e perché unite a Lui, unite fra loro. Due o più anime fuse nel nome di Cristo, che non solo non hanno timore o vergogna di dichiararsi reciprocamente ed esplicitamente il loro desiderio d'amor di Dio, ma che fanno dell'unità fra loro in Cristo il loro Ideale, sono una potenza divina nel mondo. Ogni piccola cellula, accesa da Dio in qualsiasi punto della terra, dilagherà poi necessariamente e la Provvidenza distribuirà queste fiamme, queste anime-fiamma, dove crederà, affinché il mondo sia in più luoghi ristorato al calore dell'amor di Dio e risperi. Ma c'è un segreto, perché quella cellula infuocata s'allarghi a diventare tessuto e vivifichi le parti del mistico Corpo: è che coloro che la compongono si gettino all'avventura cristiana, che significa far d'ogni ostacolo una pedana di lancio, non "sop portare" la croce, qualsiasi volto essa abbia, ma S attenderla ed abbracciarla minuto per minuto co me fanno i santi. E, detto di sì al Signore, l'anima deve vivere con pienezza il momento che segue, non pensando a sé, al suo partire, ma a quello degli altri, o alle gioie degli altri che deve condividere, o ai pesi degli altri che deve portare con essi, o all'adem pimento dei propri doveri sui quali, per volontà di Dio, onde siano elevati a continua preghiera, va riversata l'attenzione di tutta la mente, l'affetto di tutto il cuore, tutta la vigoria della propria forza. � questo il piccolo segreto col quale si costruisce, mattone su mattone, la città di Dio in noi e fra noi. E ci inserisce, già dalla terra, nella divina volontà che è Dio, eterno presente. Chiara Lubich (da "f'Attrattiva del tempo moderno") nella città Due poesie di Tony Venticinque anni di giornate intense La croce � come una goccia costante che vuole incidere la roccia e ripete fermamente: "Fammi spazio, lasciami entrare". La morte di Tony Daga, uno dei cinquecento abitanti di Loppiano � se io dico SI senza se e senza ma mi ritrovo veramente ad amare quella goccia ad attender solamente il momento della sua caduta. � strano, perché umanamente sarebbe insolito, ma è proprio accorgerti che più il dolore penetra tanto più l'amore, l'Amore aumenta. .. E tu vivi... VIVI. � la goccia del Cielo elemosina del Suo infinito Amore. Tony in alcuni momenti della sua vi ta. Qui sopra assieme al fratello Fran cesco; a sinistra, Tony suona la chi tarra; a destra in alto, assieme ad al cuni amici durante le vacanze estive 1983. 'è spento in silenzio, in pochi minu ti, tra le braccia di chi più ne aveva condiviso le gioie e i dolori in que sto primo anno trascorso a Loppiano. Un'emorragia cerebrale l'ha fulminato il 18 dicembre scorso. Tony Daga, genovese, aveva venticinque anni. Una storia breve ed intensa. Sin dal '66 s'era impegnato nel Movimento dei focolari: "Voglio andar dietro a Gesù", so leva dire. In questo suo "andar dietro a Gesù" ebbe una quantità di compiti, im pegni, attività: suonava in un complessi no musicale dei gen, ebbe la responsabi lità di alcuni gruppi di giovani del Movi mento; ma soprattutto si sentiva investito dall'improrogabile dovere di trafficare in stancabilmente le sue capacità al servizio di Dio e del prossimo. S 2 Umiltà Umiltà, ti accorgi di che cos'è quando devi accettarla e non riesci a superarla. Umiltà, che è fedeltà alla cosa più insulsa che stai facendo ... come se fosse l'ultima, proprio perché è l'ultima. Umiltà, è tagliare sul vivo, accettare il non essere, è restare al gioco. Umiltà, rimanere quando vorresti andare; fallire quando vorresti vincere; annullarti quando vorresti emergere. Umiltà, è quel filo d'oro che dà vita alla vita presente, alla vita futura... anche se non vedi, se non senti bambino sulla via della Speranza, attendi. La personalità di Tony era molto forte, la sua intelligenza viva. Non era tipo da "piegarsi" con facilità. Era cosciente di ciò, ma cercava di vincere la propria ri trosia, per andare verso il fratello con tut ta la disponibilità di cui era capace. E co sì conquistò l'affetto di tanti e tanti. Studiava "Lingue straniere", ma non s'era ancora laureato. L'esperienza che ripor tiamo più avanti è avvenuta proprio du rante un periodo di studio di tedesco in Germania, dove s'era recato per poter completare la tesi. Fino all'ultimo ha lavorato e studiato: an cora prima di morire aveva sostenuto un esame alla Scuola che frequentava a Loppiano, e poi aveva sistemato le sche de degli ultimi ospiti arrivati. Quella lunga fila La processione nata spontanea al ri chiamo d'una morte svela i giorni tra scorsi di chi giace con gli occhi chiusi sul tavolo di morte. Per Tony s'è mossa una città: i professo ri, il cuoco, il pasticcere, i bambini, cop pie anziane e coppie giovani, l'ortolano, il carrozziere, il meccanico, la sarta, la ce ramista, il falegname, il fabbro. Una lun ga fila di uomini e donne per salutare un giovane di venticinque anni che nella vi ta, si potrebbe forse dire, poco aveva combinato: non s'era ancora laureato, non aveva ancora lavorato per una car riera o per dei soldi, non aveva messo su famiglia, non aveva scritto libri o sfonda to con le sue canzoni. Vuoi dire che tutta questa gente s'è sco modata per un altro motivo. Lo stesso che, poco dopo la sua partenza, ha pro vocato una telefonata: una vecchietta, ignara della sua morte, voleva semplice mente salutarlo. Tony le aveva voluto be ne. Un giorno qualsiasi; lei, una persona "insignificante" qualsiasi. A dire il vero, nel vocabolario di Tony la parola "insignificante" probabilmente non esisteva. Chiunque incrociava i suoi passi non lo era per lui; mai, nemmeno al telefono, Tony era all'ascolto di perso- naggi per lui "insignificanti". Di persone d'ogni tipo, età, abbigliamen to e colore, Tony era "esperto". A Lop piano, infatti, lavorava nell'ufficio di rece zione. Tanti lettori sicuramente lo rico nosceranno da queste foto: forse proprio lui li avrà accolti col suo sorriso franco e sereno, avvolto nel suo inseparabile im permeabile beige a larghe falde, appena arrivati a Loppiano. A dir il vero, i giorni di Tony sin da giova nissimo erano occupati' dalla primaria occupazione di capire l'uomo, di cercare l'uomo. La sua più vera "professione" era proprio questa. S'era allora ritrovato a consolare cuori, a rincorrere aspiranti suicidi, ad ascoltare vecchiette, a giocare con bambini, ad "assorbtre" drammi ed angosce, a darsi da fare per trovare lavo ro ad un disocuppato, o un ricovero in ospedale per un malato. Perché? La risposta più vera la si ritrova nei suoi scritti più "segreti", trovati accan to al suo lettino: un amore sofferto e sconfinato per colui che aveva dato un senso ai suoi giorni, Gesù sulla croce, Gesù rifiutato dal mondo che grida al Padre l'Abbandono. Questo il segreto del sorriso di Tony. Nient'altro. La lunga fila continua a snodarsi nel cor ridoio che porta al lettino bianco. Sul volto d'un amico sorriso e lacrime. Tony sarebbe stato contento d'essere accompagnato così al termine delle sue ore su questa terra. Per l'amico in lacrime, per tutti, Tony era sempre Tony; Tony era ancora Tony, più di prima. AI castello Trascrizione di un intervento di Tonv Daga alla Mariapoli di Biella, il5 agosto 1982 to terminando all'università il corso di laurea in Lingue straniere; devo trovare una possibilità per andare in Germania a studiare. M'arriva l'occa sione di recarmi in un castello-collegio, uno dei più ricchi della Germania, dove soltanto l'aristocrazia e le famiglie molto abbienti possono accedere. Vado verso un'incognita e ho un po' di paura, ma sento una risposta: "lo posso ancora amare". Arrivo: piove, fa un freddo cane. Il vento gelido e il cielo nuvoloso mi fan no venire la voglia di tornarmene a casa: rimango. Sento che questi passi accre scono il mio rapporto con Gesù. I ragazzi e le ragazze, che vanno dai tre dici ai diciotto anni, sono immersi nella ricchezza più smodata: hanno tutto. I casi di droga e di alcolismo non si con tano, la libertà sessuale e il vuoto morale toccano i loro apici opposti. Anche da parte dei professori ed assi stenti vi è tanta rilassatezza di fondo. Die- S Il castello di Salern. 5 AI castello tra tutto questo scopro famiglie distrutte, ragazzi abbandonati, genitori che magari mandano denaro o regali da tutte le parti del mondo, ma che non si vedono mai al castello. E, soprattutto, un'infinita solitu dine, certo celata da cento, mille modi di fare differenti, ma solitudine. E ancor di più solitudine da Dio. Sento ancor più impellente dentro di me l'esigenza di amare. Faccio l'assistente di quaranta ragazzi. Voglio creare un rapporto di amicizia: fermarmi davanti alla televisione è una sorpresa per loro, perché nessun assi stente lo fa. Voglio amare tutti. E allora parlo, scherzo, rido, soprattutto con quel ' li che mi sembrano i più soli, i più emar ginati. Sono stupiti da questo modo di comportarmi, ma io sento che è Gesù che mi spinge a farlo. Scorgo tra di loro anche tante divisioni: come fare? Con un enorme pacco di spaghetti risolvo la situazione, invitandoli tutti a cena da me. Dopo un po' è un gio co per tutti cercare i piatti e le posate mancanti, oppure lavare le pentole: per quaranta p ersone. Andandosene, tanti mi dicono: "E stata la più bella serata della mia vita. E la cosa più nuova era quel particolare unisono che c'era tra di noi". L'azione discoteca è un successo totale: senza ferire nessuno, riusciamo a render la più accessibile a tutti, più luogo di ri trovo di amici che angolo di caccia per esperienze sentimentali o di droga. I ra gazzi sono felici. Nel nostro ospedale, durante l'inverno, sono ricoverati parecchi ragazzi. Decido di andarli a trovare con dei piccoli regali. Dalla gioia che scorgo nei loro volti, mi accorgo di che grande esigenza abbiano di un rapporto vero. Frau Monika è l'incaricata delle pulizie. t: trattata con superiorità; se manca qual cosa dalle camere, la colpa è immanca bilmente sua. Lei mi saluta rispettosa mente. A me non basta risponderle con un cenno o un sorriso. Una mattina pre paro del caffè con dei dolci e la invito; non vuole entrare. Poi viene, beve, rin grazia e se ne va. Faccio così per altre mattine; finché un giorno, scoppiando in lacrime, mi dice: "Mio marito mi ha sem pre picchiata, i miei figli mi danno solo dispiaceri, mi umilio tutti i giorni a lavare gabinetti. Quando bevvi qui il caffé per la prima volta, avevo deciso che a sera l'a vrei fatta finita. Ma da allora qualcosa mi ha sempre trattenuta". Cresce il rapporto: decidiamo insieme di vivere la Parola di vita, e poi ci raccontiamo com'è andata. E cresce il rapporto con i figli, i parenti. Torna la pace. Prima di partire, salutandola, le dico: "Frau Monika, sono stati belli questi mesi passati assieme, vero? Pieni di gioia, di dolori; ma quello che rimane è l'amore, la riscoperta che insieme abbiamo fatto che Dio ci vuole bene, anche nelle situazioni più dolorose". Le lacrime che adesso co lano dai suoi occhi sono lacrime di gioia. Una domenica Johannes è da solo. Parla poco anche durante le mie ripetizioni di francese. Prepariamo il caffé, e poi, per la prima volta, mi racconta di essere stato abbandonato dai genitori dopo la nasci ta. Ora vive con i nonni, ad un isolato di distanza dalla casa della mamma che sta con un altro uomo; il dolore è grandissi mo per lui e per me. Lo ascolto fino in fondo, anche se non ho una risposta: alla 6 fine è più sereno, mi sorride, mi" ringrazia. So che ama tantissimo la pallanuoto: io ho le chiavi della piscina. "Andiamo a giocare?!!, Robert non sorride più da quando i geni tori sono morti in un incidente stradale. So del suo prossimo compleanno, e gli regalo un grosso quaderno con sopra disegnato un grande sole. Gli scrivo: "Sii felice_perché il sole più grande è sempre con te, perché è dentro di te". Un sorriso smagliante è la sua ri sposta. E anche lui, per la prima volta, racconta a qualcuno i suoi dolori e le sue' speranze. Michael, che già non vede suo padre da parecchi anni, sta per essere abbandona to dalla madre. So che lei arriverà per il ballo degli studenti di Pasqua, ma non so proprio cosa fare. Allora prego Gesù che mi mandi lui uri'idea. Eccola. La madre arriverà e senz'altro dovrà cambiarsi per il ballo, e non saprà dove farlo: "Ecco le chiavi del mio appartamento. Poi mangi qualcosa, è già pronto del thè con dei dolci". E me ne vado. La rivedo più tardi, e so che ha parlato col figlio: mi ferma e mi dice: "Ho capito. Ho capito soltanto adesso che devo amare il mio ragazzo. L'ho compreso da come Michael le vuole bene, dopo così poco tempo, e da come lei ne vuole a lui". Una sera, tornando tardi dopo una ri unione, non mi accorgo dell'assenza di uno dei quaranta. Il giorno dopo Karl Heinz mi dice: " Peter è andato a casa. Suo padre si è sparato d opo aver fatto bancarotta". Anche qui il dolore è gran de. Non so cosa fare: abita troppo lonta no per raggiungerlo, ma non posso non fare niente. Dopo una lunga ricerca, ri esco a trovare il suo indirizzo, e soprat tutto il suo numero di telefono per inviar gli un telegramma. Il giorno dopo squilla il telefono. t: lui: " Nessuno fino adesso mi aveva amato cosi tanto". Tornato, cresce un'amicizia grande. Gli parlo di me, della mia vita: anche lui vuole vivere così. So che ama moltissimo fare il fuori-strada con la macchina. Suo padre lo portava sempre. Allora prendo la mia macchina ho un po' di paura - e andiamo a fare il fuoristrada per i prati e i boschi della zo na. Non mi interessa il pericolo. La gioia che traspare dai suoi occhi è molto più im portante. Sono verso la fine del mio soggiorno in Germania. Vedo vere le parole di Gesù " Date e vi sarà' dato". La mia camera è ricca di cose prestate o regalate dall'a more che è tornato. Ho due televisori, di cui uno a colori, piante, libri, giornali, po ster, piatti, posate ... Poi i ragazzi hanno scoperto che suono la chitarra, e per un certo periodo ne ho avute "soltanto" cin que, da suonare, bellissime: peccato non aver avuto dieci mani! Il giorno della partenza si avvicina: deci do di comprare piccoli regali per i qua ranta ragazzi e per gli assistenti. Per trattenermi, mi viene proposto anche il posto di lavoro fisso, ma so che la vo lontà di Dio per me è un'altra. In sala da pranzo, in trecento tra professori, alunni e assistenti, inaspettatamente mi ringra ziano con lunghi applausi: ma dentro so no io che ringrazio Gesù, perchè è Lui che veramente ha toccato i cuori. Sono sul treno, ripenso ai mesi passati al castello e mi invade un grandissimo sen so di gratitudine verso Gesù: "Grazie, grazie per tutto quello che hai fatto: là lascio un pezzo del mio cuore, un cuore che ora, tornando in I talia, vuole battere ancora". a cura della redazione ALCUNI CENTRI DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI IN ITALIA ANCONA Via V. Veneto 5, ti. (071) 201401 - F.F. Via Tagliamento 19, ti. (071) 32285 - F.M. BARI Via Bottalico 44, tf. (080) 221982 - F.F. Via Melo 15/3, ti. (080) 212493 - F.M. BOLOGNA Via Baracca 2, ti. (051) 388551 - F.F. Via San Donato 156, tI. (051) 503493 - F.M. CAGLIARI Via Giudice Chiano 18. tf. (070) 496894 - F.F. Via Fracastoro 12, tI. (070) 308363 - F.M. CATANIA Via Ciccaglione 9, tf. (095) 436235 - F.F. Via Mineo 11, tf. (095) 441292 - F.M. FIRENZE Via di Barbano 14, tf. (055) 499684 - F.F. Via Cino da Pistoia 13, ti. (055) 588560 Centro Internazionale Studenti "G. La Pira" Via de' Pescioni 3, tf. (055) 219749 - F.M. FOGGIA Via Ruggero Bonghi 22, tI. (0881) 47254 - F.F. Via Molfetta 42, tf. (0881) 87339 - F.M. GENOVA Via S. Zita 1/11, tf. (010) 586378 - F.F. Via al Capo di S. Chiara 16/A (10) 383431 - F.M. GROTTAFERRATA Via S. Nilo 50, ti. (06) 9458972 - F.M. INCISA VALDARNO - LOPPIANO Casa Emmaus. tf. (055) 8335641 - F.F. Via di Tracolle, tf. (055) 8335053 - F.M. MANTOVA Via Ludovico Grossi 17, tf. (0376) 369279 - F.F. Viale Sabotino 8, ti. (0376) 364147 - F.M. MARINO C.so Vittorio Colonna 78 - Pal. A in\. 7, ti. (06) 9386387 - F.F. MILANO P.le Archinto 9, tf. (02) 6889812 - F.F. Via Faruffini 16, ti. (02) 4984375 - F.F. Via Empoli 5, ti. (02) 6472586 - F.M. Via Pastorelli 19, tf. (02) 8358267 - F.M. NAPOLI Via B. Caracciolo 34, tf. (081) 347178 - F.F. Salita S. Antonio ai Monti 13/10, tf. (081) 216937 - F.M. PADOVA Via Lucania 25, tI. (049) 684750 - F.F. Via R. Fowst 10bis, tf. (049) 600382 - F.M. PALERMO Via Rapisardi 60, tf. (091) 266585 - F.F. Via Sammartino 22, tf. (091) 331730 - F.M. PERUGIA Via dei Filosofi 39, ti. (075) 34087 - F.F. Via Bonciario 8 - l'p., ti. (075) 62094 - F.M. PESCARA Via S. Eufemia Maiella 8, tf. (085) 381280 - F.F. Via Pietro Gobetti 127/12, tf. (085) 31787 - F.M. REGGIO CALABRIA Via Emilio Cuzzocrea 16, tf. (0965) 27587 - F.F. Via Annunziata 13, tf. (0965) 97167 - F.M. ROCCA DI PAPA' Via delle Ortensie 42, tf. (06) 9499766 - F.M. ROMA Via Marcello Il 26/10 - 4', ti. (06) 6383194 - F.F. Via Biagio Terzi 12, tf. (06) 295783 - F.F. Via M. Dionigi 16/18, tf. (06) 3601120 - F.M. Via I. Giorgi 41/22, tf. (06) 8321982 - F.M. TORINO P.za Peyron 7, tf. (011) 7497793 - F.F. Corso B. Telesio 36, tf. (011) 710722 - F.M. TRENTO Via Vicenza 10, ti. (0461) 30567 - F.F. Via Grazioli 43/7, tf. (0461) 23827 - F.M. TREVISO Via S. Angelo 39, ti. (0422) 53456 - F.F. Via del Mozzato 44/7, ti. (0422) 40272 - F.M. TRIESTE Via Matteotti 39, ti. (040) 793837 - F.F. Via A. Madonizza 6, tf. (040) 744151 - F.M. VARESE MASNAGO "Villa Mater Dei" - Via Confalonieri 12, tf. (0332) 312555 F.F.: Focolare Femminilie F.M.: Focolare Maschile Direzione, Amministrazione, Redazione in LOPPIANO - ti. (055) 8335094-8335169 50064 INCISA VALDARNO (FI) direttore responsabile Guglielmo Boselli Aut. Trib. Firenze n. 2622 del 9.12.1977 c.c.p. n. 5/15188 intestato a Loppiano - Incisa Valdarno stampato nelle tipografia Baldesi - Firenze � --�---- -- -- I ar a I Marzo 1984 "Mio cibo è fare la volonta di Colui che mi ha mandato e (Gv.4,34) compiere la sua opera" "Mio cibo è fare la volonta di Colui che mi ha mandato e compiere la sua opera" Ecco una meravigliosa parola di Gesù che ogni cristiano può, in certo modo, ripetere per se stesso e che, se praticata, è in grado di condurlo assai lonta no nel Santo Viaggio della vita. Gesù, seduto presso il pozzo di Giacobbe, in Samaria, sta concludendo il suo colloquio con la samaritana. I discepoli, tornati dalla vicina città, do ve sono andati a fare provviste, si meravigliano che il Maestro stia parlando con una donna, ma nessuno gli chiede perché lo faccia e, partita la samaritana, lo sollecitano a mangiare. Gesù, intuisce i loro pen sieri, e spiega loro ciò che lo muove, rispondendo: "Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete". I discepoli non capiscono: pensano al cibo ma teriale e si domandano l'un l'altro se qualcuno, du rante la loro assenza, ne abbia portato al Maestro. Gesù allora dice apertamente: "Mio cibo è fare la volonta di Colui che mi ha mandato e compiere la sua opera" Di cibo si ha bisogno ogni giorno per mante nersi in vita. Gesù non lo nega. E qui parla proprio di cibo, quindi della sua naturale necessità, ma lo fa per affermare l'esistenza e l'esigenza di un altro ci bo, di un cibo più importante, di cui Egli non può fare a meno. "Mio cibo è fare la volonta di Colui che mi ha mandato e compiere la sua opera" " Gesù è disceso dal Cielo per fare la volontà di Colui che lo ha mandato e compiere la sua opera. Non ha pensieri e progetti suoi ma quelli del Padre suo, le parole che dice e le opere che compie sono quelle del Padre; non fa la propria volontà ma quella di Colui che lo ha mandato. Questa è la vita di Gesù. Attuare ciò sazia la sua fame. Così facendo, si nutre. La piena adesione alla volontà del Padre carat terizza tutta la sua vita, fino alla morte di croce, dove porterà veramente a termine l'opera che il Padre gli ha affidato. 4 "Mio cibo è fare la voi onta di Colui che mi ha mandato e compiere la sua opera" Gesù considera suo cibo fare la volontà del Pa dre, perché, attuandola, "assimilandola", "mangian dola", identificandosi con essa, da essa riceve la Vita. E qual'è la volontà del Padre, l'opera sua, che Gesù deve portare a compimento? È dare all'uomo la salvezza, dargli la Vita che non muore. E un germe di questa Vita Gesù, poco prima, col suo colloquio e col suo amore, l'ha comunicato alla Samaritana. Presto infatti, i discepoli vedranno questa Vita germogliare ed estendersi perché la Samaritana comunicherà la ricchezza scoperta e ri cevuta ad altri samaritani: "Venite a vedere un uomo .. che sia il Messia?" (Gv 4,29) E Gesù, parlando alla Samaritana svela il piano di Dio che è Padre: che tutti gli uomini ricevano il dono della sua Vita. È questa l'opera che a Gesù urge di compiere, per affidarla poi ai suoi discepoli, alla Chiesa. "Mio cibo è fare la volonta di Colui che mi ha mandato e compiere la sua opera" Possiamo vivere anche noi questa Parola così tipica di Gesù, sì da riflettere in modo tutto partico lare il suo essere, la sua missione, il suo zelo? Certamente! Occorrerà viverl3 anche noi il no stro essere figli del Padre per la Vita che Cristo ci ha comunicato, e nutrire così anche noi la nostra vita della sua volontà. Lo possiamo fare adempiendo momento per momento ciò che Lui vuole da noi; compiendolo in modo perfetto, come non avessimo altro da fare. È quanto si era proposto Papa Giovanni XXIII. Dio, infatti, non vuole di più. Cibiamoci allora di ciò che Dio vuole da noi attimo dopo attimo e sperimenteremo che fare in questo modo ci sazia: ci dà pace, gioia, felicità, ci dà un anticipo - non è esagerato dirlo - di beatitudi ne. Concorreremo con Gesù così anche noi, gior no per giorno, a compiere l'opera del Padre, che è la salvezza nostra e di molti. Chiara Lubich I I 18 Febbraio 1984 "Se dunque presenti la tua offerta all'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davan ti all'altare e va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad (Mt. 5,23) offrire il tuo dono" "Se dunque presenti la tua offerta all'altare e li ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia li il tuo dono davanti all'altare e va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono" È questa una di quelle parole di Gesù che, se bene intese, possono provocare in noi una vera rivo luzione e, se fossero vissute da tutte le persone del mondo, si avrebbe la pace assicurata per sempre. Gesù immagina che un israelita si rechi al tem pio per offrire a Dio il suo sacrificio. Oggi noi po tremmo pensare ad un fedele che va in Chiesa per assistere alla Messa. L'offerta del sacrificio per l'israelita del tempo di Gesù - come, del resto, la partecipazione alla Mes sa per il cristiano di oggi - rappresentano il mo mento più importante, l'espressione più alta del suo rapporto con Dio. Ebbene! - dice Gesù, usando un linguaggio paradossale per sottolineare l'importan za davanti a Dio del pieno accordo tra fratelli - se, mentre stai per offrire il tuo sacrificio, ti ricordi che c'è una qualche disarmonia fra te ed il tuo prossimo, interrompi il tuo sacrificio e vai prima a riconciliarti con il tuo prossimo. L'offerta del sacrificio infatti e, per noi cristiani, la partecipazione alla Messa rischierebbe di essere un atto vuoto di contenuto se si fosse in disaccordo con i nostri fratelli. Il primo sacrificio, che Dio attende da noi, è che ci sforziamo di essere in armonia con tutti. "Se dunque presenti la tua offerta all'altare e li ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia li il tuo dono davanti all'altare e va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono" Con questa sua esortazione sembra che il pen siero di Gesù non presenti novità sostanziali rispet to all'Antico Testamento. I profeti infatti avevano già anticipato questo concetto: Dio preferisce l'amore verso il prossimo, la misericordia, la compassione verso i deboli alle vittime offerte a Lui in olocausto (Os 6,6). Quando i sacrifici vengono offerti da per sone le quali opprimono i poveri, Egli li respinge come un abominio (Is 1,10-20). Anziché essere allo ra un atto di lode, diventano un insulto recato a Dio. Ma la novità esiste e sta qui: Gesù afferma che dobbiamo essere sempre noi a prendere l'iniziativa perché sia costante la buona armonia, perché si mantenga la comunione fraterna. E spinge così il comandamento dell'amore del prossimo fino alla sua radice più profonda. Egli non dice infatti: se ti ricordi di avere tu offeso il fratello, ma: se ti ricordi che il tuo fratello ha qualcosa contro di te. Per Lui il fatto stesso di restarsene indifferenti di fronte alla disarmonia cç>n i prossimi, anche quando di questa disarmonia responsabili non fossimo noi, ma gli al tri, è già un motivo per non essere ben accetti a Dio, per essere da Lui respinti. Gesù vuole metterci in guardia quindi non sol tanto contro le più gravi esplosioni dell'odio, ma an che verso ogni espressione o atteggiamento che in qualche modo denoti mancanza d'attenzione, d'a more verso i fratelli. "Se dunque presenti la tua offerta all'altare e li ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia li il tuo dono davanti all'altare e va' prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono" Come, allora, mettere in pratica queste parole? Dovremo cercare di non essere superficiali nei rap porti, ma frugare negli angoli più riposti del nostro cuore. Faremo in modo di eliminare anche la sem plice indifferenza, o qualsiasi mancanza di benevo lenza, ogni atteggiamento di superiorità, di trascura tezza verso chiunque. Normalmente si cercherà di riparare uno sgar bo, uno scatto di impazienza, con una domanda di scusa o un gesto di amicizia. E se a volte ciò non sembra possibile, ciò che conterà sarà il mutamento radicale del nostro atteggiamento interiore. Ad un atteggiamento di istintivo rigetto del prossimo deve subentrare un atteggiamento di accoglienza totale, piena, di accettazione completa dell'altro, di miseri cordia senza limiti, di perdono, di condivisione, di attenzione alle sue necessità. Se così faremo potremo offrire a Dio ogni dono che vorremmo ed Egli lo accetterà e ne terrà conto. Si approfondirà il nostro rapporto con Lui e arrive remo a quell'unione con Lui che è la nostra felicità presente e futura. Chiara Lubich 3