Casa Madre da - Missionari della Consolata
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Casa Madre da - Missionari della Consolata
da Casa Madre ANNO 88 - N.9 - SETTEMBRE 2008 ISTITUTO MISSIONI CONSOLATA PERSTITERUNT IN AMORE FRATERNITATIS Editoriale P. Giuseppe Ronco, imc LUNA SETTEMBRINA, SETTE LUNE SI TRASCINA, E SE L’ANGELO (S. Michele 29 settembre) SI BAGNA LE ALI, PIOVERA’ SINO A NATALE (Proverbio popolare) RILEGGERE LA PROPRIA VITA, A SETTEMBRE Settembre, andiamo. E’ tempo di migrare. Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare: scendono all’Adriatico selvaggio che verde è come i pascoli dei monti. Han bevuto profondamente ai fonti alpestri, che sapor d’acqua natía rimanga ne’ cuori esuli a conforto, che lungo illuda la lor sete in via. Rinnovato hanno verga d’avellano. E vanno pel tratturo antico al piano, quasi per un erbal fiume silente, su le vestigia degli antichi padri. O voce di colui che primamente conosce il tremolar della marina! Ora lungh’esso il litoral cammina la greggia. Senza mutamento è l’aria. il sole imbionda sì la viva lana che quasi dalla sabbia non divaria. Isciacquío, calpestío, dolci romori. Editoriale Ah perché non son io cò miei pastori? 2 temi di vita pratica e spirituale, animata da specialisti in materia, e diverse attività. Tre pellegrinaggi renderanno piacevole il soggiorno: a Torino e a Castelnuovo per incontrare il Fondatore, ad Assisi e a Cascia, e infine alla Madonna del Divino amore e alle Catacombe di Priscilla. Attenzione particolare sarà data a San Paolo, con conferenze e visite ai luoghi paolini romani. L’esaltazione della Santa Croce e l’Addolorata: due giornate per trasformare la memoria del dolore in profezia di speranza. La memoria della Beata Vergine Addolorata ci aiuta a comprendere il ruolo misterioso che Maria ha svolto accanto a Gesù sul Calvario. La Vergine, infatti, associata intimamente alla missione del Redentore, ha compartecipato con il suo dolore di madre all’opera della salvezza. Nell’ora della grande prova, Gesù l’ha affidata a Giovanni, proclamandola così Madre di tutti i credenti, di tutti gli uomini (cfr Gv 19, 25-27). Madre di Cristo, Maria è Madre della Chiesa, corpo mistico di Cristo, chiamata a dispensare il dono della salvezza agli uomini e alle donne di tutti i tempi. Maria Addolorata ci presenta e ci conduce a Gesù, unico Salvatore del mondo, morto sulla croce per noi. Dinanzi a tanto dolore e a tanto amore come non aprire il cuore alla compassione? Come non convertirsi al perdono e all’amore? La Madre della misericordia ci introduce nel mistero della Divina Misericordia; ci apre il cuore all’ascolto della parola di Dio e all’umile sequela di Cristo. [I Pastori di Gabriele D’Annunzio (1863-1938)] Corsi di rinnovamento per Formatori e Confratelli anziani Agosto si apre con una decina di giorni di formazione per i formatori dei seminari teologici, a Bravetta. Animerà il corso P.Francisco Lopez, consigliere generale per la formazione. Inoltre il mese di settembre vede riuniti a Roma 25 Confratelli anziani, impegnati nel corso di rinnovamento. Il programma, appositamente pensato per vivere bene la vocazione missionaria nella fase anziana della vita, prevede la riflessione su diversi da Casa Madre - 9/08 La lauda di Jacopone da Todi: la sacra rappresentazione come strumento di evangelizzazione Figlio bianco e vermiglio, figlio senza simiglio figlio a chi m’appiglio ? figlio, pur m’hai lassato. Figlio bianco e biondo, figlio, volto iocondo, figlio, perché t’ha el mondo, figlio, così sprezato ? O Joanne, figlio novello, morto è lo tuo fratello, sentito aggio ‘l coltello che fo profetizzato. Che morto ha figlio e mate de dura morte afferrate, trovarse abracciate mate e figlio a un cruciato. (Jacopone da Todi, Il pianto della madonna) La lauda racconta gli ultimi, drammatici momenti della vita di Cristo e si caratterizza per il fatto che l’attenzione, anziché sulla sofferenza di Gesù, è focalizzata su quella della Madonna. Attingendo ai Vangeli, Jacopone mette in scena una sorta di Passione della Vergine. L’impostazione teatrale di questo testo si inserisce nella tradizione della lauda perugina, che si orientava, piuttosto che verso l’ascetismo o il misticismo, nella direzione di una divulgazione del Vangelo e di una umanizzazione dei temi religiosi. La lauda perugina era affidata alla recitazione di alcuni solisti e di un coro, e costituisce un passo importante verso quello spettacolo che nel Quattrocento avrebbe preso il nome di “sacra rappresentazione”. Le caratteristiche tematiche della lauda perugina contribuiscono a spiegare uno dei dati più significativi di questa lauda: il fatto cioè che la passione della Vergine risulti, in gran parte, una passione profondamente umana; che Maria appaia, più che come «donna de Paradiso», anzitutto come una madre disperata; che si mostri spesso ignara delle implicazioni teologiche della sofferenza del figlio. Dobbiamo perciò meditare sovente quanto siamo costati alla Madonna, perché Ella fu intimamente unita alla Passione di Nostro Signore; tutti i dolori di Lui si riversarono nel cuore della Madre. Già fin da quando fu eletta ad essere la Madre del Redentore, Dio le fece conoscere tutto l’incruento martirio che avrebbe dovuto sopportare; cosicché tutta la vita di Maria SS. fu, come quella di Nostro Signore, croce e martirio, massimamente dopo la profezia di Simeone. Editoriale Figlio, dolce e piacente, figlio de la dolente, figlio, hatte la gente malamente treattato ! Proponiamo di essere molto divoti dei dolori di Maria: per il dovere che ne abbiamo e per utilità nostra. È una delle divozioni più sode e, direi, maschie. Essa rompe la durezza dei nostri cuori, ci fa gustare la preghiera, ci fa amare la pietà. Onoriamo e consoliamo l’Addolorata, noi figli della Consolata!” (P.Fondatore). Alla scuola di Maria Addolorata si impara ad essere veri discepoli di Gesù, perché lei ci pone di fronte all’esempio del Figlio che ama e si dona per i fratelli. Consolata perché Addolorata “Essendo così cara questa divozione a Gesù e a Maria, noi dobbiamo coltivarla, non solo nelle due feste stabilite dalla Chiesa, ma tutto l’anno. È un dovere di tutti i cristiani, ma lo è in particolare di noi che, come figli della Consolata, abbiamo speciale dovere di consolare la Madre nostra, renderla veramente “ Consolata “. Non è per nulla che portiamo questo bel titolo. In copertina: Julie Blackstone, Good shepherd, Shawnee OK, 2006 3 da Casa Madre - 9/08 Pablo, alcanzado por Cristo p. Manuel Grau, imc Hablar De S. Pablo es hablar de un tema inagotable. Lo primero que me ha venido a la mente pensando en escribir estas líneas es la fuerza y la centralidad de su relación con Jesucristo como una de las claves que explican toda su experiencia espiritual y su aventura apostólica, integrando en esta relación dificultades, fragilidades y fatigas. Una dimensión que me parece enormemente actual y necesaria para nosotros. Protettore annuale La sublimidad del conocimiento de Cristo Jesús mi Señor (Flp 3,8) 4 No cabe duda de que la fuente de la que nace todo el camino evangelizador de Pablo es su encuentro con Jesús, que se le manifestó en el camino de Damasco. Una experiencia tan determinante que aparece hasta tres veces en el libro de los Hechos (Hch 9,1-19. 22,1-16. 26,12-18) Un encuentro que él mismo llama “revelación” y que se produce por gracia de Dios (Ga 1,15-16) Es Jesús mismo quien le sale al encuentro. No se trata del fruto de una larga reflexión, ni de una consecuencia de su saber teológico, capacidades que después sabrá utilizar muy bien para fundamentar su mensaje y su actividad apostólica. El encuentro con Jesús suscita en Pablo dos preguntas: ¿Quien eres, Señor? Y ¿Qué quieres que haga? El conocimiento de Jesús y la obediencia de fe a su llamada están en la base de toda su trayectoria misionera posterior. Es esta experiencia la que constituye el corazón de su mensaje evangelizador y la esencia de su visión del misterio cristiano: Ser justificados por la fe en Cristo Jesús, comprender cual es la anchura y la longitud, la altura y la profundidad y conocer el amor de Cristo que sobrepasa todo conocimiento (cf Ef 3,18-19) Es la persona de Jesús la que desencadena en él un proceso que lo lleva a poner en discusión todo lo que para Pablo eran valores y elementos en los que afirmarse (cf Flp 3,7-14). Es Jesús quien desmonta sus esquemas religiosos de perfección y de obras buenas, de pertenencia étnica, y le descubre un horizonte absolutamente nuevo. Pablo, el hombre formado en lo mejor de la teología judía, en la más estricta observancia de la da Casa Madre - 9/08 Ley, y, al mismo tiempo, ciudadano romano e impregnado de la cultura griega, se queda ciego, deslumbrado por Cristo Jesús y tiene que dejarse guiar con humildad por simples creyentes como Ananías que le ayudan a abrir de nuevo los ojos a una nueva realidad (cf Hch 9,10-19) Para Pablo, la experiencia más determinante y fundante para el creyente es la que él mismo vivió: Haber hecho en Cristo Jesús la experiencia del amor absoluto de Dios por los hombres y de la aceptación de ese amor ( cf Ef 2,4-10) Es lo que él llamará después la justificación, y el existir como hombres nuevos sabiendo que nada ni nadie podrá separarnos del amor de Dios manifestado en Cristo Jesús Señor nuestro (Rm 8,31-39) Reveló en mí a su Hijo para que lo anunciase a los gentiles (Ga 1,16) Encuentro con Jesús y llamada al anuncio misionero entre los gentiles se identifican en la conciencia de Pablo, aunque estas palabras cubran, de hecho, un camino laborioso de años (cf Ga 1,15-16) También la llamada de los gentiles a la fe es para él una revelación que acoge con agradecimiento (cf Ef 3,1-12) La centralidad de Cristo, fruto de su experiencia personal es el corazón de su mensaje, presentado con coraje y de una forma absolutamente contracorriente frente a las pretensiones de sabiduría humana o de signos y prodigios: Pues no quise saber entre vosotros sino a Jesucristo, y éste crucificado. Y me presenté ante vosotros débil, tímido y tembloroso (1Co 2,2-3) Nosotros predicamos a Cristo crucificado, escándalo para los judíos, necedad para los gentiles (1 Co 1,23) La gratuidad con la que Pablo se ha sentido salvado y amado por Cristo Jesús hace que en su anuncio misionero se sienta simplemente un enviado llevando un mensaje que él también ha recibido y que no le pertenece ( 1Co 15,3. 1Co 9,1518) El mensaje es Jesucristo, y la vida nueva que nace de una existencia “en Cristo Jesús”. El mensaje es la posibilidad de una salvación absolutamente gratuita y acogida en la fe. Pablo es consciente de ser vasija de barro pero portador de un tesoro (cf 2Co 4,7-18) Su mensaje es la nueva experiencia de libertad asociada a la fe en Jesús y que él defenderá con pasión Continúo mi carrera por si consigo alcanzarlo (Flp 3,12) De la novedad de su nueva vida en Cristo nace una energía interior que lo hace capaz de “correr” para alcanzar a Cristo, dominar su cuerpo, integrar todas las solicitaciones que lo llevan lejos del camino que Jesús le indica. Su fe apasionada hace que todas las dificultades y debilidades experimentadas a lo largo de su trayectoria apostólica se conviertan en una fuente de gracia y de fortaleza. La figura de Pablo pone de manifiesto que en el camino de la evangelización, que él compara con una carrera en el estadio para obtener un premio, hay que mantener una tensión ascética (cf 1Co 9,24-27) Hay que estar atento a no dar golpes en el vacío, hay que tratar duramente el propio cuerpo, hay que correr, pero no sin objetivo y sin una meta clara. Todo esto para no quedar descalificados mientras se enseña y se anuncia el mensaje a los otros. Esa carrera que consiste, en definitiva, en “alcanzar a Cristo” es consecuencia de “haber sido alcanzado por El” (cf Flp 3,12-14) La ascesis de Pablo, su sana tensión interior para alcanzar a Cristo se realiza todo ella en los caminos de sus vicisitudes apostólicas, de sus sufrimientos y fatigas que se convierten en motivo de gloria (cf 2Co 11,2133) Pero el ejercicio más radical con el que Pablo crece en la experiencia de Jesús como gracia es el de la aceptación de su propia debilidad, la “espina” en su carne que lo obliga a aceptarse y a abandonarse a la gracia y a la fuerza de Dios: “Mi gracia te basta, que mi fuerza se muestra perfecta en la flaqueza”. Por tanto, con sumo gusto seguiré gloriándome sobre todo en mis flaquezas, en las injurias, en las necesidades, en las persecuciones y las angustias sufridas por Cristo; pues cuando estoy débil es cuando soy fuerte (2Co 12,7-10) Energía, amor, celo Con estas tres palabras resume el Beato Allamano lo mejor de la ejemplaridad de Pablo para nosotros, misioneros (cf VS 808-811) Relación personal con Jesús, existencia nueva “en Cristo”, celo y pasión por el anuncio del Evangelio de Jesús, vigilancia y energía para llevar adelante nuestros compromisos de servicio a la misión “en la santidad de la vida” (Const. 5) Y todo esto para no quedar descalificados. Del amor apasionado a Jesucristo nace el celo por comunicarlo y compartirlo con los otros. El amor apasionado y el celo duran en el tiempo y generan algo positivo cuando están alimentados y sostenidos por una voluntad fuerte y perseverante, alimentada por una energía que ayuda a mantenerse en el camino emprendido. En un momento en que muchos elementos de nuestra vida misionera están fuertemente puestos en discusión y cuando entre nosotros se percibe la dificultad de redefinir tantos aspectos de nuestra vocación, necesitamos volver a la fuente genuina de la que hemos nacido. No siempre en nuestro incesante ir y venir reflejamos el haber sido tocados por la persona de Jesús, en una relación cultivada y colocada como centro cotidiano de todo lo que somos y de todo lo que hacemos. Dejando que esta relación se enfríe nos hacemos también nosotros tibios, ni fríos ni calientes. Olvidando la centralidad de Dios en la misión nos apropiamos en cierto modo de ella y la convertimos en un proyecto nuestro, a nuestra medida, a la medida de nuestros deseos y necesidades. Así aparece la autoafirmación, y la experiencia de lo gratuito de Dios, también en medio de nuestra fragilidad y pecado, desaparece. Es fácil convertirse así en operadores de otras causas donde la gracia cuenta poco o nada, la autorealización está más al alcance de la mano. Entonces el celo se invierte en otras cosas y la energía que sostiene nuestra voluntad nos lleva detrás de otras muchas voces que nos solicitan. Amor, energía, celo. Si no estamos atentos podemos quedar descalificados. Si no estamos atentos, la misión se nos diluye entre las manos. Seguiremos preguntándonos qué hacer para ser significativos cuando lo que importa es preguntarnos ante todo qué queremos ser, como queremos vivir. Pablo nos dice con su vida que la misión es una fuente incesante de gracia cuando se vive como amor apasionado a Jesús y como amor apasionado a los demás, haciéndoles partícipes de la gracia que está transformado nuestras vidas. Tal vez con la humildad a la que nos invita el Fundador hablando de S. Pablo tengamos también nosotros que preguntarnos: ¿Quien eres Señor? ¿Qué quieres que haga? da Casa Madre - 9/08 Protettore annuale frente a todos los intentos de volver a la mentalidad y a las prácticas de la ley (cf Ga 1,6-10) Pablo presenta el mensaje sin subterfugios, pero haciéndose todo a todos (cf 1Co 9,19-23) Vive su misión con sentimientos maternos que son simplemente traducción de su personalidad transformada por Jesús (cf 1Ts 2,8-11) 5 La fonte della santità p. Pietro Baudena, imc Come intendere la santità. Il biennio di riflessione sulla santità sta aiutandoci a comprendere meglio che cosa intendeva il Beato Fondatore quando ci chiedeva di essere “prima santi , poi missionari”, a renderci conto in che cosa consiste praticamente la santità. Essendo “fondamentalmente appartenenza a Colui che è per essenza il Santo”, (Novo Millennio Ineunte 30), essa è certo molto esigente, ma non deve essere intesa come aspirazione ad una esistenza straordinaria, possibile solo ad “alcuni rari eroi della santità” (cfr, “Novo Millennio Ineunte” N.31), ma semplicemente ad essere “straordinari nell’ordinario” (“Così vi voglio” p. 41). L’Allamano precisa: “ la santità che io voglio non è di fare miracoli, ma di fare tutto bene”. (Ibidem). Vista così, l’idea della santità si semplifica, ma la sua realizzazione non è certo facile. Richiede un serio impegno inteso a conoscere noi stesi per poterci migliorare e perfezionare a tutti i livelli: spirituale, umano ed apostolico, personale e sociale - comunitario, naturale e soprannaturale. La direzione spirituale, il progetto personale di vita e la condivisione comunitaria possono darvi un valido contributo, ma è necessaria soprattutto una decisa volontà allo scopo. Il nostro Beato osserva che “ la santità richiede volontà piena, energica, costante”. Volontà “piena”, che non mette limiti, che non si accontenta del buono, delle mezze misure, ma mira al perfetto. Volontà “energica”, che non dà spazio alla pigrizia, fiacchezza, che non si arrende davanti al sacrificio. Volontà “costante”, che non si perde mai di coraggio, che non si abbatte per le difficoltà. Egli non poteva quindi essere più chiaro nel sottolineare quanto necessario sia il nostro sforzo personale per la santità, ma osserva però anche che “sarebbe presunzione giungervi senza l’aiuto di Dio” e addita “nella fiducia in Dio il segreto di tutti i santi.”. (Cfr. “Così vi voglio” P. 48 - 49). 6 La fonte della santità La santità viene dal “Padre veramente santo, da Casa Madre - 9/08 fonte di ogni santità” (Preghiera Eucaristica II). Egli ha mandato “lo Spirito Santo, primo dono ai credenti, a perfezionare la sua opera nel mondo e a compiere ogni santificazione” (Preghiera Eucaristica III). La santità è quindi dono di Dio che dobbiamo chiedere, a cui dobbiamo aprirci con il nostro impegno personale di perfezione e col metterci a disposizione del suo Spirito perché egli la porti a compimento. Egli è sempre presente ed operante in noi, in ogni momento, in ogni situazione di vita. Egli opera però in modo particolare quando ci apriamo a lui in preghiera, soprattutto nella preghiera sulla sua Parola che è “viva ed efficace” (Ebr. 4, 17). Sull’importanza della Parola per la nostra santificazione l’Allamano è chiaro quando chiama “la Sacra Scrittura il nostro nutrimento spirituale” e nell’insistenza sulla meditazione che non vede solo come puro esercizio intellettuale, ma come vera preghiera Egli dice infatti: “La meditazione è un lavoro della mente per riscaldare il cuore, non basta semplicemente ragionare, ci vogliono pur gli affetti” (Conf III p. 633), ed ancora “ Far bene la meditazione…si sta attenti alla lettura, ruminarla e poi lasciare il cuore a fare gli affetti. Propositi pratici: ricordando questo è ciò che tira per farci santi” Conf. I p. 695). In queste espressioni si trovano tutti gli elementi della Lectio Divina che è senza dubbio un mezzo efficacissimo per aprirsi all’opera santificatrice che lo Spirito compie in noi quando ci avviciniamo alla sua Parola nel modo che essa suggerisce. Preghiera che cambia la vita. E’ chiaro quindi che il nostro anelito verso la santità richiede di partire da un rinnovamento della vita di preghiera. Nella “Nuovo Millennio Ineunte”, Papa Giovanni Paolo II, dopo averci invitati a riscoprire la dottrina del Vaticano II sulla “vocazione universale alla santità”, aggiunge:che “l’allenamento alla santità richiede soprattutto una vita cristiana caratterizzata dall’arte della preghiera” ed ancora: “non dobbiamo ritenere la preghiera per scontata, dobbiamo imparare a pregare” (N. 32). E: “l’insegnamento della preghiera diventi un punto chiave della programmazione pastorale” (N. 34) Non si tratta però di una preghiera avulsa dalla vita, ma che entra nel nostro modo di essere e di agire e lo trasforma. Anche a questo riguardo l’Allamano ci è maestro e ci offre delle preziose indicazioni pratiche. Sappiamo infatti che nelle sue conferenze si domanda: ”come mai dopo tanti giorni, mesi e anni di atti di pratiche di pietà siamo ancora così lontani dalla perfezione…La risposta non può essere che questa: o non li facciamo bene, o non procuriamo di ricavarne frutto… Posto anche che li facciamo bene, con impegno dopo non ci pensiamo più. Facciamo la meditazione, prendiamo qualche proponimento, ma è solo una formalità, lungo il giorno resta dimenticato, non ricordiamo neppure più l’argomento della meditazione. Ecco il motivo del poco frutto delle nostre pratiche di pietà. Dobbiamo uscire da ogni esercizio di preghiera come da un giardino, dove abbiamo raccolto un mazzo di fiori, per odorarli lungo il giorno. Dobbiamo uscirne come tanti vasi pieni di prezioso liquido, che bisogna diligentemente conservare, non sciupare, ricordare e sentire le impressioni, le ispirazioni ricordare a praticare i propositi fatti” (“Così vi voglio” p. 241, “La Vita Spirituale” p. 549-550). In queste semplici e bonarie espressioni c’è un profondo e prezioso insegnamento per la crescita verso la perfezione. Infatti, ricordando lungo il giorno quanto ci ha colpiti nella preghiera sulla parola di Dio, essendo questo opera dello Spirito, gli si permette di continuare ad operare attraverso di essa in noi. Avremo così una nuova motivazione ogni giorno, un incentivo ad essere più attivi e generosi, più aperti ed attenti agli altri, più pazienti, più pronti ad accettare ed offrire le croci ecc. Chiedendoci poi nell’esame serale come abbiamo risposto a quella chiamata, potremo renderci conto, non solo delle nostre mancanze per domandarne perdono, ma anche di qualche progresso fatto per ringraziarne il Signore. Può essere certo un grande aiuto per portare la preghiera nella vita e la vita nella preghiera, per mettere in pratica il precetto del Maestro “è necessario pregare sempre, senza stancarsi” e per trovare l’aiuto indispensabile per la crescita nella santità. 7 da Casa Madre - 9/08 Due raccomandazioni su S. Paolo p. Francesco Pavese, imc P. Fondatore parla di S. Paolo Per concludere le riflessioni sul rapporto tra il Fondatore e S. Paolo, può essere interessante soffermarci ancora su due speciali raccomandazioni che il nostro Padre ci ha fatto diverse volte: anzitutto, la necessità di seguire S. Paolo come maestro di “perfezione apostolica”; poi l’importanza di leggere e studiare le sue lettere. 8 1. S. Paolo guida per un cammino di santità. Da quanto abbiamo riflettuto nei tre mesi precedenti risulta evidente come il Fondatore ritenesse S. Paolo maestro e modello di santità. Qui sintetizziamo il messaggio che ha voluto trasmetterci. Valorizzando il testo di 1Ts 4,3, ecco l’enunciazione di un principio basilare: «S. Paolo diceva ai cristiani di Tessalonica: È volontà di Dio che tutti siate santi». […]. Ma non in qualsiasi modo, di una santità solo esterna, e con i mezzi diversi da quelli insegnati; seguendo e praticando quanto Egli loro aveva insegnato ed i precetti che loro aveva dato da parte di N.S. Gesù Cristo». In un’altra occasione: «Bisogna, dice S. Paolo, che operiamo la nostra santificazione con amore e timore. Prima con amore, ma quando questo non basta più, anche con timore». Sappiamo che la proposta del Fondatore per la santità è costante, possiamo dire dal primo all’ultimo giorno della sua attività di educatore. Era in piena sintonia con S. Paolo anche su questo punto. Alle suore, durante gli esercizi spirituali, diceva: «Coraggio, fatevi tutte sante. Non è mica gelosia, sapete! S. Paolo diceva: Emulatevi nella santità: “Aspirate ai carismi più grandi (1Cor 12,31)”». Per il Fondatore, la santità missionaria, a volte, coincide con la fedele corrispondenza alla vocazione. Ecco la sua esortazione a commento del testo paolino di 2Cor 6,1: «”Vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio”: Io la applico a voi e dico: Voi non avete solo ricevuto la grazia della fede, non solo la grazia da Casa Madre - 9/08 di questo tempo quaresimale, ma la grazia della vocazione, e che grazia è questa! Vocazione religiosa all’apostolato. Come dice S. Paolo, per carità non ricevete a inutilmente». Altre volte la santità coincide con l’adesione alla volontà di Dio. Oltre a quanto abbiamo sentito su questo aspetto in altro contesto, ascoltiamo questa esortazione molto decisa: «Per farci santi dobbiamo avere una volontà piena, costante; dobbiamo volere sul serio. S. Paolo appena sentì la voce del Signore sulla via di Damasco, non ha mica detto: Sì, voglio, ma adagio!... No, no; rispose subito con piena volontà: Signore che cosa volete che io faccia?». Il 16 febbraio 1919 (allora era la Domenica di Settuagesima), il Fondatore ha fatto una lunga conferenza commentando il testo di 1Cor 9, 24ss, che inizia: «Non sapete che nelle corse tutti corrono, ma uno solo conquista il premio?». Nei volumi delle conferenze ai missionari non risulta che le parole del Fondatore siano state riprese da qualcuno. Per riportare il pensiero del Fondatore, mi riferisco, perciò, ai volumi delle conferenze alle missionarie. Dopo avere lungamente commentato il testo, il Fondatore trae delle conseguenze, che indicano un vero cammino di perfezione. Eccone una sintesi: «Da questa epistola noi possiamo dedurre tre cose: 1° - Come fare a correre? Per correre bene prima di tutto bisogna tenere ben fisso il fine per cui corriamo. […]. Dunque vedete, non bisogna mai dimenticare il fine per cui siamo su questa terra. […]. 2° - Bisogna camminare con energia. Lo dice S. Paolo: correte, ma in modo da riuscire i primi per aver la vittoria.[…]. Vedete, in questo noi manchiamo molto. Noi corriamo qualche giorno, massime dopo gli Esercizi Spirituali; e dopo la S. Comunione siamo ferventi nelle prime ore del mattino e poi… […]. Bisogna correre sempre; Lui, S. Paolo, non camminava, ma correva addirittura. Costi quel che vuole, bisogna riuscire! […] Dunque, ci vuole energia: il Paradiso non è per quelli molli. Ci son di quel- La conclusione su questo aspetto può essere questa domanda del Fondatore: «Possiamo noi dire […] con S. Paolo: vivo io, non sono più io che vivo, ma vive in me Gesù Cristo?». 2. «Leggete e gustate le lettere di S. Paolo». Che il Fondatore fosse entusiasta di S. Paolo e innamorato delle sue lettere, oltre da ciò che diceva, lo desumiamo dal fatto che, quando teneva le conferenze domenicali, vi ricorreva abitualmente per attingere ispirazione o per rafforzare le proposte, di qualsiasi tema parlasse. Si pensi che dallo studio che sr. Rachelia Dreoni ha fatto sulle citazioni della S. Scrittura nelle conferenze alle Missionarie, risulta che il Fondatore è ricorso alle lettere di S. Paolo non meno di 520 volte. Solo nel volume “Così vi voglio” S. Paolo è citato dal Fondatore ben 88 volte. Il 16 novembre 1913, prima di trattare il tema delle Costituzioni, il Fondatore è uscito in questa spontanea esclamazione a commento del breve componimento in inglese fatto da un allievo sulla prima lettura della Messa: «E sì! San Paolo è sempre San Paolo e dà una vita la parola di San Paolo!». Siccome S. Paolo era il «vero tipo del missionario», il Fondatore voleva che i suoi figlie e figlie si modellassero sulla personalità e sul pensiero dell’Apostolo. Ovviamente, ne conseguiva le necessità di familiarizzarsi con le sue lettere. Tutti sappiamo quanto egli insistesse di studiare la S. Scrittura e, in particolare, le lettere di S. Paolo. Risentiamo con piacere le sue parole dirette. Ecco quanto ebbe a dire, il 18 gennaio 1928, come introduzione spontanea alla conferenza: «Oggi al 2° Notturno ci sono delle bellissime lezioni di S. Giov. Grisostomo: vorrei che le leggeste tutti qualche volta durante la settimana. Stamattina io mi fermavo su ogni parola, non andavo più avanti. S. Paolo bisogna leggerlo sovente: digerirlo, studiarlo bene. Io non avevo la fortuna che avete voi che lo studiate quasi tutto: io ho studiato l’Epistola Heb. come chierico; le altre le ho dovute studiare da me. Vi raccomando di meditare bene tutta la S. Scrittura […], ma sopratutto vi raccomando le lettere di S. Paolo e le altre apostoliche. Lì sopra si forma il vero carattere del missionario, esso dà uno spirito forte e robusto. Fate questa cura. Ascoltate il consiglio di S. Giovanni Grisostomo che dice che si è formato su S. Paolo, e difatti lo aveva digerito bene, e le sue opere ne sono piene». Anche in altra occasione il Fondatore incoraggiando allo studio della Sacra Scrittura, era ritornato sullo stesso esempio: «S. Giovanni Grisostomo, a forza di studiare S. Paolo, era un S. Paolo». Ripeteva: «Anche fra gli studi un po’ di tempo si trova [per leggere la S. Scrittura], e bisogna leggere, massime le lettere di S. Paolo. Oltre a leggerle, bisogna amare e gustare le lettere di S. Paolo. Commentando il testo di 1Cor 4, 3-5, dove l’Apostolo dice «A me, però, poco importa di venir giudicato da voi […]. Il mio giudice è il Signore!», il Fondatore faceva questa conclusione: «Quindi non state a giudicare questo o quello, […]. Verrà il momento in cui il Signore sarà Lui a giudicare… Guardate com’è bello questo pezzo! Prendete affezione a queste lettere di S. Paolo; sono energiche, belle». Quanto il Fondatore disse ai ragazzi del piccolo seminario affidando S. Paolo come Patrono vale per tutti: «Dallo studio del Santo negli Atti degli Apostoli e nelle di Lui 14 lettere imparerete il vero zelo per farvi santi voi, e quindi salvare tante anime». P. Fondatore parla di S. Paolo li che si fermano tutti i momenti. 3° - Siccome è una lotta e la lotta fa sudare, bisogna che facciamo dei sacrifici.[…]. Fate come questo grande Santo che […] rendeva schiavo il suo corpo, non lasciava che questo comandasse all’anima». Invitando a studiare la S. Scrittura, diceva ancora: «Amiamola molto [la S. Scrittura], specialmente il S. Vangelo e le lettere di S. Paolo; bisogna prendervi affezione». Parlando della “mortificazione degli occhi”, concludeva la conferenza alle suore: «Voi avete bisogno di imitare S. Paolo; leggetele volentieri le sue lettere: sono una miniera». A sentire il Fondatore, le lettere di S. Paolo hanno queste caratteristiche: “sono belle”, “sono energiche”, “sono una miniera”. Diventa logica la conclusione: non solo leggerle, ma “amarle”, “prendervi affezione”! da Casa Madre - 9/08 9 Attività della Direzione Generale Attività della Direzione Generale 10 Nel mese di agosto, la Direzione Generale ha partecipato agli esercizi spirituali congiunti con le altre Direzioni generali degli Istituti esclusivamente missionari italiani. La settimana, animata da P. Franco Mosconi, monaco camaldolese, ha avuto come tema Una Chiesa pienamente sottomessa alla Parola, anche in preparazione al prossimo Sinodo dei Vescovi. Erano presenti 32 missionari, Saveriani, Comboniani, Pime, IMC, Missionarie della Consolata, Missionarie dell’Immacolata e Comboniane. L’abilità del P.Franco fu di approfondire l’importanza della Parola nella vita spirituale, mentre teneva delle lectio divine. L’ultima giornata fu dedicata a uno scambio di vedute tra i partecipanti, sia sui problemi principali degli Istituti, sia sull’animazione che attualmente in essi si sta facendo. P. Francisco Lopez, consigliere generale per l’Eurasia, sempre durante il mese di agosto, ha visitato la Mongolia e la Corea, ritornando soddisfatto del suo viaggio e della sua animazione. P. Giuseppe Ronco Quito: Incontro su Animazione Missionaria e Pastorale Giovanile alla luce del CAM 3 COMLA 8 P. Antonio Rovelli “Una missione a servizio della speranza che un altro mondo è possibile, soprattutto nelle situazioni di maggiore difficoltà. Necessita di profeti e di pellegrini che denunciano le situazioni di peccato e le strutture ingiuste, e che annuncino i valori della vita piena realizzata in Cristo”. E’ ciò che afferma la dichiarazione finale del 3° Congresso Americano Missionario e 8°Congresso Missionario Latino-Americano (CAM3/COMLA8) che si è tenuto a Quito, in Ecuador, dal 12 al 17 Agosto. La calorosa accoglienza del popolo ecuadoregno, insieme all’ottima preparazione del’evento da Casa Madre - 9/08 ha reso piacevole e molto interessante il Congresso che prevedeva al mattino delle relazioni sul tema del discepolato missionario alla luce dello slogan: “America con Cristo, ascolta, impara e annuncia”. I pomeriggi sono stati dedicati ai forum su temi sulla realtà negli aspetti socio-politico-ecclesiali che maggiormente riguardano la missione della Chiesa. Durante l’evento conclusivo, nello stadio della Liga di Quito, si è lanciata ufficialmente la Missione Continentale, proclamata e indetta dall’incontro di Aparecida. Insieme ai 3 mila delegati provenienti delle Diocesi del Continente America, hanno partecipato al CAM 3 COMLA 8 un gruppo significativo della Famiglia Consolata del Continente America: missionari, missionarie e Laici, provenienti dalla diverse circoscrizioni, impegnati soprattutto nell’Animazione Missionaria e nella Pastorale Giovanile. Dopo la chiusura del Congresso, presso la casa Provinciale della suore di Madre Laura Montoya, una congregazione religiosa missionaria colombiana, che ha fatto la scelta preferenziale di servire i popoli indigeni, abbiamo iniziato il nostro incontro. Con il coordinamento di padre Antonio Fernandes, e di Suor Renata Corti, entrambi consiglieri incaricati dell’America per i rispettivi Istituti, dapprima si è valutato il cammino fatto dall’ultimo incontro svoltosi in Argentina nel 2006, si poi è passati alla condivisione del materiale e sussidi di animazione e pastorale giovanile preparato e per ultimo, alla luce delle privazioni pervenute dal CAM3 COMLA 8, si è passati alla programmazione di eventi e tracciato degli orientamenti continentali per il futuro. In modo particolare sono da segnalare i seguenti punti: la rinnovata opzione per i giovani che ci porta alla costituzione di un movimento giovanile continentale della Famiglia Una nota molta positiva è stata la presenza dei Laici Missionari della Consolata, segno di un cammino ben consolidato in alcune circoscrizioni, e in altre ancora, ma desideroso di crescere sempre di più. Con loro dobbiamo vivere la corresponsabilità per rendere più incisiva e profetica la nostra Animazione Missionaria e Pastorale Giovanile. La speranza è convinzione di tutti e che i tempi sono maturi per un prossimo incontro continentale dei Laici missionari della Famiglia della America. Consolata nel continente Il clima di fraternità missionaria, di condivisione e di impegno ha senz’altro contributo a incentivare nei partecipanti il senso di cammino continentale che gradualmente si sta chiarendo e qualificando nel suo dinamismo e progettualità. Ci siamo lasciati con un rinnovato impegno per la conversione personale per “rivestirci di Cristo”, come ci ha invitati a fare il Congresso per vivere la nostra vocazione con entusiasmo e inserirci nel processo della Missione Continentale indicando sempre con chiarezza l’orizzonte del nostro carisma e spiritualità e quello distintivo della missione ad gentes, rinominata dal Congresso come “missione per l’umanità”. Sono questi i doni irrinunciabili che i la Famiglia della Consolata, missionari, missionarie e LMC, devono continuare ad offrire ad un continente che con il CAM 3 E COMPLA 8 ha veramente vissuto una nova Pentecoste, e che guarda con ottimismo e speranza al prossimo congresso che si terrà a Maracaibo in Venezuela nel 2012. Attività della Direzione Generale Consolata, che partendo dalla base, passando per le Circoscrizioni verrà accompagnato ad un incontro continentale che si terrà probabilmente nel 2012; la costituzione di un coordinamento continentale per le attività di Am e PG, la creazione di un portale web per la formazione e informazione, creazione di sussidi sul discepolato missionario, la spiritualità missionaria, la lettura popolare della Parola di Dio. Tutto da incarnare nelle diverse realtà ecclesiali e giovanili dove lavoriamo, attraverso una lettura attenta della storia per cogliere i germi del Regno dentro le diverse situazioni marcate da povertà, ingiustizia, esclusione, discriminazione e violenza. 11 da Casa Madre - 9/08 Diario della Casa generalizia p. Michelangelo Piovano, imc Casa Generalizia Luglio 2008 12 1° Luglio: Accogliamo in casa il gruppo di Suore Missionarie della Consolata che hanno appena fatto i voti perpetui. Padre Trevisiol e P. Ronco le guidano in una mattinata dedicata alla formazione permanente. Si fermano con noi per il pranzo portandoci anche un delizioso Tiramisù preparato da una di loro. Con l’inizio di questo mese novità in cucina: la Ditta Pellegrini assume la gestione della cucina della Casa Generalizia. Sarà questa stessa a provvedere al rifornimento degli alimenti, alla preparazione dei pasti di pranzo e cena e alla pulizia e ordine del refettorio, della cucina e delle dispense. Le nostre care suore, Sr. Martiniana, Sr. Michelanna e Sr. Cosimina però non ci lasciano, ma continuano a rimanere con noi con la responsabilità della lavanderia, stireria, sartoria, sacrestia e tanti altri piccoli servizi che fanno con tanto amore e dedicazione. Parte del personale della casa, che prima lavorava in cucina, collabora con le suore in questi servizi. Con la fine di giugno abbiamo anche salutato la Signora Sara Define che, avendo raggiunto l’età della pensione e lavorato per molti anni con noi, lascia il suo lavoro presso la nostra casa. 2 Luglio: Il Superiore Generale assieme a due indigeni Macuxi, a padre Antonio Fernandes e al laico missionario spagnolo Luiz partecipano all’Udienza Generale del Papa e alla fine hanno la possibilità di salutarlo e fargli presente la realtà dei popoli indigeni di Roraima. 7 Luglio: Viene portata a termine la ristrutturazione degli ambienti per l’Ufficio Generale per la Cooperazione Missionaria (UGCM) Consolata ONLUS (sede di Roma) che avranno una entrata e accesso propri a Viale delle Mura Aurelie, 16. 26 Luglio: Giunge a Roma P. Ashenafi Yonas per iniziare un breve Corso di Lingua italiana prima di partire per la Polonia dove é stato destinato. Nonostante il periodo estivo, la casa continua ad accogliere vari nostri confratelli, parenti e amici che per alcuni giorni vengono ad incontrare i Superiori o visitare la città. da Casa Madre - 9/08 Agosto 2008 2 Agosto: parte per Israele P.Afonso Osorio Citora: vi rimarrá per sei mesi in continuazione dei suoi studi che stá facendo presso il Biblico di Roma. 9 Agosto: padre Antonio Rovelli parte per l’Equador dove parteciperá al III Congresso Missionario panamericano. 11 Agosto:P. Pascal Makokha, avendo terminato i suoi studi per la Licenza in Pastorale Giovanile ritorna in Tanzania dove é stato nuovamente destinato per lavorarvi. Lo salutiamo al momento della cena con un buon gelato. 15 Agosto: Solennitá dell’Assunta: la celebriamo prestando il nostro servizio pastorale presso alcune comunitá religiose. Ci ritroviamo tutti al momento del pranzo degno di questa grande festa della Madonna. La cittá vive giorni tranquilli, anche se con la presenza di vari turisti. Il caldo é sempre intenso, sia di giorno che di notte. Quando si ha un pó di tempo si fa una scappata al mare nella nostra casa di Passoscuro 17 Agosto: Il Superiore generale assieme a P. Camerlengo, P. Paco Lopez e P. Ronco partecipa, a Tavernerio, agli Esercizi Spirituali insieme alle Direzioni Generali degli altri Istituti missionari. 24 Agosto: Iniziano ad arrivare i Missionari anziani che partecipano del Corso di aggiornamento organizzato dalla Direzione Generale per loro. In tutto sono 23. Il Corso é diretto da P. Ronco e da P. Rovelli del Segretariato della Missione. Accogliamo con gioia e venerazione questi nostri confratelli che hanno speso la loro vita per la Missione e continuano a spenderla con il lavoro, la preghiera e l’offerta della propria vita. Ritorna anche parte della Direzione Generale che ha partecipato agli Esercizi Spirituali. 25 Agosto: Padre Camerlengo, nella celebrazione eucaristica da lui presieduta, dà inizio al Corso per i Missionari anziani invitandoli a vivere con intensità questo tempo di formazione e aggiornamento. 27 Agosto: Il Superiore Generale parte per la Costa D’Avorio per fare la visita ai Missionari della Delegazione. Inizia anche oggi, al Teologico di Bravetta, l’incontro Internazionale dei formatori IMC dei noviziati e seminari teologici. Alcuni passano qui in casa per farci visita e salutarci. (Um resumo histórico) Notas recolhidas pelo Pe. Jordão Maria Pessatti, imc Inícios Rumo aos Estados do Sul Este foi o motivo principal que levou o IMC a deslocar-se para os Estados do Sul do Brasil (Rio Grande do Sul, Santa Catarina e Paraná): encontrar lugares e ambientes onde a promoção vocacional fosse mais promissora. Assim, a 28 de janeiro de 1940, acolhendo o convite do então bispo de Joinville (SC), Dom Pio de Freitas, e do seu Secretário, Pe. Sebastião Scarzello (que já trabalhara como Missionário da Consolata no Quênia, nos inícios da fundação do Instituto), o IMC assume a paróquia de Rio do Oeste (SC) e abre lá o seminário “São Francisco Xavier”. Este seminário, durante os anos da Guerra Mundial (1939-1945), correu sério risco de ser fechado pelo governo brasileiro, pelo fato de os Padres que trabalhavam nele serem todos de nacionalidade italiana, pois o Brasil havia entrado na Guerra contra o Eixo (Alemanha, Itália e Japão). A ameaça de fechamento do seminário dissipou-se aos poucos, por especial ajuda do Céu, mas também pela sábia e prudente atitude dos nossos missionários, como ainda pela colaboração do bispo de Joinville e da Congregação Salesiana, que colocou à disposição do IMC um dos seus sacerdotes brasileiros (Pe. José Balestieri), que assumiu a responsabilidade de da Casa Madre - 9/08 Brasile A idéia de enviar Missionários da Consolata ao Brasil surgiu em 1936, por ocasião de um encontro na Casa Mãe (Turim) do então bispo de Botucatu (SP), Dom Carlos Duarte Costa, com a Direção Geral do Instituto daquele tempo (Pe. Gaudêncio Barlassina [Superior Geral], P. Domenico Ferrero, P. Giovanni Chiomio, P. Vittorio Sandrone e P. Giovanni Piovano [Conselheiros Gerais]. O escolhido para iniciar a obra do IMC no Brasil foi P. Giovanni Battista Bisio, que chegou aqui a 17 de fevereiro de 1937. Entre 1937 e 1939, antes da explosão da II Guerra Mundial (1939-1945), além do P. Bísio, chegaram outros sete missionários: P. Afonso Durigon, P. Pedro Calandri, P. Dionísio Peluso, Pe. Domingos Fiorina, P. Giovanni Marin, Pe. Antonio Ronchi e Ir. Giacomo Suardi. A primeira meta da presença e atividades do IMC foi São Manuel (SP). A 13 de junho de 1937, na sede da casa paroquial nasce a primeira comunidade IMC, formada pelos Padres: Bísio, Durigon e Calandri. Os três trabalham na pastoral da paróquia de São Manuel como “cooperadores” do pároco, Pe. João Marques da Silva Faia (sacerdote português). A 5 de setembro de 1937 P. Bísio toma posse como pároco de São Manuel. Desde o primeiro momento de sua chegada, P. Bisio assume corajosamente os trabalhos de acabamento do santuário de Santa Teresinha do Menino Jesus. Ao mesmo tempo, uma das primeiras preocupações do P. Bisio e do seu grupo foi, desde o começo, a promoção vocacional. Por isso, mantém contato com superiores de outras congregações religiosas radicadas há mais tempo no Brasil, informa-se acerca das possibilidades reais existentes no campo vocacional... Escreve à Direção Geral, falando da importância de se iniciar no Brasil uma experiência vocacional. A Direção Geral, em 1939, autoriza P. Bísio a “iniciar a experiência da formação de pessoal missionário brasileiro”. A Delegação do Brasil foi criada Região a 5 de novembro de 1960, sendo dedicada a Nossa Senhora Aparecida. Os seminários. A 16 de fevereiro de 1940, em Aparecida de São Manuel, é inaugurada a primeira “Casa Apostólica”, com a presença de oito alunos; poucos dias depois, a 28 do mesmo mês, em Rio do Oeste (SC), nasce o seminário menor “São Francisco Xavier”, com quinze alunos. Como a Guerra impedisse a chegada de outros missionários da Itália, e como o número de alunos aumentasse consideravelmente no seminário de Rio do Oeste, P. Bisio, forçado pela necessidade de unir as forças no campo da formação dos seminaristas, em novembro de 1941 resolve transferir os estudantes da Casa Apostólica de Aparecida para o seminário de Rio do Oeste, que, no final daquele ano, já contava com 40 alunos. Estes alunos, até julho de 1943, foram alojados em três velhas casas de madeira, situadas ao lado da antiga igreja matriz. Vita nelle Regioni O IMC no Brasil 13 Brasile Vita nelle Regioni 14 representar o seminário e a equipe de padres formadores perante as autoridades civis e militares. Ainda em Rio do Oeste, os nossos missionários, com a generosa colaboração do povo, iniciaram duas grandes construções: a ala central do prédio do seminário e a igreja-santuário dedicada a Nossa Senhora Consolata. Organizaram também um grupo de jovens e adolescentes, que manifestavam o desejo de se tornarem Missionárias da Consolata; assim, em meados de 1946, quando chegaram da Itália as primeiras sete Missionárias da Consolata, já encontraram um bom número de “postulantes” (cerca de 18 moças), quase prontas para iniciarem o noviciado. Enquanto o número de alunos do seminário de Rio do Oeste crescia mais e mais, P. Bísio, em janeiro de 1944, inicia em São Manuel (SP) a construção do Seminário Filosófico-Teológico “Santa Teresinha do Menino Jesus”, que no começo de 1947 já pôde acolher os primeiros seis noviços e 15 alunos do curso filosófico. Durante os primeiros nove anos do IMC no Brasil (1937-1946) houve somente duas comunidades: São Manuel (SP) e Rio do Oeste (SC). Porém, com o cessar do conflito mundial (maio de 1945), a Direção Geral enviou ao Brasil grande contingente de missionários: 30 no segundo semestre de 1946 e 20 em 1947. Assim, no final de 1947, a Delegação do Brasil já contava com a presença de 57 missionários (50 Padres e 7 Irmãos). A vinda de tão numeroso pessoal foi, sem dúvida, uma grande graça, mas constituiu também uma “preocupação” não indiferente para o P. Bísio, dado que a Delegação, naquele momento, ainda não tinha condições da dar destinação estável ou mesmo provisória para muitos dos missionários recém-chegados. Foi necessário, por isso, “providenciar” numerosas frentes de trabalho, assumir paróquias e capelanias de hospitais, emprestar missionários a diversas paróquias de várias dioceses. Padre Bísio faleceu a 17 de maio de 1947, em Jaú (SP). Sucedeu-lhe na direção da Delegação o Pe. Domingos Fiorina. No Estado de São Paulo. A convite do Cardeal-Arcebispo, em outubro de 1946 o IMC começou a trabalhar na Capital do Estado (São Paulo): assumiu a paróquia de “São Pedro de Alcântara” (atual paróquia “Nossa Senhora Consolata”, no bairro Jardim São Bento), prestou da Casa Madre - 9/08 assistência religiosa e pastoral a diversas outras comunidades vizinhas (Nossa Senhora de Fátima, Parque Peruche, São Roque, São José Operário, São Francisco de Assis...), agora constituídas em paróquias. Em 1948 foi transferida para São Paulo a sede da Casa Regional, que antes funcionava em São Manuel. Nos anos seguintes, o IMC assumiu na Arquidiocese de São Paulo outras paróquias: “Nossa Senhora de Fátima” (no Imirim), “São José Operário” (nas proximidades do Jardim São Bento), “Nossa Senhora da Penha” (no Jardim Peri), “Santa Paulina”, (na favela Heliópolis); construiu a nova sede da Casa Regional, o Centro Missionário “José Allamano”, bem como as obras sociais: Creche “Padre Bernardo Gora” e “Lar Betânia”. No interior do Estado de São Paulo, nas décadas 1950-1970, além de São Manuel, o IMC marcou presença e trabalhou em muitos lugares: Aparecida de São Manuel (Noviciado e Santuário), Areópolis (Paróquia), Igaraçu (Paróquia), Jaú (Seminário menor e duas Paróquias: São Benedito e São Sebastião), Botucatu (Paróquia), Sorocaba (Primeira sede do Noviciado e Paróquia), Salto de Pirapora (Paróquia), Votorantim (Paróquia e capelania do Hospital Santo Antônio), Pilar do Sul (Paróquia), Serra Negra (Paróquia e capelania do Hospital Santa Rosa de Lima), Tamoio (Paróquia), Mineiros do Tietê (Paróquia), Bofete (paróquia), Campinas (no bairro Barão Geraldo, Paróquia). Além disso, prestou ajuda provisória também nestas outras comunidades: Sarapuí, Birigüi, Araçatuba, Santo André... Em Santa Catarina. Como foi dito acima, o IMC se estabeleceu em Rio do Oeste no início de 1940. Nossos missionários assumiram a paróquia local, abriram o seminário “São Francisco Xavier”, começaram a construção da igreja-santuário da Consolata, organizaram o primeiro grupo de futuras Missionárias da Consolata, assumiram as paróquias de Pouso Redondo e do Rio do Campo. Foi da paróquia “Nossa Senhora Consolata” de Rio do Oeste que, em 1965, partiram para as missões ad gentes (do Moçambique) os primeiros dois missionários da Consolata brasileiros – P. Vidal Moratelli e P. Gelindo Scottini. Em 1962, atendendo ao apelo de famílias e da autoridade do município, o seminário foi oficializado pelo No Rio Grande do Sul. O IMC iniciou sua presença de trabalho no Rio Grande do Sul no primeiro semestre de 1947, começando por Erechim (RS), onde assumiu a paróquia “Nossa Senhora da Salette”, abriu um seminário e dirigiu, por diversos anos, o Patronato São José (da diocese). De Erechim, em 1948, passou para Três de Maio (RS), onde assumiu a paróquia “Nossa Senhora da Conceição”, a direção do Ginásio “Cardeal Pacelli” e construiu o seminário “Nossa Senhora de Fátima”. Outras paróquias foram assumidas mais tarde nos municípios de Independência, Horizontina e São Francisco de Assis. O IMC deixou o Rio Grande do Sul no início do ano 2000, com a devolução à diocese de Erechim da paróquia “Nossa Senhora da Salette”. No Estado do Paraná. A presença e atividades do IMC no Paraná (sem contar os primeiros meses de permanência do P. Luiz Luíse em Cascavel, em 1952) começaram propriamente em 1963, em Cafelândia (PR). Aqui construíram a igreja “Nossa Senhora Consolata”, o pequeno seminário “São José Cafasso”. Por iniciativa do P. Luiz Luíse organizaram a “Cooperativa Agrícola Consolata” (COPACOL), importante obra social que trouxe grande progresso ao lugar. Outros locai de trabalho no Paraná: em Cascavel, a paróquia “São Paulo”, o pequeno seminário “São Paulo” (atualmente transformado em Centro de Animação Missionária e sede do Propedêutico), em Jesuítas (paróquia); em Nova Aurora (paróquia), em Formosa do Oeste (paróquia); em 1983, em Curitiba (capital do Estado), o Seminário Filosófico “Nossa Senhora Consolata” e a paróquia “Santa Margarida” (no bairro Santa Felicidade). No Estado da Bahia. O VII Capitulo Geral do Instituto (1981) pediu a requalificação da pastoral missionária e a indicação de áreas de caráter prioritariamente missionário, pedido que continuou a ser feito também pelos dois Capítulos Gerais sucessivos (VIII e IX), em 1987 e 1993, respectivamente. Por isso, a Região redimensionou suas obras no sul do Brasil e partiu para o Nordeste Brasileiro, mais precisamente falando, para algumas regiões mais necessitadas do Estado da Bahia. Para efetivar o redimensionamento das obras e a requalificação do pessoal, foi necessário que não poucos missionários arrancassem profundas raízes de “estabilidade” e assumissem o caminho da “itinerância”, que faz parte do nosso carisma missionário. Nos últimos trinta anos, o IMC na Região do Brasil deixou muitos lugares e devolveu às respectivas dioceses doze paróquias, nos Estados do Rio Grande, Santa Catarina, Paraná e São Paulo. Atualmente, na Bahia, o Instituto trabalha em quatro paróquias: “São João Batista”, em Jaguarari; “Sagrado Coração de Jesus”, em Monte Santo; “São Brás”, na periferia de Salvador; “Santíssima Trindade”, em Feira de Santana. Nesta cidade, em 2002, foi aberto o Propedêutico para acolher jovens vocacionados provenientes do Nordeste. Na Bahia, com a assistência religiosa, os Missionários e as Missionárias da Consolata tomaram iniciativas corajosas: procuram vir ao encontro de alguns problemas sociais mais urgentes, tais como: a escassez de água, o analfabetismo, a precariedade da saúde... As paróquias da Bahia, sobretudo Jaguarari e Monte Santo, nos últimos anos, tornaram-se campo de atividade pastoral- da Casa Madre - 9/08 Brasile No Estado do Rio. Em 1950 o IMC assume a paróquia de “São Pedro Apóstolo”, na Estação do Encantado; em 1954 constrói a paróquia “Nossa Senhora Consolata” (no bairro São Cristóvão), assume a direção da capelania do Hospital Central do Exército (H.C.E). O IMC deixa Rio de Janeiro no final de junho de 2008. Em Brasília. Com a transferência da Capital Federal do Rio de Janeiro para Brasília, o IMC, a exemplo de outras congregações religiosas, também se fixou em Brasília (na Asa Norte do Plano Piloto da cidade), onde, em 1964, construiu e assumiu a paróquia “Nossa Senhora Consolata” e o Ginásio “Paulo VI”, atualmente denominado “Colégio Jota Ká” e alugado à Rede de Ensino de Brasília. Antes de poder fixar-se na cidade de Brasília, o IMC trabalhou em duas paróquias de cidades satélites (Planaltina e Sobradinho), nos inícios da construção da nova Capital Federal. Vita nelle Regioni Governo do Estado com o nome de “Ginásio Allamano”, abrindo as portas a numerosos estudantes externos. O seminário de Rio do Oeste funcionou até dezembro de 1989. Os Missionários da Consolata saíram de Santa Catarina em 1998. 15 Congo missionária para os alunos do Seminário Teológico “Pe. João Batista Bísio” (São Paulo), durante os meses de férias (dezembro e janeiro). Atualmente Atualmente, o IMC na Região do Brasil trabalha nos seguintes lugares: Em São Paulo (Capital): Casa Regional, Centro Missionário “José Allamano”, Seminário Teológico “Pe. João Batista Bísio”, Paróquia “Nossa Senhora Consolata”, Paróquia “Nossa Senhora de Fátima”, Paróquia “Nossa Senhora da Penha”, Paróquia “Santa Paulina”. Mantém estas obras sociais: Creche “Pe. Bernardo Gora” (para cem crianças) e “Lar Betânia” (para apoio a portadores do vírus HIV). Em São Manuel (SP): Paróquia “São Manuel”. Em Brasília: Paróquia “Nossa Senhora Consolata”. Vita nelle Regioni No Rio de Janeiro: Paróquia “Nossa Senhora 16 Consolata” (será devolvida à Arquidiocese no final de junho de 2008). No Paraná: Seminário Filosófico “Nossa Senhora Consolata” e Paróquia “Santa Margarida”, em Curitiba; Centro Missionário “São Paulo”, Propedêutico e Paróquia “São Paulo”, em Cascavel. Na Bahia: Paróquia “São João Batista” e “Propedêutico”, em Jaguarari; Paróquia “Sagrado Coração de Jesus”, em Monte Santo; Paróquia “São Brás”, em Salvador; Paróquia “Santíssima Trindade”, em Feira de Santana. Em 1948, o IMC do Brasil assumiu a Prelazia de Rio Branco (atual diocese de Roraima) e começou um trabalho especificamente missionário. Hoje, a presença missionária significativa se desenvolve entre os marginalizados das favelas das grandes cidades: Rio de Janeiro, São Paulo; e, a partir de 1985, entre os pobres do Nordeste (Bahia). O “Projeto Missionário” da Região atual está consolidado nas Atas da X Conferência Regional, realizada em julho de 2006. Région IMC Congo : Prise de Possession Régionale Daniel Kivuw’a, imc Suite aux dernières élections des circonscriptions de notre Institut IMC, la Région IMC Congo n’est pas restée indifférente face à ce grand événement. En effet, la Région a un nouveau conseil qui va diriger et en même temps animer les activités régionales pour les prochains trois ans. La Région avait élu le Père Rinaldo Do qui jusqu’à là appartenait à la région de l’Italie. C’est ainsi que le nouveau Supérieur Régional est descendu à Kinshasa avec un groupe de 6 jeunes italiens qui sont venus avoir une expérience pastorale de trois semaines ici au Congo. Aussitôt arrivé le samedi du 2 Août 2008, le da Casa Madre - 9/08 Nouveau supérieur a passé la nuit à la Paroisse St. Hilaire où il avait célébré sa messe dominicale ensemble avec les fidèles de ladite paroisse. L’après midi du même dimanche, on l’a accompagné à la maison régionale, son nouveau siège où il était accueilli avec joie et jubilation par les résidents de la maison régionale qu’on surnomme aussi « la maison blanche ». La lundi 4 Août était le jour où le Père Supérieur et ses quatre conseilleurs ont prêté serment lors d’une célébration eucharistique présidée par le Nouveau Supérieur Régional luimême. Au cours de sa toute première homélie, il a remercie de tout cœur son prédécesseur le Père Alonso Alvarez qui venait de terminer son mandat. Nous rappelons que le Père Rinaldo Do Vita nelle Regioni a travaillé beaucoup d’années ici au Congo et il est bien informé sur les réalités congolaises et donc il lui sera facile de commencer son travail de diriger la Région IMC Congo. leureusement leur nouveau Supérieur et lui promettent de bien collaborer avec lui dans la réalisation des activités de la Région. Les deux conseils (le nouveau et l’ancien) se sont rencontrés le Mardi et le Mercredi de la semaine passée pour la remise et reprise et puis à partir du jeudi le nouveau conseil a débuté sa première session. Au terme de ses assises du conseil le Père Antony Kimanzi était élu comme Vice Supérieur Régional. Celui-ci était jusqu’à lors le curé de la paroisse Bisengo Mwambe (les huits béatitudes). Cependant, selon la VI conférence régionale, le Vice Supérieur doit normalement aller s’installer à Isiro (à la province orientale) où il sera proche de nos missionnaire IMC qui ouvrent à la zone Nord. Congo Nous rappelons que le Père Rinaldo Do a travaillé beaucoup d’années ici au Congo et il est bien informé sur les réalités congolaises et donc il lui sera facile de commencer son travail de diriger la Région IMC Congo. Tous les missionnaires IMC qui oeuvrent dans cette belle région IMC Congo accueillent cha- 17 da Casa Madre - 9/08 Tanzania Il Libro della vita religiosa p. Lello Salutaris Massawe, imc La santita’ significa essere genuino, autentico e fedele a Dio, alla tua communita ed a te stesso. Con l’aiuto delle nostre communita’ bisogna lottare instancabilmente a vivere i nostri impegni religiosi. Molte volte p. Ottone citava delle frase dagli scritti del nostro Fondatore, Giuseppe Allamano quando parlava ai suoi missionari/missionarie per quanto riguarda come farsi’ santo. In fatti “Noi IMC e MC abbiamo degli elementi commune per arrivare alla santita’; cioe’ la bibbia, il Fondatore, e l’osservazione di vita che viene fatta da ogni missionario/a”, cosi’ ha sottolineato p. Ottone. Vita nelle Regioni Allamano dice: “la nostra santita’ consiste di due cose: nulla fare di male e fare tutto il bene possible. … La santita’ allontana dal male, fa operare il bene e dispone al piu’ perfetto.” (Vita Spirituale). 18 “Non ho mai avuto nella mia vita un predicatore che parla cosi’ chiaro sulla castita’” ha esclamato p. Giacomo Baccanelli in una serata durante il momento di condivisione tra i partecipanti negli esercizi spirituali che sono svolti a Mafinga presso il monastero delle Camaldolesi dal 14 al 19 Luglio 2008. E’ stato un momento ricco quando, con l’aiuto del predicatore, p. Ottone Cantore, i diciasette missionari e missionarie della Consolata hanno aperto il libro della loro vita, ognuno guardandosi dentro di se’ stesso/a e alla sua communita’. Pratticamente p. Ottone ha parlato molto bene sulla vita religiosa ai missionari e missionarie provenienti dalle varie communita’ di Tanzania sottoleneando i voti religiosi: castita’, poverta’, ed obbedienza; certamente senza dimenticare la vita communitaria. Nel primo incontro, ci ha butato nel mare della santita’, cioe’ come si fa diventare un santo e sempre viverla? Bisogna costruirsi quotidianamente una buona ed autentica relazione personale con Dio. da Casa Madre - 9/08 La santita’ missionaria spinge i missionari a vivere come VERI fratelli e sorelle in missione mettendo in giocco la correzione fraterna e percio’ vivere come cristiani, e non come i pagani – come capita a volte nelle nostre communita’. Oltre a cio’, santita’ missionaria che viene pratticata nelle nostre communita’ aiuta i deboli (spiritualmente, moralmente, e fisicamente) missionari ottenere il loro dovere. P. Ottone dice che castita’ e’ un problema nell’istituto. Questo e’ anche un problemma nella Chiesa intera quanto nella societa’ d’oggi. Per esempio, il Santo Padre quando e’ stato negli Stati Uniti altrettanto in Australia, a nome della Chiesa ha chiesto perdono al mondo per gli sbagli morali che hanno fatto alcuni operatori della Chiesa. Oltre a gli ostacoli alla santita’ che ci propone il nostro Fondatore (cfr. Vita Spirituale pp. 137-152), oggigiorno ci sono altre moderni difetti (che concordino con diversi ambienti/communita’sparsi nel mondo) che sono nati dalla cultura di globalizzazione. Vita nelle Regioni Tali sono le sfide moderne contro quali dobbiamo lottare. E non si puo’ mai facela senza tornare alle radice nostre, cioe’ la santita’ come ci dice il Fondatore: “prima santi poi missionari” e non il contrario. I partecipanti agli esercizi (Quattro MC, tredici IMC, una, e altre due religiosi) dopo la Santa messa a Sabato mattina del 19 Luglio sono tornati ai loro nidi contenti e ben caricati della grazia di Dio. The new Allamano novitiate in Mathari (Nyeri) Gerald Kisitu Catechetical Centre since we were all wearing the crosses of our Postulant period and we looked like Catechists. To his surprise we told him that we were going next to the Italian Memorial Church. But there are no people living there, he told us, and we explained to him that from then on we would have lived there. The Italian War Memorial is an historical place full of memorial plaques of the Italian soldiers who died in Kenya during the Second World War, and this building, under the care of the Italian Embassy, is next to the just built Allamano Novitiate. Here we are now living, ten of us Novices, plus da Casa Madre - 9/08 Kenya On 21st July 2008 ten young men arrived in Mathari (Nyeri) to begin their Novitiate, what we could call, for those not acquainted with the ecclesiastical jargon, a Retreat of one year, to prepare themselves to become Consolata Missionaries. It is a time of spiritual formation, prayer, meditation, reflection, work, familiarizing oneself with the origin, nature, spirit or charism, and history of the Missionary Institution that one intends to join and spend his life with. On our way to Mathari, the matatu driver asked us whether we were Catechists going to the 19 Kenya Vita nelle Regioni three Consolata Priests, the Novice Master, Fr. James Lengarin, the Vice Novice Master, Fr.Attilio Lerda, and Fr. Luigi Brambilla, in charge of the buildings still in need of a lot of finishing touches. A Community of 13 people, though, this time, not the one of Jesus and the 12 Apostles, yet with the same purpose and work, the evangelization of the world. We consider it a blessing, for us, to be the very first group of Consolata Novices living in Mathari, the cradle, together with Tuthu, of the Consolata Missionary Institute. We see ourselves as pioneers, since we have never had, before, a Novitiate in Mathari, and we will try to compete with the great first Consolata Missionaries whose work here has had the remarkable fruit of the evangelization of half of Kenya and of great portions of 25 other Countries in the world. Here we live as a family with mutual respect and love as true brothers, though in a fully international set-up and cultural variety. We are 2 Congolese, 1 Ugandan, 7 Kenyans, 1 Tanzanian and 2 Italians. According to the nature of the Novitiate, all what we do is, obviously, for the glory of God, first, then for our sanctification, since, as future 20 da Casa Madre - 9/08 missionaries, we need holiness as a necessary instrument for evangelization and salvation of the world. As it happens in any beginning, we can’t avoid missing things here and there and having a bit of a Spartan life. Moreover Mathari is a very cold place and we can’t avoid feeling it, especially for those not used to cold weathers, but we take it in a positive way, as a training for missionary life that is not, in itself, an easy and comfortable life. We even take it jokingly saying that all our group will be ready to go and work in Mongolia with its temperature reaching 40 to 50 degrees below zero. All this is wonderful, but also, humanly speaking, demanding, and we are human, therefore we would like to ask our readers for a great favour, to accompany us with their prayers. This will be a nice and easy way, for you, to fulfill that collaboration that every Christian is asked to give to the Church in its missionary task, and, on top of that, you will deserve the same reward the Lord is preparing for the Missionaries. We thank you in advance and we will also offer our prayers and works for all the needs that you too can’t avoid in life. 27 a 29 de Junho p. Manuel Mussirica, imc Realizou-se na casa regional IMC no Maputo, Av. 24 de Julho, nos dias 27 e 29 de Junho, o habitual encontro anual de Revisão, Formação e Programação do ano de AMV 2008-2009 para Animadores e animadoras de AMV zonais e das Paróquias e formadores de IMC e MC da Região de Moçambique, cujo tema foi “Caminhando Juntos Sereis Minhas Testemunhas”, coordenado pela Irª Luz Mary das Missionárias da Consolata e Pe Mussirica. Este assume a responsabilidade de coordena- dor nacional de AMV pelo IMC, secretariado, até então, coordenado pelo Pe Julius Gichure Mwangi , que hoje presta o serviço de formador do Seminário Propedêutico da Consolata – Casa Allamano- em Nampula. Pela primeira vez, com a excepção de algumas paróquias e comunidades IMC que se não fizeram presentes, participaram no encontro todas as outras paróquias e comunidades IMC-MC da Região de Moçambique. Foi algo muito bom termos conosco, em dias diferentes, a presença notória dos nossos superiores regionais no nosso encontro os superiores da Casa Madre - 9/08 Mozambico “Caminhando juntos sereis minhas testemunhas” Vita nelle Regioni Moçambique: Encontro Anual IMC-MC 2008 21 Italia IMC-Mc Pe Artur Pereira Marques, no primeiro dia, que teve a humildade de dar a sua palavra de abertura oficial ao nosso Encontro e, a Irª Luisa Amália que com a sua palavra de saudação a assembléia, no segundo dia do encontro,deu-nos a certeza de quanto era necessário o encontro . Desde o primeiro dia, os trabalhos foram precedidos por um momento de meia hora de oração às 8h30 e terminávamos o dia com a celebração da Eucaristia. Assim, no primeiro dia, Sextasfeiras 27, depois da apresentação do programa do encontro pela Irª Luz Mary, a distribuição de tarefas e juntos estabelecermos o horário, procederam-se as apresentações individuais dos participantes do encontro e, a leitura dos relatórios dos trabalhos de Animação Missionária e Vocacional realizados durante o ano 2007-2008 nas paróquias e zonas onde estamos. Vita nelle Regioni A manhã do dia 28 de Junho foi dedicada à formação assessorada pela Irª Nicoletta das 22 Missionárias da Consolata e pelo Pe Mussirica, que ajudaram o grupo com o tema de reflexão “Animação Missionária na Igreja Local”, uma das matérias dadas no curso continental de AMV em Sagana, no Quênia, entre Dezembro de 2007 e Janeiro de 2008. A apresentação abriu o caminho para o trabalho de programação do ano 2008-2009, que se seguiria logo à tarde e a manhã dia seguinte Domingo 29 de Junho, data em que se celebra a Solenidade dos Apóstolos Pedro e Paulo. Neste ano esta celebração teve outro marco muito importante, a de abertura do ano Paulino. Encerramos o encontro com a avaliação aberta e espontânea do mesmo e celebração solene da Eucaristia segundo a liturgia do dia, na Capela da Casa Regional IMC, seguida do almoço, o qual inspirou-nos uma música sem letra, mas entre os lábios e o olhar dos seus intérpretes se fazia ouvir um som que dizia “... o nosso muitíssimo obrigado a comunidade da Casa Regional IMC pelo caloroso acolhimento”. Ordinazione sacerdotale p. Daniele Giolitti, imc Condivido volentieri due righe su quello che provo per la mia ordinazione sacerdotale missionaria, il 28 giugno 2008, alla Certosa di Pesio. Sto vivendo giorni speciali, momenti di grazia del Signore, per il dono così grande del sacerdozio. Non nascondo la mia emozione e un po’ di trepidazione, ma sono a dir poco felicissimo. E’ un dono che mi supera e di cui solo Dio è capace. Come ho specificato, e anche sugli inviti ho scritto, ‘ordinazione sacerdotale missionaria’. Lo so che di per sé l’aggettivo ‘missionaria’ è superfluo, ma non lo è per me. Dalla mia storia e tuttora, l’essere sacerdote non può essere separato dall’essere missionario. L’uno acquista senso dall’altro e viceversa. Anche l’Allamano la pensava così e sottolineava: da Casa Madre - 9/08 “l’apostolato missionario è il grado superlativo del sacerdozio.” Il cammino per arrivare fin qui non è stato breve: sono passato per Torino, per la Certosa di Pesio e per le case di formazione di Alpignano, Rivoli, Roma e Nairobi. In Kenya ho speso 5 anni, di cui 4 nell’Allamano House per lo studio della teologia e un anno nell’indimenticabile missione di Wamba, tra i nomadi Samburu, dove sono stato ordinato diacono da mons. Pante. Ho incontrato, parlato e imparato tanto da molti missionari e gente semplice. Il Signore mi è stato vicino e ho scoperto, piano piano, l’essenza o ciò che conta di più di un missionario-sacerdote della Consolata: essere un contemplativo in azione. Questa è la forza nostra famiglia missionaria. Molto ho ricevuto da voi superiori, formatori, animatori, confratelli, insieme ai miei cari famigliari, che con pazienza avete creduto in me e mi avete aiutato a realizzare il sogno di Dio. Ma l’avventura missionaria continua … la Mongolia (destinazione arrivata con sorpresa) si fa sempre più vicina. L’entusiasmo non manca! Sono contentissimo di raggiungere i ‘nostri’ nelle sterminate steppe tra i nomadi a cavallo e i monaci buddisti (anche se mi dovrò munire di qualche cappotto in più!). Stiamo vicini, sicuri di contare nel Signore, colui fa la missione, e in Maria Consolata, colei ci guida e ci protegge. Vita nelle Regioni che mi ha spinto e mi spinge a camminare dietro a Gesù. Dopo aver fatto gli esercizi spirituali nel nostro Santuario e Casa di preghiera a Marsabit e, qui in Italia, nel monastero cistercense di Pra d’Mill sulle mie amate montagne, considero una immensa benedizione l’essere ordinato nella nostra splendida Certosa di Pesio. Qui nel silenzio ho iniziato il mio cammino missionario; qui tanti missionari si sono preparati e santificati per la missione; qui dall’anno 1200 monaci certosini hanno innalzato preghiere al buon Dio, nella regola del “ora et labora.” Non mi resta ora che ringraziare tanto la Italia 23 da Casa Madre - 9/08 Dianra Vita nelle comunità 24 Breve resumen de la historia de un misionero p. Lazaro Ramon Esnaola, imc Érase una vez un joven que quería ser misionero. Durante varios años se fue preparando para ello, pero le faltaba la “condición geográfica”. Todos le habían explicado que un misionero ES, un misionero no aumenta de calidad por sus realizaciones o su situación geográfica, sino por lo que ES. A este chaval le vinieron a decir que un misionero es un apasionado de Dios y de la Humanidad. En aquellos tiempos, la ecología se circunscribía a Félix Rodríguez de la Fuente y “Al filo de lo imposible” pero todavía no tenía una incidencia teológica. Hoy, diríamos que es un apasionado… de la Creación. Y si me apuráis, un apasionado de la Pluralidad. Bueno, pues este chaval, había interiorizado todos estos contenidos pero le faltaba “algo”. Hoy lo llamaríamos “deslocalizarse”. Bueno, el tiempo, pasó y finalmente llegó la llamada tantas veces esperada: “¿Estarías dispuesto a ir a Costa de Marfil?” da Casa Madre - 9/08 La respuesta no se hizo esperar: “¿Cuándo?”. Y he aquí que con 33 tacos y medio llegó el momento de “deslocalizarse”. Antes de coger el avión, el chico este ya se había empapado de la historia marfileña, de su situación en el Informe de Desarrollo Humano de la ONU y del análisis hecho por Amnistía Internacional en su informe anual. Además, le habían comentado algo de una nueva apertura en una misión para trabajar con un grupo llamado “senufó”. Así, que el chico éste se fue a la biblioteca de los Padres Blancos en Madrid y fue buscando en las fichas algo sobre este grupo étnico. Encontró algunos estudios de la primera mitad del siglo XX, se hizo algunas fotocopias y empezó a empaparse de un mundo totalmente desconocido y ajeno. Y cogió el avión. Fue el 15 de enero de 2001. Para situaros, Aznar estaba a punto de terminar su primer mandato, la peseta circulaba sin problemas y el World Trade Center estaba de pie. Sí, ya hace da Casa Madre - 9/08 Dianra las lenguas y las culturas llegó el momento de abrir la nueva misión. Era el 31 de mayo de 2001 y llegó junto con Michel en un “badjan” (un autobús de una 22 plazas –pero con más de 30 en su interiorsin frenos y muy resistente a las pistas del norte marfileño). Su equipaje era la gran mochila lo que se había traído de España. En Dianra, les esperaban el vicepresidente de la comunidad junto con unas once o doce jóvenes de la comunidad que les ayudaron a llevar las cosas a la casa. Y llegaron los amores: las personas, el pueblociudad de Dianra, las visitas a las aldeas, la fraternidad IMC, los agentes pastorales, hacer el mapa de la zona, descubrir los nombres de las aldeas e intentar escribirlos sobre el mapa, calcular las distancias, las primeras reuniones, las primeras programaciones... La misión soñada se convirtió en la misión vivida. Al mismo tiempo, llegaron las primeras malarias. Se dio cuenta de su debilidad. La malaria le dejaba para el arrastre. El primer año y medio fue especialmente duro. Luego, poco a poco se fueron espaciando más en el tiempo y se iban suavizando los síntomas. Y el chico fue conociendo más en profundidad su propio cuerpo y comenzó a intuir las recaídas. Le costó profundizar en su experiencia personal con Abba. Le resultaba complicado rezar en una nueva lengua: el francés. Y más aún con una desconocida: el senufó. Pero, bueno, como tenía orígenes mañicos y vascos digamos que la tozudez fue un arma valiosa en este ámbito. Y aunque había más descampado que otra cosa, no cejó en el empeño. ¡Qué bueno que por encima de las nubes siempre brilla el sol! En octubre, un acontecimiento le ayudó a profundizar en su presencia en Dianra. Unos bandidos les tendieron una emboscada y les robaron todo el dinero que tenían. Durante tres horas estuvieron junto con un montón de gente tumbados por tierra con la cabeza hacia abajo (y las hormigas haciendo de las suyas por todo su cuerpo). Fue la única vez que tuvo miedo. De un golpe se dio cuenta que todo esto se podía acabar de un día para otro. Que no tenía más que una vida para disfrutar y que no valía la pena malgastarla y echarla por la borda. Rezó en todas las lenguas que conocía (hasta en romanó, la lengua de los gitanos que había aprendido en 1990 en Valladolid en el barrio de los Vita nelle comunità algún tiempo de todo ello. En Abijan le esperaba un calor pegajoso. Claro, no se había dado cuenta del “cambio climático geográfico” y llevaba el jersey y el chubasquero típicos de un enero zaragozano. Cuando llegó al Centro de Acogida Misionero de Abijan, lo primero que necesitaba hacer era ducharse, así que dejó las maletas, se desnudó, se metió en la ducha, abrió el grifo y… ¡ni una gota de agua! Empezó a reírse de él mismo y se dijo en voz alta: “Bienvenido a Costa de Marfil”. Se dio cuenta que no había que dar nada por supuesto a pesar de las apariencias. Fue la primera lección. Y el chico empezó a amar, empezó a dejarse seducir, empezó a descubrir un mundo que pertenecía sólo a sus lecturas, a las tertulias solidarias mañas y madrileñas y a los documentales de la 2. El chico no hacía más que abrir la boca y paladear todo lo que Abba iba presentándole. Se dejó seducir por la comunidad de la Consolata en Costa de Marfil, no quiso ponerse muchas preguntas sobre el proyecto inicial del IMC en estas tierras. Le habían comentado que él iría al Norte, a establecerse en una misión nueva, así que su corazón se volcó enseguida en el norte marfileño, la sabana con árboles de esa zona y el descubrimiento de unas culturas nunca antes oídas: senufó, malinké, peul. El chico hizo buenas migas con sus hermanos de comunidad y esto le daba mucho ánimo para centrarse en el estudio de las lenguas y culturas senufó. Los Padres Blancos le acogieron en su misión de Korhogo y había un cura que llevaba muchos años por esta zona, así que el chico empezó a poner preguntas: “¿y cómo se casan? ¿de verdad que hay cuatro formas distintas de casarse? ¿hay un ritual? ¿y qué es el “poró” (la iniciación tradicional)? ¿qué es el “sandogo” (asociación de adivinas y algún que otro adivino)? ¿por qué celebran tres días de funerales? ¿por qué la semana de descanso de la tierra tiene seis días? ¿quién fue Samory Turé? ¿cómo es su relación con la tierra? ¿es cierto que tienen la hoz con el filo más grande de toda el África del oeste?... Y así sin descanso. Luc (que así se llamaba el Padre Blanco) intentaba responder pacientemente a este bombardeo pero poco a poco fue invitando al chico a descubrir por él mismo las respuestas. Luc tuvo una paciencia enorme. Acabados los tres meses de “stage” para estudiar 25 Dianra Vita nelle comunità Pajarillos). Ese asalto fue una gracia (teologalmente hablando), le hizo ponerse las pilas. Y aprovechar el “aquí y ahora”. Se convirtió a la posmodernidad (aunque con cierta nostalgia de los metarrelatos que dan sentido al vivir). Su fe dio un salto de calidad, profundizó en la oportunidad que le había dado Abba. Se hizo más cristiano, más seguidor del “Ungido”. Flavio y Fere le descubrieron el binomio consolación-salud. Fere era una anciana que tenía una herida tropical horrible que olía fatal y que le dolía un montón. Y Flavio un misionero de la Consolata que le limpiaba la herida con una ternura y un amor exquisitos. Descubrió que ser misionero de la Consolata pasa por la salud de las personas con las que estamos en contacto. Descubrió la importancia de saber leer y escribir. Y ahí se lanzó porque la mayoría de los agricultores sufrían los excesos de sus contables que les “robaban” su dinero. También hizo lo mismo con las mujeres ya que la mayoría no eran alfabetizadas. Poco a poco la misión soñada iba concretizándose y adquiriendo un contenido. Y seguía estudiando la lengua, empezando a 26 da Casa Madre - 9/08 hacer sus primeras traducciones y preguntando sobre las tradiciones culturales. Su vocación de antropólogo encontró una mina de oro con los Senufó. ¡Cuántos descubrimientos! ¡Cuántas incomprensiones! ¡Cuántas sorpresas! Padecía una cierta bulimia de Senufó. Y le bautizaron: “Koroná” (“quédate”). Le sedujo este nombre y se lo apropió hasta el punto que todo el mundo le llamaba Koroná. Incluso los cristianos olvidaban con frecuencia que se llamaba Ramón. Y llegó el 21 de septiembre de 2002: el día que los rebeldes llegaron a Dianra. Fue la primera vez en su vida que oía disparos “de guerra” en directo. Se le encogió el corazón. Me contó que una mujer con su niña vinieron a refugiarse a la misión, le abrazó y empezó a gritar: “nos van a matar a todos, nos van a matar a todos”. Él intentaba calmarla y decía: “No, no van a matarnos”. Y en ese momento, giró su cabeza hacia Flavio que estaba detrás de él y le preguntó: “¿no, verdad?” Lo cierto es que no tenía ni idea de lo que iba a pasar. Y Dianra, Costa de Marfil, la misión, nuestra presencia y la Consolata descubrieron lo que era pasar las noches sin dormir, escuchar disparos durante todo el día, empezar a depender de la gente porque optaron por no utilizar el coche y tenían que desplazarse o en su bici o pedir la motocicleta a alguien o utilizar los transportes comunales: camiones, badjans, remolques… Fue un tiempo precioso, de kénosis lo llaman los teólogos. Ahí se acercaron un poquito más al Altísimo que se hizo Bajísimo en Belén. Y redescubrieron que nuestra misión era “estar con”, quedarse, acompañar, animar a la gente y, sobretodo, continuar con la pastoral, no darle tregua a la guerra, seguir a lo suyo para poder ayudar a la gente a “salir” del hoyo en el que se había metido este bello país. Y encima, Abba me dio un hermano de fraternidad con el que compartió mucho durante este tiempo: Michel. Cuántas noches pasaron en la terraza compartiendo esperanzas, temores, análisis, anhelos… Su situación era una parábola de la realidad que les circundaba: sólo les alumbraba un pequeño candil porque a menudo cortaban la electricidad. Fue otro hito importante en su vida de parabólica, un mercedes y hasta agua corriente. Joder, ¡qué cambiazo! En realidad, se benefició de la situación que vivía el país con tanto contrabando la parabólica y la mercedes estaban tiradas de precio, así que aprovechó “la especulación”. Pecador estructural. También empezó a recoger frutos: tenía muy buenas relaciones con el imam, con los musulmanes, con las autoridades tradicionales, ya entendía bastante las lenguas senufó y tenía autonomía. Incluso durante dos años estuvo dando clases en el Instituto de Dianra. Pero al mismo tiempo se encontraba en una situación no deseada. Era párroco de una parroquia en la que llevaba a cabo una serie de tareas en las que no creía. Había bastante de “plantatio ecclesiae” en su estilo de pastoral. Y, en el fondo, él no creía tanto en todo esto. Su reflexión misionológica iba por otros derroteros: la pluralidad religiosa dentro del proyecto de Abba; el diálogo interreligioso a partir de presencias más humildes y desposeídas; pasar de la misión “ad gentes” a la misión “inter pauperes”; la gratuidad del amor de Dios y de los sacramentos de la Iglesia… Había muchas leyes en la Iglesia que empezaban a asfixiarle y no lograba reconocerse en ese estilo de presencia. Es cierto que junto con todo ello había toda una preocupación y una práctica por ofrecer una vida más digna a los distintos estratos de la sociedad: mujeres, jóvenes, agricultores, enfermos, viudas, solteros… También intentaba proponer un modelo de Iglesia que se puede resumir en la frase “comunidad de comunidades”. Pero… Un cierto sinsabor amargo no terminaba de reconciliarle con su presencia. Así que… ¡cómo no! soñó de nuevo y propuso una presencia de inserción en una pequeña aldea sin propiedades, flexible y centrada en la inculturación, el diálogo interreligioso y la dignidad de las personas (educación, mujer y salud). da Casa Madre - 9/08 Dianra Claro, proponer esto implicaba cambios (más que estructurales, mentales). Y, bueno, le propusieron un cambio de aires. Así que le propusieron ir a la formación de base a un nuevo país: la República Democrática del Congo. El chico no lo rechazó. Sabía que era positivo para la misión (para él y para la gente) que saliera de Dianra. Así que se preparó para llorar por la separación de los seres queridos y retomó la fatídica frase de Jesús: “Vamos a las aldeas vecinas que para eso he venido”. Vita nelle comunità fe. Creció mucho. Las raíces se dirigieron hacia el agua que da vida. De nuevo, estaba haciendo realidad un sueño. Esta vez sin música de Ennio Morricone pero dándose y dándolo todo. Hay un dato significativo. Fue la única misión del norte que no fue asaltada por los rebeldes para coger los coches. Él decía siempre que fueron los Senufó los que les protegieron aunque ellos nunca llegaron a saberlo a ciencia cierta. Y descubrió el sufrimiento de la mujer; los milagros que cada día realiza en su hogar para que todo el mundo pueda comer. Llegó un tiempo muy duro y empezó a darle vueltas a la cabeza hasta que le vino la idea de los microcréditos. Algo había oído del “Banco de Semillas” (bueno, en inglés suena más chulo, el Grameen Bank). Así que habló con Jacqueline y Auguste y entre los tres hicieron una carta para ASA para que les diera algo con lo que empezar. Hoy no pueden quejarse, ya han terminado cuatro campañas y en septiembre comenzarán la quinta. Es un proyecto del que está un pelín orgulloso. Al inicio había tantas dudas, tantos miedos. Y, sin embargo, las mujeres y los responsables respondieron a la perfección. Un gajito de Reino se hizo historia en Dianra. Pero las muertes le siguieron curtiendo. En un espacio de cuatro meses murieron las dos niñas de Jacqueline. Fue dramático. Todavía le recuerdo abrazado a la madre de Jacqueline, en la iglesia, delante de la imagen de la Virgen y llorando descon-so-la-da-men-te. Lo más duro de la misión son las muertes inocentes, evitables y disfrazadas de “es la voluntad de Dios”. ¡Cuánta resignación anticristiana! Poco a poco los rebeldes también empezaron a llamarle Koroná y les divertía que chapurreara su lengua. Pero cada sábado tenía discusiones con ellos porque hizo objeción de conciencia a darles ni un franco CFA en el territorio de la parroquia. Así que a cada salida en bici o en motocicleta tocaba discutir hasta que se cansaban. La verdad nunca hubiese pensado que él pudiera discutir con gente que tenía kalashnikovs. Creo que en el fondo les caía simpático y el hecho de no haber huido ni un solo día de la misión les daba una cierta autoridad. Y llegó junio de 2006 y las cosas empezaron a cambiar, a caminar hacia la paz. Y llegó el tiempo de la comodidad. El tiempo en el que la profecía se pone entre paréntesis y se vive con el único criterio del progreso y el bienestar. Así que el chico se dedicó a arreglar su casa: compraron sillones, una tele, 27 Grand-Zattry Mgr. Paulin et son service pastoral p. Victor Kota Mukpekpe, imc Monseigneur Paulin Kouabenan N’Gname, originaire du diocèse de Bondoukou en Côte d’Ivoire, a été nommé évêque du diocèse de SanPédro, le 1er mars 2007 et sacré et installé le 12mai 2007 dans le dit diocèse. Mgr. Paulin est retourné à Dieu le 21 mars 2008, le Vendredi saint, après avoir célébré la sainte Cène du Seigneur le jeudi saint le 20 mars 2008, dans une des paroisses de son diocèse, appelée Saint Ignace d’Antioche de Méagui. Vita nelle comunità La cérémonie des obsèques et l’inhumation ont lieu le 4 et 5 avril 2008, sur le site de la Cathédrale St. Pierre à San-Pédro. 28 Dans la figure de pasteur qu’a été Mgr Paulin Kouabenan N’Gname, que je voudrais présenter dans ce petit article, partant de mon expérience personnelle avec lui, Dieu a voulu mettre au fondement de notre Eglise qui est à San-Pedro, pour qu’elle fasse tradition, la graine de ce qu’il y a de plus fondamental dans la vie chrétienne et dans le christianisme : le Service. Mgr. Paulin dans 10 mois d’épiscopat a laissé transparaître ce précieux don de Dieu : « Servir et non pas être servi». Il était cet homme dévoré par le service divin à la manière de son maître (Jn 13). C’est pourquoi, quelques jours avant sa mort, il nous dira : « A partir de ma vocation sacerdotale et depuis que ce sacrement m’a été conféré, ma vie ne m’appartient plus. Elle est à la disposition du Christ pour le service de mes frères. Depuis quelques temps je découvre que le seigneur veut se servir de moi peut être même plus que ce que je peux lui offrir. Je lui demande de me donner la force nécessaire ». (Interview, dans Agapè, Bulletin d’information des Séminaristes du diocèse de San-Pédro, N° 7 mars 2008). Le service a été une devise, une intuition pastorale très visible qui était à l’œuvre chez Mgr. Paulin et qu’il tenait inculquer et transmettre pour prendre corps à son Eglise qui est à SanPédro, à tel point qu’elle fasse une vraie tradi- da Casa Madre - 9/08 tion pour lier les générations successives des fidèles disciples du Christ. Pour ce pasteur, c’est ce service dont dépend un panorama pastoral fructueux et son projet pastoral est ainsi une trilogie : la promotion et respect de la culture, la jeunesse et la formation. Voilà ce qu’il a désiré réaliser : « une pastorale approfondie auprès de toutes les populations ; un regard particulier sur la langue locale le Kroumen, sachant que cela ne sera pas facile à cause de la diversité des ethnies qui compose la grand groupe Krou. Mais je compte cibler cette activité dans le Sud-ouest, c’est-à-dire la zone de Tabou. Cela pour apporter un plus à ce qui est déjà fait avant moi pour l’évangélisation du peuple Kroumen. Puis une large pastorale de la jeunesse. Une formation tant que possible étendue à tout le clergé local et la vie matérielle des prêtres ». (Ibidem). En parlant de la vie matérielle des prêtres, Mgr. Paulin, comme les pères synodaux africains en 1994, soulignait qu’il était nécessaire que dans son diocèse toute communauté chrétienne soit en mesure de pourvoir par elle-même, autant que possible, à ses propres besoins, en fortiori pour ses prêtres. Car, « l’évangélisation requiert donc outre les moyens humains, des moyens matériels et financiers substantiels dont bien souvent les diocèses sont loin de disposer dans des proportions suffisantes ». (EIA, n° 104). Sa vie de pasteur a fait du service de Dieu à travers les frères l’élément fondateur de l’Eglise. Eduquer à l’amour de l’Eglise, c’est-à-dire à son service de façon agissante et dynamique était pour Mgr Paulin, une expression de foi vraie et vivante. C’est, à mon avis, ce qu’a fait d’essentiel et d’unique, ce grand pasteur ; et personnellement, comme fils, ami et collaborateur de ce grand évêque, je bénis Dieu pour l’avoir côtoyé et pour Hommage à Mgr Paulin Mgr Paulin, tu restes vivant! De modestie sincère, transparente, De spontanéité sans calcul, naturelle, Ton amitié a gagné le territoire de ton Diocèse. A deux mains tu as pris ton courage, Et, comme un pompier, chargé de combattre incendies et sinistres, Tu es resté au milieu de nous, Donnant à tous ta sollicitude paternelle. Monseigneur Paulin, tu restes vivant dans mon cœur et mon esprit. Dans un passage fulgurant, Tu nous laisse une inspiration, Source intarissable d’une marche d’espérance d’un pèlerin, Amoureux de l’Eglise, tu nous dis : «allez au large». Monseigneur Paulin, tu restes vivant dans mon cœur et mon esprit. Icône d’une serviabilité incomparable : «Non ministrari sed ministrare»! Qui sert son maître et son Seigneur en tout et en tous, Par là, tu indiquais à tous le chemin de la foi en amour concret, De l’entente, de l’unité et de la solidarité. Monseigneur Paulin, tu restes vivant dans mon cœur et mon esprit. Expert en maïeutique, en l’art de conversa- Pasteur discret, tu t’en vas discrètement, Laissant derrière toi, Une foulée de pleurs et de désolations. Comme un poteau indicateur devant un chemin, Ta vie simple nous enseigne le mystère de la vie et de la foi, La loyale fraternité sacerdotale et la communion pastorale. Et plus que jamais, soit un dictame saint qui calme nos souffrances, Monseigneur Paulin, tu restes vivant dans mon cœur et mon esprit. En mémoire de Monseigneur Paulin Pourquoi pleurer ? A peine mon bien-aimé Monseigneur Paulin s’est-il endormi, Que de souvenirs, Que de précieuses mémoires, Pour moi pleurer me semble une erreur. Pourquoi sangloter ? Oui, je me rappelle, Nos dix mois passés ensemble comme mari et femme. Ils forment une source de joie et de foi, Qui ranime et ranimera ma vie. Pourquoi ce jour de Vendredi Saint ? C’est clair, nous sommes séparés, Mais seul l’amour de nos vies dans le cœur, Garde mon bien-aimé proche de moi, Et me donne l’espérance de vivre en Dieu. Car, «ceux qui mettent leur espérance dans le Seigneur trouvent des forces nouvelles; ils prennent leur essor comme des aigles, ils courent sans se lasser, ils avancent sans se fatiguer.» (Is 40,31) da Casa Madre - 9/08 Grand-Zattry Dans un temps très bref, Parmi nous tu t’es révélé en sacrement de l’amour de Dieu, Un semeur d’une Parole qui germe et germera, Pour libérer et faire marcher tes amis. Monseigneur Paulin, tu restes vivant dans mon cœur et mon esprit. tion, Pasteur, tu invitais tous à une parole qui conduit à une action et un résultat. Sollicitation nouvelle qui arrachait les esprits, de l’étroitesse, de la médiocrité et de la tiédeur. Pour les élever au plus haut sommet de la qualité et de l’excellence. Monseigneur Paulin, tu restes vivant dans mon cœur et mon esprit. Vita nelle comunità cet héritage que nous sommes appelés nous fils et filles de son diocèse, à assumer en une loyale fraternité sacerdotale pour la gloire de Dieu et le salut des hommes. 29 Sagana Vita nelle comunità 30 Allamano centre, Sagana: 5 attività, un solo spirito p. Masino Barbero, imc Nel lontano 1967, seguendo lo spirito pionieristico e lungimirante tipico dei nostri predecessori, fu comperato, nei pressi di un piccolo villaggio,Sagana, sulla strada verso Nyeri a 100 km.a Nord di Nairobi, un pezzo di terra di circa 30 acri (12 ettari). Terreno incolto, pieno di cespugli. Per entrare bisognava farsi strada con un coltellaccio. Quasi subito dopo l’acquisto del terreno, con un sussidio della Misereor, si cominciarono i lavori di costruzione di una scuola tecnica. P.Aldo Parodi e P.Tarcisio Rossi seguirono i lavori. Nel 1970 cominciò la scuola con i primi alunni e.P.T.Rossi come primo Preside. Atri presidi che si susseguirono furono,P.G.Bertaina, P.A.Lerda, P.F.La Greca, A.Roberti,D.Galbusera, L.Cometto, J.Wamalua.Una generazione di fratelli diede un validissimo contributo sia nell’insegnamento che nella pratica. Fr:G.Borgo, J.Pereira, A.Sabaini, M.Bernardi coadiuvati anche da laici volontari di diverse nazionalità. Dai primi faticosi inizi fino ad oggi, migliaia di giovani kenioti impararono un mestiere, altri cominciarono lavori in proprio di meccanica, falegnameria, costruzioni, fabbri… Quasi contemporaneamente fu cominciata la Parrocchia con P.G.Gorzegno primo parroco. La parrocchia conta ora più di 85.000 ab. E non meno di 25.000 cristiani nei 17 villaggi. Nel 1973-74 fu la volta della Bethany House, voluta dalla Direzione Regionale del tempo, come casa per Esercizi spirituali e seminari di formazione organizzati da noi e da altri istituti e da uffici diocesani. Fu tra le prime forse la prima del genere in Kenya. Sicuramente un grande impulso al centro fu dato dall’indimenticabile P:Ricchetti (+1993)che mise a servizio della missione non solo il suo talento pratico-artistico ( la bella chiesa è opera sua) ma il suo carisma di formatore di persone . Ancora oggi si incontrano molte persone che dicono con orgoglio:io sono stato formato da P.Ricchetti. E puoi star sicuro che la persona o è un cristiano impegnato o un lavoratore di prima qualità. L’ultimo tocco da Casa Madre - 9/08 alla Bethany House è stato dato da P. Pietro Baudena con la costruzione di 7 camere con cappella per l’adorazione chiamata :Oasi del silenzio che permette di organizzare ritiri individuali o di piccoli gruppi. Recentemente è stato costruito un nuovo refettorio e un secondo salone per poter ospitare anche due gruppi contemporaneamente, dato che le camere a doppio letto sono 44 e 4 con un letto. Oltre ai corsi organizzati da altri enti e dalla direzione regionale (Esercizi spirituali e formazione permanente), noi ne organizziamo sulla Bibbia,Formazione alla preghiera, Evangelizzazione, liturgia, Leadership, Ministeri,Insegnamento sociale della Chiesa, Giustizia e Pace, Riconciliazione, Preparazione al matrimonio, Incontro Matrimoniale… Siamo quasi tutti convinti che la nostra presenza nella Chiesa locale, dopo che si sono già lasciate decine di parrocchie al clero locale, ormai numeroso nella maggior parte delle diocesi, sia quello di una evangelizzazione delle persone in profondità Giovanni Paolo II parlava di una “Nuova evangelizzazione. Nuova nel metodo, nel fervore e nelle sue espressioni”. E’ risaputo che le malattie di ordine psicologico tipiche dell’occidente opulento, si stanno estendendo anche in Africa: depressione, mancanza di senso, scoraggiamento…Accentuate anche dalla mancanza di lavoro, urbanesimo selvaggio, perdita dei valori tradizionali, confusione portata dal pullulare di migliaia di sette ,instabilità politica, ingiustizie, corruzione. La lista dei mali dell’Africa è ripetitiva e senza fine. Che cosa c’è di più bello e che servizio più utile possiamo fare al popolo se non dare una mano a rimettersi in piedi e a camminare? I laici hanno un grande desiderio di pregare, capire la Bibbia, di conoscere, di crescere umanamente e spiritualmente. Più di una volta, alla fine di un seminario ho sentito commentare: “tulikaa mbinguni”. Eravamo in paradiso! Si cerca di sensibilizzare i pastori e le comunità cristiane a impegnarsi maggiormente nella forma- La quarta realtà dell’AllamanoCentre è il nostro Noviziato , iniziato nel 1980. Da 28 anni vengono formati i missionari della Consolata africani. L’ultima creatura è il St. Mary’s Village, dove una cinquantina di donne anziane,povere e abbandonate, vengono assistite con il nostro aiuto. Tutte queste attività vengono portare avanti da 10 missionari della Consolata e più di 90 collaboratori laici. Anche se impegnati in attività autonome, cerchiamo di vivere la fraternità condividendo lo stesso spirito, aiutandoci e rendendoci disponibili per i servizi richiesti. G.Allamano da una statua posta per l’occasione del centenario dei missionari della Consolata in Kenya all’entrata del Centro, accanto alla storia delle nostre missioni, scolpita in pietra, sembra sorridere,chiudendo un occhio anche sulle nostre debolezze. L’elevazione dell’ambiente e la formazione dei catechisti era l’ideale proposto dalla famosa Conferenza di Muranga (1904) che lui aveva approvato e incoraggiato. E anche noi, dopo 106 anni, siamo contenti ed orgogliosi di sentire l’affetto e l’ammirazione della gente delle pendici del monte Kenya per noi e per i valorosi che ci hanno preceduto. Vita nelle comunità zione senza aver paura a investire risorse allo scopo. Anche noi non abbiamo vergogna a chiedere aiuti per sponsorizzare, almeno in parte,corsi a quelli che non possono pagare. Richiamo un punto dell’Esortazione Apostolica Post Sinodale, Ecclesia in Africa dove dice:”Il programma formativo deve includere la preparazione dei fedeli perché possano esercitare il loro ruolo di ispirare l’ordine temporale-politico, culturale, economico e sociale- con principi cristiani che è l compito specifico della vocazione laicale nel mondo” (n.75) Senza avere la pretesa di fare discorsi teologici sull’Ecumenismo, abbiamo anche ospitato diverse volte (ed ora sono clienti fissi) i Vescovi della Chiesa Anglicana, i loro Venerabili Arcidiaconi e i presidi delle loro scuole. Questo ha creato amicizia, rispetto e comprensione reciproca. Da Isiro: senzazioni ed emozioni, vissute in missione p. Daniel Lorunguiya, imc da Casa Madre - 9/08 Isiro Eccomi qui a raccontarvi della mia missione in Congo. Prima della mia partenza, quando ancora ero in Kenya, avevo un groviglio di sensazioni e di domande che sussultavano dentro di me: Sarò all’altezza di questa missione? Sarò capace di sopportare il caldo umido, le zanzare, le malattie e le difficoltà ambientali che incontrerò? Sarò capace di adattarmi ad una cultura differente dalla mia? Ad accentuare il tutto c’era, certamente, la situazione di guerra in Congo che mi metteva un po’ di paura. Sentivo i miei confratelli raccontare l’esperienza vissuta in mezzo al fuoco incrociato, e tutto questo mi causava un po’ d’ansia. Grazie a Dio, i racconti dei missionari non erano soltanto sulla guerra e sulle malattie, ma anche sull’allegria e sull’accoglienza della gente e sulle possibilità immense di lavoro pastorale. Arrivando a Kinshasa, capitale della Repubblica 31 Isiro Vita nelle comunità Democratica del Congo (dove vivono circa 8 milioni di persone), il primo sentimento che ho provato è stato un senso di impotenza. Non riuscivo a comprendere come si potesse operare in una realtà tanto complessa; ma essere missionario è anche questo: lavorare in realtà difficili, per cercare di migliorare la vita di questo popolo dimenticato. Come Missionario della Consolata il nostro impegno è quello di portare speranza e consolazione attraverso la parola di Gesù, testimoniando attraverso le opere, ognuno in base al proprio dono. La sensazione che si prova, specialmente all’inizio, quando non si conosce neanche una parola della lingua locale è di smarrimento totale. Davanti a questi sguardi, che fanno entrare in crisi e crollare ogni certezza, non si sa cosa fare o dire. Vivendo con i Congolesi ho potuto scoprire un popolo che pone al centro della vita l’uomo e le relazioni umane, e vive in sintonia con il proprio ambiente e da cui riceve tutto quello di cui ha bisogno. La provvidenza, per loro, ha il volto della foresta, che accoglie, nutre e protegge: tutto è di tutti come nella vita delle prime Comunità Cristiane. Ritengo che, la missione in Congo, sia un’opportunità offertami da Dio per scoprire in me nuove possibilità e potenzialità da condividere con altri. 32 da Casa Madre - 9/08 Dopo sei mesi a Kinshasa ho chiesto al nostro superiore di poter andare nel nord di questo paese, presso la nostra comunità d’Isiro, per poter continuare lo studio del Francese e del Lingala, e contemporaneamente conoscere nuove realtà. Come primo impatto ho dovuto affrontare un viaggio molto lungo e faticoso, per sette giorni sono rimasto bloccato a Kisangani aspettando che la compagnia aerea decidesse di effettuare i voli programmati ma continuamente rinviati. Qui ad Isiro mi sono sentito subito accolto e mi sono inserito bene. La nostra comunità è formata da p. Celestino Marandu, p. Urbanus Mtunga e Fr. Domenico Bugatti, con noi ci sono anche due coppie di Spagnoli e un ragazzo Italiano, tutti laici missionari della Consolata. La presenza dei nostri Missionari in questa zona è “vera missione”. Una missione difficile perché molto esigente, una continua sfida. Infatti, soprattutto qui, nella zona nord del Congo, si devono affrontare diversi sacrifici: i viaggi, la mancanza di energia elettrica, la mancanza di strade, i trasporti inesistenti anche per quel che è necessario per vivere. Qui svolgere i programmi che ci si è posti diventa molto complicato. Non esistono collegamenti tra le città, ma è possi- zia dalla rivoluzione del cuore. Ogni scelta della vita non può essere fatta senza paura, ogni cosa importante ci spaventa, ma dobbiamo affrontarla con coraggio certi dell’appoggio della Vergine Consolata. La vita va riscoperta ogni giorno per costruire la felicità. Non è mai troppo tardi per ascoltare la chiamata del Signore, di andare a lavorare nella “sua vigna, come operaio dell’undicesima ora”. Cercherò di comunicare a tutti quelli che incontrerò di essere sempre fedeli agli ideali di gioventù, pronti alla gioia e al dolore, al successo e alle delusioni. È proprio vero che nessuno è escluso dalla possibilità di “lavorare nel campo del Signore con molto frutto” se sorretto dalla pazienza e d’umiltà e spinto da un desiderio d’amore e di fraternità. Annuncio di Cristo nel mondo d’oggi, dipende soprattutto dalla testimonianza che si rivela nell’amicizia, la coerenza, la compassione, la fedeltà e l’amore. In questo modo la vita diventa come un dono generoso a disposizione al servizio dei poveri in ogni angolo della terra, perché solo la felicità altrui, che ci renderà veramente felici. Avanti nel Signore! Vita nelle comunità bile spostarsi soltanto con piccoli aerei. Il commercio diventa difficile, quasi tutti i prodotti vengono importati dall’Uganda perciò tutto è molto caro. Tutte queste mancanze creano qualcosa di bello e veramente speciale: la missione diventa star lì, l’esserci, solo perché il missionario ama il suo popolo e vede in ciascuna persona che soffre il volto di Dio. Qui la gente è la vera ricchezza della missione, che crea un’appartenenza reciproca: del popolo per il missionario e del missionario per il suo popolo. Ad Isiro il lavoro non manca, da parte mia sto facendo tutto lo sforzo possibile per conoscere la gente, la cultura ed aprirmi a tutto ciò che la situazione mi richiederà giorno per giorno. Sto cercando di mettermi in un’ottica di disponibilità, per realizzare i progetti della comunità che mi saranno affidati, e per continuare a dare il meglio di me stesso ogni volta in modo nuovo, ma sempre al servizio dei fratelli. Vorrei testimoniare ai giovani di vivere la vita con entusiasmo, coraggio e di lasciarsi coinvolgere totalmente, andando oltre le proprie vedute, perché la vita è come un ponte: attraversarlo, ma non fissarvi la tua dimora, è missione, ma la missione ini- Pirané ! p. Luigi Manco, imc ettari. Oh, qui di terra te ne danno quanta ne vuoi; e non costa niente...e pensare che mio papà in tutta la sua vita riuscì a raffazzonare solo due fazzolettini di terreno. Oh, ma qui tutti i giorni si fanno delle grandi mangiate di carne cotta sul fuoco! E guarda là quante vacche! Guarda che zebù, belli ingrassati! E s’imbattevano anche in realtà cocenti, che faceva crescere il loro l’ardore di pionieri: gente che viveva in povertà e miseria ce n’era e tanta! Malattie, tante! Vizi, tanti! Ignoranza religiosa, tantissima! E c’erano anche loro, gli indios, ma, ahimè senza piuma e senza gloria! Erano proprio come li avrebbe descritti decenni più tardi l’Assemblea di Puebla: “i più poveri tra i poveri”! Si sa, i Missionari sono come i bravi dottori: non li spaventa l’estrema necessità; le malattie più ostinate e i casi più ripugnati e di difficile soluzione spri- da Casa Madre - 9/08 Pirané ... A POCHI MESI DAL PRIMO SBARCO . Furono sufficienti pochi mesi di attività nella diocesi di Rosario perché i primi Missionari della Consolata si rendessero conto dell’equivoco in cui erano incappati: “ci hanno scambiati per i Padri Redentoristi, quelli che predicano Le Missioni popolari ! “ . Un incontro di chiarifica e di discernimento risolse prontamente l’inghippo: un gruppetto di quel piccolo gruppo sarebbe sciamato al Nord-Est dell’Argentina, alle zone “autenticamente missionarie”. La fantasia era ad alta rivoluzione e ad alta confusione: gente seminuda, denutrita...serpenti, tigri...E...incontreremo anche gli indios ! Porteranno ancora la piuma? Saranno i discendenti di Toro seduto? Bene, la realtà che videro con i loro occhi in parte li deludeva. Hai sentito, quello là è figlio di italiani, dicono che possieda più di 1200 33 Pirané Vita nelle comunità 34 gionano in essi un impeto di “intolleranza”, motore primordiale della passione di sanare ! Fu così per i nostri eroi della prima ora. Furono sedotti dalla missione. Non c’è altra spiegazione al loro infaticabile zelo, alla loro epopea missionaria ! ... PROBLEMI E DIFFICOLTA’, PANE QUOTIDIANO...! I punti strategici della “misiòn nortena” furono Machagai nel Chaco e Pirané in Formosa. Da lì, i nostri avrebbero spinto il loro zelo apostolico fino a decine e centinaia di Km., all’interno dei due centri principali. Pirané, soprattutto comprendeva una vastissima zona: El Colorado, Palo Santo, Matacos, Bartolomé de las Casas (colonia aborigena), Comandante Fontana e Ibarreta. E, terra dentro di questi paesotti, un incontabile numero di gruppi umani di 70, 90, 200 e perfino di 400 famiglie. Davvero che problemi e difficoltà erano pane quotidiano. Il caldo. Pirané è collocata in zona subtropicale. Certe estati il caldo ti arriva infernale. Come ripararsi? Ah, quelle docce al chiaro di luna, rovesciandosi addosso in costume adamitico secchioni di acqua tirata dalla cisterna...! Ti sentivi rinascere! Ti conciliava il sonno meglio di una fresca birretta tirata fuori dal frigo... però se ci fosse anche un frigo scassato e una birretta fresca dopo l’acquazzone...! La lingua. Il castellano non è difficile, ma se uno lo studia. I nostri di difendevano alla meglio O... all’italiana: tanti sorrisi, tanto cuore, tanti gesti e qualche frase di castellano. Quasi sempre andava benino. Ma, a volte gli equivoci erano da spanciarsi per le risate. E risate ne facevano a crepapelle P. Angelo Burati e Fr. Guerrino quando, tutti i giorni dopo pranzo, passeg giando nell’antistante piazza comunale incontravano quei benedetti cartelli che contrassegnavano le zone verdi e la scritta che all’orecchio di quei due veneti suonava scorretta e fuori luogo: està prohibido pisar ! I viaggi. Si viaggiava con tutti i mezzi possibili. In sulky (calesse), bicicletta, su carri trainati da buoi, a cavallo. Il sogno era possedere una camionetta ranger e, l’ambizione, posse- da Casa Madre - 9/08 dere una ranger a doppia trazione capace di metterti a salvo da qualunque strada impantanata in tempo di piogge. E i soldini per comprarla dove trovarli? Si passava parola che quel sant’uomo di P. Molioli che poi lasciò la Congregazione per farsi monaco trappista ne aveva escogitata una originalissima: aveva fatto incettazione di animali feroci, particolarmente tigri e vipere. Caricatili su un’auto antidiluviano li aveva condotti a Buenos Aires per vendere gli uni al circo e le altre a case farmaceutiche. Con il ricavato, con qualcosetta racimolata da partenti e benefattori e, con tanta compassione suscitata nei gerenti della Fiat, poté tornare a Palo Santo con la sua bella camionetta. P. Elvio Mettone, che una ne faceva e sette ne pensava, non volle essere da meno. Di vipere ne aveva già acchiappate un bel po’ e le custodiva in Casa, dentro un boccale di vetro. Due, tre, cinque...penso che ce ne stiano fino a una dozzina. Ma, nell’intento di rinchiuderne un’altra, una delle recluse spiccò un salto e, sapete dove andò a perdersi? In mezzo ai libri della incipiente bibliotechina comunitaria. Domandatelo ai vivi - i defunti lasciateli in pace - come avran passato quella notte. A voi il brivido dell’immaginazione. Ma vivi e defunti giurarono che mai più vipere per camionette. Era davvero tentare El Todopoderoso ! la religiosità popolare e...le risposte dei missionari. I nostri pionieri non erano solo degli entusiasti conquistadores de corazones con le loro belle maniere ispirate alla regina delle virtù allamaniane, la mansuetudine. Erano attenti osservatori solo che i tempi non erano ancora maturi per certi cambi ispirati dal processo dell’inculturazione e nuove sensibilità postconciliari. E allora? E allora pazienza, anche se il bue e l’asino nel presepe del 25 dicembre – sole canicolare ! - sembravano sciogliersi come burro in cazzeruola, loro cantavano e insegnavano a cantare a squarciagola: O Bambino mio divino, io ti vedo qui a tremar... E, asciugandosi l’abbondantissimo sudore continuavano: A Te che sei del mondo il Creatore mancano panni e fuoco, o Mio Signore...intorno c’erano un pullulare i bambini seminudi e signore che porgevano l’abbondante seno per l’allattamento ai neonati. PIRANE’ : 60 ANOS CONSOLANDO EL PUEBLO DE PIRANE’! A volte, in occasione delle nostre Assemblee regionali, ci Giusto quest’anno, in coincidenza della visita canonica, abbiamo celebrato i “ 60 anni di matrimonio” con Pirané. Ombre? Certo e non poche! Luci? Tantissime, quasi come le stelle del cielo ! Sulla facciata della tempio, recentemente accomodato e abbellito, spiccava un enorme striscione: 60 ANOS CONSOLANDO EL PUEBLO DE PIRANE’! Pirané, dal tempo di P. Domingo Viola, le cui spoglie mortali riposano nel tempio per volere del volere dello stesso Vescovo Mons. Sandrelli che in quel fine di marzo dell’anno 90 presiedette il rito delle esequie, è cambiata molto. Corre molta ricchezza che beneficia una esile minoranza di piranensi. C’è molta, troppa miseria nelle zone periferiche che, in queste ultime decadi, sono state soggetto del fenomeno dell’immigrazione interna, vero spopolamento dei piccoli centri umani che qui chiamano “las colonias” . Dovuto a ciò, Pirané conta attualmente 43.000 abitanti. La classe politica è stile ciarlatano, con zoccolo duro del mai tramontato “ marchio-caudillismo” (vi difendo io, vi do da mangiare io, decido tutto io. Votate sempre me se no è peggio per voi!) . Le famiglie per lo più non si compongono di nuclei di matrimoni celebrati in Chiesa. Forte è, ancora, l’influenza maschilista. Molto consultato il brujo e l’hechisero (stregoni veri e propri o casalinghi) per difendersi dal malocchio o per praticare il maleficio al vicino, al parente, all’amante. La droga, da Casa Madre - 9/08 Pirané La cultura dei Piranesi era, i generale, cultura paraguaya. Fino a 40 anni fa, non meno del 50-60 per cento dei Piranesi era paraguayo o discendente dei genitori paraguayani. Cultura che sapeva molto di maschilismo, di abitudini a lavorare quel tanto necessario per sopravvivere e, in quanto a religione, una religiosità pietistica, molto devozionale, privilegiando le forme individualistiche ( mi virgencita en mi ranchito. La mia madonnina nella mia umile casetta...). La superstizione si mescolava o rimpiazzava la religione. Una sottocoscienza religiosa inficiata di credenze di spiriti dispettosi e vendicativi (paye) dai quali difendersi in tutti i modi, sperimentando tutte le strategie o a cui ricorrere venerandoli come autentici talismani personificati che potevano travolgere le situazioni e farti incontrare come per incanto la persona amata. Gli stregoni, le nonne con le loro “ricette”, i sacerdoti con la loro acqua santa erano i più gettonati. L’acqua santa era richiestissima per gli usi più svariati: per ingerirla con le medicine, per purificare la casa dagli spiritelli maledetti, per...portarla di nascosto allo stregone per le sue stregonerie. Quella notte del sabato santo, terminata la sacratissima Vigilia pasquale, i fedeli si tuffarono a capofitto sugli abbondanti recipienti dell’acqua benedetta in quella notte benedetta. Ma non stavamo al fiume Giordano e la riser va idrica si esaurì. Impietosito e pressato dal vociare della plebe santa di Dio e temendo che la festa non finisse tutta in gloria tra le diverse bande dei beneficiati e dei delusi del sacro fluido, condusse questi presso la cisterna della missione. Con ampi gesti liturgici benedisse la cisterna e, imperturbabile nella ieraticità, aprì le sacre fonti: Venite, accorrete, attingete. Beh, che c’è di strano? Secoli prima Qualcuno non aveva profetato che un giorno i fedeli di Yavhé avrebbero attinto abbondantemente e gratuitamente alle fonti della Salvezza? domandiamo: non sarà giunta l’ora di andarcene da Pirané dopo 60 anni di presenza? Non avremmo esaurito già da tempo tutto ciò che sapevamo e potevamo offrire a questa gente e a questa porzione di popolo di Dio?.. E la domanda non trova eco di risposta perché, istintiva, sorge dentro come una forza che resiste con violenza al solo pensiero di consegnare le chiavi e abbandonare quella che, da sempre fu considerata “la reginetta del Nord”, la “Casa Madre delle missioni del Nord Este argentino”. E il nodo alla gola della nostalgia per questa terra, per questa gente che ha sedotto generazioni di Missionari (e di Missionarie) della Consolata vorremmo differirlo nel tempo fino a... Fino a quando? Vita nelle comunità Ma, tant’è che bisognava cantare che il loro Signore lo vedevano – nella fede, suppongo intirizzito per freddo e gelo! 35 Pirané Vita nelle comunità 36 anche se non massivamente, è annoverata come nuova piaga accanto alla vecchia piaga, molto diffusa, dell’alcolismo. Questo scenario, sovente, trova un alleato nella poca serietà – in certi casi “nell’irresponsabilità” - delle istituzioni educative. I giovani, pertanto, sono esposti a vuoti di esemplarità e a comportamenti dettati da individualismo e permissivismo. La religiosità popolare è vera risorsa della fede e costitutivo energizzante per sopravvivere per tanta gente umile che è costretta a vivere in mezzo a mille difficoltà, carenze, disinganni e problematiche senza soluzione. Certamente va accompagnata, illuminata, purificata. La vita cristiana trova la sua espressione liturgico e, quando è possibile liturgico-sacramentale, attorno alle Cappelle che sorgono quasi in ogni barrio e in ogni colonia . Non possiamo dire che siano habitat di comunità ecclesiali di base, benché or l’una or l’atra si avvicinino a queste strutture promozionali ed evangelizzatrici. Alcune di esse funzionano anche come centri-Caritas per sovvenire alle necessità dei più bisognosi con vestiti e alimento. Il Centro grande di Caritas, però, ha sede nella nostra Casa ed è coordinato da una incaricata. Si attende ai poveri in maniera abbondante e ben organizzata una volta al mese e, in maniera meno solenne, tutti i sabati. E, nei casi di emergenza: particolarmente in tempi di eccezionali crudezze invernali; di post-elezioni politiche quando i nuovi eletti all’amministrazione comunale soffrono puntualmente prolungate crisi da astinenza di memoria delle promesse fatte; in tempo di post-feste natalizie, quando i poveri si sono consumati in crapule – crapule povere, ma spregiudicate - i quattro soldini accumulati e, a qualunque denominazione cristiana appartengano, Gesù dei padri missionari si profila come l’unica VIA del ritorno ! Le strutture parrocchiali sono frequentate: giorni per la catechesi dei ragazzi e dei giovani, gruppo carismatico, scuola di danza e, in un edificio annesso adibito a scuola di taglio e cucito, vero fiore all’occhiello di Suor Edgarda, missionaria della Consolata che, insieme con Padre Domenico Viola nessuno da Casa Madre - 9/08 potrà cancellare dal ricordo grado e ammirato dei Piranensi. Si sta portando avanti, ogni due mesi, in collaborazione tra Missionari e Missionarie della Consolata, “una Due Giorni” di spiritualità missionaria-vocazionale. I giovani sono pochi, ma noi siamo costanti e seminiamo. Quel noto enciclopedico francese soleva dire: Criticate, criticate, qualche cosa resterà, non credete voi che seminando seme buono, qualche cosa germoglierà? Coltiviamo anche – tanto per continuare l’immagine della semina e del germoglio - un gruppo di Laici Missionari della Consolata. In verità, per adesso son tutti laici del gentil sesso! E’ nato nell’Incontro dello scorso gennaio in Buenos Aires dove anche in Argentina si è ufficializzò questo movimento LAICI MISSIONARI DELLA CONSOLATA . Si sa, ogni cultura fa gli dei a sua immagine e somiglianza. Così, almeno qui a Pirané, i (le) laici Missionari della Consolata sono sui generis. Provatevi voi a dire a una che, invitata da un’altra che, casualmente ha partecipato di una riunione dei LMC, laica Missionaria della Consolata non è è vi sentirete apostrofare: ma se dentro il ventre di mia madre, io sapevo tutte quelle cose che dite qui! Io i missionari della Consola li ho respirati con il latte materno! A me non c’è bisogno che mi vengano a dire chi è il Fondatore; che stile, che caratteristica possiedono i Missionari della Consolata. Su, che cosa bisogna fare? Raccogliere soldi? Pregare per le Missioni? Vendere la Rivista Missioni Consolata? Queste cose le so a memoria...io facevo parte di JUMICO (il glorioso movimento Jòvenes misioneros de la Consolata che negli anni d’oro lo portò agli splendori Madre Gabriella Bono e il Padre Antonio Gabrieli !) . E poi, che volete che vi racconti? Venite a vederci. Non siamo proprio all’angolo di casa vostra, però se vi fate una nottata di aereo, aggiungendo altri 5000 km arriverete alle Isole Malvinas e, se siete partiti con 38° gradi all’ombra, potreste in 24 ore battere i denti mentre battete le mani per convocare frotte di curiosissimi, simpaticissimi signori pinguini. p. Gianantonio Sozzi, imc Quindici giorni fa ho “messo via” due guerriglieri, uno di 16 e l’altro di 14 anni,fatti a pezzi da una bomba di aviazione e anche da una guerra che avevano “responsabilmente” sposato e scelto... con la responsabilità che si può attribuire a un ragazzino di 14 o di 16 anni. Due vite falciate al servizio di un progetto che “cosifica” la vita e nega tutto il mistero e tutta la sacralità che la vita contiene. Forse c’è una segreta unione fra la vita di questi due falciata da uno scoppio.. e la vita di quella ragazza falciata da più di un decennio di diatribe legali e da dubbi morali. Tutti loro sono morti in silenzio. da Casa Madre - 9/08 Toribio Por lo que se refiere a los armados en las esquinas y en los montes la verdad es que siguen ahí. Tal vez sepas que hace unos meses por medio de medidas de hecho, las comunidades indígenas desmontaron las trincheras de los policías que hacían peligrosas las calles del pueblo. Desde entonces los policías simplemente patrullan en las calles y, a mi me parece, eso hizo al final hasta más peligrosa la situación de la gente porque en caso de tiroteo ellos se meten en las primeras puertas que encuentran abiertas tomando voluntaria o involuntariamente como rehenes los civiles que ahí están, eso lo hace la policía y eso lo hace y siempre lo ha hecho la guerrilla que maneja como una ventaja estratégica importante el estar en medio de la población civil y poner en la medida de lo posible al servicio de su guerra a la misma población civil. Afortunadamente en estos meses no hemos tenido muchísimos problemas (pero sí los hubo, en algunas ocasiones) y no ha habido que lamentar “muchas” víctimas civiles (lo de “muchas” parece irónicoo hasta cínico, pero en medio de una guerra combatida muy a menudo ignorando los principios del Derecho Internacional Humanitario, es casi un logro).Por otro lado la militarización del territorio se mantuvo durante estos tres años que pasaron después de la toma de Toribío e hizo que la guerrilla, sin dejar de estar de una u otra manera presente, sin embargo alentara un poquito la presión y perdiese el control casi exclusivo del territorio. Ahora bien, el tener a los dos grupos armados presentes al tiempo en el mismo territorio significa ciertamente mayor peligro para la población civil que, en ocasiones, se encuentra en medio del fuego cruzado. En estos meses hubo unos episodios que produjeron también desplazamiento y hace unos pocos meses, en el mes de marzo, también una baja entre los civiles. Afortunadamente fueron episodios intensos pero no duraderos por lo que la gente pudo regresar a sus casas.Varios decían que detrás de los militares y la militariazación del territorio vendrían los paramilitares y empezarían las masacres o ejecuciones sumarias, afortunadamente esto no se dio por lo menos en los resguardos en la zona de la cordillera. Abajo en el plano, los paramilitares han estado haciendo de las suyas desde hace bastantes años y su furia asesina y calculada se desata por temporadas. En la actualidad el municipio de Santander del Quilichao se ha vuelto bastante peligroso en este sentido y son bastante numeros los episodios de “limpieza social”.El último episodio de esta guerra fue, como consecuencia de una infiltración durada meses, el bombardeo del campamento principal del Sexto frente. Fue un golpe muy duro a la guerrilla: perdieron muchos guerrilleros (además de los cuerpos que logró recuperar el ejército, de lo que la guerrilla pudo sacar, por lo menos unos 10-12 fueron enterrados en diferentes partes del municipio de Toribío -yo enterré a dos medio despedazados que, juntos, tenían 30 años, uno 16 y el otro 14), también cayó por lo meno uno de sus comandante que además era de una vereda próxima a Toribío y de otros comandantes dicen que no se tienen más noticias. En este momento los milicianos y la guerrilla están con un deseo grande de venganza, pero hasta el momento no han logrado llevar a cabo nada “significativo”, eso significa que tendremos la región discretamente alborotada en las próximas semanas o Vita nelle comunità Toribio 37 meses. ¿Será este el primer signo elocuente del próximo reves de la guerrilla por lo menos en nuestro territorio así como está sucediendo en otras partes del país? ¿Estamos en las vísperas de ver el final de un conflicto que ha ensangrentado los últimos 50 años de Colombia? En este momento muy pronto para decirlo pero en buena parte de la población hay mucha “esperanza” en este sentido y eso explica la increíble popularidaddel presidente Uribe. El problema es ¿a qué precio? y, sobretodo, ¿qué fuerzas ocultas seguirán manejando el negocio del narcotráfico? Al fin y al cabo, es lo que retroalimenta y -diría yo- justifica en un 90% la actual historia violenta de Colombia. Después de los grandes capos al estilo Pablo Escobar, tuvimos la “parapolítica” y la”farcpólitica”, que resumidas en una sola palabra, podrían tranquilamente llamarse “narcopolítica”... infiltración de las institucionesrepresentativas del estado al servicio de los nuevos carteles y los respectivos y aparentemente contrarios proyectos políticos. Es posible que estemos próximos al final de una etapa, pero no sabemos todavía muy bien como será la siguiente. Personalmente no creo que será menos violenta y sanguinaria de la anterior. De todo corazón quisiera poder decir en unos años que me equivoqué... en este momento, sin embargo, no logro ser muy optimista. Ester, Luis e la famiglia allargata di Roraima Chiara Giovetti, UGCM-MCO LMC È una famiglia numerosa, quella di Ester e Luis. Marito, moglie e tre bambini dai sei mesi a cinque anni. Più i padri e i fratelli IMC in Roraima, gli indios di Surumu e le comunità cristiane della periferia di Boa Vista. Fanno diverse decine di persone, tutte ormai membri della famiglia allargata di questi due laici spagnoli trentaseienni che hanno dedicato sei anni della loro vita alla missione e hanno fatto nascere tutti e tre i loro bambini in Roraima. Appena tornati in Europa, si fermano a raccontare la loro storia a Da Casa Madre. 38 “Sì”, conferma Luis con un sorriso, mentre cerca di mettere ordine in sei anni di ricordi, di lavoro e di vissuto ancora così presenti, “vedere il nostro progetto di famiglia crescere insieme a questa esperienza in Brasile e ai missionari della Consolata è una delle più grandi soddisfazioni che gli anni di missione ci hanno dato. Essere laici e vivere da missionari tra i missionari ci ha arricchito immensamente”. Il contatto con gli indios e l’immersione nella vita delle comunità cristiane di base sono altri aspetti importanti che Ester e Luis vogliono sottolineare. “Conoscere gli indios è un’esperienza da Casa Madre - 9/08 umana straordinaria”, spiegano. “Quello che colpisce è specialmente il loro modo di accogliere l’altro, così immediato e spontaneo”. Quanto alla Chiesa locale, si tratta di “una chiesa di base, essenziale, comprometida, coinvolta nei bisogni della gente, che riconosce un ruolo importante ai laici”. L’impegno di Ester e Luis si è concentrato essenzialmente in due ambiti: la scuola e il lavoro sociale nelle periferie. “I primi quattro anni”, spiega Ester sottovoce, per non svegliare la piccola che tiene in braccio, “ci siamo dedicati al coordinamento della scuola media di Surumu, al Centro Indigeno di Formazione e Cultura Raposa Serra do Sol, dove si formano gli inviati dei gruppi indigeni Macuxi, Wapichana, Ingariko, Taurepang e Patamona”. Gli allievi passano due mesi a scuola, dove seguono corsi di alfabetizzazione e di formazione professionale, in particolare in ambito agricolo. Nei due mesi successivi, poi, rientrano nelle loro comunità e insegnano ciò che hanno imparato agli altri membri del gruppo; sono loro a organizzare il lavoro e ad assumere la responsabilità della scuola, che da due anni a questa parte gestiscono e amministrano direttamente, scontrandosi quotidiana- “Lavorare in questo contesto è stata un’esperienza molto intensa e problematica”, continua Luis. “La scuola, infatti, è vista come una realtà “scomoda” e un pericolo dai fazendeiros (coltivatori) della zona, che continuano a perpetrare soprusi inaccettabili ai danni degli indios”. In quanto mezzo di affermazione dei diritti degli indigeni, la scuola subisce l’ostilità costante di chi, come i coltivatori, vorrebbe tenere gli indios in posizione subordinata e occuparne le terre. “Il governo del presidente Luiz Inácio Lula da Silva ha garantito agli indigeni il diritto all’usufrutto di quelle terre, riconoscendo che la loro presenza è anteriore alla nascita dello stesso stato brasiliano. Eppure, fazendeiros, politici, magistrati e militari locali continuano a impedire l’applicazione delle legge, che va contro i loro interessi economici”. Si scaldano, Ester e Luis, mentre parlano di queste cose, ma non può che essere così: è la situazione ad essere calda. Nel maggio del 2008, alcuni ‘pistoleiros’ al soldo del capo dell’associazione dei risicoltori Paulo César Quartiero ha aperto il fuoco contro un gruppo di indigeni che costruivano le loro ‘malocas’ (capanne) sul vasto latifondo illegale presente all’interno del territorio autoctono. Si tratta solo di uno dei più recenti episodi di violenza che tormenta la zona: le autorità locali hanno cercato di porre rimedio all’accaduto lanciando l’operazione Upatakon 3, che prevede l’espulsione dei risicoltori occupanti abusivi del territorio. Questi hanno risposto con un’azione di vera e propria guerriglia, durante la quale hanno distrutto ponti, lanciato bombe e preso ostaggi. Il Consiglio Indigeno del Roraima (CIR) è impegnato ormai da anni, instancabilmente, in una campagna internazionale di raccolta firme e di pressione sui giudici, affinché si giunga al riconoscimento effettivo dei diritti degli indios e all’applicazione della legge. LMC mente con la mancanza di maestri e di fondi. Dopo l’esperienza a Surumu, Ester e Luis hanno poi speso due anni nella periferia di Boa Vista, capitale del Roraima, impegnandosi nel lavoro con le comunità cristiane di base. Qui, la popolazione con cui i due laici hanno lavorato non è più composta da indios ma da afro-americani attirati in città dalla speranza di trovare impiego e benessere. 39 da Casa Madre - 9/08 SOMMARIO LMC “Purtroppo”, spiega la coppia, “il governo incita la popolazione a spostarsi a Boa Vista senza avere un piano chiaro per assorbire e collocare questa forzalavoro. Qualcuno riesce a farsi assumere nella pubblica amministrazione, ma la maggior parte rimane disoccupata”. E finisce per accalcarsi nella periferia della città, dove le condizioni igieniche divengono sempre più precarie e il traffico di droga ed esseri umani diventa un espediente per la sopravvivenza. In un simile contesto di incertezza, le strutture familiari si fanno labili e le separazioni diventano frequenti, anche a causa della mobilità degli uomini che vanno e vengono seguendo le opportunità di lavoro. Unico punto fermo delle famiglie sono le donne, che si trovano perciò sulle spalle il peso di tutta questa precarietà. “Con loro abbiamo lavorato molto”, racconta Ester, “sostenendole nelle loro iniziative di autofinanziamento attraverso, ad esempio, la vendita di prodotti artigianali”. “L’impegno, la volontà, la resistenza della popolazione”, aggiunge Luis, “sono eccezionali. Si finisce per identificarsi con loro, combattere le loro battaglie, nutrire le loro stesse speranze. Credo che all’inizio faticheremo un po’ a staccarci da quella realtà e riprendere a vivere in un contesto così diverso come quello europeo”. da Casa Madr e Mensile dell’Istituto Missioni Consolata Redazione: Segretariato Generale per la Missione Supporto Tecnico: Mauro Monti Viale delle Mura Aurelie, 11-13 00165 ROMA - Tel. 06/393821 40 C/C postale 39573001 - E-mail: [email protected] da Casa Madre - 9/08 Editoriale 2 Pablo, alcanzado por Cristo 4 La fonte della santità 6 Due raccomandazioni su S. Paolo 8 Attività della Direzione Generale 10 Diario della Casa generalizia 12 O IMC no Brasil 13 Région IMC Congo: Prise de Possession Régionale 16 Il Libro della vita religiosa 18 The new Allamano novitiate in Mathari (Nyeri) 19 Moçambique: Encontro Anual IMC-MC 2008 27 a 29 de Junho 21 Ordinazione sacerdotale 22 Breve resumen de la historia de un misionero 24 Mgr. Paulin et son service pastoral 28 Allamano centre, sagana: 5 attività, un solo spirito 30 Da Isiro: senzazioni ed emozioni, vissute in missione 31 Pirané! 33 Toribio 37 Ester, Luis e la famiglia allargata di Roraima 38