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Quadrimestrale edito da A.N.F.E. Associazione Nazionale Famiglie Emigrati Delegazione Regionale Sicilia www.sicilia.anfe.it Magazine di cultura, turismo, lavoro e politiche migratorie NEW YORK Gli italiani mordono la grande mela BUENOS AIRES A Palermo si parla catalano LAMPEDUSA Viviano tenta il viaggio della speranza EOLIE Terzo ciak per il SalinaDocFest SPECIALE TURISMO Le isole minori della Sicilia luglio - ottobre 2009 Anno I - Numero 1 P ERCORSI PERCORSI Quel che affascina è l’incertezza. La nebbia rende meravigliose tutte le cose Oscar Wilde Integrazione Foto di Giovanni Pepi In questo numero Quadrimestrale di cultura, turismo, lavoro e politiche migratorie Registrazione Tribunale di Palermo numero 1153 del 20/03/2009 Edito da A.N.F.E. Associazione Nazionale Famiglie Emigrati Delegazione Regionale Sicilia Presidente nazionale Learco Saporito Vicepresidente nazionale e Delegato regionale Sicilia Paolo Genco Anno I - numero 1 Luglio - Ottobre 2009 Direttore responsabile Antonella Caradonna [email protected] Redazione Caporedattore: Alessia Franco Redazione di Palermo: Walter Viviano Da New York: Marco Scapagnini Da Buenos Aires: Dante Ruscica [email protected] Hanno collaborato Vita Augusta, Claudia Brunetto, Gianmauro Costa, Franco Di Maria, Simona Gazziano, Carla Inconvaia, Pasquale Peluso, Paola Pottino, Cristiana Rizzo, Marcello Saja, Sebastiano Tusa, Mariangela Vacanti 9 Editoriale Paolo Genco 11 Successi e sconfitte, gioie e sofferenze Learco Saporito 12 Ritratto di signora Fotografie Riccardo Cingillo, Bruno D’Andrea, Walter Leonardi, Alessandra Maniaci, Giovanni Pepi, Marco Scapagnini, Laura Sighinolfi, AAVV Goffredo Palmerini Stampa Officine Grafiche Riunite Cosentino & Pezzino - Palermo Pasquale Peluso Traduzioni Annick Lejan, Denis Gailor, Miguel Angel Marcos Martin 16 Un italiano a NewYork 22 Argentina, altra Italia? Dante Ruscica Ufficio marketing e pubblicità Responsabile: Rossella Catalano [email protected] [email protected] Logistica e distribuzione Patrizia Gangi [email protected] Coordinamento generale e redazione grafica Direzione Comunicazione e Immagine A.N.F.E. Delegazione Regionale Sicilia Vincenzo Corona (Direzione artistica, progetto grafico) Rosanna Maranto (Coordinamento tecnico) Si ringraziano per la collaborazione: Jacopo Dagnino, Mirko Mignini, Esther Trimboli, Max Napoli, Mirella Russo Redazione e uffici Centro di Coordinamento Delegazione Regionale A.N.F.E. Sicilia - via della Ferrovia, 54 - 90146 Palermo Tel. +39.091.6710267 Fax +39.091.6716972 www.sicilia.anfe.it 26 Dalla memoria alle nuove idee Gaetano Calà 28 Viaggio attraverso diverse migrazioni Marcello Saija 34 Palermo A/R 40 Un dialogo di pace con idee concrete Rossella Catalano 42 Straniero è/e strano Franco Di Maria 46 L’emigrazione dà i numeri Mariangela Vacanti 48 Il progresso a servizio degli immigrati Walter Viviano 49 72 Pescatori nella leggenda Carla Incorvaia 74 SalinaDocFest Alessia Franco 76 Giovanna e l’anima del festival Rossella Catalano Isole dell’Isola Mazara, integrazione possibile 78 Eolie, 80 Egadi, 82 Pelagie, 84 Pantelleria, 85 Ustica Seconda generazione Le pietre raccontano 50 86 Paola Pottino Sebastiano Tusa 54 92 Claudia Brunetto Rossella Catalano A scuola con Ahmed L’Isola del desiderio 56 94 Walter Viviano Cristiana Rizzo Il capitano Asik 60 La ragnatela di Saraceno Antonella Caradonna 64 Una favola per sognare Vita Augusta 66 Olimpo per nuovi Dei 96 Sapore di mare Marco Scapagnini 99 Aggiungi un posto a tavola 100 Musica e radici Un cuoco con la coppola 70 102 Carla Incorvaia Gian Andrea Costa Antonella Caradonna Alessia Franco SiciliaFilmFestival Cibo italiano celestiale Editoriale il vicepresidente ANFE Tre generazioni e un mondo intero a cui rivolgerci N ata il secolo scorso, l’Associazione Nazionale Famiglie Emigrati ha da poco compiuto sessant’anni, durante i quali ha costruito, col suo incessante lavoro, la fiducia e il rispetto dei tanti Italiani “dispersi” per il mondo, ma idealmente ancora stretti alla terra che li ha partoriti. Nel suo percorso, l’Anfe ha disegnato una parabola ascendente che oggi la vede direttrice polare nell’ambito delle politiche migratorie. L’Associazione non ha attraversato solo un secolo, ma un millennio, riuscendo a fronteggiare e sostenere l’evoluzione delle esigenze dei suoi membri e della società. Oggi, le urgenze dei nostri concittadini residenti all’estero non sono più di tipo primario, come il sostentamento o il ricongiungimento delle famiglie, anzi molti sono gli Italiani che hanno saputo mettere a frutto le loro capacità, ottenendo riconoscimenti che li vedono ricoprire ruoli di prestigio nella patria d’adozione. Credo che il nuovo compito dell’Associazione, nel moderno villaggio globale, sia di carattere socioculturale e vada nella direzione del nutrimento delle proprie radici. Un nutrimento che deve scaturire dalla pianta madre, per continuare ad utilizzare una metafora botanica, e non già da una trapiantata, poiché il rischio è quello dello scollamento. Il rischio è aver creato nuovi innesti che proseguono autonomamente la loro evoluzione, perdendo la propria identità primaria e la loro comune appartenenza. Oggi l’Anfe rinnova il suo mandato e si offre come voce di un’Associazione pronta ad accettare le sfide del terzo millennio che ci vuole Italiani, uniti sotto lo stesso nome, a condividere un cielo creato per tutti i popoli. Ricordare il nostro passato serve a costruire non soltanto il nostro futuro, ma anche quello degli altri, che oggi occupano quel difficile posto che ieri era il nostro. Anch’io ho appena festeggiato i miei primi vent’anni, all’interno della grande famiglia Anfe, che ho cercato di servire mettendo a frutto le opportunità che man mano mi si presentavano e, soprattutto, valorizzando le specifiche competenze che all’interno dell’Associazione stessa hanno saputo trovare espressione. Il mio contributo oggi è tra queste pagine, in un progetto a lungo accarezzato, che finalmente vede la luce nel momento più propizio. Auguro ai lettori di trovare nei nostri Percorsi interessanti stimoli di riflessione, distensivi panorami di una cultura familiare in cui riconoscersi, nuove curiosità e vecchie rimembranze. Auguro a tutto il mio staff di riuscire a mantenere alta la qualità di un prodotto che nasce per servire le esigenze di un pubblico vasto, costituito da un arco ideale che abbraccia tre generazioni e l’intero territorio del globo terrestre. Paolo Genco Vicepresidente nazionale Anfe e Delegato regionale Sicilia 11 PERCORSI Editoriale il presidente ANFE Successi e sconfitte gioie e sofferenze S essant’anni di vita testimoniano un lungo percorso in cui successi e sconfitte ci hanno fatto gioire e soffrire. Il bilancio è tuttavia positivo. Talvolta ostacoli di varia natura non ci hanno consentito di raggiungere pienamente le nostre finalità, ma non ci siamo mai persi d’animo e, con lo stesso slancio che aveva la nostra Fondatrice, Maria Federici, abbiamo raggiunto buoni traguardi tanto da ottenere l’ambito riconoscimento di Ente Morale dal Capo dello Stato. Oggi siamo presenti in undici regioni italiane con delegati regionali e presidenti provinciali. All’estero, siamo attivi nei cinque continenti. Ciò significa che, come eredi morali della Fondatrice, abbiamo saputo raccogliere le sue indicazioni, i suoi fermenti di solidarietà. Certamente, in questi sessant’anni, l’emigrazione italiana è completamente cambiata ed il Paese sta ora vivendo un fenomeno d’immigrazione, conseguente ai progressi della globalizzazione, impensabile all’epoca della fondazione dell’Anfe. Anche noi ci siamo adattati a questi nuovi scenari, adeguando il nostro statuto e costituendo il “Segretariato per le immigrazioni”, mentre per i nostri connazionali all’estero stiamo riservando maggiore attenzione ai problemi della scolarizzazione dei loro figli, seguendo l’evoluzione dei processi formativi, anche ai fini di possibili rimpatri. Il 24 ottobre 2007 abbiamo festeggiato a Roma il nostro sessantesimo compleanno. La partecipazione all’udien- za del Santo Padre nella mattinata, l’accordato patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Presidenza del Comitato d’0nore accolta dall’On. Maria Pia Caravaglia, vicesindaco del Comune di Roma, le diverse adesioni di politici ed autorità diplomatiche che rappresentano l’Italia nei Paesi ove è più forte la presenza della nostra Associazione, sono stati tutti segni di stima che ci hanno altamente onorato. Rimane nostra la convinzione che la stagione dei doveri delle nostre istituzioni nei confronti degli italiani nel mondo non è finita. Oggi, accanto ai connazionali che da pochi decenni vivono all’estero vi è una moltitudine di cittadini – quasi quanto quelli che vivono in Italia – di seconda, terza generazione ed oltre, con passaporto diverso ma cuore e radici nel nostro Paese: anche a loro occorre offrire la massima considerazione e solidarietà. Ed iniziative di solidarietà abbiamo richiesto alle sedi dell’Anfe in Italia ed all’estero per alleviare la sofferenza delle popolazioni abruzzesi a seguito del terremoto che ha distrutto l’Aquila e tanti comuni della regione. Amiamo l’Abruzzo ancora di più dopo le tante distruzioni e , purtroppo, dopo tanti fratelli morti. Ci da forza il ricordo della nostra Fondatrice Maria Federici, abruzzese dell’Aquila, di una bellissima terra ora martoriata Learco Saporito Presidente nazionale Anfe 13 PERCORSI ANFE la fondatrice Ritratto di signora di Goffredo Palmerini Q uando si scriverà la storia dell’emigrazione italiana, secondo i canoni storiografici cari a Jacques Le Goff, nessuno storico potrà fare a meno di tener conto del rilevante patrimonio di attività dell’Anfe, l’Associazione Nazionale Famiglie Emigrati. Ma soprattutto non si potrà fare a meno di conoscere l’opera della sua fondatrice, Maria Agamben Federici. Nata a L’Aquila il 19 settembre 1899. Laureata in lettere, insegnante e giornalista, sposò nel 1926 Mario Federici, una tra le personalità più insigni della cultura abruzzese, col quale si trasferì all’estero, dove insegnò negli Istituti Italiani di Cultura a Sofia, in Egitto e a Parigi. Cattolica impegnata, la Federici venne influenzata dal pensiero cristiano sociale, il personalismo di Mounier e l’umanesimo integrale di Maritain, che avrebbe connotato profondamente la filosofia del secondo Novecento. Al rientro in Italia, nel 1939, mise a frutto le sue convinzioni con un intenso impegno sociale e d’apostolato laico. Fu attiva nelle fila della resistenza, organizzando un centro d’assistenza per profughi e reduci. Nel 1944 fu tra i fondatori delle Acli, nella cui direzione ricoprì l’incarico di delegata femminile, e tra le fondatrici del Cif (Centro italiano femminile) del quale fu primo presidente dal ’45 al ’50. Ma sopratutto fu una delle figure più importanti della nuova Repubblica democratica. Deputato all’Assemblea costituente per la Democrazia Cristiana, dal 1946 al 1948, contribuì a scrivere le regole fondamentali della Costituzione. Insieme a Nilde Iotti e Teresa Noce (Pci), a Lina Merlin (Psi) e Ottavia Penna (Uomo Qualunque), fu tra le cinque donne entrate nella Commissione speciale “dei 75” che elaborò il progetto di Costituzione poi discusso in aula ed approvato il 22 dicembre ’47. Eletta alla Camera operò accanto a De Gasperi nella ricostruzione del Paese. Quello della Federici si può a buon diritto considerare un esempio ante litteram d’emancipazione femminile, con Maria Federici, fondatrice dell’Anfe: una figura “forte” che l’Italia non può dimenticare. Il suo impegno, che ha coinvolto vecchio e nuovo continente, si è sviluppato in un momento storico in cui l’universo femminile era relegato nella sola dimensione familiare PERCORSI 14 trent’anni d’anticipo sui movimenti poi nati in Europa. L’8 marzo 1947, Maria Federici fonda l’Anfe e ne assume la presidenza, mantenendola come dovere morale fino al 1981. Sotto la sua guida, l’associazione si espande in tutta Italia, con una rete operativa diffusa nei comuni a più alta emigrazione. Fu attiva e presente dovunque i problemi si presentassero particolarmente ostici, in Argentina, Brasile, Venezuela, Stati Uniti, Canada, Australia, ma anche nel vecchio continente, in Belgio, Francia, Svizzera, Germania, Olanda, Lussemburgo, Gran Bretagna. Una rete capillare di strutture che diventano punti decisivi d’assistenza per gli emigrati e i loro problemi sociali e burocratici, ma anche psicologici, nell’integrazione nelle nuove realtà. Le attività dell’associazione, riconosciuta nel 1968 “Ente morale”, ne hanno fatto un insostituibile partner nei più alti organismi internazionali per l’emigrazione e l’immigrazione. Maria Federici è scomparsa il 28 luglio 1984. Il suo pensiero illuminato, il suo contatto diretto con persone e problemi, restano un esempio notevole nel tempo che viviamo. Un modello che oggi stride con certe distanze mediatiche, con la labilità dei riferimenti ai grandi valori. Nella difficile transizione che vive l’Italia, dove domina l’apparenza piuttosto che l’essenza, esempi di vita quale quello testimoniato da Maria Federici sono indispensabili riferimenti per poter migliorare il rapporto tra istituzioni e cittadini, per recuperare la necessaria credibilità della politica, per costruire nel reciproco rispetto il futuro del nostro Paese. Il pensiero illuminato di Maria Federici, il suo contatto diretto con persone e problemi, restano un esempio notevole nel tempo che viviamo. Un modello che oggi stride con la labilità dei riferimenti ai grandi valori 15 PERCORSI la fondatrice ANFE Un lavoro volontario, disinteressato, sacrificale ...Ci siamo posti tutti insieme dinanzi a un grosso fenomeno sociale. Al più importante, al più generalizzato, al più vasto perché ha interessato milioni di persone, al più doloroso perché generato dalla fame e dall’indigenza, che cacciano gli uomini dalle loro case e dalla loro Patria assoggettandoli come stranieri fra uomini a lui stranieri. In un mondo mercificato e mercificante, edonistico e consumistico, che aspira ad essere società opulenta, abbiamo dato anni ed anni di lavoro volontario, disinteressato, sacrificale. Proprio perché volontari siamo stati un fermento, una nascosta ma vibrante forza sociale di matrice cristiana, una strenua volontà di rendere più umana l’emigrazione. Questo è quello che è stato fatto. Quello che non è stato fatto è che non abbiamo mai ingannato gli emigrati, non abbiamo mai strumentalizzato l’emigrazione, non abbiamo fatto proselitismo politico, non abbiamo chiesto nulla più di ciò che serviva al nostro lavoro, non abbiamo spento le speranze, ma dato alle famiglie la speranza. Abbiamo camminato con la storia facendo noi la storia dell’emigrazione. Oggi la storia prosegue ed il volontariato dell’Anfe ha ancora molte pagine da scrivere, perché la nostra posta finale è la pace... l 1952 Da un discorso de di Maria Federici 17 PERCORSI BIG APPLE stelle, strisce e tricolore Un italiano a New York L’America, nell’immaginario collettivo, rappresenta da sempre la libertà. Gli Stati Uniti continuano ad essere percepiti come la terra dei grandi spazi. Spazi che vanno oltre la mera fisicità dei grattacieli di Manhattan o dei quartieri newyorkesi... Piuttosto uno spazio inteso come possibilità che una Terra offre alla gente N di Pasquale Peluso ew York. Oggi gli U.S.A. continuano a rappresentare quella chance che nel passato è stata concessa agli immigrati, i quali hanno trovato qui le condizioni per ricostruirsi una vita, per mettere in campo le proprie abilità, professionalità e competenze per affermarsi nella società. Il self made man per alcuni è stata una chimera, per altri un mito, molti però ce l’hanno fatta. Di quegli emigrati di prima generazione, ne sono rimasti pochi. Tanti sono invece i figli e i nipoti che si sentono ancora profondamente italiani, al punto da scegliere di mantenere la doppia cittadinanza. I loro racconti sono ancora vividamente impregnati di quella difficoltà che gli italiani hanno incontrato nel percorso di integrazione, dove spesso le difficoltà nascevano dallo scontro tra due culture. Tuttavia la grande capacità di adattamento e la volontà di trovare una pacifica convivenza li ha spinti PERCORSI 18 stelle, strisce e tricolore BIG APPLE 19 PERCORSI Amsterdam Avenue, New York BIG APPLE stelle, strisce e tricolore Si comprende quale sia ancora per i nostri concittadini naturalizzati americani, l’importanza di ritrovarsi uniti sotto la stessa bandiera, di custodire tradizioni e costumi italiani a cercare una mediazione che non li strappasse dalle proprie radici, pur nel rispetto delle usanze del “nuovomondo”, mostrando in questo modo di avere pienamente recepito la lezione di Thomas Jefferson, terzo presidente degli Stati Uniti, che all’inizio dell’’800 diceva: “Chi riceve un’idea da me, ricava conoscenza senza diminuire la mia; come chi accende la sua candela con la mia riceve luce senza lasciarmi al buio”. Non è un caso allora che in occasione delle celebrazioni del sessantesimo anniversario della costituzione dell’A.N.F.E., presso la sede dell’”Italian Art Club” a Manhattan, poi a Rutherford in New Jersey all’“Associazione Italiana Ieri, Oggi e Domani” e, infine, al “Rockleigh Country Club” sempre in New Jersey, sono stati sempre intonati sia l’inno americano che quello italiano. Si comprende allora quale sia ancora per i nostri concittadini ormai naturalizzati americani, l’importanPERCORSI 20 stelle, strisce e tricolore ph. Marco Scapagnini BIG APPLE za di ritrovarsi uniti sotto la stessa bandiera, di custodire tradizioni e costumi italiani, di utilizzare la lingua italiana nei locali, nei ritrovi e nei circoli frequentati dagli immigrati italiani ormai giunti alla terza o addirittura quarta generazione. Valori come la fratellanza, l’identità, la patria diventano valori comuni e condivisi sia dagli americani che dagli italo-americani, che sono ben riusciti ad inserirsi nella comunità americana, occupando posti di prestigio a livello sociale ed economico e la massiccia presenza delle comunità italiane che sfilano nella Quinta Strada il giorno del Columbus Day ne offre la misura. I nomi italiani eccellenti presenti nella moderna società americana sono ben noti a tutti e molti di loro continuano ad operare, lontano dalle luci della ribalta, offrendo il loro contributo attraverso associazioni e organizzazioni no profit, a favore dell’integrazione. Lo stemma dell’“Associazione Italiana Ieri, Oggi, Domani” rappresenta emblematicamente lo stato attuale della realtà italo-americana. Tre uomini, che simboleggiano i segmenti temporali a cui l’associazione fa riferimento, sono disegnati sotto tre bandiere, rispettivamente quella italiana, che fa riferimento a ieri, quella americana che fa riferimento all’oggi e quella italiana e americana che si riferisce ad un domani di completa e definitiva integrazione. 21 PERCORSI Calampis i tropici di casa nostra VACANZE Che siate un gruppo o una famiglia con bambini, che amiate il riposo e la natura o lo sport e le escursioni, il vostro angolo di paradiso è molto più vicino e accessibile di quanto possiate pensare. Si chiama Calampiso Un angolo Sicilia magica di paradiso I mmaginate un piccolo paradiso di relax e natura adatto a tutte le esigenze, a due passi dal mare, in cui rifugiarsi per “staccare la spina” dai ritmi frenetici che spesso ci avvolgono. Immaginate che questa autentica oasi – da condividere rigorosamente con le persone più care – sia lambita da un mare che non ha niente da invidiare a quello dei Tropici e che si trovi a due passi da casa. Adesso smettete di immaginare, aprite pure gli occhi e programmate una vacanza nell’oasi dei vostri sogni. Esiste davvero e si chiama Calampiso. A 10 chilometri da San Vito Lo Capo e a 60 da Trapani, il complesso turistico si estende per 160mila metri quadrati e si trova fra Trapani e Palermo, vicinissimo ad un’altra meraviglia della natura siciliana, l’irrinunciabile Riserva dello Zingaro, uno di quei luoghi incontaminati dove ancora la natura la fa da padrona. Calampiso ha 267 appartamenti, confortevoli sia nell’arredamento che negli accessori di cui sono corredati. Tutte le strutture – monolocali, bilocali e trilocali – dispongono di angolo cottura nel soggiorno, sono corredati di utensili per la cucina e per la tavola e di TV satellitare, cassaforte, aria condizionata, telefono diretto, ventilatore a soffitto, asse e ferro da stiro. Una cosa è certa: durante l’intera permanenza a Calampiso, sarà difficile scegliere se godere del riposo all’interno di questi deliziosi appartamenti o tuffarsi appieno nella vita del villaggio. Il residence, tra gli altri servizi, dispone di due piscine, di cui una per bambini, una piazzetta, due ristoranti (uno nei pressi della spiaggia, per gli amanti del mare ad oltranza), un bar nei pressi della piscina, una boutique e un immancabile mar- ket, per chi non rinuncia nemmeno in vacanza al piacere di cucinare per sé e gli altri. La vita di Calampiso è un turbinio di attività che ben si sposano con l’ambiente e che si adattano alle esigenze di tutti: dall’animazione agli spettacoli, dalla discoteca all’aperto alla possibilità di praticare sport con il club nautico, il diving center e le lezioni di nuoto. Per chi predilige il riposo assoluto, cullato dallo sciabordio delle onde, ecco la spiaggetta di sabbia e ghiaia e le numerose piattaforme lignee sugli scogli, attrezzate con ombrelloni e sedie a sdraio, che si trovano a circa 200 metri dal centro del villaggio e sono raggiungibili con il servizio navetta attivo dalle 9.30 alle 17.30, o a piedi su sentieri ben tracciati. C’è inoltre la possibilità di organizzare delle escursioni che partono dal complesso. A voi la scelta: San Vito, Mozia, le isole Egadi, le rovine di Segesta e Selinunte... E per una vacanza a misura di bimbo, c’è il miniclub, con animazio- www.calampiso.it I.P. ne, spettacoli e proiezione dei più recenti cartoni animati e film. Che siate un gruppo o una famiglia con bambini, che amiate il riposo e la natura o lo sport e le escursioni, il vostro angolo di paradiso è molto più vicino e accessibile di quanto pensiate. Si chiama Calampiso. 23 PERCORSI LINGUA E LINGUAGGI italiano, argentino e cocoliche L’Argentina cioè l’altra Italia? Maggioranza di cognomi italiani, usi e costumi di provenienza italica, tradizioni e cultura analoghe non hanno fatto del Paese del Plata una Nazione bilingue. Un mistero B di Dante Ruscica uenos Aires. Abitualmente ci sono due modi in Italia per parlare dell’Argentina: la maniera di quanti liquidano l’argomento affermando, tout court, che si tratta di un’altra Italia e la maniera di coloro che di questo Paese ignorano tutto, non sanno nemmeno dove si trovi e confondono Buenos Aires con Rio e con il Brasile… Del secondo caso non mena conto occuparsi, come si diceva una volta. Sulla “visione” numero uno vale la pena, invece, tentare qualche considerazione e abbozzare qualche informazione. Quanti ritengono che l’Argentina sia l’altra Italia, sia tutta italiana, appena arrivano soffrono una grossa delusione in fatto di lingua. La nostra lingua qui non ha attecchito granché. Strano. Sì, strano, ma spiegabile, come vedremo. L’italiano non lo parla quasi nessuno. Quasi. Su 40 miloni di argentini ci sono sempre circa 100 mila studenti di italiano, ma sono pochi, no? Sissignori, sono pochi. PERCORSI 24 italiano, argentino e cocoliche LINGUA E LINGUAGGI La Basilica del Pilar, a Buenos Aires 25 PERCORSI LINGUA E LINGUAGGI italiano, argentino e cocoliche I dialetti si fondevano rapidamente con lo spagnolo locale e diventavano una miscela comica che qui a Buenos Aires finirono col battezzare ‘cocoliche’, dal cognome - pare - di un emigrato calabrese, Cocolicchio... Gli altri dicono sempre di capire l’italiano: “entiendo, entiendo”. Ma non è vero. Non capiscono che qualche parola e solo a volte “pescano” il senso di quanto odono. Tuttavia dicono che capiscono e spesso con un certo senso di pudore, perché, essendo quasi sempre di cognome italiano, temono la brutta figura, non vogliono restarci male. E questa è una caratteristica degli argentini che emerge subito. Tengono molto al giudizio della gente, a quel che diranno… Per un italiano che arriva, la scoperta più generale e immediata, quella dell’ambito, del “mondo” in cui viene a trovarsi è comunque gradevole, tra usi e costumi noti, risaputi. Ci si sente subito in territorio proprio, psicologicamente scontato. Nessun disagio, in qualche modo, un ritorno a casa. Questo càpita con l’Argentina e con gli argentini, al di là della lingua. Si vedono dappertutto cognomi italiani, si sente alitare ovunque uno spirito di famiglia paesano. Si scopre che parlano in un’altra lingua per dire le stesse cose nostre e alla stessa maniera, con analogo atteggiamento, PERCORSI 26 pensate e vissute in identico modo. Hanno lo stesso approccio sprezzante su politica e politici, fanno tesoro delle amicizie, familiarizzano con estrema facilità, apprezzano la stessa tavola, straparlano, sono intelligenti, creativi, furbi, a volte imbroglioni, cinici e bulli quanto basta. Cercano di identificarsi sempre col più forte, con il migliore. Danno ragione a chi vince. Un italiano qui scopre subito, non appena “tasti” qualunque tema, sentimenti analoghi ai propri. Sembra non ci siano differenze, ma poi le differenze ci sono, affiorano. Si scopre che vengono da una scuola diversa, non hanno il culto del passato. Non sanno mai, gli argentini, di che paese, di che provincia erano i loro antenati italiani. Alla dantesca domanda «Chi fur li maggior tui ?» non sanno mai rispondere con pre- cisione. Fosse il padre, il nonno, il bisnonno non ne sanno indicare regione, città, provincia. Sanno che era italiano, ne hanno ereditato vizi, tic e virtù, ma ricordano poche cose: che diceva sempre quella tale battuta, che mangiava in quel modo, che era molto lavoratore, rigido nei modi e nelle cose in cui credeva, rigoroso nell’educazione delle figlie. Ha fatto storia qui la figura dell’italiano ottocentesco, quello dai grande baffi, severo e intransigente. Quando un argentino, anche un argentino d’oggi, deve spiegare che in una determinata circostanza si è proprio seccato ed ha avuto una reazione furibonda, violenta, dirà sempre, teatralmente, “m’è venuta fuori tutta la foga italiana!” Barzini senior, che scrisse molto sulla presenza italiana qui, ai primi del Novecento, notava che in queste fa- italiano, argentino e cocoliche miglie, pur così caratteristicamente italiane, non c’era poi tanto rispetto per la figura umile e modesta del padre e faceva un richiamo alla scuola da cui venivano i ragazzi, una scuola che temeva la contaminatio italiana per lo zoccolo duro dei nostri dialetti che dominavano la parlata di tanta parte degli abitanti. C’erano isole di genovese, di piemontese, veneto, siciliano e altri dialetti meridionali. Italiano quasi niente. Tra il 1875 e il 1924 in Argentina giunsero oltre due milioni di italiani. Le guerre, le carestie, le difficoltà insorte prima e dopo l’unificazione, spingevano orde di povera gente dalle nostre regioni oltre l’Oceano. Si puntava su due grandi città sognate e vissute come due Paesi baciati dalla prosperità: Novaiorca e Bonosaire. Erano la méta di gente che lasciava un Paese di cui sapeva poco. Gente prelevata come con una gru dai campi, da cocuzzoli di monti e sistemata su una nave. Vedeva, intravvedeva le luci di Napoli, il Beverello o la Lanterna di Genova. E partivano, e partivano i bastimenti… Culturalmente disarmati, giungevano in città immense, nuove, in formazione, dove la speculazione, l’abuso, la legge del più forte erano la norma con cui convivere. Ambientarsi, integrarsi era gioco forza. L’italiano come lingua per loro non era mai esistito. Imperava il dialetto. E il dialetto si fondeva rapidamente con lo spagnolo locale, diventava una miscela comica che qui a Buenos Aires – nella tradizione pubblicistica e letteraria – finirono col battezzare cocoliche dal cognome, dicono, d’un immigrato calabrese, Cocolicchio. E il cocoliche “adornò” lungamente la farsa dell’avanspettacolo locale; e ai ragazzi, che frequentavano la scuola argentina, non piaceva avere un padre che parlava cocoliche. Non mancano, però, i paradossi. In questo stesso ambiente, sin da metà dell’Ottocento, si afferma la tradizione del giornale in lingua italiana. Musei e biblioteche argentine conservano ancora prime pagine e interi giornali dai titoli più diversi, gazzette scritte in italiano, con tirature rilevanti per l’epoca, testate durate a volte lunghi decenni. Qualcuno non analfabeta, non cocoliche, li faceva, qualcuno li leggeva questi giornali. Accanto all’emigrazione umile, spesso non alfabetizzata, era giunta anche gente istruita, colta, navigata che sapeva fare giornali LINGUA E LINGUAGGI e diffonderli – come capitò col palermitano Salvatore Ingegneri che, dopo aver diretto a Palermo il foglio rivoluzionario “Il Povero”, emigrò in Argentina con il figlio Giuseppe, che divenne qui “Josè Ingenieros” e fece una lunga carriera politica, letteraria e scientifica, lasciando testi e libri di raro valore. Ma già prima di questa emigrazione di massa ce n’era stata una culturalmente qualificata di fuorusciti mazziniani e garibaldini che fuggivano dalle patrie galere e sfogavano sulle rive del Plata, a Buenos Aires e a Montevideo, le loro idee allora rivoluzionarie. Di fatto, nel 1810, quando l’Argentina – l’anno venturo si celebrerà il bicentenario – avvió il proprio processo d’indipendenza, nella prima Giunta di governo che apre le ostilità contro gli spagnoli, figurano ben quattro cognomi italiani, divenuti fondatori di questa Patria: Belgrano, Alberti, Beruti e Castelli. E questo ci fa dire che l’Argentina non è solo un Paese verso cui gli italiani emigrarono in massiccia alluvione, in cerca di miglior vita, ma è anche un Paese che gli italiani contribuirono a fondare. C’erano, insomma, sin da prima che “una Nueva y Gloriosa Nación” – come cantano gli inni romantici dell’epoca – si affacciasse al mondo. Ciò vale certo a spiegare l’identità degli argentini, che hanno l’Italia innegabilmente nel proprio DNA, anche se non sempre sanno precisare regione e comune di provenienza dei propri antenati e quasi mai parlano la lingua italiana… 27 PERCORSI PASSATO E FUTURO i giovani e l’associazionismo Da luogo della memoria a cantiere per nuove idee Le associazioni italiane all’estero tra passato e futuro: quanto è stato fatto, quanto ancora resta da fare per coinvolgere anche i giovani, emigrati di terza e quarta generazione di Gaetano Calà E ssere parte di un gruppo, di una famiglia allargata i cui membri, almeno nella fase iniziale, si conoscono poco o niente tra loro. Sanno per certo, però, che la provenienza dalla terra d’origine è la stessa. Quella dell’associazionismo è una storia carica di infinite storie, che nasce con i primi flussi migratori nel Nuovo Mondo. Per i moltissimi emigrati che arrivarono in queste terre ignote, le associazioni rappresentarono il primo front office, indispensabile per avviare un difficile processo di integrazione nella nuova patria. Oggi, oltre un milione e mezzo di individui si riconosce nelle oltre 5.000 associazioni sparse in Italia e all’estero, come emerge dai lavori del convegno internazionale sul rilancio dell’associazionismo nelle politiche migratorie, tenutosi a Palermo lo scorso inverno e PERCORSI 28 organizzato da Anfe. Per loro stessa costituzione le associazioni di italiani all’estero rappresentano un impegno, collettivo e individuale, nell’adempimento di principi inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale, per l’affermazione della pari dignità sociale e l’eguaglianza davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Concetti della Carta Costituzionale divenuti materia viva nel mondo dell’associazionismo italiano all’estero e per l’estero. Oggi il ruolo dell’associazionismo vive una rinnovata responsabilità sociale, in quanto può rappresentare un forte sostegno nella gestione dell’immigrazione. Il fenomeno migratorio non mette in gioco solo questioni politiche, economiche e demografiche. Conoscere la storia sociale e culturale dell’emigrazione italiana nel mondo è anche utile per capire come i pro- i giovani e l’associazionismo PASSATO E FUTURO Il presidente Anfe, Learco Saporito (in piedi) apre i lavori del convegno cessi migratori possono incardinarsi nel nostro Paese ed operare per una positiva integrazione, valorizzando ciò che per noi è stato essenziale strumento di crescita nelle società di accoglienza. Considerati questi presupposti, il compito dell’associazionismo, oggi, è tutt’altro che secondario, anche se va reinterpretato alla luce delle esigenze e delle aspettative dei giovani, emigrati di terza e quarta generazione, facendo delle associazioni non soltanto luoghi della memoria, ma anche strumento di contemporaneità, capace di raccogliere nuovi stimoli. I giovani d’oltrefrontiera sono, oggi più che in altri momenti storici, divisi tra due appartenenze: quella alla società di origine, alla quale sono legati sempre meno man mano che aumenta la durata della permanenza all’estero, e quella al paese di accoglienza del quale però non sentono di fare parte in maniera totale. è necessario quindi un coinvolgimento diretto nelle associazioni, ma anche un arco mirato di interventi culturali, con progetti più concreti di partenariato economico. Quello che i giovani chiedono è un’informazione più concreta, approfondita ed obiettiva, unita a servizi di “informagiovani” attraverso Internet, siti dedicati, blog. La storia degli emigrati italiani nel mondo è una storia triste di cui spesso ci si vergogna, una storia che molti emigrati tendono a dimenticare. L’associazionismo deve servire a riscattare un’immagine positiva dell’essere italiani, deve rappresentare un veicolo per la conservazione e trasmissione del patrimonio culturale. Deve essere, per i giovani, un luogo dove poter far nascere nuove idee, dove riscoprire le proprie origini imparando la lingua e la cultura dei loro nonni. Uno strumento di promozione del turismo di ritorno attraverso scambi culturali. 29 PERCORSI PASSATO E FUTURO quella memoria racchiusa nei musei Da Roma alla Sicilia Viaggio attraverso diversi tipi di emigrazione Un vecchio adagio, da alcuni attribuito agli Indiani d’America, recita: “se non sai dove andare, volgiti indietro e guarda da dove sei venuto”.... di Marcello Saija I n tutte le epoche, il recupero della memoria collettiva è stato avvertito come un bene fondamentale per la costruzione del futuro. Non fa eccezione il periodo delle grandi ondate migratorie che interessarono tutta l’Europa. L’idea di dare vita agli archivi dell’emigrazione diventa concreta nel 1990, in un luogo fortemente simbolico: Ellis Island, New York. Un modo diverso di guardare all’emigrazione, quello degli archivi della memoria, con un occhio più attento, in cui gli uomini e le loro storie sono connotati essenzialmente come risorsa. PERCORSI 30 quella memoria racchiusa nei musei Musei, ma anche centri di studio, archivi, centri di documentazione e ricerca sono sorti anche in Italia. L’obiettivo, oltre che il recupero della memoria, è quello di recuperare gli strumenti per affrontare le ondate migratorie di oggi, che vedono il nostro Paese non più terra di partenza ma luogo di approdo. A Roma, al Vittoriale, è stato inaugurato di recente il Museo nazionale delle migrazioni, che si snoda in tre sezioni: la prima ripercorre la nascita e lo sviluppo della grande emigrazione italiana; la seconda sezione traccia una geografia Anche la Sicilia si è dotata di una rete dei Musei siciliani dell’emigrazione; ciascuno individua le differenze dei flussi migratori a seconda delle singole aree geografiche. Tutti e sette i musei hanno però il minimo denominatore comune dell’attrazione suscitata dalle Anche la Sicilia si è dotata di una rete dei Musei siciliani dell’emigrazione; ciascuno individua le differenze dei flussi migratori a seconda delle singole aree geografiche... dell’emigrazione, approfondendo le caratteristiche migratorie peculiari di ogni singola regione. La terza sezione, infine, interessa un viaggio nell’emigrazione attraverso aree tematiche che consentono al visitatore di avere una conoscenza interattiva dell’intero periodo storico tramite il cinema, la letteratura, la musica, oggetti e documenti rari. terre d’oltreoceano, indotta dalla capillare propaganda delle grandi compagnie di navigazione. Il sogno americano, insomma, arriva in Sicilia sottoforma di illustrazioni e scritte colorate. Le differenze sui tipi di flussi migratori sono invece il tratto peculiare evidenziato in ogni museo. L’emigrazione dal latifondo, mostrata 31 PASSATO E FUTURO PERCORSI PASSATO E FUTURO quella memoria racchiusa nei musei nei padiglioni di Aquaviva Platani, in provincia di Caltanissetta, è ad esempio molto diversa da quella delle coste, analizzata invece nei musei di Giarre (Catania), Savoca (Messina) e Canicattini Bagni (Siracusa), nell’area del Belice. Nel museo Ibleo di Ragusa è invece possibile capire quanto un territorio, caratterizzato da secoli dall’assenza del latifondo e dalla presenza di una piccola e media proprietà, influì nei flussi migratori. L’emigrazione dalle isole siciliane è invece rappresentata dal Museo Eoliano dell’emigrazione che, dal 1999, attraverso il prezioso materiale documentario custodito dalle famiglie isolane e gli atti ufficiali dei comuni, ha ricostruito un percorso prima e dopo la partenza. Il museo ripercorre alcune fasi di vita eoliana: il modello economico di sviluppo prima dell’emigrazione, ma anche l’infezione filosserica e la crisi pomicifera. Una sezione importante riguarda inoltre l’esposizione delle 1.132 lettere provenienti dall’America del Nord, dall’Australia e, in minor misura, dai paesi latinoamericani, ma anche materiali sulla vita delle società eoliane di mutuo soccorso in PERCORSI 32 America e in Australia, dal 1898 in poi. L’archivio comprende anche notizie e documenti sulle rimesse e sulle donazioni per il restauro delle chiese eoliane e per la esecuzione di importanti opere pubbliche; nonché una ricchissima raccolta di fotografie. Accanto ai musei e alla documentazione di un importante spaccato di vita, c’è anche la testimonianza di una realtà poco conosciuta, documentata dal volume “Una casa per gli emigranti”, curato da Claudio Colombo, che in 140 pagine analizza l’odissea di migliaia di lavoratori italiani per tanti anni costretti a portare la loro professionalità all’estero. La casa degli emigranti, un edificio alle spalle della stazione centrale di Milano, venne inaugurata nel dicembre del 1907, e restò attiva sino alla metà degli anni Venti. Era composta di un corpo a un piano rialzato di circa 350 metri di superficie, di un altro accessorio di 80 metri quadri e ospitava una sala d’aspetto, due dormitori, bagni e lavatoi, tutto dotato di luce elettrica e riscaldamento. Nei suoi primi cinque anni di vita, la casa diede ospitalità gratuita a mezzo milione di emigranti, a cui venivano in questo modo evitate speculazioni di commercianti e albergatori. Stremati da lunghi viaggi in treno, gli emigranti venivano rifocillati e allo stesso tempo informati su tutto ciò che poteva loro essere utile: orari ferroviari, coincidenze e cambi, organizzazione sindacale del Paese in cui andavano a lavorare, informazioni sul mercato del lavoro che li attendeva. Una Milano, quella del primo Novecento, che dimostrava di essere all’avanguardia nel fronteggiare il fenomeno migratorio incombente, con la sua folla di gente dalle tante storie, impaurita e allo stesso tempo piena di aspettative nei confronti del Nuovo Mondo. Foto tratte da “Breve Manuale di Storia dell’Emigrazione siciliana di Marcello Saija oreplast tecnologia INDUSTRIA Serietà, professionalità e competitività, in un mercato in continua evoluzione. Questi gli elementi che fanno di Coreplast un’azienda siciliana leader nel settore industriale, che si sta rapidamente facendo conoscere anche nel resto d’Italia e all’estero Precisione numerica per una totale affidabilità C oreplast produce sia gli stampi che lo stampaggio per la produzione di articoli in plastica e progetta, realizza e collauda stampi ad iniezione. I clienti hanno così un valore aggiunto per la commercializzazione dei loro prodotti, trovando nell’azienda un partner affidabile, che segue tutte le fasi della lavorazione per ottenere il meglio nella produzione di componenti ed articoli tecnici. Punta di diamante della Coreplast, sono gli strumenti specializzati di cui l’azienda si avvale, come le macchine automatiche a disposizione (la fresa a controllo numerico C.B. Ferrari e le presse computerizzate Engel). Attraverso la progettazione cad/cam, il personale è in grado di assicurare precisione e qualità nel prodotto finito. [email protected] I.P. Fiore all’occhiello del settore medicale è la produzione dei dispositivi portaimpronta monouso nei colori arancio (dimensione piccola), blu (media) e giallo (grande), distribuito dalla Dental Tray System, facilmente modellabili e adattabili alla conformazione morfologica del paziente. Una distinzione, quella dei colori, che rende il prodotto immediatamente riconoscibile per il tipo di applicazione. Il prodotto consente un risparmio che oscilla tra il 20 e il 25% di materiale per ogni impronta effettuata. Il dispositivo si completa del supporto implant in acciaio, ancora della Dental Tray System, che offre al professionista uno strumento sicuro e preciso per la rivelazione dell’impronta in implantologia. Sempre nell’ambito dei prodotti di area medicale è il boccaglio per gastroenterologia, pediatrico e per adulti, in polipropilene corredato da cintino in laprene ad elasticità differenziata, che si anatomizza, perfettamente, al cavo orale con un largo che abbassa la lingua nella parte inferiore e con un rialzo che aderisce all’arcata superiore. Presidio medico di Classe I, si usa per esami di endoscopia in generale, per interventi in ERCP con apporto di ossigenazione per pazienti affetti da ipossemia. è distribuito da Meditalia s.r.l. Il personale è altamente qualificato e in grado di assistere il cliente tanto in situazioni progettuali che produttive. Coreplast opera anche nei settori elettrico ed elettronico, giardinaggio, casalinghi, automobilistico, serramenti, edilizia. 35 PERCORSI Palermo A/R Testo di Simona Gazziano Porto Cervo Costa Smeralda S ono le stelle e le palme del deserto libico le protagoniste di questa mostra dedicata a Mario Schifano, una tra le più poliedriche e significative figure del panorama artistico internazionale della seconda metà del XX secolo, nato nel 1934 in Libia a Holms – l’antica Leptis Magna – e morto a Roma nel 1998. Sulle origini nordafricane dell’artista si concentra l’esposizione, con le immagini di oasi e palme “antinaturalistiche”, archetipo di uno spazio alternativo alla condizione urbana, ma altrettanto artificiale. Prima di arrivare alla luminosa sala con i cieli stellati e le suggestioni delle distese di sabbia d’Oriente, si attraversano, però altre sezioni dell’esposizione dove sono presenti alcuni dei temi centrali del lavoro di Schifano. La mostra è allestita al Mdm Museum ed è aperta dalle 18 alle 24, in modo da potere apprezzare a sera, dalla terrazza del museo, anche le stelle del cielo di Sardegna. Fino al 30 ottobre PERCORSI 36 Lucca Grosseto I n mostra fino al 31 ottobre, oltre duecento reperti, inediti o esposti raramente, provenienti dai siti archeologici della magnifica Maremma. Corredi, urne tavolette, centinaia di monili ed elmi narrano la vita e la morte dei “Signori di Maremma”, ovvero i principi etruschi, nel periodo di massimo splendore di questa civiltà. La mostra che ha il titolo: “Elites Etrusche fra Populonia e Vulci” è in esposizione al Museo Archeologico e d’Arte della Maremma nella città di Grosseto. Il museo inoltre, ha previsto una serie di itinerari archeologici nei siti di provenienza dei reperti che sono in esposizione. Per questi itinerari è necessaria la prenotazione che si può effettuare al seguente numero: 0564-488750 I l Museo Nazionale del Fumetto e dell’Immagine di Lucca e l’Amministrazione Comunale festeggiano l’Anno Internazionale dell’Astronomia con la mostra “E lucean le stelle… Viaggio per immagini e fumetti dal macrocosmo di Galilei al microcosmo di Einstein”, il più completo tributo alla scienza – oltre 400 tavole – fatto dall’arte al fumetto e che sarà visitabile fino al prossimo 31 dicembre. La mostra rende omaggio alla scienza e ai suoi maggiori protagonisti da Galileo a Newton, da Darwin a Einstein, attraverso le storie a fumetti dei più grandi disegnatori internazionali: da “Le meraviglie del 2000” di Salgari, a “La guerra dei Mondi” di Wells; dalle illustrazioni di M.W. Kaluta per “Metropolis” di Fritz Lang alle storie di Weird Science dei grandi autori americani degli anni Cinquanta. La manifestazione vede inoltre la partecipazione della Walt Disney Publishing che farà realizzare, appositamente per l’evento, alcune nuove storie dai suoi più importanti artisti italiani. Si può consultare il seguente sito Internet: www.museoitalianodelfumetto.it Palermo A/R Bucarest S i svolgerà a Bucarest e in Transilvania dal 30 agosto al 26 settembre, la diciannovesima edizione dello storico Festival e Concorso Internazionale “George Enescu”, intestato al celebre musicista e didatta romeno del secolo scorso. Il programma del Festival si presenta quest’anno quanto mai ricco e prevede: 24 composizioni di Enescu, oltre 80 brani di autori romeni contemporanei, 10 titoli tra opere e balletti, 13 orchestre europee (tra le quali figura anche l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino che ha già partecipato all’edizione del 2003), 14 orchestre da camera provenienti da tutto il mondo, 19 ensemble cameristici, 6 cori, 41 solisti in concerto e 6 recital solistici. Sette sono invece le tematiche che suddividono questa edizione, di cui due assolutamente nuove e cioè: “Enescu e i suoi contemporanei” e “Musica classica in arrangiamenti jazz”. Ad ospitare gli appuntamenti del Festival, le principali sale da concerto di Bucarest come Sala Palatului e l’Ateneo Romeno; all’aperto la Piazza del Festival e alcune cittadine rumene d’interesse storico (Sibiu, Brasov, Iasi, Cluj e Timisoara) significative per la biografia e l’attività di Enescu Atene D opo decenni di polemiche riapre (l’inaugurazione è fissata per il 20 giugno) il Nuovo Museo dell’Acropoli di Atene con la collezione del più famoso sito archeologico del mondo. L’idea che ha fatto tanto scalpore e che è alla base del progetto è quella di rimettere assieme tutti i marmi superstiti del Partenone su una struttura della stessa grandezza e orientazione del tempio. Ma davvero tutti i pezzi, alcuni in originale, gli altri in copia (gli originali si trovano oggi tra il British Museum di Londra e Parigi). E così una coscia bianca s’incastra nel busto di marmo pentelico, un pannello in bassorilievo di gesso sta accanto al pannello seguente, ancora in marmo pentelico. E così via. Lo stupore ovviamente domina. Circa diecimila visitatori, infatti, sono attesi in media ogni giorno, “...per tutti loro sarà un’esperienza più potente di qualsiasi slogan” commenta Dimitrios Pandermalis, Presidente dell’Organizzazione per la costruzione del Museo. Scopo dell’operazione? Ovviamente la restituzione da parte di tutti i musei del mondo dei marmi del Partenone La Roque D’Antheron, Francia D al 24 luglio al 22 agosto si svolgerà la XXIX edizione del Festival International del Piano, nel suggestivo auditorium de La Roque d’Anthéron, un piccolo paese della Provenza. Il folto programma, offre un repertorio che spazia dalla musica barocca alla contemporanea e al jazz (quest’anno ci saranno presenze fondamentali del jazz contemporaneo da Richard Galliano a Chick Corea) così da rendere il Festival un evento di importanza indiscussa e sempre crescente tanto da essere stato più volte definito, dalla stampa internazionale, “la Woodstock del pianoforte”. I luoghi scelti come sede dei concerti sono tutti di grande fascino e interesse storico e culturale, come la conca acustica del Parco del Castello di Florans, la stessa Roque d’Anthéron, il chiostro della cistercense abbazia di Silvacane, le scenografiche cave di pietra di Rognes o la chiesa protestante di Lourmarin. La programmazione 2009 offre, inoltre, rare possibilità musicali, come l’incontro con Mayte Martin che interpreterà canti flamenchi accompagnata dalle sorelle Labèque o l’anteprima del film “Viaggio nel cuore del pianoforte”, realizzato da Jean-Frédéric Neuburger e FrancoisRené Martin. Per informazioni sul programma: www.festival-piano.com 37 PERCORSI Palermo A/R New York D al Lincoln Center al Metropolitan Opera, da Manhattan al Bronx, questa sarà un’estate mozzafiato per la città di New York, tra feste nei parchi, musica, festival ed eventi. Ecco alcuni esempi: in occasione del suo 500° anniversario il Lincoln Center ospiterà, dal 28 luglio al 22 agosto, il Mostly Mozart Festival, in onore del grande compositore che esplora musica ed arte di differenti tradizioni culturali; dal 5 al 23 agosto, invece, il Lincoln Center Out of Doors presenta più di 100 spettacoli dal vivo e tante attività culturali dedicate ai bambini; ma anche il Metropolitan Opera in onore del suo 125° anniversario, non sarà da meno: il suo Summer Recital Series aprirà il 13 luglio al Central Park con il vincitore dei Tony Award Paulo Stoz, per poi proseguire fino al 14 agosto, in tutti i parchi della città, con grandi nomi del panorama musicale internazionale da Joyce El-Khoury a Keith Miller. Per tutte le informazioni sugli eventi newyorkesi cliccare su www. nycgo.com PERCORSI 38 Sydney Rio de Janeiro i svolgerà a Sidney, fino alla fine di giugno, Luminous, la prima edizione di un grande festival di musica, arte e incontri, che avrà luogo presso l’Opera House. Brian Eno, fondatore, nei primi anni sessanta della band art-rock Roxy Music e successivamente collaboratore degli U2, si cimenterà nell’arduo compito di curatore di questa prima edizione della manifestazione. Il musicista britannico, padre della Ambient Music, parteciperà, tra le altre cose, alla kermesse, con un’opera d’arte senza precedenti, tratta dalla sua pubblicazione: “77 Million Paintings”. L’installazione non è altro che una sequenza di forme e colori, basata su 300 immagini da lui disegnate, che si compongono e si ricollocano in un numero infinito di variazioni. Il nome dell’installazione indica il numero totale di combinazioni possibili di musica e video che possono essere generati dal software che è alla base della stessa installazione, fornendo un’alta possibilità statistica che la stessa combinazione non venga proposta due volte. naugurano il 2 luglio, le mostre fotografiche dai titoli: “Ferma un Attimo” e “Apoteosi de Alegria”, rispettivamente di Mauro Villone e Lidia Urani, direttori del Turin Photo Festival. Ambedue le mostre arrivano da Torino fino a Rio in occasione di FotoRio, il più importante festival internazionale sulla fotografia della città. “Ferma un Attimo” è un lavoro di reportage artistico che da ampio spazio al valore di persone fotografate in tutto il mondo, in questa edizione, con un particolare riguardo all’India. “Apoteosi de Alegria”, invece, è sempre un lavoro di reportage ma orientato specificatamente sul carnevale di Rio. Le immagini di Lidia poi, una volta stampate, subiscono interventi di collage di elementi propri del carnevale raccolti per la strada dopo le sfilate. I due lavori si inseriscono in una più ampia ricerca in progress che impegna i due autori da diversi anni. Fino a fine Luglio a Villa Riso (Estrada da Gavea, 728 - Rio de Janeiro) S I Palermo A/R New York A New York, con una mostra che si terrà dal 9 luglio al 9 agosto, l’Harlem Studio Fellowship ripercorre, nella propria sede, i suoi primi tre anni di attività. In esposizione le opere di 10 giovani artisti internazionali come Andreas Huyskens, Tamas Jovanovics e ben tre italiani: Patrizia Novello, Marco Perroni e Susanna Pozzoli. Harlem Studio Fellowship è un progetto che nasce da un’idea di Francesca e Ruggero Montrasio con la collaborazione di Raffaele Bedarida – gallery educator al Guggenheim Museum – che si pone come obiettivo quello di permettere a giovani artisti, provenienti da tutto il mondo, di potere interagire con una realtà culturale ricca di stimoli creativi come quella newyorkese. In occasione della mostra sarà edito il primo dei tre cataloghi – coedizione Silvana Editoriale/MontrasioArte – che raccoglie le opere degli artisti che hanno lavorato nel primo anno di attività Shangai Buenos Aires M alba-Fundacion Costantini presenta fino al 3 di agosto una nuova esposizione dal titolo: “Escuelismo. Arte Argentino de los 90” con opere appartenenti al patrimonio del museo, insieme ad alcuni prestiti, che mostra l’influenza del modello formativo della scuola primaria argentina nell’arte contemporanea locale. Il testo “Escuelismo” del ricercatore Ricardo Martin-Crosa, pubblicato nel 1978 nella galleria Artemultipla, fu un’ipotesi di lavoro per il montaggio del programma curatoriale. La mostra riunisce circa 60 opere di più di 40 artisti rappresentanti della scena artistica locale degli anni ’80 e ’90. La selezione di disegni, pitture, fotografie, video, oggetti e installazioni presenti, mette in evidenza la presenza di un catalogo di ricorsi formali proprio della scuola, che MartinCrosa definisce come una “retorica dell’insegnamento primario argentino”. Malba – Coleccion Costantini, 3415 Figueroa Alcorta Avenue L a galleria dell’Arco di Shangai presenta la mostra “A move within”, la seconda personale in Cina dell’artista Luo Xiaodong, pittore, classe 1979, ma già tra i più accreditati nel panorama artistico asiatico. Luo Xiaodong, nell’atto pittorico, dimostra una veemenza e passione straordinaria. Come una catarsi, un bisogno incontrollabile di esprimere e liberarsi nell’immediato, tanto da non avere il tempo di soffermarsi sulla scelta dei colori, cosa che svierebbe la concentrazione e spezzerebbe l’intensità della creazione. Una gestualità tanto impulsiva che lo porta alla ricerca di tecniche e situazioni a lui più congeniali, come la peculiare tecnica a spatola. In questa sua ultima fatica, lo spettatore è come trascinato in una dimensione atemporale, dove dimora un silenzio immortale, un vuoto enorme e privo di contesto, eppure non ne rimane disorientato anzi viene come spinto ad uno sguardo più attento grazie al quale compiere un passo ulteriore, a move within… per l’appunto. Fino al 28 luglio 39 PERCORSI Carrefour grande distribuzione QUALITà Per chi pensa che la grande distribuzione non sia attenta ad argomenti quali tipicità, filiera corta, genuinità, rappresenterà una lieta sorpresa fare una visita da Carrefour e trovare vini, mieli, conserve, liquori, salumi e formaggi tipici... Un colosso innamorato dei prodotti siciliani di qualità D al 1959, anno in cui le famiglie Fournier e Defforey fondano la società Carrefour, la realtà di questa società è in continua ascesa. Presente in 30 Paesi del mondo, Carrefour è il secondo più grande gruppo di vendita al dettaglio in termini di reddito e di vendite dopo l’americano Wal-Mart e il primo in Europa, mentre in Italia occupa il secondo posto. Nel nostro Paese sono presenti ben 70 ipermercati del gruppo francese, che ha dimostrato una grande attenzione alla Sicilia. A Catania, infatti, Carrefour ha stretto dal 2005 una importante partnership con il Parco dell’Etna, realtà in continua espansione, in grado di offrire prodotti di assoluta eccellenza. Il Carrefour etneo, che si estende per www.carrefour.it I.P. 10.500 mq, conta 200 dipendenti e ha un bacino d’utenza di 515 mila persone, per un totale di circa un milione e mezzo di clienti l’anno. Un fatturato che nel 2008 è cresciuto e che, relativamente alla sola vendita dei prodotti dell’Etna, ha fruttato circa 400 mila euro, tra la vendita di vini, mieli, conserve, liquori, salumi e formaggi tipici. Una chiara indicazione, questa, di quanto sia aumentata nei consu- matori l’attenzione per i prodotti di nicchia che – grazie al partenariato Carrefour-Parco dell’Etna – possono raggiungere le tavole dei consumatori a costi assai minori rispetto al passato. Da un mese, il polo etneo di Carrefour ha inoltre inserito al suo interno, con notevole riscontro, anche il reparto panetteria, mentre, sempre per quest’anno, è prevista la commercializzazione della gamma completa di prodotti relativi al suino nero dell’Etna. Una strategia vincente, quella di Carrefour, non solo in Sicilia, ma anche in Italia e nel resto del mondo, accompagnata da politiche di valori relativi al rispetto dell’ambiente, alla lotta agli alimenti ogm e all’ottimizzazione delle risorse 41 PERCORSI EUROMED rafforzare il dialogo e la cooperazione Un dialogo di pace con idee concrete Restituire al Mediterraneo la sua funzione primaria di luogo di scambio e di confronto fra i popoli. Da questi presupposti è nato il Comitato Permanente per il Partenariato Euromediterraneo, (Coppem) con lo scopo di promuovere il dialogo e la cooperazione per lo sviluppo locale fra città, comuni e Regioni dei Paesi che vi aderiscono. I di Rossella Catalano l regolamento del Comitato, approvato a Gaza nel 2000, recepisce in pieno la Dichiarazione di Barcellona siglata nel 1995, che mira ad istituire un partenariato globale euromediterraneo per trasformare il Mediterraneo in uno spazio comune di pace, di stabilità e di prosperità attraverso il rafforzamento del dialogo politico e sulla sicurezza, un partenariato economico e finanziario e un partenariato sociale, culturale ed umano. Fanno parte del Comitato Permanente per il Partenariato Euromediterraneo Algeria, Austria, Belgio, Cipro, Danimarca, Estonia, Egitto, Finlandia, Francia, Giordania, Grecia, Irlanda, Israele, Italia, Lettonia, Libano, Lituania, Lussemburgo, Malta, Marocco, Paesi Bassi, Palestina, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Germania, Siria, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Tunisia, Turchia e Ungheria. «Il Comitato insiste molto sulla concretezza delle iniziative che promuove – dice Francesco Sammaritano PERCORSI 42 (nella foto a sinistra), referente della Commissione Politica e Istituzionale del Coppem –. Ci poniamo obiettivi concreti, perché è importante che le comunità in cui operiamo tocchino con mano i vantaggi che può avere il partenariato con altre realtà. Una collaborazione a tutto tondo, insomma, contribuisce in concreto a rendere la vita migliore. Coppem e Anfe hanno avviato da tempo una collaborazione per progetti di eccellenza. Tra questi, il progetto Fisher, destinato alla formazione delle marinerie della sponda sud del Mediterraneo, che tocca punti nodali come la sicurezza a bordo dei pescherecci, la tutela ambientale e la valorizzazione del pescato. Il progetto – a cui hanno aderito Tunisia, Egitto, Marocco, Libia, Palestina, Israele – è in partenariato, tra gli altri, con il Cnr e il Cosvap di Mazara del Vallo (quest’ultima è la più grande organizzazione di marinerie siciliane), con i comuni di Sciacca e Messina e con il Parco Tecnologico di Palermo. Altro fiore all’occhiello, che vede collaborare Anfe, Coppem e Ismett, è il protocollo d’intesa per la realizzazione di un centro permanente per la formazione di personale medico e infermieristico-tecnico». rafforzare il dialogo e la cooperazione Quali invece i progetti con gli Emirati arabi? “La nostra iniziativa – continua Sammaritano – è molto ambiziosa: creare le condizioni perché gli Emirati aprano il loro primo consolato italiano a Palermo. Inutile dire che cosa questo rappresenterebbe per la Sicilia, non solo per le enormi risorse finanziarie degli Emirati arabi uniti, ma anche perché la sede di Palermo potrebbe essere la testa di ponte verso rapporti più stretti con il Maghreb e il Medioriente». Una delle prime iniziative discusse è l’avviamento, ad Erice, di tre master, aperti a 120 laureati dei Paesi che hanno aderito al trattato di Barcellona. L’obiettivo è creare nella cittadina trapanese una scuola di specializzazione permanente per laureati dell’area euromediterranea. Il percorso formativo riguarda tematiche che spaziano dal processo storico-culturale e antropologico dei Paesi del partenariato euromediterraneo, alla comparazione dei sistemi legislativi ed al riconoscimento del ruolo sociale e giuridico delle donne. EUROMED «Questa iniziativa siglata da Coppem, Anfe e Comune di Erice ha un grande valore culturale e politico – continua Sammaritano – perché mettere insieme neolaureati provenienti da Paesi differenti per lingua, cultura e tradizione significa attivare uno scambio in molte direzioni tra i soggetti che saranno la futura classe dirigenziale nei Paesi di provenienza». Quali sono le necessità più urgenti dell’area euromediterranea? è necessario, innanzitutto, affrontare questioni delicate, quali immigrazione, terrorismo, sicurezza, tutela dell’ambiente. Si tratta di fenomeni molto complessi, che possono essere affrontati esclusivamente attraverso ampi partenariati. Un’altra questione importante da affrontare è quella del turismo: se si riuscisse, per esempio, ad armonizzare il restauro dell’immenso patrimonio culturale presente in quest’area, si favorirebbe un massiccio sviluppo del turismo che garantirebbe enormemente i Paesi interessati». La convivenza tra i popoli passa anche attraverso il confronto religioso, che ha prodotto tensioni ed estremismi. Quale via percorrere per un dialogo costruttivo? Credo che bisogni innanzitutto valorizzare le differenze, considerarle risorse e non ostacolo. In un passo del Corano è scritto che Allah creò popoli, classi sociali, genti differenti. Non perché litigassero fra loro per decidere chi fosse il migliore, ma perché ciascuno apprezzasse la diversità dell’altro. è bene ricordare che gli estremismi, da qualunque parte provengano, sono espressioni di intolleranza molto marginali e che prevale la moderazione». 43 PERCORSI L’ALTRO uguali nelle differenze Straniero è/e strano L’Altro come ricchezza e come risorsa. Guidati dall’esperto affrontiamo il percorso che dal pregiudizio conduce all’identità con il diverso e alla condivisione. Verso un Mediterraneo pacificato S di Franco Di Maria i disintegrano le nazioni, cadono le frontiere, tendono a scomparire i ghetti, tutti possiamo andare dappertutto. Ci si mescola, ci si scambia, ci si confonde. E, tuttavia, i pregiudizi continuano a imperare. Spesso rimangono latenti, ma in momenti di crisi riemergono con violenza. E così, quando si parla di barbari, di stranieri e, più in generale, di flussi di gente, di frontiere e di limiti che vengono attraversati e riattraversati, si è nello specifico campo del pregiudizio. E dal pregiudizio al razzismo, o meglio, ai razzismi (dagli stranieri agli anziani, agli omosessuali, alle donne, ai diversi, eccetera) il passo è breve. Ma qual è l’origine di tutto ciò? Stereotipi, pregiudizi e autoinganni schermano il Sé e lo collocano in una zona d’ombra. Lo schermo è posto tra il Sé e il reale, tra identità e oggettività, tra sicurezza e incertezza. Ma cosa è il pregiudizio? PERCORSI 44 uguali nelle differenze 45 L’ALTRO PERCORSI L’ALTRO uguali nelle differenze Il Mediterraneo è spazio della diversità e del conflitto... Lo spazio mentale condiviso diviene, spazio ambientale in cui bisogna poter accettare la diversità e la “stranierità”, ma soprattutto, l’estraneo e lo strano che ci abitano Il pregiudizio è una sorta di valutazione intimamente connessa al senso del comune, che non solo non è un’espressione di una scelta oggettiva di valutazione, ma che neppure si collega a specifici e consapevoli parametri definitori del nostro campo d’esperienza. Esso ha inoltre un forte potere prescrittivo sulle condotte individuali o di gruppo ed un altrettanto potere di veto nei confronti dell’eventuale insorgenza di giudizi più soggettivi. Il razzismo è un precipitato del pregiudizio. Il razzismo non è semplice avversione a tutto ciò che è diverso da sé, non è neanche l’etnocentrismo, non è evidenziare le differenze a proprio vantaggio, ma è tutte queste cose insieme e in più l’utilizzare la differenza contro gli altri al fine di trarne profitto, come avviene in ogni colonizzazione. Alcuni studiosi riconducono il razzismo alla tesi del capro espiatorio, altri lo definiscono come il credere che un determinato gruppo etnico sia inferiore per ragioni genetiche. Questi naturalmente sono solo alcuni spunti per eventuali ulteriori approfondimenti. PERCORSI 46 In questa sede è importante sottolineare che il razzismo può manifestarsi sia a livello individuale che a livello istituzionale, ed è anche quello infiltrato o latente in leggi o in norme sociali che discriminano taluni gruppi culturali ed etnici (i neri, gli arabi, gli slavi, eccetera). L’ostilità verso gruppi differenti nasce dal fatto che si desidera conservare la propria identità (o meglio, “identicità”) anche fenotipica, morfologica, di aspetto esteriore, e ritrovarla il più possibile nei propri discendenti (certezza e continuità). Pagès ha definito questo “omofiliazione fisica”, da cui l’odio per i meticci, i mulatti, i mezzosangue in generale, la paura di sporcarsi nella mescolanza di sangue. Sempre Pagès parla anche di “omofiliazione culturale”, cioè il desiderio di perpetuazione di una similitudine relativa ai valori, ai giudizi, alle abitudini, alle convinzioni. Giungiamo così all’Altro e alla sua irriducibile diversità. L’Altro è lo straniero, il malato psichico, l’omosessuale, insomma l’Altro con pelle, comportamenti, codici, lingua, diversi dai nostri. Lo si identifica per un progressivo processo di differenziazione da noi, cioè per una percezione dell’Alterità in quanto aggressione alla nostra “normalità”. L’Altro è il perturbante, ciò che improvvisamente inquieta i nostri sogni, le nostre relazioni, le nostre abitudini. L’Altro è anche l’amore, la rottura dell’equilibrio, la fine dell’omeostasi, l’Altro è il fratellino appena nato che perturba equilibri familiari consolidati. L’Altro, allora, viene collocato all’interno della dinamica amico/nemico. Se è amico, amante, allora è identificabile con noi, ci somiglia, ci attrae, ci seduce, c’è qualcosa della sua diversità di cui vogliamo appropriarci, che vogliamo fagocitare, c’è qualcosa di noi che vogliamo che l’Altro mangi, di cui si nutra. Se è nemico allora è il “falso nemico”, la minaccia, colui che invade (barbaro in quanto invasore e incivile, privo dei nostri codici di relazione della nostra lingua, dei nostri costumi, dei nostri stili di vita). L’Altro è l’ombra persecutoria della perturbazione, è il timore, il tremo- uguali nelle differenze re, il viso che si arrossa, l’incubo, la mostruosità che attacca la nostra acquietante personalità. La relazione è, però, lo spazio della diversità e del conflitto, inutile nasconderlo. Lo spazio mentale condiviso deve diventare lo spazio ambientale in cui bisogna poter accettare la diversità e la “stranietà”. Ma soprattutto l’estraneo e lo strano che sono dentro di noi. Lo straniero reale, quello in carne ed ossa, infatti, evoca e rende visibili le nostre parti in ombra e sconosciute, l’estraneo e lo strano dai quali siamo abitati. Straniero non solo è colui che è diverso da noi, ma soprattutto colui la cui appartenenza ci sembra “infedele” e opposta alla nostra. Lo straniero e lo strano che sono in noi, si confrontano con il già noto, il conosciuto, rassicurante ed oggetto della continuità fra esistere ed esser-ci (inteso come “essere in un luogo”). La paura della perdita dell’esserci diviene paura dello straniero che l’Altro, l’estraneo reale, finisce con il configurare, con il definire e con il proporre in quanto variabile condivisa della paura e dell’ansia, del panico e della depressione. I processi che determinano l’individuazione e la gestione di questo spazio mentale non sono esclusivamente politici, piuttosto interagiscono con quei processi di formazione e di circolazione delle competenze sociali sulle quali bisogna poter lavorare per accrescerle. In una società che deve potersi pensare e agire in modo multietnico, abbiamo bisogno di conoscenze e di competenze assai diversificate ed anche fortemente ancorate a un pensiero della differenza e della comunità. L’ambiente con il quale la nostra mente deve fare i conti non appartiene alla semplice configurazione geoantropologica, piuttosto alla selezione dei vissuti ed alla realizzazione di uno spazio dell’incontro e della solidarietà. Ma l’incontro pone se stesso come variabile indipendente, soltanto se nella società della mente (il mondo interiore, intrapsichico) è possibile porre la differenza, non come scontro, non come “lotta contro”, ma come “lotta per”, come spazio della cessione di parti di sé e di acquisizione di parti dell’altro. Un esempio può essere offerto proprio dal Mediterraneo e dalla sua particolare configurazione in quanto spazio ambientale condiviso, appartenente sia alla possibilità della coerenza, quanto a quella della complessità, all’orizzonte della leggibilità ma anche a quello del L’ALTRO mistero. Non è un caso che diversi studiosi hanno incentrato nell’individuazione di un “Mediterraneo nella mente”, uno spazio di lavoro che apre diverse prospettive. Da un punto di vista esemplificativo, lo spazio ambientale, quello mediterraneo in particolare, interviene in termini di costruzione della soddisfazione dei bisogni ambientali, delle gratificazioni, ma anche delle ansie, dello stress o dei conflitti intersoggettivi. In modo complessivo, infatti, lo spazio ambientale che “noi possiamo pensare” si confronta con la possibilità che ci è data di pensare anche spazi mentali affettivi ed emozionali. Il Mediterraneo è spazio della diversità e del conflitto, inutile nasconderlo. Lo spazio mentale condiviso diviene, proprio in questo contesto, spazio ambientale in cui bisogna poter accettare la diversità e la “stranierità”, ma soprattutto, come già detto, l’estraneo e lo strano che ci abitano. Il processo che determina il cambiamento, tuttavia, è interno ad una possibilità di pensabilità del cambiamento stesso. Per processo intendiamo non solo la registrazione delle trasformazioni, ma la capacità di progettarle e di governarle, demarcando il nostro ruolo emozionale in esse. Da questo punto di vista lo straniero è la possibilità che l’irruzione del nuovo possa essere condivisa, che il conflitto venga vissuto come crescita nella reciprocità, in quanto relazione fra nuovi che ancora devono dispiegarsi. 47 PERCORSI 1 2 3 L’emigrazione 58 4 i numeri 2 39 71 60 L’ALTRO lavoro straniero in Sicilia dà Uno spaccato del mercato siciliano del lavoro i cui dati testimoniano un’ormai accreditata presenza degli stranieri integrati nel nostro territorio di Mariangela Vacanti I l mercato italiano del lavoro si apre ormai da anni agli immigrati, per svolgere mansioni fisicamente disagevoli e faticose, un tempo affidate alle classi meno abbienti. Da qualche tempo però si registra un fenomeno, confortato dai dati di Unioncamere, che riguarda gli immigrati che decidono di lavorare autonomamente come imprenditori, ad oggi infatti sono oltre quarantamila in Italia, le imprese con titolare nato in Marocco. In Sicilia si contano 3.464 imprenditori marocchini, 1.608 cinesi e 1.020 nativi del Bangladesh, con una vera e propria colonia palermitana di 819 attività imprenditoriali, pari ad oltre l’11% del dato nazionale. Significativa anche la presenza dei tunisini nel palermitano e dei senegalesi nel catanese. La presenza più diffusa degli imprenditori extracomunitari si riscontra nel capoluogo regionale, con 3.260 imprese su un totale di oltre dodicimila. La maglia nera va invece ad Enna, dove operano appena 189 imprenditori immigrati. Nel complesso, nonostante il vertiginoso aumento di iscrizioni al registro delle imprese si- PERCORSI 48 ciliane, l’isola è percentualmente in coda alla classifica nazionale per numero di imprese individuali con titolare immigrato non UE. Nell’isola l’incidenza è del 3.8%, a Palermo del 5,3% e ad Enna dell’1,5%: poca cosa a paragone con il 6,5% della media nazionale e le punte del 10% raggiunte in Toscana e Lombardia. Il principale settore di attività delle imprese di immigrati in territorio siciliano è il commercio (9.348), con particolare riferimento a quello al dettaglio, seguito dall’agricoltura, che conta 921 imprese con titolare non comunitario; sono infine 520 le imprese con titolare extracomunitario nel settore delle costruzioni, 507 nel comparto manifatturiero e 230 tra alberghi e ristoranti. Dal punto di vista dell’età anagrafica questi imprenditori hanno per lo più dai 30 ai 50 anni. Uno dei principali problemi che gli immigrati affrontano, in Sicilia come nella penisola, è quello dell’accesso al credito: sono ancora molte le difficoltà incontrate nel fornire le garanzie richieste dalle banche a quanti si adoperano per incrementare ulteriormente il tasso di imprenditorialità. L’ALTRO inserimento e integrazione L’Anfe mette il progresso a servizio degli immigrati Marsala, col suo sportello multifunzionale, diventa capitale dei centri più all’avanguardia per l’accoglienza degli stranieri in cerca di una nuova patria. Parole d’ordine: inserimento e integrazione di Walter Viviano U no dei fiori all’occhiello Anfe è lo sportello multifunzionale di Marsala, che offre servizi ai cittadini anche e – forse principalmente – immigrati, mirati all’inserimento nel mondo del lavoro. Nasce nel 1998 in maniera sperimentale, ma presto la sua attività, riconosciuta di pubblica utilità, viene finanziata dalla Regione Sicilia e dall’Agenzia Regionale per l’Impiego. Le principali attività riguardano l’erogazione di informazioni sul mercato del lavoro, colloqui, seminari e formazione orientativa, consulenza ma anche altri tipi di servizi quali la promozione all’autoimprenditorialità, l’incrocio domanda-offerta di lavoro, stage e tirocini informativi e assistenza nella progettazione di interventi di riqualificazione ed aggiornamento del personale. L’ utenza dello sportello è variegata, si tratta principalmente di disoccupati o in cerca di prima occupazione, soprattutto donne sopra i venticinque anni, pochi i laureati, molti di più i diplomati o con la sola licenza media inferiore. Ma la modernità della sede di Marsala riguarda proprio l’assistenza e il sostegno offerto ai cittadini immigrati e alle comunità straniere, con l’obiettivo di PERCORSI 50 costruire una rete comunicativa che possa agevolare l’accesso ai servizi da parte di cittadini stranieri regolarmente soggiornanti sul territorio, accompagnandone i processi di accoglienza e di integrazione. Con il progetto “AL SALAM”, che si propone di abbattere gli ostacoli tra le amministrazioni pubbliche e private e i cittadini stranieri, i mediatori culturali, oltre alla funzione linguistica e culturale, hanno anche il compito di affiancare gli immigrati nella preparazione di disbrigo pratiche. Poi c’è il progetto “MAHRABAN” il cui obiettivo è, da un lato, quello di favorire i percorsi di inserimento degli immigrati e dall’altro di apportare un cambiamento nelle istituzioni e nel contesto sociale, fornendo opportunità di dialogo e di comprensione reciproca. Infine “ETHNICITY” punta alla riduzione delle barriere linguistiche e culturali, all’avviamento di iniziative culturali rivolte a minori, gestite in collaborazione con i genitori e con i responsabili delle relative comunità, finalizzate allo sviluppo dell’identità e del senso di appartenenza alle proprie radici culturali. A tale scopo sono stati creati spazi di aggregazione e di incontro fra italiani e immigrati (laboratori artistici, laboratori di gioco, biblioteca interculturale, servizi sanitari). inserimento e integrazione L’ALTRO Mazara, città-simbolo di un’integrazione possibile C ph. Walter Leonardi hi non conosce questa parte del Paese, non sa che la sfida che tutti noi, con fatica, stiamo combattendo a livello nazionale, per trovare il modo di far convivere la nostra cultura insieme alla cultura musulmana, tra il nostro modo di vivere e il modo di vivere dei popoli che si affacciano come noi sul Mediterraneo, quella sfida che stiamo combattendo in Parlamento e nel dibattito politico generale è una sfida che voi, qui, avete già vinto. Questa è una città dove si registra una forte presenza di stranieri, i quali hanno trovato le condizioni per integrarsi e in molti casi diventano cittadini al pari dei siciliani, e pertanto accettano le regole di fondo della nostra società, senza rinunciare alla loro identità. Questa è una città che può essere presa per davvero a buon modello per quella integrazione che passa innanzitutto attraverso il reciproco rispetto. Intervento del Presidente della Camera dei Deputati Gianfranco Fini, Mazara del Vallo, 15 aprile 2009 51 PERCORSI L’ALTRO nati qui Seconda generazione Il popolo degli immigrati della seconda generazione: Amor Souhi, un ragazzo siciliano dal sangue arabo U di Paola Pottino n ragazzo figlio di uno o entrambi genitori stranieri, nato o arrivato in Italia, in tenera età, si definisce “immigrato di seconda generazione”. E già l’accezione, di origine inglese (second generation), non è del tutto esatta o, quanto meno, appare ambigua. Se è vero che l’ immigrato è colui che vive in prima persona l’esperienza dell’immigrazione, questi ragazzi, invece, tale esperienza, non l’ hanno mai vissuta direttamente, ma, in molti casi, soltanto attraverso i racconti dei loro genitori. Ambiguità a parte, loro, i popoli delle seconde generazioni, sono molti, moltissimi e rappresentano l’ effettiva possibilità di una reale integrazione. Secondo il rapporto Istat del 2008, sono 457 mila i ragazzi e le ragazze stranieri nati in Italia e il loro non è un mondo a parte, ma un bellissimo connubio fatto di tradizioni, usi, e costumi legati e collegati al mondo e alla società nella quale vivono. Nulla di male quindi se PERCORSI 52 nati qui 53 L’ALTRO PERCORSI L’ALTRO nati qui Credo in un unico Dio. Chiamiamolo come si vuole, sempre Dio è. Davvero, non riesco a capire tutte queste guerre tra cattolici e musulmani... la loro fidanzata è italiana, se vanno a ballare la sera, se parlano in dialetto, vestono alla moda, ascoltano musica house e poi pregano Allah e digiunano durante il Ramadan. Questa è la storia di Amor Souhi, un bel “marcantonio” di 22 anni che dai suoi 187 centimetri di altezza ci racconta la sua esperienza di ragazzo, figlio di una mamma siciliana e di un papà tunisino arrivato in Italia più di venticinque anni fa e che insieme, uniti nell’amore, hanno creato una famiglia bellissima nella quale musulmani e cattolici pregano insieme. Che sia la Santa Pasqua o il Ramadan, a loro, poco importa. Amor, ti sei mai sentito escluso dal resto dei tuoi amici, per il cognome che porti? «Mai. E dico la verità. Non ho mai avvertito nell’ambiente che frequento alcuna resistenza, del resto perché mai avrebbero dovuto escludermi? Un cognome straniero è solo un cognome diverso, ma essendo nato e vissuto a Palermo, io mi sento un cittadino italiano a tutti gli effetti con una fortuna in più: quella di conoscere la cultura del popolo PERCORSI 54 tunisino che fa parte del mio codice genetico». Che studi hai fatto? «Sono diplomato all’Istituto d’arte, ma poi non ho proseguito perché trovare un lavoro in questo campo è pura utopia». E adesso? «Lavoro come volontario nella Croce Rossa. Sono recentemente tornato dall’Abruzzo, dove abbiamo cercato di dare una mano a questa popolazione martoriata dal terremoto. Prima di questa esperien- nati qui za, ho lavorato, come volontario, nella Protezione Civile. Aiutare gli altri credo che sia la mia vera indole e priorità, ma anche in questo campo trovare un lavoro è molto difficile, e i miei coetanei ne sanno qualcosa». Amor, credi in Dio, Allah o chi? «Credo in un unico Dio. Chiamiamolo come si vuole, sempre Dio è. Davvero, non riesco a capire tutte queste guerre tra cattolici e musulmani. Mia madre è cattolica, mio padre musulmano e in venticinque anni si sono molto amati a prescindere dalla loro religione». Nella tua famiglia, come vivete i momenti religiosi? «Nel libero rispetto di ognuno. Nel periodo del ramadan, per esempio, anch’io digiuno e non perché lo abbia imposto mio padre, ma perché sento di farlo, senza costrizioni. Mio padre è una figura molto importante, mi ha dato dei grandi insegnamenti e quando ho sbagliato, mi ha spiegato gli errori con l’esempio e il ragionamento. E poi nutro un profondo rispetto per la sua storia personale, per i sacrifici che ha dovuto affrontare andando via dalla sua terra e per far crescere la sua famiglia con dignità e amore». Tu parli l’arabo? «Lo capisco perfettamente, anche se ovviamente parlo di più l’italiano». In un futuro, vorresti andare a vivere in Tunisia? «Si, perché si vive una vita più ri- L’ALTRO lassata, e se mio padre, quando andrà in pensione, vorrà ritornare nella sua terra, io lo seguirò». Cosa ne pensi della recente presa di posizione del nostro governo sul problema dei clandestini? «Credo che chi ci governa non abbia la benché minima idea delle tragedie personali che ognuna di queste persone è costretta ad affrontare quando decide di intraprendere questi “viaggi della speranza”. E la decisione di rispedirli indietro significa spedirli letteralmente verso l’inferno». Amor, tu che musica ascolti? «Il genere di musica che preferisco è il tango argentino, ma amo anche Battiato, il blues,il jazz…». Cosa ami della cultura tunisina e in quella italiana? «Sia dell’Italia che della Tunisia amo l’arte, la storia, la letteratura e ovviamente la cucina!». Amor col fratello Semi e, nell’altra pagina, con la sorella Zaara Cosa ti auguri per il futuro? «Vorrei tanto trovare un lavoro come infermiere, questa è la mia strada e poi sono molto felice con la mia fidanzata Cristina e spero che la nostra unione possa continuare. Insomma, una vita tranquilla che si augura qualsiasi ragazzo della mia età, e poi – in futuro – desidero crearmi una famiglia, avere dei figli ai quali, il giorno della loro nascita, dirò: “Marhaba”». E che significa “Marhaba”? «Benvenuto…» 55 PERCORSI L’ALTRO compagni di classe A con scuola Ahmed Storie di integrazione, bimbi immigrati oramai cittadini di Sicilia, compagni di banco “a colori”, ricreazioni al sapore di cous cous di Claudia Brunetto C ome ogni anno, in concomitanza con la riapertura delle scuole, ci capita di trovare davanti ai cancelli degli istituti della nostra città il solito assembramento di bambini e ragazzini che, zainetti in spalla, attendono il suono della campanella. Ma a differenza di alcuni anni fa, adesso, oltre ai bimbi “nostrani”, ad attendere il drin-drin che dà inizio alle lezioni ci sono bimbi nordafricani, singalesi, cinesi, romeni, albanesi… E spesso, a detta di maestri e addetti ai lavori, sono anche tra i più bravi e volenterosi. Senza considerare il fatto che, venendo a mancare la loro presenza, molte scuole elementari e medie sarebbero in grosse difficoltà, visto che non riuscirebbero a raggiungere il numero minimo di iscrizioni fissato a quota 500. Già, perché in molti casi gli studenti stranieri costituiscono una percentuale variabile tra il dieci e il venticinque per cento della popolazione scolastica che gravita nelle aule. Roberta frequenta la seconda media alla scuola Pecoraro di Palermo e, anche se i suoi genitori non possono PERCORSI 56 acquistare i libri di testo, studia dalle fotocopie e ormai sa leggere e scrivere in italiano correttamente. È una bambina rom del campo nomadi alle porte della Favorita. Come lei altri 88 bambini rom sono regolarmente iscritti nelle scuole della città. Anche Hajar, una bambina marocchina arrivata in Sicilia dalla Libia con un’imbarcazione di fortuna, dopo essere stata seguita dalle insegnanti con il progetto della scuola in ospedale a Villa Sofia, adesso frequenta con successo la terza elementare. Sono soltanto frammenti di storie di piccoli immigrati che ormai sono parte integrante del tessuto scolastico palermitano grazie a un crescente processo di sensibilizzazione e a un approccio multietnico dell’insegnamento. «I bambini della mia scuola, nonostante le grandi difficoltà materiali che hanno e le condizioni precarie di vita che conducono, in classe si sforzano di rendere al meglio. Sono curiosi, desiderano essere accettati e contribuire a loro volta alla vita scolastica. Per i bambini rom è stato firmato un protocollo d’intesa fra le scuole della città più vicine al campo nomadi per fa- compagni di classe vorire l’inserimento scolastico: De Gasperi, Monti Iblei, Pallavicino, San Lorenzo, Tomaselli, Trinacria, Borgese, Florio, Marconi, Orlando, Pecoraro e Virgilio Marone», dice Maria Giovanna Granata, dirigente scolastico dell’Alcide De Gasperi, che ospita 45 alunni rom dalla scuola d’infanzia alle elementari. «Dovresti impegnarti di più, come fa Ahmed»: proprio questo potrebbe capitare di sentirsi dire a Giovanni dal proprio insegnante. Il fatto che gli studenti stranieri siano più interessati e presenti degli altri potrebbe anche derivare dal fatto che si sentano, “un passo indietro” agli altri per questioni prettamente legate alla lingua. Ma, anche in questo, sono supportati sia dal corpo docenti, che integra l’italiano come seconda lingua, sia dai loro compagni di banco. «Ci sono molte situazioni difficili – dice Giuseppina Sorce, dirigente del Madre Teresa di Calcutta – ma in linea generale posso dire che i bambini stranieri sono felici di venire a scuola. Per loro rappresenta la possibilità di conoscere la cultura della città che li ospita, di imparare a leggere e scrivere in italiano in modo da non sentirsi eternamente stranieri tra noi. Sono davvero volenterosi e si sforzano di colmare le lacune che inevitabilmente hanno». Molte comunità di immigrati, inoltre, vedono nella scuola l’unico modo per tutelare le loro tradizioni e la loro cultura. Così i L’ALTRO bambini studiano tutto il giorno, la mattina nella scuola italiana e il pomeriggio al doposcuola dove imparano la loro lingua d’origine, dal momento che molti di questi bambini sono nati a Palermo e considerano l’italiano la loro prima lingua. Così accade fra i tamil dello Sri Lanka, che sono ospiti del comprensivo “Peppino Impastato” di piazza Principe di Camporeale. Tre pomeriggi alla settimana, gli alunni divisi in sei classi in base all’età, studiano la lingua e la letteratura tamil, l’inglese e l’italiano: «Finalmente abbiamo trovato un luogo per fare studiare i nostri bambini – dice Thayaraj Thayalan, insegnante di inglese – vogliamo conservare le nostre più antiche tradizioni nelle giovani generazioni, ma allo stesso tempo far imparare bene l’italiano ai bambini per una più felice integrazione nel territorio». «Sì, mi piace studiare insieme a lui. È un mio compagno, ma gli spiego lo stesso alcune cose, così mi sento più grande e brava, un po’ come la nostra professoressa». A parlare è Giulietta, una ragazzina di dodici anni che divide il banco di scuola con Mhedi, tredici anni proveniente da Casablanca, Marocco. «Ho cominciato la scuola qui in Sicilia. I miei compagnetti sono diventati subito miei amici. Certo, il primo giorno è difficile per tutti, ma non penso che dipenda da dove vieni o da dove sei nato». Quanta saggezza e verità nelle parole di Khaled, grembiulino azzurro e fiocchetto rosso inamidato, l’emozione del primo giorno di scuola è universale. Non ricorda neanche bene il nome della sua città natale, perché è arrivato in Sicilia ancora in fasce assieme alla sua famiglia. Frequenta la terza elementare e ha tutta l’intenzione di continuare a studiare come tutti gli altri bambini della sua classe. Durante la ricreazione Ahmed e Giovanni giocano insieme e dividono le loro merendine. Anche il cibo che adesso circola nelle scuole è diverso da quello di alcuni anni fa. Accanto alla classica brioche, al panino con prosciutto e mozzarella, alla ciambella, si trovano contenitori colmi di cous cous, brochettes, tajin… Genitori e bimbi infatti portano nelle cartelle pietanze tipiche del loro paese di origine, scambiandosi a volte le ricette nelle lingue più disparate. Anche questa è integrazione, non solo fra gli studenti, ma soprattutto tra le loro mamme. Si sa, come sempre, a tavola si è tutti un’unica famiglia. 57 PERCORSI CULTURA storie di frontiera Dio? Fa il capitano e si chiama Asik Il gesto coraggioso di un giornalista sale in palcoscenico e diventa monito per un riscatto etico dell’essere umano di Walter Viviano 26 giugno 2009, Lampedusa. Francesco Viviano, giornalista palermitano, riceve la cittadinanza onoraria dell’isola, per l’impegno dimostrato nei confronti degli immigrati che ogni anno a migliaia sbarcano sulle sue coste. Viviano non è nuovo a vicende, spesso pericolose, che lo vedono coinvolto al fianco di cittadini extracomunitari, come quella recente che ha avuto come protagonista un comandante e la sua nave: la Pinar. Da questa tragica storia è nata una pièce teatrale dal titolo “La porta della vita”, magistralmente interpretata da Filippo Luna e adattata teatralmente da Maria Elena Vittorietti. Lo spettacolo, già presentato in occasione della consegna al giornalista della cittadinanza lampedusana e che sarà riproposto al Salina Doc Festival, ripercorre passo passo le vicende di alcuni dei protagonisti che hanno vissuto questa tragedia. Dalla fuga dal proprio villaggio per paura – certezza in molti casi – di essere uccisi, alla PERCORSI 58 storie di frontiera traversata del deserto per raggiungere la Libia, agli stupri subiti dalle donne, all’imbarco su gommoni e vecchie carrette, che gli scafisti chiamano “barche” e da cui, quelli che non ce la fanno, bambini e donne per lo più, vengono gettati in mare come bucce di patate, fino all’incontro con il capitano Asik Tuygun, che tutti a bordo chiamano “Dio”, un uomo che ha seguito ciò che gli dettava il cuore, senza esitare nel mettere a repentaglio la sua vita, quella dei suoi uomini ed il suo stesso pane. Testimonianze forti ma vere, inverosimilmente salire a bordo della Pinar. Da qui, comincia a diffondere notizie e, come per miracolo, tutta l’Italia è sulla plancia con lui. Il comandante Asik Tuygun, rischia il posto di lavoro; il suo armatore è arrabbiato perché tutto questo ritardo nella consegna del cargo Il comandante Asik Tuygun, rischia il posto di lavoro, il suo armatore è arrabbiato perché tutto questo ritardo nella consegna del cargo rappresenta una notevole perdita economica... vere, raccolte dal giornalista che, venuto a conoscenza dell’incredibile vicenda di questa nave – all’ancora tra Malta e l’Italia, carica di oltre centocinquanta anime abbandonate a se stesse in balia di leggi e burocrati che si rimbalzavano responsabilità e doveri – decide di noleggiare un gommone e dopo 45 miglia di mare grosso, chiede di rappresenta una notevole perdita economica. Ma ormai anche se volesse, e non vuole, Asik non può muoversi. Intanto, sulla plancia della nave, il capitano, il suo equipaggio e 154 disperati, tra cui una ragazza diciottenne morta con il suo bimbo in grembo, aspettano da dieci giorni. Giorni in cui a bordo si rischia un’epidemia. 59 CULTURA PERCORSI CULTURA storie di frontiera Finalmente arriva l’autorizzazione all’ormeggio a Porto Empedocle. L’odissea è finita, almeno per Asik ed i suoi uomini. Un’altra comincia soltanto adesso per tutti gli altri. “Respingimento” è una parola nuova che in 154 impareranno presto. A Viviano non resta che continuare a diffondere le notizie, è il suo lavoro, lo fa bene; è il suo contributo alla giustizia, il suo tassello nel difficile puzzle per costruire un mondo migliore. Gli abbiamo chiesto di raccontarci una delle inchieste che lo hanno reso celebre, come inviato di frontiera... E lui racconta... «Mi occupo di clandestini da decenni. Quando lavoravo all’Ansa realizzai un servizio da Pantelleria di 70 righe che nessuno pubblicò ma, dopo qualche anno, quando il fenomeno era ormai all’attenzione di tutti, lessi una frase che avevo scritto in quell’occasione: “quando arrivano chiedono della stazione, ma l’unica stazione che c’è nell’isola è quella dei carabinieri...”. Cominciai a nutrire sempre maggiore interesse per l’argomento conducendo inchieste in Libia, Tunisia, raccontando il fenomeno e, soprattutto, facendo nomi e cognomi degli scafisti, alcuni “eccellenti” perché ufficiali in servizio dell’esercito libico o tunisino, che favorivano la tratta dei disperati. Mi ero introdotto nel centro di accoglienza di Lampedusa fingendomi extracomunitario e per questo sono stato denunciato e condannato per “dichiarazioni di PERCORSI 60 false generalità”; ero riuscito a raggiungere in alto mare la Capanamur bloccata in mare per 15 giorni con 35 clandestini a bordo. Quella sulle traversate dei clandestini era un’inchiesta che avevo intenzione di fare da tempo e così insieme al collega Luigi Pelazza delle “Iene”, incrociato mentre preparavo il servizio, decidemmo di partire. Nonostante una, comprensibile, iniziale diffidenza, da parte degli scafisti, l’esperienza mi aiutò ad avvicinarmi a loro. Trovai un contatto con il portiere di una malfa- mata pensione di Tunisi. Bastarono una cinquantina di euro perché mi fornisse il nome di un altro contatto il quale, a sua volta ben “oleato”, ci portò ad un altro e così via. Dopo una quindicina di passaggi – e quasi un mese di tempo – finalmente a Mahdia, tra Sousse e Sfax, contattammo lo scafista che ci avrebbe preso a bordo. Non capiva perché volessimo fare quel viaggio rischiando la vita, ma riuscimmo a convincerlo, e quando ebbe la certezza che non fossimo poliziotti e nemmeno agenti segreti, accettò, non senza storie di frontiera porre come condizione quella di farci pagare il doppio della tratta. Accettammo. Mansour, un omone di circa 40 anni, pescatore, ci portò in un casolare sulla spiaggia, dove trovammo una decina di clandestini. Erano per lo più poveri disperati, ma brutti ceffi. Con noi c’era anche una donna con due bambini di 3 e 4 anni. Un vero strazio. Da quel giorno cominciò la nostra odissea. Dormivamo in giacigli di fortuna, c’era un solo bagno alla turca che presto s’intasò. Per fortuna in giardino c’era un rubinetto con l’acqua ed in qualche modo ce la cavammo. Chiesi alla donna se sapesse nuotare e lei mi rispose di no. Mi disse che non era importante sapere nuotare. E quando le chiesi come avrebbe fatto nel malaugurato caso in cui la barca fosse stata travolta dalle onde e affondasse, con molta tranquillità e rassegnazione, mi rispose che tutto è scritto: “...se Allah vuole arriverò in Italia, in Europa, con i miei figli, se non vuole, vuol dire che ha deciso così. Quindi a cosa serve saper nuotare?”. Quella risposta mi mise in difficoltà e anch’io, a poche ore dalla partenza, cominciai a fare brutti pensieri, che si appesantirono ulteriormente la vigilia della partenza. Mansour aveva recuperato una barca e gli aveva montato su due motori fuoribordo. Naturalmente pensavo ai miei figli, anche a te che sei qui ad intervistarmi, a mia madre, a mia moglie alla quale avevo promesso che, appena partito, l’avrei avvertita con una telefonata. Non lo feci, non serviva a nulla. Qualche ora prima della partenza estrassi dal mio zaino un salvagente che avevo portato dall’Italia insieme ad una radioricetrasmittente e ad un telefono satellitare. Diedi alla donna il mio salvagente e lei lo indossò. La tensione nel covo era alle stelle e si fece incandescente, quando Ahmed, uno dei giovani clandestini, già una volta espulso dall’Italia, cominciò a protestare che anche lui non sapeva nuotare e che quel salvagente doveva indossarlo lui. Furono momenti drammatici in cui sarebbe potuta accadere qualunque cosa. In giro c’erano dei coltelli e lui ne CULTURA aveva sempre uno in tasca. Anch’io ne avevo uno che avevo portato per altri usi. Ebbi paura, tanta paura, ma gli altri clandestini si schierarono dalla mia parte e Ahmed desistette. Eravamo pronti, aspettavamo la telefonata di Mansour per dirigerci verso il punto in cui ci aspettava con la barca, quando si scatenò l’inferno. Fasci di luce di cellule fotoelettriche illuminavano la zona dell’imbarco, sentimmo anche dei colpi d’arma da fuoco. Il nostro covo era a trecento metri di distanza dalla spiaggia, spegnemmo tutte le luci ed attendemmo. Qualche ora dopo sentimmo rumori di motori di motovedette e di camion. Erano i militari tunisini che, probabilmente avvertiti da qualcuno, erano intervenuti sequestrando la barca ed arrestando due degli amici di Mansour che avevano organizzato tutto. Poco prima dell’ alba vedemmo spuntare Mansour, pieno di lividi e graffi su tutto il corpo, che ci disse di fuggire via veloci. Negli occhi della donna si leggeva la disperazione, ma anche tanta fede. “Allah questa notte non ha voluto, ma vedrete che prima o poi mi darà il via libera” ci disse mentre si allontanava con i suoi due figli uno dei quali portava una maglietta con su scritto in inglese “va dove ti porta il vento”. Racconto del giornalista palermitano che per realizzare un reportage sulle rotte dell’emigrazione clandestina si è finto extracomunitario infiltrandosi tra le fila dei “disperati” in attesa di espatrio. Nell’immagine centrale: Eugene Delacroix “Barca di Dante, 1822” 61 PERCORSI CULTURA espressioni d’arte Buenos Aires, Palermo,Venezia dentro la ragnatela di Saraceno Successo alla biennale d’arte per l’artista italo-argentino promosso dalla Fondazione Sambuca di Antonella Caradonna è nata a Palermo l’affascinante ragnatela di cavi elastici che alla Biennale di Venezia ha lasciato tutti estasiati, apparendo sui telegiornali nazionali e sulle pagine di quotidiani come il New York Times e l’Herald Tribune. Un’installazione che nella sua primordiale semplicità unisce bellezza, arditezza tecnologica e armonia. L’opera dell’artista argentino Tomas Saraceno si intitola “Galaxies Forming Along Filamens, Like Droplets Along the Strands of a Spider’s Web” (Galassie che si formano lungo filamenti, come goccioline lungo i fili di una tela di ragno) e raffigura su larga scala la tela di un ragno, ma è anche il modello dell’origine stessa dell’universo. Quali sono stati gli incontri e i luoghi che hanno determinato il suo percorso artistico? «Ho viaggiato molto e ogni paese posso dire, mi ha lasciato una traccia; la Germania, l’Argentina, ma anche lo Iuav di Venezia, dove ho trovato ottimi insegnanti, non solo italiani». PERCORSI 62 espressioni d’arte Quando mi chiedono di dove sono rispondo: del pianeta terra, finora... Quali sono gli artisti che lei considera un riferimento ? «Tanti, difficile sceglierne uno. Comunque senz’altro Thomas Bayrle, Olafur Eliasson, Dan Graham, Kyula Kosiche, R. B. Fuller, Sonic Youth e gli Ant Farm». nuovo buoni amici. La mia famiglia è di origine italiana, mio padre è di Milano, ma io sono nato in Argentina. Avevo poco più di un anno quando ci siamo ritrasferiti in Italia e dieci anni dopo nell’86 siamo tornati a Buenos Aires, dove nel frattempo era stata Lei appartiene a quel numeroso popolo di italiani che vivono fuori dai confini geografici della loro nazione. Quale considera la sua casa? «Quando mi domandano di dove sono rispondo: del pianeta terra, finora. Comunque oggi vivo a Francoforte e da quando sono tornato in Europa sono riuscito a farmi di ristabilita la democrazia. Un paio di anni fa sono tornato a vedere i luoghi della mia infanzia, la casa dove vivevo e giocavo, che si trova a Pasian di Prato, vicino Udine e dove vivono i miei cugini e i miei zii». Il segreto del suo lavoro? «La “mobilità”. Si può dire in italiano? Il segreto è non rimanere mai fermi troppo a lungo». 63 CULTURA PERCORSI CULTURA espressioni d’arte Come vede l’arte contemporanea italiana? «Non saprei giudicare, però quello che mi stupisce è che gli artisti italiani che mi piacciono davvero non vivono in Italia». Un giudizio sulla Biennale? «A Venezia sono stato felice, mi sentivo a casa, i miei genitori mi portavano sempre sulla laguna. La Biennale è stata bellissima, c’erano tante cose interessanti, ma l’opera che mi ha più colpito è stata senz’altro quella di Thomas Bayrle». A portare a Venezia Tomas Saraceno è stata, in sinergia con La Fondazione Garrone di Genova, la Fondazione Sambuca di Palermo, nata poco meno di un anno fa dal sogno di Marco e Rossella Giammona, imprenditori specializzati nel recupero del patrimonio storico monumentale. «La Fondazione Sambuca mira a portare a Palermo artisti, collezionisti e imprenditori amanti dell’arte, che in Sicilia vogliano investire, per far meglio conoscere al mondo quest’angolo di paradiso – dichiara il presidente Giammona, facendo appello agli italiani del mondo –. è un dovere di tutti gli imprenditori investire nell’arte. Nella nostra terra in particolare il binomio arteimpresa non è estraneo alle tradizioni, basta pensare a quello che i Florio hanno fatto cent’anni fa». Secondo il curatore della mostra, Paolo Falcone «...l’opera di Saraceno coniuga scienza, arte, architettura e ricerca spaziale ed è sintesi perfetta della futura programma- PERCORSI 64 espressioni d’arte CULTURA zione culturale della Fondazione Sambuca». Il successo riportato a Venezia incentiva i fondatori, che insieme al finanziere Fulvio Reina, dopo aver concluso un sodalizio con il museo regionale Riso, mirano a creare un arcipelago di luoghi espositivi definito “un sistema museale diffuso”. Una serie di spazi suggestivi e inconsueti che vanno da una Rolls Royce d’epoca, al pontile di un mercantile, passando per la cavallerizza di Palazzo Sambuca e finendo nell’ex fienile di uno dei palazzi nobiliari più preziosi di Palermo. «Tutto può essere trasformato in sede per l’arte contemporanea – conclude Falcone – arte e territorio devono dialogare, e da questo connubio nascerà una nuova Palermo» Nelle immagini di questo servizio: la straordinaria installazione di Tomas Saraceno 65 PERCORSI CULTURA italian style sognare Una favola che non smette di far “Journey to La Dolce Vita”. Un viaggio tra fotografia, musica, cinema e gusto per ricordare una declinazione di Italian Style. I proventi, ai bambini indigenti ed alle vittime del sisma in Abruzzo di Vita Augusta N ew York. Più che un film, “Vacanze Romane” è un vortice di emozioni e, in un certo senso, anche un modo di guardare alla vita, di assaporarne l’intensità. Sarà per questo che tre parole come “La dolce vita” continuano ancora oggi ad evocare un fascino indiscusso. Non soltanto in Italia. Questa declinazione dell’Italian Style è approdata infatti in uno dei luoghi più suggestivi degli Usa. Realizzato in collaborazione con l’Istituto italiano di cultura di New York, Rai Corporation, Enti e Istituzioni nazionali e statunitensi e Foedus USA, “Journey to La Dolce Vita” si è articolato in cinema, musica, fotografia. Dumbo è stato il quartiere scelto per l’evento: sotto il Ponte di Brooklyn, in una zona di artisti, di vecchie fabbriche e loft che ancora conserva il fascino di una New York mercantile e dimenticata.“Journey to La Dolce Vita” non è stato soltanto un evento glamour per rivivere una favola, ma un’occasione per raccogliere fondi in favore dei bambini PERCORSI 66 italian style Gli intervenuti hanno potuto gustare i migliori prodotti della tradizione italiana: prosciutto di Parma, taleggio, cappuccino, gelato artigianale... disagiati e delle vittime del recente terremoto in Abruzzo. La manifestazione ruotava intorno ad una mostra di immagini fotografiche di archivio sulla “Dolce vita” romana degli anni ’50 e ’60, curata da Renato Miracco, direttore dell’Istituto italiano di cul- l’Empire-Fulton Ferry State Park, gli intervenuti hanno assaporato i migliori piatti della tradizione italiana, dal prosciutto di Parma al taleggio, dal cappuccino al gelato artigianale. Al Brooklyn Bridge Park, si è esibita l’artista italo-brasiliana Rosalia de tura di New York. La mostra si è tenuta a Powerhouse Arena, nota casa editrice ed ente fondatore del prestigioso New York Photo Festival. Le immagini, inedite negli Stati Uniti, ritraggono famiglie reali, presidenti e star hollywoodiane durante le loro visite a Roma in quel decennio. Dopo la proiezione del film “Vacanze romane” nel Parco del Ponte di Brooklyn, Souza, sempre sul tema della “Dolce vita”. Alla performance si sono uniti altri artisti della scena internazionale, come Claudia Acuña, Dead Perez e molti altri. Da New York la mostra farà tappa in autunno anche a Miami, nel blasonato club “Casa Tua” di South Beach. Perché il sogno della Dolce Vita non smette di incantare. Nemmeno gli americani. 67 CULTURA PERCORSI CULTURA suoni d’origine La musica mantiene le radici L’Anfe porta la Sicilia ai nostri connazionali emigrati e chiama a raccolta artisti come Carmen Consoli, Mario Venuti, i Sun e gli Arancia Sonora. Perché per le strade di Buenos Aires si continui a cantare Ciuri ciuri di Antonella Caradonna M usica, teatro, cinema… C’è anche un côté artistico dell’Anfe. Mantenere le tradizioni, nutrire le radici, anche questo è compito dell’associazione, così quando per le stradine di Montevideo o Buenos Aires si sente canticchiare Ciuri ciuri ci si rallegra perchè l’obiettivo è stato raggiunto. Grazie alla collaborazione di artisti del calibro di Mario Venuti, Carmen Consoli, Sun e Arancia Sonora, la musica ha gettato un ponte alle nostre comunità d’Oltreoceano, soprattutto ai giovani, lanciando un messaggio forte di appartenenza alla terra di origine. “Mi piace pensare all’emigrazione come a un valore aggiunto. Gli italiani hanno portato la ricchezza dei loro costumi, la lingua, la letteratura, l’arte e la cucina nei paesi di adozione”. Parla così Carmen Consoli, che abbiamo incontrato in Argentina, una delle tappe estere del suo spettacolo Eva contro Eva. PERCORSI 68 suoni d’origine Cosa significa cantare per un pubblico siciliano in un paese che non è la Sicilia? «Io amo le contaminazioni, il mio spettacolo è una contaminazione di generi, un dialogo fra teatro e musica con monologhi di Emma Dante con degli impianti armonici e melodici di altissimo livello». La musica si può utilizzare come strumento per custodire le radici? «Sì e anche di più. La musica può essere anche uno strumento politico. Politico non partitico, nel senso scritti per Simona Malato. Cantare all’estero mi offre la possibilità di vedere come i siciliani hanno contaminato il luogo in cui si sono stabiliti. A Buenos Aires ho inserito alcune canzoni in dialetto siciliano proseguendo il cammino che vede il recupero della canzone popolare siciliana. La nostra cultura possiede una ricchezza di testi e di musiche straordinaria di uno strumento per portare avanti ideali. La politica, nella sua espressione più nobile di servizio ai cittadini, diventa il linguaggio comune di tutti i popoli e, come tale, luogo di convivenza pacifica e armoniosa di svariate umanità, diverse tra loro per razza, sesso, idee e religione». CULTURA Crede che la musica possa cancellare i confini segnati sul planisfero? 69 PERCORSI CULTURA suoni d’origine «Come diceva Baudelaire la musica evoca, rimembra. Tutte le arti hanno il potere di evocare sensazioni ed emozioni, riportare alla mente una terra lontana, un sapore, un odore, un amore perduto. Guardando un film, visitando un paese torna alla mente una musica. L’arte riesce a radunare tutti sentimenti confinati nel sottobosco della nostra razionalità». La cantantessa, che incontriamo in uno dei suoi tour all’estero, ci parla della forza evocatrice delle note, «portatrici di ricordi, sapori, di una terra ormai lontana» e la commozione si fa palpitante quando sulla platea piena di emigrati dal palco piovono gocce di poesia siciliana PERCORSI 70 Quanto si sente portatrice di cultura siciliana? «Ognuno di noi è portatore di una cultura. Noi italiani lo abbiamo nel dna, siamo portatori di cultura e di bellezza. Ma la cultura è un’autentica risorsa economica ed è un peccato che le istituzioni non se ne rendano conto e si lascino sfuggire giovani artisti talentuosi, che vanno via dall’Italia alla ricerca di una terra che ospiti le proprie idee, le proprie arti. Io mi sento portatrice della cultura siciliana, non solo all’estero, ma anche in Italia, in Sicilia, a Palermo, nella mia Catania. Noi abbiamo provato vergogna, per troppo tempo, della lingua siciliana, non rendendoci conto di quanto sia poetica e per questo nota in tutto il mondo. Le poesie di Buttitta, di Pitré, l’intera antologia siciliana è intraducibile. Ho viaggiato tanto, per certi versi mi posso considerare un’emigrante anche io, anche se non sono stata costretta a lasciare la mia terra per trovare fortuna. La mia Eldorado io l’ho trovata proprio a Catania. Nessuno voleva produrmi, mandai provini dappertutto, a Milano, a Roma, senza nessun risultato, eppure quei provini erano di canzoni che poi han- no raccolto vasti consensi. Alla fine mi produsse un catanese. Oggi vivo tra la Catania e Parigi, ma nella mia città torno sempre, non posso stare lontana dall’Etna, per me la Sicilia non è un punto di partenza ma di ritorno». Crede che per gli emigrati la Sicilia possa essere, allo stesso modo, un punto di ritorno e non di partenza? «Noi siciliani siamo sempre in procinto di partire. Come diceva mia nonna “nuatri ama a partiri, siempre. Fino a ottant’anni si tu rici a na fimmina ri partiri idda si fa i valigi”. Poi, però, davvero, non ci riesce». Ma la voglia di tornare? «Non parlerei di un senso letterale del termine. Direi, piuttosto, che ritorniamo ad un sentimento, ad una sensazione che noi siciliani riusciamo a creare in ogni luogo dove ci trasferiamo. Creiamo la nostra Sicilia nel luogo che scegliamo come dimora. L’Argentina poi è talmente simile al nostro paese che la lontananza si sente meno, non funziona allo stesso modo, se si va a vivere in Danimarca». Quale messaggio vuole dare ai giovani emigrati siciliani? «Di creare valore. Noi giovani siamo capaci e bravi a creare valore. Perché ci innamoriamo delle cose, delle persone, dei mestieri. Mettiamo energia e passione in tutto ciò che facciamo. Come si dice dalle nostre parti “ni ittamu cu tuttu u sceccu”, ci buttiamo a capofitto in ogni cosa che facciamo, senza freni, senza badare alla stanchezza e ai sacrifici che ciò comporta». Soggiorni mare in pensione completa Spiaggia riservata Centro benessere Ricevimenti e banchetti Sport e animazione Congressi, meetings. incentives Tour virtuale ed offerte speciali su www.florioparkhotel.it FLORIO PARK HOTEL C.da Magaggiari - 90045 Cinisi-Terrasini (PA) tel. 091 8684222 - fax 091 8682019 [email protected] CULTURA Sicilia in pellicola SiciliaFilmFestival festeggiato a Miami il quarto compleanno di Carla Incorvaia F ranco Nero, David di Donatello come miglior attore protagonista in “Il giorno della Civetta” (1968) di Damiano Damiani anche quest’anno, per la seconda volta, è ospite del SicilianFilmFestival, alla sua quarta edizione. Già invitato l’anno scorso per il premio alla carriera, Franco Nero, attore di ben 12 film tutti girati in Sicilia, ha accettato di tornare in America come ospite d’onore del Sff, un intero festival dedicato alla Sicilia, durante il quale è stato proiettato «Dicerie dell’untore» tratto dall’omonimo romanzo di Gesualdo Bufalino. Lo abbiamo raggiunto a pesca nella baia di Miami Beach in Florida, alle prese con un branco di barracuda. «Ho sempre avuto un bellissimo legame con la Sicilia, nato a Partinico quando giravo “Il giorno della Civetta”, con Claudia Cardinale. L’anno dopo, Damiani mi ha di nuovo chiesto di lavorare con lui, questa volta in “Confessioni di un commissario di polizia al procuratore della Repubblica”, il film italiano più venduto al mondo. Ho interpretato il ruolo di un magistrato, il giudice Falcone. Anche “Dicerie dell’untore”, “Gente di rispetto” di Luigi Zampa, tratto dal romanzo siciliano di Giuseppe Fava e “L’escluso”, sono stati realizzati in Sicilia. E devo dire che tutti i film girati in Sicilia sono sempre andati benissimo. La Sicilia mi porta bene. A Palermo ero ospite di Donna Silvana Paladino, che ha una antica e splendida residenza vicino Villa Igea. Conservo dei bellissimi ricordi, party e feste con amici e persone conosciute sul posto. Quest’anno ho accettato di tornare al SicilianFilmFestival perché è PERCORSI 72 piccolo in quanto familiare, ma grande per i bellissimi film da far vedere agli americani». Non mente Franco Nero, il legame c’è ed è forte. Ogni anno torna in Sicilia, «Vado a Capo D’Orlando a pescare i “surici”» ci confessa. Consolidata vetrina americana della cinematografia siciliana, il SicilianFilmFestival, si è tenuto alla Miami Beach Cinematheque col patrocinio dell’Assemblea Regionale Siciliana. Il SicilianFilmFestival promuove oltreoceano la cultura e il cinema siciliano, che non mancano di offrire attrattive e sorprese e rende omaggio ai siciliani o oriundi siciliani, che hanno fatto parte della storia del cinema mondiale. Ma anche i non siciliani possono aspirare ad un omaggio del festival. In occasione della sua IV edizione il premio come miglior regista è stato vinto da Marco Amenta per “La siciliana ribelle”. Alla protagonista del film, Veronica D’Agostino, è andato il riconoscimento come migliore attrice. La pellicola si era già aggiudicata due candidature ai David di Donatello (miglior regista esordiente e David Giovani). Il SicilianFilmFestival ha il merito di avere per primo evidenziato in tutto il mondo l’esistenza di un vero e proprio “cinema siciliano” e la sua internazionalità. Numerosissimi i film giunti per le selezioni da parte di produzioni italiane e straniere. La MGM ha inviato da Hollywood il celebre film “Vestito per uccidere” di Brian De Palma e prodotto dal siciliano George Litto, a cui il festival ha dedicato un incontro, per raccontare la sua fortunata carriera. Nella sezione competitiva, Sicilia in pellicola Foto da www.sicilianfilmfestival.com ecco alcuni titoli di sicuro interesse: “I Viceré”, grande trasposizione del romanzo omonimo di Federico De Roberto ad opera di Roberto Faenza; “Cover Boy” di Carmine Amoroso, il film italiano più premiato ai festival internazionali, prodotto tra gli altri, da Augusto Allegra, che ha tenuto una conferenza sulla produzione cinematografica siciliana; film di giovani autori siciliani, come Lisa Romano (“Se chiudi gli occhi”). Numerosi inoltre i documentari, alcuni presentati da Gambero rosso, sulla tradizione culinaria, tra cui “Street food” e uno dedicato al Principe Alliata, e ancora “Il mare come il vino”, di Luigi Valente sulla tonnara di Favignana, e altri ancora sulla Sicilia di Vincenzo Consolo e su varie feste e celebrazioni in terra di Sicilia con riprese a Palermo, Trapani, Selinunte, Marsala, Mozia, Ustica, Sant’angelo Muxaro, San Biagio Platani, Prizzi, Terrrasini, Cinisi, San Martino delle Scale, Etna, Acitrezza, Siracusa, Vara ed altri luoghi. Anche quest’anno “La Sicilia di Montalbano” è stata uno degli eventi speciali (con la collaborazione di Antonio Bruni, responsabile RAI per i festival internazionali) che per la seconda volta ha portato al pubblico americano la nuova serie della fiction televisiva interpretata da Luca Zingaretti dal titolo “La Luna di Carta” e tratta dai romanzi di Andrea Camilleri. Una giuria internazionale ha assegnato per i lungometraggi un premio per il miglior film, la migliore regia, i migliori interpreti e il miglior contributo tecnico; numerosi i cortometraggi firmati da alcuni giovani autori, giunti a dimostrare la vitalità e il futuro del cinema siciliano; in esclusiva i sei cortometraggi finalisti CULTURA della sezione corti siciliani del Festival di Taormina, diretto da Deborah Young. Il SicilianFilmFestival, di cui lo scultore Emanuele Viscuso è creatore e presidente e il cui direttore artistico è Salvo Bitonti, regista teatrale e cinematografico e docente di Storia del Cinema e Regia a Torino, sta facendo conoscere e apprezzare la Sicilia in tutto il mondo. A Tegucigalpa, Honduras, col supporto dell’Ambasciata Italiana si realizzerà un evento dedicato al festival in cui verranno proiettati il film “Lettere dalla Sicilia” di Manuel Giliberti, il cortometraggio “Fedra” di Salvo Bitonti e il documentario “Storie di Sicilia” di Sasà Salvaggio già premiati in altre edizioni del festival. Tra le altre novità, è allo studio una SicilianFilmFestivalWebTV che, fin dalla prossima edizione dovrebbe essere presente con le sue telecamere. Ricordiamo che alla sua seconda edizione, il sindaco di Miami Beach ha ufficialmente proclamato un SicilianFilmFestival Day e concesso le chiavi della città al suo creatore Emanuele Viscuso che, promotore a tutto campo della cultura siciliana, ha già creato direttamente in Sicilia anche il Festival Internazionale di Musica d’Organo nelle Chiese dello Storico Principato di Castelbuono (F.I.M.O.) la cui prima edizione, promossa dallo stesso tipo di comunicazione di un festival cinematografico internazionale, è stata di grande successo. Il presidente Emanuele Viscuso ha confermato la direzione artistica di Diego Cannizzaro anche per la seconda edizione del FIMO dall’8 al 14 settembre 2009. «Per un italiano all’estero – dice Emanuele Viscuso, scultore palermitano vissuto a Milano e poi trasferitosi a Miami – un festival di questo tipo è quasi uno shock. La Sicilia è sempre e solo stata al centro dell’attenzione per il solito luogo comune. Un intero festival destinato a un pubblico internazionale e dedicato all’Isola, alla sua cultura e creatività, alla sua poesia e alla storia della Sicilia, al suo cinema al di fuori dello scontato tema mafioso, sono un inatteso dono alla mia Regione. Un regalo ai siciliani e a tutti gli italiani, abituati per certi versi a vergognarsi un po’ di questa sorella così particolare. Il SFF non è un fenomeno squisitamente locale, ma ne parla il mondo intero. Ci giungono richieste di riproporlo ovunque, persino in India, in Siria e in Egitto». 73 PERCORSI CULTURA Dalla Sicilia all’Alaska Pescatori leggendari di Carla Incorvaia T utto è iniziato con un panino al salmone. Perché a Enzo Incontro, direttore del Plemmirio, l’area marina protetta di Siracusa di cui è considerato pioniere e per otto anni consulente subacqueo per il programma Rai “Linea Blu”, mentre si trovava a Punta Bassana a Marettimo, per delle riprese, ad un certo punto è venuta fame. E per soddisfare l’appetito si è rivolto ai pescatori del posto. Gli hanno consegnato un panino con il pregiatissimo pesce. «Mi sono subito chiesto da dove fosse arrivato – racconta Incontro –; mi hanno detto: lo peschiamo noi da più di 100 anni» ed ecco come nasce la storia “Il mare di Joe, dalla Sicilia all’Alaska”. Il docu-film narra la vita dei pescatori siciliani in trasferta negli Stati Uniti per la pesca di una specie di salmoni fra le più pregiate al mondo, quello rosso, il sockeye. Il progetto, costato 120 mila euro, è stato realizzato grazie a una coproduzione di Scubafilm e Anfe, l’associazione nazionale famiglie emigrati ed è stato presentato in anteprima mondiale a Marettimo, nello scorso mese di giugno. «Ci sono ancora comunità di marettimani che vivono negli Stati Uniti, più di mille a Monterey, in California, PERCORSI 74 che ogni anno, per quindici giorni, pescano il salmone sockeye in località come Coldbay, nella baia di Bristol, nelle acque più fredde dell’Alaska, di fronte le isole aleutine, a Naknek. Ci sono le famiglie: i Guerra, i Bonanno, gli Aliotti e i Campo che provengono anche da Isola e Trapani. I più grossi commercianti di pesci sono di Augusta, i Trincali: parlano siciliano antico e americano». La fotografia del documentario è stata curata da Marco Mensa, della Ethnos, una società di produzione di Bologna di cui fa parte anche il fonico Maurilio Quadarella. «Ci sono voluti due anni di ricerche e sopralluoghi – continua Enzo Incontro – e di collegamenti via Skype. Ma ce l’abbiamo fatta. La pesca dura cinque settimane, da giugno a luglio, e ogni anno partono flotte di giovani. Il business della pesca è alto e può arrivare anche a 100 mila dollari. Inoltre l’attività è rigidamente regolata dall’autorità preposta alla pesca la “Fish and game”, che gestisce in maniera ferrea il regime di cattura e apre la pesca soltanto quando i biologi hanno constatato che il numero di salmoni che risalgono è quello giusto per assicurare la continuità della specie». Le riprese sono durate tre mesi fra Marettimo, California e Alaska. Il personaggio della storia è Joe Bonanno, 63 anni. Dalla Sicilia all’Alaska Questi uomini sono la forza della pesca al salmone in Alaska. E sono siciliani... Vive a Monterey da più di 40, anche se il suo cuore è a Marettimo. «La cosa più sconvolgente – dice il direttore del Plemmirio – è vedere la preparazione di cibarie e vivande. La loro è una cucina prettamente mediterranea. Preparano cous cous e arancini e mangiano negli alloggi. La pesca è intensa e l’apice è il 4 luglio, CULTURA quando per orologio biologico c’è il più alto numero di catture. Con il primo pescato si prepara il salmone “a ghiotta”, con patate olive e pomodoro, ricco di omega». Grazie all’Anfe e al lavoro di Enzo Incontro della Scuba film e di Marco Mensa della Ethnos di Bologna “Il mare di Joe, dalla Sicilia all’Alaska” farà il giro del mondo. 75 PERCORSI CULTURA appuntamento eoliano Terzo ciak per il SalinaDocFest Dal 18 al 27 settembre, apre i battenti la kermesse diretta dalla regista Giovanna Taviani. Tra cinema, musica, scrittura e teatro di Alessia Franco T erza edizione per SalinadocFest, il festival del documentario narrativo ideato e diretto da Giovanna Taviani. Una scommessa vincente, quella di organizzare una rassegna nel cuore dell’arcipelago eoliano che, più di una volta, è stato protagonista indiscusso della storia del cinema. Quest’anno, immagini suoni e realtà del Mediterraneo si alterneranno, dal 18 al 27 settembre, attraverso un percorso itinerante dell’isola, che si articola in diverse sezioni. Della sezione cinema fanno parte il concorso “Il mio paese: gli invisibili” e “Reperti di memoria”, spazio riservato alla proiezione di documentari di grandi nomi del cinema italiano e straniero, quest’anno dedicato al grande Roberto Rossellini. Ancora, la sezione “Finestra sul presente” è incentrata sulla produzione documentaristica di giovani cineasti già PERCORSI 76 appuntamento eoliano affermati che, al termine della proiezione del loro film, terranno un incontro-lezione. Riservata esclusivamente al pubblico isolano è la tre giorni “Documentiamoci”, che vota e premia il miglior documentario tra alcuni grandi titoli prestigiosa Mostra Internacional de Cinema de Sao Paulo. Altra importante sezione della rassegna è quella dedicata alla letteratura, su scrittori e intellettuali che si sono distinti per il loro impegno civile al confine tra letteratura e ci- concorso di fotografia documentaria e uno di scrittura creativa. Rilevante, inoltre, la conferenza internazionale – organizzata da Anfe con la collaborazione di Onu e Save the Children – sul dramma dei bambini fantasma, i minori non contemporanei che hanno contribuito a ridefinire il genere. “Sguardi sul cinema italiano” è, invece, la sezione dedicata ai giovani registi italiani, che mescolano elementi documentaristici al cinema di finzione. Nella “Sezione speciale cinema”, invece, John Turturro presenterà il suo nuovo documentario sulla Sicilia. Continua, poi, il gemellaggio con la nema. La sezione “Teatro e musica” prevede, inoltre, la presenza della drammaturga Emma Dante, che dialogherà con Polifemo e del cuntista Mimmo Cuticchio, alle prese con Ulisse. Salinadocfestival è anche un importante appuntamento punteggiato da workshop per insegnanti, masterclass sul documentario, un accompagnati che sbarcano sulle coste italiane. Numerosi gli ospiti di prestigio che si alterneranno nel corso di questa terza edizione: tra questi, oltre ai già citati, Vincenzo Pirrotta, Dacia Maraini, Vittorio Taviani, Carlo Lucarelli, Isabella Rossellini, Wu Ming. CULTURA www.salinadocfest.org 77 PERCORSI CULTURA appuntamento eoliano Giovanna, il festival e la sua anima Studiosa di letteratura contemporanea, saggista e nota critica del cinema, Giovanna Taviani, ha già attirato l’attenzione del pubblico con i primi suoi due documentari “I nostri trent’anni: generazioni a confronto” presentato nell’ambito del Torino film festival e “Ritorni”, presentato a Roma nel 2006 S di Rossella Catalano ubito dopo la laurea in letteratura, è entrata a far parte della redazione di “Allegoria”, rivista di teoria e critica letteraria diretta da Romano Luperini. Il suo immenso desiderio di narrare le fa superare qualunque confine e barriera. Nel 2007, organizza a Salina il primo festival del documentario narrativo, il SalinaDocFest, esordendo con ottimo successo di critica e di pubblico. Riproposto nel 2008 con altrettanto successo, torna anche quest’anno con un programma ricco di incontri e iniziative. Il SalinaDocFest ha esordito appena due anni fa con un’ottima risposta da parte della critica. Cosa è cambiato quest’anno e, soprattutto, pensa di aver raggiunto gli obiettivi che si era prefissata? «Sin dalla prima edizione, il Festival ha ricevuto una buona risposta mediatica certamente dovuta al fatto PERCORSI 78 che abbiamo offerto una proposta culturale più ampia. Il Salinadocfest non vuole essere una vetrina mondana ma vuole proporre un turismo culturale sostenibile attraverso la creazione di un luogo ideale, che sia anche un’officina di riflessione sul documentario. Salinadocfest è infatti, prima di tutto il festival del “cinema del reale”, dedicato alla nuova produzione documentarista che in Italia, a differenza di altri paesi, non trova una distribuzione capace di darle visibilità sugli schermi del circuito nazionale. Il documentario ha lo scopo di ricostruire la realtà attraverso uno sguardo personale ». Nell’edizione 2008, tra i dieci film in concorso, la metà ha avuto come tema l’emigrazione e anche quest’anno un considerevole spazio è dedicato allo stesso tema. «L’anima del festival è stata proprio l’emigrazione. Tutti sappiamo che l’emigrazione è ancora oggi una condizione reale ed oggettiva ma non dimentichiamo che è anche una condizione soggettiva interiore. La condizione del migrante oggi è propria dell’intellettuale del terzo millennio, che vede nella scrittura un’ancora di salvezza per rivendicare la propria identità. Io stessa mi sento una eterna emigrante, esiliata ed estraniata, rispetto ad una società in cui spesso non mi identifico». Anche quest’anno continua la partnership cinematografica tra Salina e San Paolo. Cosa ha ispirato questa unione e, soprattutto, cosa hanno in comune due popoli cosi lontani? «Terra di fughe e di approdi, di esili e partenze, il Brasile, come le Eolie, appartiene alla storia degli uomini che conoscono il dramma dell’emigrazione e dell’esilio dalla propria terra. Per questo abbiamo pensato ad un gemellaggio con un paese così lontano geograficamente. Vi è, inoltre, una tradizione cinematografica brasiliana di cui il festival di Salina non può non tener conto (un nome per tutti, Glauber Rocha) e una nuova generazione di documentaristi brasiliani che sta tornando con forza a raccontare le atroci verità di un paese dove il dramma dei desaparecidos aspetta ancora di trovare giustizia». Nella sezione dedicata ai convegni, anche quest’anno l’Anfe organizza, una conferenza internazionale dal tema “ I bambini Fantasma”. Quanto, secondo lei, l’opinione pubblica è sensibile al dramma dei minori non accompagnati che sbarcano sulle coste italiane? «Il tema dei bambini fantasma non accompagnati che, ogni anno, dopo essere sbarcati nelle nostre coste si perdono nelle capitali d’Europa per trasformarsi in fantasmi invisibili, è un tema di urgentissima attualità su cui l’opinione pubblica dovrebbe concentrare di più la propria attenzione. Il cinema documentario delle nuove generazioni sente molto questo problema e, spesso, sceglie questo come soggetto privilegiato (penso ai casi di Costanza Quatriglio, documentarista palermitana, ed al suo “Il mondo addosso”, o al “Paradà” di Pontecorvo, figlio di Gillo, un altro maestro del cinema italiano, che potrebbero essere proiettati al festival di Salina al termine della conferenza internazionale organizzata dall’Anfe). Molte le proposte culturali e molti gli ospiti presenti in questa nuova edizione 2009 del SalinaDocFest». Può anticiparci qualcosa? Ha già in mente un ospite in particolare di cui vorrebbe parlarci? «La novità della terza edizione riguarda l’apertura al Mediterraneo ed a tutti quei Paesi che condividono con il nostro Paese, in particolare con la Sicilia, abitudini, cultura e tradizioni. Ospite della prossima edizione sarà la Spagna, cui dedicheremo un focus specifico sul documentario, a partire da un omaggio al grande maestro del cinema spagnolo Bunuel. L’intento è quello di creare una rete euromediterranea, fatta di scambi e di incontri, che si estenda dalla riva nord alla riva sud del Mediterraneo, fino al nord Africa e ai paesi del Medio Oriente. In questa direzione, il Comitato di Onore del festival, ha deciso di assegnare per la nuova edizione del festival il premio letterario allo scrittore pakistano emigrato in Inghilterra Mohsin Hamid, per “Il fondamentalista riluttante”. Dagli Stati Uniti aspettiamo invece conferma per un invito ad alcuni illustri personaggi del cinema (di cui per scaramanzia non faccio i nomi) che potrebbero essere presenti al festival per i sessanta anni dal film “Stromboli, Terra di Dio” di Roberto Rossellini, cui il Salinadocfest renderà omaggio». 79 PERCORSI SPECIALE isole minori Isoledell’Isola Eolie Un arcipelago unico, disseminato di storie incredibili come i nomi di luoghi e contrade In queste isole prese dimora Eolo, to il versante orientale dell’isola delle eriche, che digrada all’arcipelago. Secondo la mitolo- dolcemente verso il mare. Da non perdere la piccolissima riusciva a prevedere i capricci del tempo dalla forma delle nubi sbuffate dallo Stromboli. Un rapporto con il mito e la natura molto diretto, dunque, che con il passare dei secoli è diventato la cifra distintiva 80 to a forti flussi migratori del dopoguerra. è abitato soltan- dio dei venti, che diede il nome gia greca, Eolo viveva a Lipari, e PERCORSI Alicudi conta appena un centinaio di abitanti, in segui- Contrada Agurbio, una frazione formata solamente da cinque case, che prendono il nome dei cinque sensi. A Filicudi l’energia elettrica è arrivata nel 1986. Soltanto a partire da quell’anno, l’isola ha visto il diffondersi in massa di televisori ed elettrodomestici, oltre che un notevole impulso turistico. In quest’isola, a Fossetta, lo scultore Jacques Basler organizza una effervescente Biennale d’arte. Sede del Museo archeologico eoliano, Lipari è abitata di Alicudi, Filicudi, Lipari, Panarea, fin dall’antichità. Nel 1544, l’isola fu testimone di un de- Salina, Stromboli e Vulcano. vastante saccheggio e di una deportazione di massa: il Isoledell’Isola Eolie turco Kaireddln Barbarossa approdò al Porto delle Genti (una frazione di Lipari), rase al suolo la città e condusse gli abitanti in schiavitù nelle sue terre. L’isola di Panarea è un arcipelago nell’arcipelago: comprende, infatti, gli isolotti di Basiluzzo, Spinazzola, Lisca Bianca, Dattilo, Bottaro, Lisca Nera e gli scogli dei Panarelli e delle Formiche. A metà del Cinquecento, l’isola soffrì molto a causa delle incursioni dei pirati. Ne resta traccia nella toponomastica: la baia e la contrada di Drautto prendono il nome dal pirata Drauth. Dopo un lungo periodo Panarea durante il quale rimase quasi disabitata, si riprese a coltivarla, evitando però la presenza di donne e bambini per timore di nuove incursioni. Salina è la più fertile isola delle Eolie e la più ricca d’acqua. Tra le uve pregiate che vi si coltivano, quelle da cui si Panarea ricava il celebre vino dolce Malvasia, apprezzato in tutto il mondo. Fu proprio in quest’isola incontaminata che Massimo Troisi girò il suo ultimo e indimenticato film, “Il Postino”, che diede un’ulteriore spinta al turismo. Il nome di Stromboli deriva dal greco e significa ro- tondo, dalla forma perfettamente circolare del vulcano. Lo Stromboli viene chiamato dagli isolani “Struògnoli”, Alicudi ma quando è attivo e la sua eruzione spaventa, l’appellativo frequente è “Iddu”, Lui, quasi a testimoniarne l’ance- Lipari strale natura divina e indomabile. Vulcano nasce dalla fusione di tre crateri: Vulcano della Fossa. Vulcanello, Monte Aria, oggi completamente inattivo, e Monte Saraceno. Secondo la mitologia greca, qui sorgevano le fucine di Efesto, dio del fuoco e fabbro degli dei, coadiuvato dai ciclopi. Il corrispettivo romano di Efesto è Vulcano, da cui l’isola prende il nome.. 81 PERCORSI SPECIALE isole minori Isoledell’Isola Egadi Una farfalla sul mare, per un volo sulle Egadi Il nome di questo arcipelago a due passi da Trapani signifiAffascinanti, aspre e ammantate di verde e di tufo dorato. Benvenuti in questo arcipelago tutto da scoprire. Non solo sott’acqua. ca “favorevole, propizio”. Non potrebbe essere altrimenti, viste la mitezza del clima, la pescosità del mare e la quantità infinita di calette, grotte, anfratti. Gli uomini amarono le Egadi fin dall’Età dei metalli, lasciandovi preziosissime testimonianze. L’arcipelago comprende Favignana, Levanzo, Ma- rettimo e due grandi scogli, disabitati, Maraone e Formica. Placidamente distesa sulle acque, quasi a volersi riposare da estenuanti fatiche, Favignana, la più grande delle isole, prende il suo primo nome proprio da Aegusa, perché la sua forma ricorda quella di una farfalla con le ali spiegate. Dorata dal tufo di cui è fatta, punteggiatata da una vegetazione che cade a strapiombo su pendii e precipizi, PERCORSI 82 Isoledell’Isola Egadi l’isola è frequentata per quel suo mare cristallino che ha dell’incredibile e, in primavera, per la mattanza, la pesca del tonno, accompagnata da canti propiziatori, le cialome, che ne fanno un rito senza tempo. Levanzo è un piccolo gioiello poco distante da Favignana, con il suo porticciolo, il suo raccolto paesino e un turismo dedicato esclusivamente a chi ama avere un rapporto diretto,senza fronzoli e orpelli, con la gente e con la natura. Un rapporto, una comunicazione, che sembrano provenire dal neolitico e dal paleolitico, come testimoniano i graffiti della Grotta del Genovese, in cui due epoche storiche convivono. Sono molto di più che testimonianze, è un dialogo iniziato da uomini in tempi incredibilmente lontani. Immersa in acque cristalline, Marettimo è l’isola più montuosa e verdeggiante delle Egadi. Le sue rupi scoscese e le sorgenti di acqua incontaminata la rendono un paradiso non sono per gli amanti del mare, ma anche per chi apprezza il verde, la botanica (innumerevoli le specie vegetali che accoglie) e un turismo diverso. Marettimo fu molto amata anche dai romani, come testimoniano i reperti dell’isola. Da non perdere la chiesetta normanna. Nelle foto di queste pagine: (di Bruno D’Andrea) Favignana 83 PERCORSI SPECIALE isole minori Isoledell’Isola Pelagie Colorato e ricco di vegetazione, allo stesso tempo brullo e intenso, questo arcipelago fa innamorare proprio tutti. Uomini e animali... Lampedusa, Linosa e Lampione. Le isole Pelagie sembrano unire in un abbraccio le coste tunisine e quelle siciliane: politicamente PERCORSI 84 Te ne accorgi non appena metti piede a Lampedusa, splendido scrigno eletto dalla natura come custode di una specie delicata come la tartaruga Caretta Caretta. Nell’isola dei Conigli, le tartarughe depongono abitualmente le uova. La vegetazione di Lampedusa, tipicamente africana, ha fanno parte dell’Italia, geografica- tre tipi di ambiente: la steppa, che copre la parte pianeg- mente dell’Africa, con vegetazione giante dell’isola, la prateria, che occupa i valloni, e la gari- brulla e coste alte e frastagliate. ga, presente in valloni e cale del versante nord. Isoledell’Isola Pelagie Nelle immagini di queste pagine: Lampedusa Un’isola dolce e dal carattere difficile ma genuino, che ha fatto innamorare personaggi del calibro di Domenico Modugno e Claudio Baglioni, che dal 2003 organizza O’ Scià, un concerto-evento per sensibilizzare l’opinione pubbloica sull’immigrazione clandestina e le storie di disperazione e solidarietà che porta con sé. Raccolte su uno scoglio lavico, in un’esplosione di colore, fanno bella mostra di sé le particolarissime abitazioni di Linosa. Un colpo d’occhio, come se gli abitanti non si fossero rassegnati al monocromatismo scuro della loro terra e avessero voluto darle allegria e leggerezza. Un’allegria che si espande con l’amore degli abitanti per la musica: I primi 33 coloni, infatti, portarono con sé fisarmonica, chitarra e tamburello: e da allora non c’è ricorrenza in cui non si balli e non si canti. 85 PERCORSI SPECIALE isole minori Isoledell’Isola Pantelleria Simbolo di una sinergia perfetta tra uomo e natura, Pantelleria racchiude paesaggi unici e mari incontaminati, rocce nere e una rigogliosa vegetazione Ph. Bruno D’Andrea Quest’isola Pantelleria…isola dalle infinite storie, dai nomi dei luoghi che evocano racconti millenari, in cui convivono realtà e mito. Il più delle volte, a raccontare queste storie è il vento. Il nome arabo dell’isola è, infatti, Qawsarah o Bent-el-Rion. Figlia del Vento, appunto. Pantelleria è invece un appellativo di origine tardo greca o bizantina e significa Terra carica di offerte…che la dice lunga sulle infinite declinazioni attraverso cui si conosce e si ama questo lungo scoglio così prossimo all’Africa il suo mare, i laghi e la sua pietra lavica. PERCORSI 86 “Figlia-del-Vento” è ancora oggi una splendida dimostrazione di come natura e uomo possano convivere, addirittura completandosi. Incastonati nel paesaggio di pietra scura di Pantelleria, lavico e verdeggiante, accarezzato dal vento, interrotto dal mare e da conche d’acqua, l’uomo ha costruito i caratteristici muri a secco che percorrono l’isola in lungo e in largo; i “jardini”, costruzioni cilindriche molto caratteristiche, che proteggono dai venti e dalla salsedine gli alberi di agrumi. E i “dammusi”, simbolo dell’isola: fabbricati cubici in pietra lavica, con aperture ad arco a tutto sesto e tetti bianchi a cupola, per raccogliere l’acqua piovana. Stanchi delle opere, pur discrete, dell’uomo? Allora andate dritti allo “Specchio di Venere”, il lago dalle acque verdi che ospita una sorgente sulfurea. Si narra che Venere si specchiasse qui di continuo per confrontare la sua bellezza con quella di Psiche, sua eterna rivale. Altro luogo della natura, altra storia: la splendida “Balata dei Turchi”, largo e piatto scoglio protetto dal vento, un tempo l’approdo preferito dai saraceni per approdare indisturbati nell’isola. Un approdo, tra l’altro, assolutamente inebriante per i profumi degli alti cespugli di ginestra selvatica e pini odorosi. isole minori SPECIALE Isoledell’Isola Ustica Ph. Riccardo Cingillo Mito e storia si fondono fino a confondere il limite tra l’uno e l’altra in questa piccolissima isola la cui inebriante bellezza è sopra e sotto l’acqua Altri miti parlano invece di altre ossa: quelle degli sventurati naviganti che, ammaliati dalla bellezza e dal melodioso canto delle sirene di Ustica, finivano per schiantarsi contro le sue rocce frastagliate. E c’è, in ultimo, chi identifica l’isola con Eèa, dimora inaccessibile della maga Circe, che trasformava in animali chiunque osasse avvicinarsi. Un’isola dalle bellezze inenarrabili, terrestri e sottomarine, contesa dalla storia e dal mito. Gli uomini l’amarono profondamente fin dal Paleolitico, come dimostra il villaggio paleocristiano riportato di recente alla luce. In questo piccolo scrigno a galla sul mare, è presente un’enorme varietà di vegetazione: piccoli lembi di macchia artemisia arborea, lentisco, calicofone spinosa e ginestra. Sparsi lungo il territorio si trovano ulivi, mandorli, viti ed alberi da frutta. Tra le specie endemiche, invece, spiccano limonium bocconei e la crithmo limonetea, che si alternano a zone di steppa mediterranea. Il mare, quasi a volere competere con tanta bellezza e varietà della superficie, ha una flora e una fauna mediterranea e a tratti anche tropicale. Un vero paradiso. Sopra e sotto l’acqua. Un fazzoletto di terra posato dagli dei sopra un mare cangiante, la cui bellezza reale supera di gran lunga perfino l’ottima fama di cui gode. Eppure un’isola così intensa e dalla posizione invidiabile – Ustum, bruciata, secondo gli antichi storiografi, perché prende il nome da un vulcano spento – nasconde un risvolto inquietante. I Greci la chiamavano Osteodes, isola delle ossa, perché si racconta che qui i Cartaginesi depositarono alcuni mercenari, ammutinati, che morirono di fame e di sete... 87 PERCORSI SPECIALE isole minori Le pietre raccontano di Sebastiano Tusa L e Isole Eolie sono la cerniera tra Sicilia e Penisola, da sempre luogo di incontro di tradizioni, genti e civiltà diverse. Abitate sin dal Neolitico a causa dell’attrazione dell’ossidiana sui popoli circostanti, esse furono sede di molteplici abitati preistorici che la sapiente e appassionata opera di Madeleine Cavalier e Luigi Bernabò Brea ha messo in luce realizzando anche quel Museo Archeologico Eoliano, oggi intitolato proprio allo studioso genovese, che raccoglie la memoria della storia di questo luogo centrale nella storia del Mediterraneo. Da Filicudi (Montagnola di Capo Graziano) a Panarea (capanne della media età del bronzo del Milazzese), a Salina (Portella), il percorso si snoda attraverso i millenni della preistoria vissuti tra i muretti a secco delle capanne circolari che si abbarbicano tra le rocce insidiose spesso a strapiombo sul mare. Da qui passarono i Micenei, nel loro peregrinare alla ricerca dei metalli, ma anche Greci e Romani. A questi ultimi si deve l’accattivante collezione di maschere e figure della commedia ellenistico-romana o i colori solari e marini del Pittore di Lipari che lasciò i suoi pregevoli ornati sui vasi dell’epoca. Nel mare delle Eolie sono state rinvenute tracce di quei passaggi millenari nei carichi di anfore e vasellame pregiato, come quello a vernice nera di provenienza campana, rinvenuto nel relitto di Capistello a Lipari. Uno dei comprensori tra i più ricchi per emergenze archeologiche subacquee PERCORSI 88 1 Isoledell’Isola Le pietre raccontano 89 PERCORSI SPECIALE isole minori resta quelo di Capo Graziano, nelle acque di Filicudi, dove l’insidiosa secca fu la causa di molteplici tragedie del mare, come quella della nave posa-cavi Città di Milano che giace ai suoi piedi su un fondale di oltre 100 metri. Qui è possibile visitare il relitto A, intitolato a Gianni Roghi, di cui rimangono anfore greco-italiche sparse su una sella sabbiosa ed in un canalone insieme a ceramiche a vernice nera di produzione campana. Ad Ustica le tracce più consistenti di vita risalgono alla fine della media età del bronzo (XII sec.a.C.). L’insediamento 3 4 dei Faraglioni era fortificato sul lato di terra mediante un grande muro in pietra dotato di mura semicircolari aggettanti all’esterno. Abitata in epoca ellenistico-romana presenta molteplici tracce di tale presenza alla Falconiera e nelle contrade occidentali. Con il primo secolo dell’era cristiana sembra che ad Ustica le preoccupazioni difensive cessino. E’ a questo periodo di grande sviluppo e prosperità per la piccola Ustica, durato fino alla crisi dell’impero romano (V sec.d.C.), che si collegano le tante evidenze archeologiche subacquee identificate nei fondali circostanti l’isola (Punta Alera, Scoglio del Medico, Secca della Colombaia, Falconiera etc.), dimostrando ancora una volta la ricchezza storicoarcheologica dei mari usticesi. Nelle Egadi la più rilevante attrazione archeologica dell’arcipelago è stata la gran quantità di grotte che l’erosione marina, nel corso delle numerose trasgressioni pleistoceniche, ha scavato sulle spettacolari falesie calcarenitiche delle tre isole. Marettimo offre un ricco e spettacolare campionario di grotte, ma tutte al livello del mare e, quindi, ancora in formazione e, pertanto, di limitato interesse archeologico anche se una di queste – la Grotta della Pipa - recava tracce consistenti di frequentazione antropica di PERCORSI 90 2 5 epoca ellenistico-romana e medievale. Le grotte delle altre due isole, invece, furono ripetutamente e diffusamente abitate sin dal Pleistocene Finale o Paleolitico Superiore. La rilevanza di queste caverne è data soprattutto dalla presenza, in un caso – Grotta di Cala dei Genovesi – a Levanzo, di manifestazioni di arte rupestre animalistica (più antica) e schematica dipinta (più recente), di cui merita essere citato il famoso cerbiatto con la testa reclinata sul corpo ed il toro visto frontalmente. Indizi ben più corposi indicano la sicura esistenza di vasti insediamenti ellenistico-romani in tutte e tre le isole dell’arcipelago. Interessantissimo è lo stabilimento per la lavorazione del pesce (produzione di “garum”) che si trova sulla Punta Altarella di Levanzo e le “Case Romane” di Marettimo. Legato alle testimonianze terrestri, è ciò che il mare ha restituito di alcuni relitti ellenistici, romani e medievali, come il rinvenimento, nell’area della nota battaglia Isoledell’Isola Le pietre raccontano 6 7 mutano nella fase più tarda in edifici quadrangolari all’interno di uno spazio costiero racchiuso da un poderoso muro di fortificazione, al di là del quale si estende la necropoli, che ha reso nota Pantelleria nell’ambito degli studi di preistoria mediterranea per i Sesi, strutture circolari a tronco di cono, costruite secondo una tecnica megalitica ed adibite ad esclusiva funzione funeraria . L’insediamento romano egemone, sulle due alture di Santa Teresa e San Marco, si dispiega su una vasta area a monte del capoluogo comunale attuale e, quindi, in diretta relazione con lo scalo marittimo più valido ed importante dell’isola che recenti ricerche archeologiche subacquee hanno verificato come tale. Le due alture sono separate da una sella pianeggiante di discreta ampiezza dove un saggio di scavo ha messo in evidenza una vasta spianata pavimentata scandita da setti murari aggettanti che 8 tra Romani e Cartaginesi (a nord-ovest di Levanzo), di due rostri in bronzo molto probabilmente appartenenti a navi affondate durante il conflitto. Tra le mete di maggiore rilievo ricordiamo Cala Minnola a Levanzo, dove è stato messo in luce ciò che resta del carico di una nave romano repubblicana di proprietà della nota famiglia Papia di imprenditori laziali. Il campo di anfore rimasto sul fondo a circa m 30 è visibile anche a distanza mediante un impianto di telecontrollo con telecamere che rimandano le immagini in diretta attualmente presso il comune di Favignana. A Pantelleria, in corrispondenza di una fase avanzata dell’antica età del bronzo siciliana, visse l’insediamento fortificato di Mursia, attivamente inserito nella rete commerciale egeo-levantina della metà del II millennio a.C.. L’insediamento, oggi visibile attraverso corpose e monumentali vestigia, era costituito da capanne circolari che 9 potrebbe identificarsi come una grande piazza (foro). Gli scavi recenti hanno messo in luce parte della cinta muraria di epoca punica attraversata da una porta urbica, la cui struttura muraria conserva parzialmente i resti di un muro a telaio di tipo punico di grande pregio. Dal riempimento delle cisterne sulla cima di San Marco proviene un interessante materiale scultoreo di epoca tardo-punica e romana in frammenti riguardante più statue ed alcune epigrafi latine frammentarie, ma soprattutto i ben noti tre ritratti imperiali romani raffiguranti Giulio Cesare, Antonia Minore e Tito. Anche Pantelleria possiede fondali marini ricchi di storia e di relitti. Uno dei luoghi più interessanti è la baia di Gadir dove rapide ricognizioni effettuate da Lamboglia nel ‘72 e ’73 portarono al recupero di oltre 100 anfore puniche ed ellenistico-romane pertinenti due relitti databili tra la fine del III ed il I sec.a.C. 91 PERCORSI 10 11 Un altro interessante relitto, che trasportava principalmente un carico di ceramiche pertinenti la ben nota produzione locale di pentole detta “pantellerian ware”, tuttora in corso di scavo, si trova nella baia di Scauri, tra i cui reperti vale la pena citare un anellino d’argento con castone di corniola, decorato dal simbolo cristiano dell’ancora, ed una gemma in corniola con figura divina con arco e cerbiatto. I dati desunti dallo scavo del relitto rafforzano la visione del vivace dinamismo che sottende alla diffusione di questa ceramica fatta a Pantelleria negli insediamenti di Sabratha, Leptis, Djerba, Tharros, Turris Libisonis, Ostia, Luni, Cosa ed Albintimilium. Le isole Pelagie sono popolate sin dalla preistoria, e ben inserite nei circuiti commerciali del mondo romano grazie alla formidabile portualità costituita soprattutto dal vero e proprio “fiordo” di cala Guitcia di Lampedusa. Lampedusa e Linosa furono abitate addirittura già dal neolitico a giudicare dalle labili, ma sicure, tracce di un insediamento identificato sulle balze della Cala Pisana a Lampedusa. La presenza di un insediamento neolitico realizzato da coloni provenienti dalla Sicilia, ci permette di comprendere l’alto livello di cognizioni marinare che già in quell’epoca le popolazioni siciliane possedevano. La presenza di numerose cisterne dello stabilimento per la produzione di garum e di vaste necropoli, attestano un’intensa frequentazione in epoca romana. Le splendide PERCORSI 92 acque delle Pelagie, note per la loro limpidezza e visibilità, celano interessanti testimonianze del passaggio di rotte mercantili e di flotte guerreggianti in questa porzione del Mediterraneo dall’antichità fino al secondo conflitto mondiale. Tra le evidenze subacquee più interessanti, per il richiamo storico, ricordiamo anche i cannoni di Cala Pisana che, in parte, dovevano appartenere ad una flotta comandata da Antonio Doria che fece naufragio sulle coste settentrionali ed orientali di Lampedusa mentre navigava alla volta dell’Africa. Le conoscenze sulla preistoria e l’archeologia delle isole minori della Sicilia si devono al faticoso lavoro di ricerca realizzato da singoli, ma spesso, soprattutto recentemente, in situazione di cooperazione internazionale. A Pantelleria lavorano insieme archeologi e studenti italiani insieme a colleghi di altre nazionalità, dando la misura dell’importanza della cooperazione internazionale come la via migliore, per approfondire la conoscenza della nostra interattiva civiltà mediterranea. Le foto 1 - Pesci ed idoli dipinti attribuibili all’eneolitico all’interno della Grotta di Cala dei Genovesi a Levanzo 2 - Sala del Museo Archeologico Regionale Eoliano L. Bernabò Brea di Lipari dedicata al carico recuperato nel relitto della Secca di Capistello 3 - Anfore del relitto ellenistico “Roghi” sui fondali della Secca di Capo Graziano a Filicudi 4 - Villaggio della media età del bronzo dei Faraglioni ad Ustica 5 - Ruderi di età romano imperiale in località “Case Romane” a Marettimo 6 - Il carico di anfore del relitto ellenistico romano sui fondali di Cala Minnola a Levanzo 7 - Sebastiano Tusa e Jeff Royal con il rostro bronzeo della battaglia delle Egadi all’atto del ritrovamento sui fondali a Nord di Levanzo 8 - Cerbiatto inciso attribuibile al paleolitico superiore all’interno della Grotta di Cala dei Genovesi a Levanzo 9 - Capanna del villaggio dell’antica età del bronzo di Mursia a Pantelleria 10 - Il sese grande della necropoli dell’antica età del bronzo di Mursia a Pantelleria 11 - Le mura dell’acropoli punico-ellenistico-romana di San Marco a Pantelleria AGVD Puoi sbagliare l’auto, ma non il vino. SPECIALE isole minori L’Isola del desiderio Giuseppe Cassarà traccia un bilancio del turismo siciliano di Rossella Catalano S icilia, amore mio. Secondo le ricerche demoscopiche, sia nel 2007 che nel 2008 l’isola è stata, senza esitazioni, la meta più desiderata dai turisti di tutta Europa. Parola di Giuseppe Cassarà, presidente nazionale onorario della Fiavet (Federazione Italiana Associazioni Imprese Viaggi e Turismo)e presidente del Coretur (Consorzio Regionale per la Cooperazione Turistica) e tra le voci più autorevoli del panorama turistico nazionale, secondo cui la nostra isola sta attraversando un momento importante e positivo dal punto di vista dei flussi turistici e della domanda e dell’offerta ad essi legate. «Il primo desiderio di uno che vuole andare in vacanza è la Sicilia – spiega Cassarà –. Poi però dal primo posto passiamo al quinto, nel momento in cui il desiderio deve diventare realtà. La marginalità geografica, la crisi economica, la concorrenza di altre mete del mediterraneo, come la Turchia, hanno creato una competitività al contrario che ci ha un po’ penalizzati. In realtà però queste destinazioni offrono rispetto a noi solamente il sole e il mare, ma non hanno il prodotto aggiuntivo della cultura che noi possediamo, come la grandezza del patrimonio che abbiamo in Sicilia». PERCORSI 94 La Sicilia, da sempre meta di passaggio e terra promessa di tante popolazioni, assiste da qualche anno ad un incremento dello sviluppo turistico attraverso un’offerta che tende sempre di più ad ampliarsi e crescere sia qualitativamente che quantitativamente. Quale è secondo lei il punto fondante di questa evoluzione positiva? Isoledell’Isola L’Isola del desiderio «Ovviamente si tratta di un’evoluzione lenta, ma progressiva; il che è un bene, perché non si tratta di un boom determinato da fatti eccezionali, ma di un flusso che è aumentato nel tempo in relazione all’apprezzamento del prodotto turistico siciliano, un convincimento da parte degli operatori italiani e stranieri a venire in Sicilia come meta differenziata rispetto al bacino del Mediterraneo. La Sicilia meriterebbe probabilmente di più, di avere aumentati i flussi, ma qui dobbiamo tenere conto che la crisi economica, ormai planetaria tocca anche la nostra regione, soprattutto a causa della marginalità geografica, che determina un costo più elevato in termini di raggiungimento». Crede che la Sicilia con tutte le sue bellezze mozzafiato e la sua innata vocazione all’accoglienza possa finalmente diventare meta di turismo e non base di partenza? «Più che meta di partenza, la Sicilia è stata meta di ricettività che, però ha avuto un’evoluzione lenta anziché avere l’evoluzione che meritava e che secondo me merita». Il desiderio di conoscere la Sicilia è in parte dovuto alla nostra proverbiale ospitalità? «L’ospitalità è senz’altro un fattore molto importante, un valore aggiunto indispensabile per i tour operator e per i turisti. Quella dell’accoglienza è una delle cose più importanti perché fa parte del carattere, della cultura innata che c’è nel siciliano e che è un fenomeno che viene molto considerato dagli operatori. Ma chi sceglie la Sicilia lo fa soprattutto perché desidera condividerne il patrimonio culturale, le città d’arte, i siti archeologici, il clima, la posizione geografica centrale rispetto al Medi- terraneo. Quindi le ragioni sono molteplici, quello che serve è invece che queste ragioni vengano conosciute». Nell’offerta turistica siciliana è ancora forte la presenza di centri artistici culturali classici conosciuti come Palermo, Agrigento, Siracusa. Di contro è quasi inesistente l’offerta di località e itinerari alternativi, come gli agriturismo. Secondo lei come è possibile migliorare il turismo tematico? «Quello di individuare segmenti turistici differenziati, a seconda degli interessi, non è un percorso totalmente assente nella nostra programmazione – dice il dirigente – ma è un fenomeno relativamente giovane, che inizia sei o sette anni fa». Il turismo sta individuando un frammento appetibile nella cosiddetta “generazione 1.000 euro”. La Sicilia, per quanto concerne i rapporti costi-servizi è secondo lei appetibile a questo target? «Ancora non in maniera soddisfacente. Il target giovanile non è ancora appropriatamente trattato dagli operatori, ma è una sorta di flusso quasi spontaneo appena incoraggiato dalle organizzazioni giovanili e dalle università siciliane. E’ un tema che però abbiamo in agenda e che dev’essere approfondito». Esiste ancora il pregiudizo che vede nella mafia un pericolo immediato per i turisti? «Io credo che negli ultimi tempi questo stereotipo sia ampiamente superato. Oggi la comunicazione complessiva ha portato la gente a rendersi conto che quello che succede in Sicilia succede nel mondo intero e, inoltre, credo che la progressione della lotta alla mafia abbia largamente modificato questo pregiudizio». 95 PERCORSI SPECIALE isole minori Nuovi Dei scelgono Olimpo nelle isole della Sicilia il loro “Il risveglio degli dèi dormienti”. Così qualcuno definì la nascita dell’hotel Raya di Panarea, nel 1962, dando il merito a Myriam Beltrami e a Paolo Tilche di aver svelato al mondo la “perla delle Eolie” e di averne fatto la più mondana delle isole siciliane M di Cristiana Rizzo a d’estate si risveglia la Sicilia tutta, non solo Panarea, non solo le Eolie, rinnovando il rito che porta ogni anno sull’Isola personaggi di calibro internazionale che, in certi casi, vi mettono radici e non vogliono più tornare indietro. Già i maniaci del vip watching hanno avuto pane per i loro denti, con gli avvistamenti di personaggi come Ennio Doris, presidente di Banca Mediolanum, che ha esplorato le isole del vento a bordo del “Principessa Vaivia”, uno yacht a vela di lusso già appartenuto al premier Silvio Berlusconi. Tra Lipari, Panarea e Salina sono stati visti anche il cantante Lee Ryan, Osvaldo De Santis amministratore della Twenty Century Fox Italia, Mickey Arison, proprietario di “Miami Heats” e il responsabile del settore giovanile della Juventus, Gianluca Pessotto. A Lipari il “Cicerone” dell’ex manager bianconero è il barone Bartolo Matarazzo che a “La Nassa” gli ha fatto gustare le specialità PERCORSI 96 di “Mamma Teresa”. Gianluca Pessotto è andato a Lipari su suggerimento di Pierino Zaia, tifoso bianconero che più volte è stato ospite a Torino per seguire le vicissitudini della squadra di Alex Del Piero. A Lipari, qualche giorno di relax, anche per Claudio Bisio, Massimo Giuliani e Pino Insegno. Su una delle imbarcazioni attraccate a pochi metri dall’isola, è stato avvistato anche Mario Zamma, comico del Bagaglino di Pier Francesco Pingitore. Fra le star internazionali, letteralmente innamorato della Sicilia e delle sue isole è Rod Stewart che, accompagnato dalla moglie Penny Lancaster e da alcuni amici, ha deciso di farvi ritorno, dopo aver festeggiato lì, l’anno scorso, un anniversario importante. La star britannica è giunta a bordo di un vero e proprio gioiello del mare, “Braveheart” e si è ancorato nella rada di Lipari. Nell’isola è approdato nel pomeriggio e all’imbrunire si è trasferito in uno dei ristoranti più esclusivi, “E Pulera”, di cui ha apprezzato le prelibatezze della cucina eolia- Isoledell’Isola Nuovi Dei na, senza farsi mancare alcune bottiglie di malvasia. Per la popstar, che ormai include quasi sempre la tappa eoliana nelle sua vacanze, si tratta di una sosta gastronomica irrinunciabile. L’artista, dopo aver firmato il libro degli ospiti famosi, non si è sottratto a scambiare due chiacchiere con i titolari del locale e, a quanto pare, ha anche manifestato l’idea di acquistare una villetta nelle isole. Non ha rinunciato, poi, a una sosta a Panarea, dove si è diretto nel Ristorante “Da Pina”. Pit stop nell’isola dei vip per eccellenza, stando ai rumors che lì si rincorrevano, anche per Alba Parietti, che lì affitta ogni anno la stessa villa e per i mondanissimi Flavio Briatore ed Elisabetta Gregoraci, che nella più piccola delle Eolie hanno trascorso il ponte del 2 giugno. Sono molti anche i personaggi dello show business, dell’imprenditoria e della politica che sono rimasti talmente affascinati da questi luoghi da “invertire la rotta” e acquistare meravigliose dimore. Come il fotografo Fabrizio Ferri e il re della moda, Giorgio Armani, che ospitano nei loro dammusi a Pantelleria personaggi che vanno da Victoria Beckham a Sharon Stone, da Sting a Madonna. Ad Armani, che ha acquistato casa sull’isola ormai da anni, in contrada Gadir, il sindaco ha consegnato le chiavi della cittá. “Chiamatemi paesano”, dice a chi lo incontra per strada. Fra gli aficionados dell’isola anche il Principe Amedeo di Savoia Aosta e la moglie Silvia Paternò di Spedalotto, che possiedono un dammuso con un rigoglioso giardino botanico. Hanno preferito invece Favignana, la più grande delle Egadi, Simona Izzo e Ricky Tognazzi, mentre Francesco Rutelli e la moglie, Barbara Palombelli, hanno comprato casa a Filicudi, forse seguendo il sentiero battuto da Giovanna Meandri, che in questo piccolo scoglio in mezzo al mare, lontana dal jet-set, ha casa già da qualche anno. A Panarea, invece, ha una bellissima villa il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, che, si dice, abbia già fatto lì una puntatina a giugno. Non è sfuggito al richiamo della Sicilia nemmeno Claudio Baglioni, che, però qualche anno fa si è fatto incantare dalle acque celesti di Lampedusa, dove sul finire dell’estate, ogni anno organizza il festival musicale O’ Scià. Anche mete meno conosciute, persino ai siciliani, hanno fatto presa. Basti pensare che Bill Gates ha manifestato l’intenzione di acquistare immobili a Salemi, aderendo all’iniziativa lanciata dal sindaco Vittorio Sgarbi, o a Cesare Settepassi, presidente di Tiffany Italia e vicepresidente di Tiffany Europa e Paolo Panerai, l’editore del gruppo Class-Milano Finanza, che hanno preso casa fra i vitigni e le spiagge di Menfi (Agrigento). Tortorici, nel Messinese, è stata scelta dal compositore greco Mikis Theodorakis, noto in Italia per la colonna sonora del film “Zorba il greco”, mentre l’attore Luca Zingaretti porterà sempre nel cuore le puntate del suo “Commissario Montalbano”, visto che ha messo radici a Ragusa Ibla, dove è stata girata la fiction. Resta un evergreen Taormina, dove hanno deciso di acquistare un’abitazione il sindaco di Roma, Gianni Alemanno e il calciatore Christian Panucci. 97 PERCORSI La Salina Borgo di Mare SPECIALE isole minori Sapore di mare S di Marco Scapagnini ono tante, suddivise in arcipelaghi o grandi e solitarie in mezzo al mare, sono amate da sempre sia dal turista d’élite sia da quello naturalista ed avventuroso, sono le isole minori della Sicilia, ricche di natura e tradizioni, un patrimonio che andremo a scoprire attraverso la linea guida delle peculiari prelibatezze enogastronomiche. Partiamo dalle Isole probabilmente più conosciute e più vicine al “continente”, ma non per questo le più facilmente raggiungibili, ovvero le isole Eolie. Sono sette e fra queste l’Isola che spicca maggiormente per produzioni enogastronomiche e per l’abbondanza di tesori culinari eoliani è, senza dubbio, Salina. Famosa per la coltivazione e la lavorazione del cappero e per la produzione del vino da dessert Malvasia delle Lipari DOC, possiede al suo interno alcuni punti di forza della ristorazione a carattere regionale. Teodoro Cataffo e la sua signora hanno in mano un vero gioiello, Il Porto Bello, PERCORSI 98 per la posizione invidiabile con una terrazza affacciata sul porticciolo di Santa Marina, ma soprattutto per la squisita cucina che vede fra le specialità un delicatissimo carpaccio di cernia, l’insalata di tonno crudo marinato, gli spaghetti al fuoco, con pomodorini e ricotta salata, e le aragoste fritte. Inoltre, Teodoro ha da poco aperto uno splendido relais in località Lingua chiamato La Salina Borgo di Mare, situato appunto vicino alle antiche saline, dallo charme mediterraneo con grandi terrazze ricoperte di bouganville. Sempre a Lingua, sul lungomare, Alfredo e la sua granita attirano turisti da tutte le altre isole. Provate quella di gelsi neri, di fichi o di pistacchio: inimitabili. Tornando a Santa Marina troviamo poi un altro tesoro, quello della cucina che porta un tocco d’arte, ovvero la filosofia da gastronauta, dello chef Fabio Giuffrè, il Marco Polo della cucina eoliana, colui che ha portato nel mondo i sapori di questa splendida isola. Il locale si chiama Nni Lausta, dall’aragosta, ed è suddiviso su Isoledell’Isola Sapore di mare due piani, all’altezza della strada c’è il wine bar dove si può gustare al bancone uno squisito aperitivo a base di vino bianco di Salina e la fantastica salsa eoliana, a base di pomodoro, capperi, olive e peperoncino. Nella bella terrazza superiore si possono gustare invece seduti le specialità dello chef come la caponata, gli spaghetti con le telline mandorle e menta e la “capuliata” (dadolata) di tonno crudo e pinoli. Per chi vuole, inoltre, fare acquisti golosi, oltre ai prodotti confezionati dallo stesso Giuffrè, in giro per l’isola si trovano tante cantine dove si può degustare e comprare la Malvasia e acquistare anche i famosi capperi o i “cucunci”, ovvero il fiore o il frutto della pianta. Molto buoni sono i prodotti dell’Azienda Agricola Caravaglio nel paese di Malfa. Proseguiamo il nostro tour gastronomico delle Isole minori della Sicilia e dalle Eolie ci spostiamo, navigando a sud della bella Ustica, riserva marina e paradiso dei subacquei, in un altro arcipelago affascinante, ovvero quello delle Isole Egadi. Per raggiungerle bisogna imbarcarsi da Trapani, magari dopo aver mangiato uno squisito cous cous di pesce alla Trattoria del Porto, per sbarcare a Favignana, la più grande e la più turistica delle Egadi, con la sua magnifica Cala Rossa meta di molti fotografi ed esteti del mare modello caraibico, e famosa anche per la pesca e la mattanza del tonno. Ma il vero tesoro di gastronomia si trova nell’isoletta di fianco, Levanzo, famosa soprattutto per la grotta paleolitica del Genovese, ricca di graffiti raffiguranti uoPorto Bello Lungomare Giuffrè Santa Marina – Salina 090 9843125 La Salina Borgo di Mare Loc. Lingua – Salina 090 9843441 www.lasalinahotel.com Alfredo - Piazza Marina Garibaldi Loc. Lingua - Salina mini ed animali preistorici. In poco più di dieci minuti di aliscafo da Favignana si raggiunge questo piccolo porticciolo dove è un must andare a mangiare all’Albergo Ristorante Paradiso per rimanere assolutamente rapiti dai sapori del mare, con degli squisiti ravioli di cernia con pomodorini ed il meglio che i pescherecci hanno portato la mattina dalle acque attorno Marettimo, l’isola delle Egadi più orientale. Lasciamo adesso la Sicilia orientale, navighiamo al largo della mondana Pantelleria, dove si producono vino Passito e Capperi DOP, per arrivare nell’arcipelago delle Pelagie. L’isola di cui parliamo è la splendida e unica Lampedusa, purtroppo oggi sulle pagine dei giornali più per i clandestini che per le sue bellezze naturali. Ma una visita vale veramente la pena, per ammirare il mare turchese e cristallino di cala Pulcino e della famosa Baia dei Conigli. Per mangiare la vera cucina Lampedusana bisogna andare al Ristorante Al Porto, dove in determinati giorni della settimana si prepara un cous cous di cernia davvero memorabile. In alternativa, per chi volesse un’esperienza più intensa, allora consigliamo di visitare Linosa, piccola isola di origine vulcanica, a circa due ore di navigazione da Lampedusa, caratterizzata nel panorama culinario dall’ottimo ristorante di solo pesce Errera, letteralmente adagiato sugli scogli con anche possibilità di alloggio. Da non perdere le polpettine di sgombro e le farfalle triglie e finocchietto selvatico. Nni Lausta Via Risorgimento 188 Santa Marina – Salina 090 9843486 www.isolasalina.com Albergo Ristorante Paradiso Lungomare n.68 Levanzo – TP 0923 924080 Azienda Agricola Caravaglio Via Nazionale 33 Malfa – Salina 090 9843420 Ristorante al Porto Via Madonna, fronte porto Lampedusa - AG 0922 970516 Trattoria del Porto Via Ammiraglio Staiti 45 (di fronte molo aliscafi) Trapani 0923 547822 Albergo Ristorante Errera Via Scalo Vecchio 1 Linosa – AG 0922 972041 www.linosaerrera.it 283 AMSTERDAM AVE. - NEW YORK VIA FARINI, 27 - PARMA SPECIALE CIBO “L’uomo è ciò che mangia” [Ludwig Feuerbach] Aggiungi un posto a tavola I cibi del villaggio globale che nutrono l’anima prima del corpo imbandiscono una tavola alla quale tutti sono invitati a prendere posto L’ alimentazione ha avuto da sempre una valenza culturale sociale secondo cui il cibo non nutre solo il corpo ma anche le relazioni. Mangiare insieme assume così un’importanza che va ben al di là della semplice spartizione del nutrimento. La ritualità legata al cibo e alla convivialità esprime un valore comunicativo, di trasmissione delle memorie, di accompagnamento dei momenti di passaggio, di celebrazione degli eventi. Il rito fondante del Cristianesimo, cioè la condivisione del pasto spirituale con Dio, l’Eucaristia è l’azione sacrificaleconviviale nella quale il popolo dei fedeli entra in comunione con il Divino. Nell’atto del mangiare si consuma, per estensione, l’eterna liturgia dello scambio affettivo. Cucinare diventa così un atto d’amore. Si cucina per una persona amata e in questo gesto si traduce la propria dichiarazione d’amore, la madre cucina per i figli, la fidanzata per il fidanzato e quando si invita un ospite a cena si ha cura di scegliere ingredienti e preparazioni extra ordinarie. Attorno all’atto del cucinare si moltiplicano valenze e significati, esso infatti è un mezzo più che un fine e come tale identificabile in un linguaggio che declina le aree semantiche della sua geografia. Cucinare esprime uno stato d’animo, è un atto creativo, ma è anche un potentissimo atto identificativo. La ricetta della nonna è il simbolo della legge nel microcosmo dell’ universo familiare, tramandarne la fattura equivale a tramandare il nome stesso della famiglia. In scala più grande ogni popolo ha un piatto nazionale che lo distingue e lo identifica, dichiarandone provenienza, cultura, perfino religione. Il pranzo di Natale è un must a cui nessuno si sottrae, alla sua tavola si ritrovano una volta l’anno tutti i cristiani di ogni longitudine e latitudine. Il cibo dunque si incarica del ruolo di testimone, di perpetuare usi e costumi di un gruppo di persone che si riconoscono nello stesso denominatore comune. La condivisione del pasto inaugura, sancisce e fortifica un’appartenenza. Parole come cous-cous, gulash, sushi, guacamole, evocano lo skyline di terre lontane e accorciano le distanze tra gli emigrati e la loro terra di origine. Si potrebbe dire che nel piatto si condensa l’universo culturale di un popolo e che questi piatti attorno ad una tavola offrono all’ospite la vera condivisione di un autentico vilaggio globale. 101 PERCORSI SPECIALE CIBO “L’uomo è ciò che mangia” [Ludwig Feuerbach] Quel cuoco con la coppola che fa impazzire l’Italia Natale Giunta, giovane chef palermitano a cavallo tra tradizione e innovazione di Alessia Franco I l suo amore per la cucina è sbocciato quando, ancora ragazzino, guardava sua madre ai fornelli. Natale Giunta, chef palermitano, ha poco meno di trent’anni ed è già conosciuto al grande pubblico per la partecipazione alla trasmissione Rai “La prova del cuoco”, condotto fino alla scorsa edizione da Antonella Clerici. è stata proprio la conduttrice a soprannominarlo affettuosamente “il cuoco con la coppola”. Perché la cucina mediterranea è tanto amata nel mondo? «Perché è una delle poche che rispetta ancora le tradizioni. Inoltre, la bontà dei prodotti, la mitezza del cli- PERCORSI 102 ma, la storia e la nostra cultura sono tutti elementi che rendono la cucina siciliana assolutamente unica. I grandi cuochi sono alla ricerca di nuovi gusti, ma i piatti forti rimangono sempre quelli tipici e semplici. Io tengo nella massima considerazione il piatto locale. è vero, tuttavia, che il piatto particolare fa spesso la differenza. La mia ricerca si orienta, quindi, sul prodotto del territorio rivisto e corretto a modo mio». Lei ha pubblicato di recente un libro di cucina molto particolare… «Sì, è un libro di cucina e fotografia, che contiene 44 ricette e 99 foto e che ho prodotto in coppia con Pucci Scafidi. Abbiamo girato per un anno tutte le province dell’Isola, io sono andato alla ricerca delle ricette meno conosciute e le ho rivisitate; Pucci ha fotografato, valorizzandoli, luoghi insoliti e personaggi». La recente polemica sull’uso degli additivi chimici in cucina ha fatto emergere due scuole di pensiero. Ci sono chef che li utilizzano e li ritengono innocui, altri che li bandiscono. Lei da che parte sta? «Sono assolutamente contrario e non li ho mai “propinati” ai miei ospiti. Mi è capitato di utilizzarli nell’ambito di competizioni nazionali ed internazionali, dove i piatti non vengono consumati poiché si tratta di esposizioni puramente estetiche. Gli additivi servono soltanto per fare spettacolo, per esaltare la bellezza del piatto: un gambero può diventare polvere o spuma ma, dal punto di vista del gusto, non cambia niente. Oggi si usa tanto l’azoto liquido, ad esempio, per fare i gelati all’istante. Io però continuo a credere nel valore della tradizione. E, per fortuna, siamo in molti a farlo». Ancora oggi, le ondate migratorie dimostrano che molti cercano fuori dall’Italia migliori prospettive di lavoro. Lei ha aggiunto i vertici della sua professione a Palermo, ma cosa consiglia a chi decide di andare all’estero? «L’emigrazione di massa è un fenomeno del passato, oggi si registra invece l’emigrazione di talenti in cerca di lavoro, dotati di grande spirito imprenditoriale. A loro, consiglio di credere sempre in se stessi, di non smettere di seguire i propri sogni». Ha mai pensato di esportare la sua cucina anche all’estero? «Certamente! Qualche anno fa ho aperto un ristorante a Chigaco e uno a New York. Ho, inoltre, fatto delle consulenze per degli emigrati italiani che vivono all’estero e che fanno cucina siciliana». Cosa distingue un siciliano nel mondo? «Proprio la sicilianità: la cultura dell’ospitalità, dell’amicizia, dell’amore per il lavoro, della solidarietà. Le persone, i loro valori e i loro interessi». Un piatto che la rapresenta? «Qualcosa di frizzante, forse più qualcosa da bere... una bottiglia con migliaia di bollicine! Accompagnata da una semplicissima caponata». Il suo motto, invece? «Vivere il presente dimenticando il passato e guardando al futuro». 103 PERCORSI SPECIALE CIBO “L’uomo è ciò che mangia” [Ludwig Feuerbach] Cibo italiano celestiale L’estro e l’abilità dei cuochi italiani li ha portati a divenire tra le figure professionali più richieste all’estero. E in Italia? Il “Gambero Rosso” premia un indiano e un marocchino nella speciale classifica delle migliori paste “alla carbonara”... di Gian Andrea Costa S ono le ore quattordici dell’undici luglio dell’anno 2007 ed il pranzo è servito. Il menu prevede una ricca scelta di antipasti, dove non mancano parmigiano reggiano, tortellini, risotto e fregola sarda, parmigiana di melanzane e dolcetti siciliani alle mandorle. La tavola non è apparecchiata, anzi non esiste e i commensali, tutti astronauti del nodo 2, Stazione spaziale internazionale, banchettano galleggiando a gravità zero. La cucina della tradizione italiana, che negli anni si è spinta in tutto il mondo, non era mai arrivata così lontano da casa. Appena una settimana prima, negli Stati Uniti, si celebrava il Ringraziamento e sulle tavole degli italo-americani , pasta al forno, polpette, cannoli e cassate contendevano il posto al monumentale tacchino ripieno. I primi emi- PERCORSI 104 granti italiani attraversarono l’Oceano portandosi dietro la nostalgia e le ricette povere di casa, insieme a pochi ingredienti che erano, al tempo stesso, alimento e legame con la terra da cui si separavano. In pochi anni l’ italian taste è passato dalle bancarelle di Little Italy alle cucine delle celebrità. John Travolta, Quentin Tarantino e Madonna impazziscono per i piatti a base di tartufo, al punto che la cantante ha assunto un team di esperti per studiare l’andamento dell’esclusivo fungo sul mercato. Dan Aykroyd coltiva una vigna seguendo scrupolosamente le tecniche messe a punto in Italia. Il cuoco italiano all’estero è una delle figure più ricercate e paradossalmente assistiamo ad una sorta di migrazione circolare, per cui i migliori chef operanti in Italia sono stranieri. La prestigiosa rivista gastronomica Gambero Rosso, stilando la classifica delle migliori paste alla car- bonara ha tributato i primi due posti ad uno chef marocchino e ad uno indiano. I sapori della tradizione diventano così elemento di trasmissione culturale, ma rischiano di perdere le caratteristiche peculiari che li hanno resi inimitabili. È stato necessario che il Ministero delle politiche agricole stilasse un rigoroso “disciplinare della pizza”, per tutelare questo piatto così semplice e tuttavia così particolare, minacciato dal suo stesso successo. La carta vincente della cucina italiana sta nella sua caratteristica di “cibo affettivo” che veicola tradizioni e ricordi. Dalla nordica polenta, che sulle tavole povere veniva presentata condita da un unico nodo di salsiccia, premio per il commensale più vorace e svelto, agli ingenui dolci di martorana siculi, che riproducevano frutti ed agnellini, ogni portata rievoca un evento, un ricordo, una ricorrenza. Basti pensare che nella cucina siciliana, senza dubbio la più ricca e creativa, esiste un piatto per ogni data del calendario. Dai cannoli di carnevale alle pecorelle pasquali, dal gelo di “mellone”, alla mostarda di vino cotto, dalla “cuccìa” ai buccellati, ogni giorno lega un piatto a un sapore del ricordo. Testimonianze della nostalgia e dell’interesse legati alla cucina tradizionale italiana si trovano nei frequentatissimi blog e forum culinari di cui è ricca la rete. Vi si trovano iscritti di ogni condizione e nazionalità: dall’emigrato allo studente fuori sede, dalla nonna ai giovanissimi interessati a tecniche e tradizioni. Vi invitiamo a dare un’occhiata e vi segnaliamo alcuni siti specializzati come www.coquinaria.it e www.gennarino.org. Ci troverete numerosi laboratori di ricerca sull’origine e le tecniche della tradizione e curiose esperienze di contaminazione, come il “tiramisushi”. 105 PERCORSI SPECIALE CIBO Ricettario Adobo Filippine Sushi Giappone Prelibatezza filippina L’adobo è il piatto nazionale delle Filippine, ed annovera una quantità di varianti e di metodi di preparazione, tante quante sono le provincie del territorio. Il viaggiatore che assaggerà le differenti preparazioni dell’adobo avrà un eccellente biglietto da visita delle diverse sfumature che caratterizzano il territorio filippino. Il denominatore comune di questo piatto è l’influenza della cucina spagnola, retaggio di antiche dominazioni. La ricetta Ingredienti per 4 persone 1 pollo, 1 dl di crema di cocco, 4 cucchiai di aceto di mele, 1 cucchiaio di salsa di soia, 3 spicchi di aglio, sale, pepe T agliate il pollo a pezzetti regolari, scartando la pelle. Mettetelo a marinare per 2 ore con l’aceto, la salsa di soia, gli spicchi di aglio schiacciati, una presa di pepe macinato e un cucchiaio di sale. Trasferite pollo e marinata in una casseruola e cuocete (coperto) a fuoco moderato per circa 30 minuti o finché il pollo sarà morbido. Aggiungete la crema di cocco e cuocete (scoperto) per altri 5-10 minuti, sempre a fuoco moderato, finché il fondo di cottura si sarà addensato. PERCORSI 106 Dall’oriente con sapore Anticamente il metodo di preparazione del sushi era soltanto un modo per conservare il pesce. Se ne hanno notizie già nel V secolo a.C. In Asia sudorientale, arrivò in Giappone nel VII secolo d.C. Al momento di mangiare questo piatto, il riso fermentato veniva buttato via e si consumava solo il pesce. Durante il XV secolo si sviluppò un altro metodo di conservazione del pesce attraverso una fermentazione molto più breve, che permetteva di mangiare anche il riso. Nell’Ottocento, il giapponese Yohei Hanaya fu il primo che preparò con il riso, aromatizzato all’aceto, un unico bocconcino, composto da una pallina di riso con sopra una fettina di pesce crudo. La ricetta Ingredienti per 4 persone 120 gr di filetto fresco di tonno,1 cetriolo piccolo, 4 foglie di alga nori, 640 gr di riso sushi, 20 gr di wasabi,100gr di zenzero, salsa di soia T agliare il tonno a strisce lunghe circa 5 cm e larghe circa 1,5 cm. Lavare e sbucciare il cetriolo e tagliarlo a strisce. Spianare le foglie di alga e dimezzarle per la larghezza. Disporre la mezza foglia di alga su cui cospargere uno strato di riso sushi spesso 1/2cm, lasciando libero un bordo di 1cm. Stendere il wasabi in uno strato sottile e mettere in mezzo una striscia di tonno oppure 3 di cetrioli. Avvolgere l’alga, facendole assumere una forma tonda. Tagliare i rotoli così ottenuti in larghe fette di uguali dimensioni. Ornare il piatto con qualche fettina di zenzero. Portare in tavola anche una ciotola di salsa di soia per intingere i sushi, a cui si può mescolare un po’ di wasabi. SPECIALE CIBO Ricettario Kebab Paesi arabi Sarde a beccafico Sicilia Un piatto, mille varianti Le origini del kebab sono molto antiche, la preparazione originaria è documentata addirittura a partire dal decimo secolo dopo Cristo in una ricetta persiana. Esistono molte varianti di questo piatto: una è lo shish kebab, una sorta di spiedino. In alcuni Paesi arabi è possibile trovare il kebab con tonno fresco. C’è poi il döner kebab, un panino preparato con pane arabo e l’aggiunta di molti ingredienti oltre alla carne. La ricetta Ingredienti per 2 persone 1 kg di agnello a pezzetti, 2 pomodori, una cipolla, menta, pane arabo, olio extravergine di oliva, 30 gr di burro, peperoncino tritato, 250 gr di yogurt magro, sale e pepe F ate marinare l’agnello per 2/3 ore con le spezie tritate e l’olio. Accendete il forno e tagliate i pomodori a pezzetti. Togliete la carne dalla marinata, conservando la salsa. Infilate su degli spiedi i pezzi di agnello e fateli cuocere. Scaldate il pane arabo, tagliatelo a striscioline, adagiatelo su un vassoio e conditelo con il burro. Quando l’agnello è pronto, mettete sul pane il pomodoro, togliete la carne dagli spiedi e adagiatela sul pane. Alla fine guarnite con lo yogurt, la menta e servite con del riso. Squisitezza aristocratica Quella delle sarde a beccafico è una delle tante ricette che provengono direttamente dalle cucine baronali siciliane. Questo piatto è la modifica di una pietanza prelibata nella quale gli ingredienti principali erano degli uccelletti, i beccafichi. Particolarmente apprezzati dagli aristocratici, i beccafichi venivano sistemati nei piatti con le piume della coda rivolte all’insù, così da poterli prendere agevolmente. L’origine del nome sta nel fatto che le sarde beccafico, una volta servite sul piatto, assumono l’aspetto di questi piccoli volatili. La ricetta Ingredienti per 4/5 persone 1 chilo di sarde, olio extravergine d’oliva, 10 cucchiai di pangrattato, 100 grammi di uva passa, 100 grammi di pinoli, 1 cucchiaio di zucchero, qualche foglia di alloro, un ciuffo di prezzemolo, succo di limone o arancia, sale e pepe. D iliscare le sarde e privarle delle teste. Sciacquarle, asciugarle e aprirle a libro. Preparare il pangrattato abbrustolito: mettere in una padella il pangrattato, quando sarà ben colorato togliere la padella dal fuoco, unirvi un filo d’olio e amalgamare bene.In una scodella unire il pangrattato con le passoline e pinoli, lo zucchero, il sale e pepe ed il prezzemolo tritato finemente. Adagiare su ogni sarda un poco del ripieno. Arrotolare le sarde farcite, in modo da ottenere degli involtini. Disporli in una teglia oliata, l’uno accanto all’altro, alternandoli con foglie di alloro. A questo punto innaffiare con un filo d’olio e poco succo di limone o arancia. Infine spolverarle con pangrattato e mettere in forno caldo per circa venti minuti. 107 PERCORSI LO STILE E LO CHARME NEL CUORE DI PALERMO. V I A R. WAG N E R , 2 - 90139 PA L E R M O - T E L . +39 091 336572 W W W. G R A N D H OT E LWAG N E R . I T - I N F O @ G R A N D H OT E LWAG N E R . I T When the history of Italian emigration is written, according to the historiographic canons dear to Jacques Le Goff, no historian will be able to ignore the remarkable patrimony of activity of Anfe, the National Association of Emigrants’ Families, which is celebrating the sixty years since its foundation. But above all it will be impossible to ignore the work of its founder, Maria Agamben Federici, born at L’Aquila from a well-off family, on 19 September 1899. A graduate in Humanities, a teacher and journalist, in 1926 she married Mario Federici, one of the most outstanding personalities of Abruzzo culture, with whom she moved to foreign countries, where she taught in the Italian Institutes of Culture in Sophia, in Egypt and in Paris. A committed Catholic, Maria Federici was influenced by Christian social thought, the personalism of Mounier and the integral humanism of Maritain, which was profoundly to characterise philosophy in the second half of the twentieth century. Returning to Italy in 1939 she put her convictions into practice with intense social commitment and lay apostolate. He was active in the Resistance, organizing a centre for assisting refugees and war veterans. In 1944 she was among the founders of the Aclis, in the direction of which she was a female delegate, and was among the founders of Cif (Italian Women’s Centre); she was its first president from 1945 to 1950. But above all she was one of the most important figures in the new democratic Republic. A deputy in the Constituent Assembly for the Christian Democracy party from 1946 to 1948, she contributed to the writing of the fundamental rules of the Constitution. Together with Nilde Iotti and Teresa Noce (Italian Communist Party), Lina Merlin (Italian Socialist Party) and Ottavia Penna (Umo Qualunque party), she was among the five women to enter the Special Committee of 75 that worked out the project for the Constitution afterwards discussed in the assembly and approved on 22 December 1947. Elected to the Chamber, she worked alongside De Gasperi in the reconstruction of the country. That of Maria Federici can rightly be considered an example of precocious female emancipation, thirty years in advance of the movements that later arose in Europe. On 8 March 1947, Maria Federici founded Anfe and became its president, maintaining it as a moral duty until 1981. Under her guidance, the association expanded all over Italy, with a diffused operational network in the communes with highest emigration. She was active and present wherever problems proved particularly difficult, in Argentina, Brazil, Venezuela, the United States, Canada, and Australia, but also in the old continent, in Belgium, France, Switzerland, Germany, Holland, Luxemburg and Great Britain. There was a widespread network of structures that became decisive assistance points for emigrants and their social, bureaucratic and psychological problems regarding integration in the new countries. The activities of the association, recognized in 1968 as a “moral body”, made it an irreplaceable partner in the highest international organisms for emigration and immigration. Maria Federici died on 28 July 1984. Her enlightened ideas, her direct contact with people and problems, continue to be a major example in the period we live in. It is a model that today clashes with certain mediumistic distances, with the weakness of references to great values. In the difficult transition that Italy is going through, in which appearance rather than essence dominates, examples of life like that of Maria Federici are essential reference points for improving the relationship between institutions and citizens, for recovering the necessary credibility of politics and for building up the future of our country with mutual respect. Goffredo Palmerini An Italian in New York In the collective imagination America has always represented freedom. The United States continue to be perceived as the land of big spaces – spaces that go beyond the mere physicality of the skyscrapers of Manhattan or the districts of New York, and are seen rather as opportunities that a country offers people. Today the USA continue to represent that chance that in the past was granted to immigrants, who here found the necessary conditions for starting a new life, for bringing into play their skills, professional capacities and competences and for getting a place in society. For some the self-made man was a chimera, for others a myth, but many made it. Of those first-generation emigrants, few are left now, but there are a great many children and grandchildren of theirs that still feel deeply Italian, to the extent of choosing to maintain dual nationality. Their stories are still vividly impregnated with that difficulty that Italians met in the pathway of integration, where often the difficulties arose from a clash between two cultures. Nevertheless, the great capacity to adapt and the desire to attain peaceful coexistence led them to look for a mediation that allowed them not to forego their roots while respecting the customs of the New World, so they showed they had fully learnt the lesson of Thomas Jefferson, the third president of the United States, who at the start of the nineteenth century said: “Anyone who gets an idea from me gets knowledge without decreasing mine; just as a person who lights his candle with mine gets light without leaving me in the dark.” So it is not by chance that on the occasion of the celebrations of the sixtieth anniversary of the constitution of A.N.F.E. (National Association of Emigrants’ Families), at the venue of the “Italian Art Club” in Manhattan, then in Rutherford in New Jersey at the Italian Yesterday, Today and Tomorrow Association and lastly at the Rockleigh Country Club in New Jersey, the American and the Italian national anthems were both always sung. So one understands the importance still now, for our fellow-citizens who are naturalized Americans, of finding themselves united under the same flag, of preserving Italian traditions and customs, of using Italian in eating and drinking places, at meetings and at clubs frequented by Italian immigrants who have now reached the third or even the fourth generation. Values like brotherhood, identity and country become common values shared both by Americans and by Italo-Americans, who have succeeded well in integrating in the American community, occupying prestigious places at a social and economic level; and the big presence of Italian communities that go in a procession in Fifth Avenue on Columbus Day gives us a clear idea of all this. The prestigious Italian names present in modern American society are well known to everyone and many of them continue to operate, out of the limelight, offering their contribution through no profit associations and organizations, for integration. The blazon of the Italian Yesterday, Today and Tomorrow Association perfectly mirrors the present state of the Italo-American reality. Three men, who symbolise the temporal segments to which the association makes reference, are portrayed under three flags, the Italian one referring to yesterday, the American one referring to today and the Italian and American one referring to complete and definitive integration tomorrow. Pasquale Peluso Argentina, that is to say the other Italy?... Buenos Aires. In Italy usually there are two ways of speaking of Argentina: the way of those that dismiss the matter affirming, tout court, that it is another Italy, and the way of those people that know nothing about this country, don’t even know where it is and confuse Buenos Aires with Rio and with Brazil… It is not even worth dealing with the second case, as people once said. On “vision” number one, instead, it is worth attempting to make some considerations and sketching out some information. Those that believe that Argentina is the other Italy, is all Italian, 109 PERCORSI PERCORSI WORLDWIDE PORTRAIT OF A LADY PERCORSI WORLDWIDE get a big disappointment regarding language as soon as they arrive. Here our language has not taken root very much. Strange. Yes, strange, but explainable, as we will see. Almost no one speaks Italian. Almost. Out of 40 million Argentinians there are always about 100 thousand people that study Italian, but that is not a lot, right? Indeed not – very few. The others always say they understand Italian: “entiendo, entiendo.” But it is not true. They only understand a few words and only at times “catch” the meaning of what they hear. Nevertheless, they say they understand and often with a certain sense of bashfulness, because, always almost having Italian surnames, they are afraid to make a bad impression and don’t want to upset anyone. And this is a characteristic of the Argentinians that emerges immediately. They care a lot about people’s opinions, about what they will say… For an Italian arriving, the most general and immediate discovery, that of the milieu, of the “world” in which he or she now is, is at all events pleasant, amid well-known customs and traditions. He or she immediately feels at home, in a territory that leaves no doubts psychologically. No uneasiness, at all events, a return home. This happens with Argentina and Argentinians, over and above the language. Everywhere you see Italian surnames, everywhere you feel a homely spirit. You discover that they speak in a different language to say the same things as us and in the same way, with an analogous attitude, thought of and experienced in an identical way. They have the same disdainful approach to politics and politicians, they treasure friendships, familiarize with other people very easily, appreciate the same cuisine, talk too much, are intelligent, creative, cunning, at times cheats, cynics and roughnecks to the necessary degree. They always try to identify with the strongest, with the best. For them, whoever wins is right. An Italian immediately discovers here, as soon as he or she “touches on” any theme, feelings like his or her own. It seems there are no differences, but then there are differences, they appear on the surface. You discover that they come from a different school, they have no cult of the past. They never know, the Argentinians, what town or village, what province their Italian ancestors came from. To the Dantesque question “Chi fur li maggior tui?” (Who were your ancestors?) they can never give a precise answer. Whether it was the father, the grandfather, the great-grandfather, they cannot indicate the region, city, or province. They know he was Italian, they have inherited his vices, tics and virtues, but they remember few things: that he always made such and such a wisecrack, that he ate in such and such a way, that he was a hard worker, PERCORSI 110 rigid in the ways and things he believed in, strict in the upbringing of his daughters. The nineteenth-century Italian, the one with the big moustache, severe and intransigent, has made history here. When an Argentinian, even an Argentinian of today, has to explain that in a given circumstance he really got annoyed and had a furious, violent reaction, he will always say, theatrically, that “all the Italian heat came out in me!” Barzini Senior, who wrote a lot on the Italian presence here in the early twentieth century, noticed that in these families, though they were so characteristically Italian, in the end there was not so much respect for the humble and modest figure of the father, and alluded to the school from which the boys came, a school that feared Italian contaminatio because of the hard core of our dialects that dominated the speech of so many of the inhabitants. There were islands of Genoese, Piedmontese, Venetian, Sicilian and other southern dialects. Almost no Italian. Between 1875 and 1924 over two million Italians came to Argentina. Wars, famines, the difficulties that arose before and after Unification drove hordes of poor people from our regions over the ocean. They concentrated on two big cities dreamt of and experienced as two countries kissed by prosperity: Novaiorca (New York) and Bonosaire (Buenos Aires). These were the destination of people that left a country knowing little about it. People lifted as if by a crane from the fields, from peaks of mountains, and dropped on a ship. They saw, half-saw, the lights in Naples, the Beverello or the Lantern of Genoa. And the ships departed and departed… Culturally disarmed, they came to immense cities, new ones, ones taking shape, where racketing, abuse and the law of the strongest were the norm to live with. Settling in, integrating was vital. For them, Italian had never existed as a language. Dialect reigned supreme. And dialect quickly blended with the local Spanish, forming a comic mixture that here in Buenos Aires – in the advertising and literary tradition – they ended up calling cocoliche from the surname – they say – of a Calabrian immigrant, Cocolicchio. And cocoliche for a very long time “adorned” the farce of local curtain-raisers; and boys that attended Argentinian school did not like having a father that spoke cocoliche. However, there are also paradoxes. In this same milieu, from the middle of the nineteenth century the tradition of the newspaper in Italian spread. Museums and Argentinian libraries still preserve first pages and whole newspapers with the most different titles, gazettes written in Italian, with big circulations for the period, newspapers that at times lasted several long decades. Someone who was not illiterate, not a speaker of cocoliche, produced them, and someone read these newspapers. Alongside humble emigration, often not alphabetized, educated people had come, also cultured, experienced people that knew how to produce newspapers and spread them – as happened with the Palermitan Salvatore Ingegneri that, after having edited in Palermo the revolutionary broadsheet “The Poor man”, emigrated to Argentina with his son Giuseppe, who became “Josè Ingenieros” and had a long political, literary and scientific career leaving behind texts and books of rare value. But already before this mass emigration there had been a culturally qualified one of refugees who had supported Mazzini and Garibaldi and had run away from prison at home, and on the banks of the Plata, in Buenos Aires and Montevideo, gave vent to their revolutionary ideas. In actual fact, in 1810, when Argentina – which next year will celebrate its bicentenary – started its own process of independence, in the first government Junta that set hostilities going against the Spanish there figure no fewer than four Italian surnames, to become founders of this country: Belgrano, Alberti, Beruti and Castelli. And this leads us to say that Argentina is not only a country towards which the Italians emigrated in a great flood, looking for a better life, but is also a country that Italians helped to found, who in short were there even before “una Nueva y Gloriosa Nación” – as the country is called in the romantic hymns of the day – appeared on the world scene. This certainly explains the identity of the Argentinians that undeniably have Italy in their DNA, even if they cannot always specify the region and commune their ancestors came from and almost never speak Italian… Dante Ruscica From being a place of memory to being a workshop for new ideas Being part of a group, of an extended family whose members, at least in the initial phase, know one another or not at all. They know for certain, however, that the land of origin is one and the same. The story of associations is one full of endless stories, which began with the first migrations to the New World. For the countless emigrants that went to these unknown lands, associations represented the first front office, essential to starting a difficult process of integration in the new country. Today, over a million and a half individuals recognize themselves in the over 5000 associations scattered around in Italy and abroad, transmission of the cultural patrimony. For young people, it must be a locus in which it is possible to give birth to new ideas, in which to rediscover their own origins learning the language and the culture of their grandparents – an instrument of promotion of backto-the-homeland tourism through cultural exchanges. Gaetano Calà From Rome to Sicily, a journey through the different types of emigration An old adage, attributed by some to the Indians of America, says: if you don’t know where to go, look back and see where you came from. In all epochs, the recovery of collective memory has been perceived as a fundamental good for the construction of the future. The period of the big migrations that affected the whole of Europe is no exception. The idea of creating emigration archives became concrete in 1990, in a highly symbolic place: Ellis Island, New York. This was a different way of looking at emigration, that of archives of memory, with a more attentive eye, in which men and their stories are essentially characterised as a resource. Museums, but also study centres, archives, centres for documentation and research have also arisen in Italy. The objective, in addition to the retrieval of memory, is to recover the instruments for facing today’s migrations, which see our country no longer as a land people set out from but one they come to. In Rome, at the Vittoriale, recently the National Museum of Migrations was inaugurated. It is divided into three sections. The first section goes over the rise and development of big Italian emigration. The second section traces out the geography of emigration, with in-depth exploration of the peculiar migratory characteristics of each single region. Lastly, the third section concerns a journey in emigration through thematic areas allowing the visitor to have interactive knowledge of the whole historical period through the cinema, literature, music and rare objects and documents. Sicily too now has a network of Sicilian museums of emigration; each one shows the differences in migratory flows according to single geographical areas. All seven museums, however, have the common denominator of the attraction aroused by lands overseas, induced by the thoroughgoing propaganda of the big sailing companies. In short, the American dream came to Sicily in the form of illustrations and coloured writings. The differences in types of migration are instead the peculiar features highlighted in each museum. For instance, emigration from the latifundium, shown in the pavilions of Aquaviva Platani, in Caltanissetta province, is very different from that of the coasts, analyzed instead in the museums at Giarre (Catania province), Savoca (Messina province) and Canicattini Bagni (Syracuse province), in the area of the Belice. In the Iblei Museum in Ragusa, instead, one can understand how a territory characterized for centuries by the absence of latifundium and by the presence of small and medium estates influenced migration. Emigration from the Sicilian islands is represented instead by the Aeolian Museum of Emigration, which since 1999, through precious documentary material preserved by families in the islands and the official deeds of communes has made it possible to build up a picture before and after emigration. The museum goes over some phases of life in the Aeolian Island: the Aeolian model of economic development before emigration, also including the phylloxera infection and the crisis in the pumice trade. An important section shows 1132 letters from North America, from Australia and, to a lesser extent, from Latin American countries, but also contains material on the life of Aeolian mutual aid societies in America and Australia, from 1898 on. The archive further includes notices and documents on remittances and on donations for the restoration of Aeolian churches and for the execution of important public works; and there is a rich collection of photos. Alongside the museums and the documentation of an important slice of life, there is also a testimony to a not very well known situation, documented by the volume “A house for emigrants”, edited by Claudio Colombo, analyzing in 140 pages the odyssey of thousands of Italian workers forced for so many years to take their professional skills abroad. The emigrants’ house, a building behind the central station in Milan, was inaugurated in December 1907, and remained active down to the middle of the 1930s. It consisted of a building with a raised floor with a surface area of about 350 metres and an ancillary one with a surface area of 80 metres, and contained a waiting room, two dormitories, baths and washhouses, all with electric light and heating. In its first five years of life, the house gave free hospitality to half a million emigrants, who were thus spared being taken advantage of by dealers and hotel keepers. Exhausted by long train journeys, the emigrants refreshed themselves and at the same time were given information on everything that could be useful to them: railway timetables, connections and changes, union organization in the country in which they were going to work, and information on the work 111 PERCORSI PERCORSI WORLDWIDE as emerges from the sessions of the international conference on the relaunching of associationism in migration policies, held in Palermo last winter and organized by ANFE (National Association of Emigrants’ Families). By their very constitution, the associations of Italians abroad represent a commitment, collective and individual, in the fulfilment of indispensable principles of political, economic and social solidarity, for the affirmation of equal social dignity and equality before the law, without distinction of sex, race, language, religion, political opinions and personal and social conditions. These are concepts of the Constitutional Charter that have become living material in the world of Italian associationism in foreign countries and for foreign countries. Today the role of associationism faces renewed social responsibility, in that it can represent a strong support in the management of immigration. “The migratory phenomenon does not only bring into play political, economic and demographic issues,” states Paolo Genco, national vice-president of the National Association of Emigrants’ Families. “Knowing the social and cultural history of Italian emigration in the world is also useful to us for understanding how migratory processes can fit in in our country and for working for positive integration by valorising what for us has been an essential instrument of growth in the host societies.” Considering these presuppositions, the assignment of the associations today is anything but secondary, although it has to be reinterpreted in the light of the needs and expectations of young people, third and fourth generation emigrants, making associations not only loci of memory but also an instrument of contemporaneity receiving new stimuli. Young people abroad, today more than in other historical moments, are divided between two affiliations: to the society of origin, to which they are linked less and less as the duration of the stay abroad increases, and to the host country, which however they do not feel they fully belong to. So direct involvement in associations is necessary, alongside a carefully selected set of cultural actions with more concrete projects for economic partnership. What young people want is more concrete information, in-depth and objective information, together with “informagiovani” (information for young people) services, through the Internet, dedicated sites and blogs. The history of Italian emigrants in the world is a sad one of which we are often ashamed, a history that many emigrants tend to forget. Associationism must serve to recover a positive image of the Italian identity, it must represent a vehicle for the maintenance and PERCORSI WORLDWIDE market they would find. Thus Milan in the early twentieth century proved to be in the avant-garde in facing the looming migratory phenomenon, with its crowd of people with so many different stories, frightened and at the same time full of expectations about the New World. Marcello Saija A dialogue for peace, with concrete ideas Giving back to the Mediterranean its primary function as a place of exchange and encounter among peoples. From these presuppositions there has come the Permanent Committee for Euro-Mediterranean Partnership (Coppem) aiming to promote a dialogue and cooperation for local development between towns, communes and regions in the countries that adhere. The regulation of the Committee, approved in Gaza in 2000, fully implements the Barcelona Declaration signed in 1995, which aims to found a global Euro-Mediterranean partnership to turn the Mediterranean into a common space of peace, stability and prosperity through the strengthening of political dialogue and dialogue on safety, an economic and financial partnership and a social, cultural and human partnership. The members of the Permanent Committee for Euro-Mediterranean Partnership are Algeria, Austria, Belgium, Cyprus, Denmark, Estonia, Egypt, Finland, France, Jordan, Greece, Ireland, Israel, Italy, Latvia, Lebanon, Lithuania, Luxemburg, Malta, Morocco, Netherlands, Palestine, Poland, Portugal, United Kingdom, Czech Republic, Germany, Syria, Slovakia, Slovenia, Spain, Sweden, Tunisia, Turkey and Hungary. “The Committee insists very much on the concreteness of the initiatives that it promotes,” says Francesco Sammaritano, an executive of Coppem. “We set ourselves concrete objectives, because it is important that the communities in which we operate should clearly see the advantages that partnership with other countries can bring. In short, all round collaboration concretely contributes to making life better.” Coppem and Anfe have for some time been cooperating on outstanding projects. Among these is the Fisher project for the formation of fleets on the southern shore of the Mediterranean, which touches on fundamental points like safety on board fishing-boats, environmental protection and the valorisation of the fish caught. The project – to which Tunisia, Egypt, Morocco, Libya, Palestine and Israel have adhered – is also in partnership with Cnr and Cosvap in Mazara del Vallo (the latter is the biggest organization of Sicilian fleets), with the communes of Sciacca and PERCORSI 112 Messina and with the Technological Park in Palermo.Another important project involving collaboration between Anfe, Coppem and Ismett is the agreement for the realization of a permanent centre for the training of medical, nursing and technical staff. What about projects with the Arabic Emirates? “Our initiative,” continues Sammaritano, “is very ambitious: to create the conditions for the Emirates to open their first Italian consulate in Palermo. There is no need to say what this would represent for Sicily, not only because of the enormous financial resources of the united Arabic Emirates, but also because the consulate in Palermo could be the bridgehead leading to closer relations with the Maghreb and the Middle East.” One of the first initiatives discussed is the creation, at Erice, of three masters, open to 120 graduates from the countries that have adhered to the Barcelona treaty. The objective is to create in this little town in Trapani province a permanent specialization school for graduates from the Euro-Mediterranean area. The course concerns themes ranging from the historical-cultural and anthropological process of the countries in the EuroMediterranean partnership to comparison of the legislative systems and the recognition of the social and legal role of women. “This initiative signed by Coppem, Anfe and the Commune of Erice has major cultural and political value,” continues Sammaritano, “because to put together recent graduates coming from countries differing in language, culture and tradition means activating an exchange in a lot of directions among people that will form the future managerial class in the countries of origin.” What are the most urgent needs in the Euro-Mediterranean area? It is necessary first of all to face delicate issues like immigration, terrorism, safety and protection of the environment. This is a very complex phenomenon, which can only be faced through big partnerships. Another issue to be faced is tourism: if we succeeded, for instance, in harmonizing the restoration of the immense cultural patrimony present in this area, big development of tourism would be favoured that would bring enormous benefits to the countries involved. Coexistence among peoples also involves religious encounters, and this has produced tensions and extremisms. What is the way to go for a constructive dialogue? I believe that first of all we need to valorise the differences, to consider them resources and not an obstacle. In a passage in the Koran it is written that Allah created peoples, social classes, different races. Not so that they would quarrel with one another to decide who was the best, but so that each should ap- preciate the difference in the other. It is well to remember that extremisms, wherever they come from, are very marginal expressions of intolerance and that moderation prevails. Rossella Catalano FOREIGNER AND/OR STRANGER The nations break up, frontiers fall, ghettos tend to disappear, we can all go everywhere. We mix, we swap, we are confused with one another. And nevertheless prejudices continue to reign. They are often latent, but in moments of crisis they resurface violently. And so, when we speak of barbarians, of foreigners and, in general, of flows of people, of frontiers and limits that are crossed and recrossed, we are in the specific field of prejudice. And from prejudice to racism or, more exactly, racisms (from foreigners to the elderly, to homosexuals, to women, to the different, et cetera) the distance is short. But what is the origin of all of this? Stereotypes, prejudices and self-deceptions screen the Self and put it in a shadow area. The screen is set up between the Self and reality, between identity and objectivity, between safety and uncertainty. But what is prejudice? Prejudice is a sort of evaluation intimately connected to the sense of the common, which not only is not an expression of an objective choice of evaluation, but is not even connected to specific and conscious parameters defining our field of experience. It also has a marked prescriptive power over individual or group behaviours and no less power of veto towards the possible rise of more subjective judgments. Racism is a precipitate of prejudice. Racism is not simple aversion to everything that is different from us, it is not even ethnocentrism; it is not highlighting the differences to one’s own advantage, but it is all these things together and also using difference against others for the purpose of profiting by it, as happens in every colonization. Some researchers link racism to the thesis of the scapegoat, while others define it as believing that a given ethnic group is inferior for genetic reasons. These of course are only some of the starting points for possible further indepth examinations. Here it is important to stress that racism can be revealed at both an individual and an institutional level, and it is also infiltrated or latent in laws or social norms that discriminate against cultural and ethnic groups (blacks, Arabs, Slavs, et cetera). Hostility towards different groups arises from the fact that there is a desire to preserve one’s own identity (or, more exactly, “sameness”) also phenotypic, morphological, regarding ex- cation and management of this mental space are not exclusively political, but rather interact with those processes of formation and circulation of social competences on which it is necessary to be able to work to increase them. In a society that has to be able to think of itself and act in a multiethnic way, we need highly diversified forms of knowledge and competences also strongly anchored to a concept of difference and community. The environment with which our mind has to reckon does not belong to simple geoanthropological configuration, but rather to the selection of experiences and the realization of a space for encounter and solidarity. But encounter only becomes an independent variable if in the society of the mind (the internal, intra-psychic world) it is possible to see difference not as a clash, not as a “struggle against”, but as a “struggle for”, as a space for the transfer of parts of the self and for acquisition of parts of the other. An example can be given precisely by the Mediterranean and its particular configuration as a shared environmental space, belonging both to the possibility of consistency and to that of complexity, to the horizon of legibility but also to that of mystery. It is not by chance that different researchers have centred in the identification of a “Mediterranean of the mind” a work space that opens up different perspectives. From an exemplificational point of view, the environmental space, the Mediterranean one in particular, intervenes in terms of construction of the satisfaction of environmental needs, of gratifications, but also of anxieties, of stress or of inter-subjective conflicts. The fact is that in an overall way the environmental space that “we can think of” faces up to the possibility that we can also think of affective and emotional mental spaces. The Mediterranean is a space of difference and conflict, it is useless to hide it. The shared mental space, precisely in this context, becomes an environmental space in which it is necessary to be able to accept difference and “strangership”, but above all, as already mentioned, the extraneous one and the strange that live there. However, the process that determines change is inside a possibility of imagining change. “Process” means not only the recording of the transformations, but the ability to plan them and govern them demarcating our emotional role in them. From this point of view the foreigner is the possibility that the break-in of the new can be shared, that the conflict can be experienced as growth in reciprocity, as a relation between new beings that still have to be revealed. Franco Di Maria SOME FIGURES ON EMIGRATION The Italian work market has for years opened up to immigrants to do physically unpleasant and fatiguing jobs once done by the least well-to-do classes. For some time, however, a phenomenon has emerged, confirmed by the data of Unioncamere, concerning immigrants that decide to work autonomously as entrepreneurs: to date in Italy there are over forty thousand firms with owners born in Morocco. In Sicily there are 3464 Moroccan entrepreneurs, 1608 Chinese and 1020 from Bangladesh, with a real Palermitan colony of 819 entrepreneurial activities, amounting to more than 11% of the national datum. Also significant is the presence of Tunisians in the Palermo area and Senegalese in the Catania area. The biggest numbers of entrepreneurs from outside the EU is in the regional capital, with 3260 enterprises out of a total of over twelve thousand. The black tee-shirt goes instead to Enna, where just 189 immigrant entrepreneurs operate. Altogether, despite the giddy increase in enrolments in the register of Sicilian firms, in percentage terms the island is bottom in the national classification for number of individual firms with immigrant owners not from the EU. On the island as a whole the incidence is 3.8%, in Palermo 5.3% and in Enna 1.5%: not very good compared with the 6.5% national average and the peaks of 10% attained in Tuscany and Lombardy. The main activity of the firms of immigrants in the Sicilian territory is commerce (9348), with particular reference to retail, followed by agriculture, with 921 firms with owners from outside the EU; lastly, there are 520 firms with owners from outside the EU in the building sector, 507 in the manufacturing sector and 230 hotels and restaurants. Regarding age these entrepreneurs are mostly aged from 30 to 50. One of the main problems that immigrants face, in Sicily as in mainland Italy, is access to credit: there are still a lot of difficulties about providing the guarantees required by banks for those that set out to further increase the rate of entrepreneurship. Mariangela Vacanti Anfe puts progress at the service of immigrants One of the proudest boasts of Anfe is the multifunctional office in Marsala, which offers services to people, also and perhaps above all immigrants, aiming at insertion in the work world. It started experimentally in 1998, but soon its activity, recognized to be 113 PERCORSI PERCORSI WORLDWIDE ternal appearance, and to find it as much as possible in one’s own descendants (certainty and continuity). Pagès has defined this as “physical homofiliation”, causing hatred for half-castes, mulattos, half-breeds in general, the fear of dirtying oneself in the mixing of blood. Pagès also speaks of “cultural homofiliation”, i.e. the desire for perpetuation of similarity relating to values, judgments, habits and convictions. So we come to the Other and his or her irreducible difference. The Other is the foreigner, the psychically sick person, the homosexual, in short the Other with skin, behaviours, codes, language different from ours. He is identified through a progressive process of differentiation from us, i.e. through a perception of Otherness as aggression of our “normality.” The Other is the perturbing, what suddenly disquiets our dreams, our relations, our habits. The Other is also love, the breakdown of the equilibrium, the end of homeostasis; the Other is the newborn sib that upsets consolidated family equilibriums. The Other is then placed in the friend/enemy dynamic. If a friend, a lover, then he or she is identifiable with us, he or she resembles us, attracts us, seduces us, there is something in his/her difference we want to appropriate to ourselves, we want to devour, there is something in us that we want the Other to eat, to feed on. If an enemy, then s/he is the “false enemy”, the threat, the invader (barbaric as an uncivil invader, deprived of our relationship codes, our language, our customs, our lifestyles). The Other is the persecutory shadow of perturbation, is fear, tremor, the blushing face, nightmare, the monstrosity that attacks our acquiescent personality. The relationship, however, shades the space of difference and conflict, it is useless to hide it. The shared mental space has to become the environmental space in which it is necessary to be able to accept the difference and the “strangeness” – but above all the extraneous and the strange that are inside us. Indeed, the real foreigner, the one in flesh and blood, evokes and makes visible our parts in shadow and unknown, the extraneous and the strange by which we are inhabited. The stranger is not only the person who is different from us, but above all the one whose affiliation seems to us an “infidel” one opposite to ours. The foreigner and the strange person that are in us face up to the already known, the familiar, which is reassuring and an object of the continuity between existing and being-there (seen as “being in a place”). The fear of the loss of being-there becomes fear of the foreigner that the Other, the extraneous reality, ends up representing, defining and proposing as a shared variable of fear and anxiety, of panic and depression. The processes that determine the identifi- PERCORSI WORLDWIDE of public utility, was financed by the Sicilian Region and by the Regional Employment Agency. Its main activities concern information on the work market, interviews, seminars and training guidance, consultation but also other types of services like the promotion of independent entrepreneurial activity, the intersection of work offer and demand, training courses and informative apprenticeships and assistance in planning actions for retraining and updating personnel. The people using the office are varied; they are mainly unemployed people or ones looking for first occupation, above all women over twenty-five; there are few graduates, and a lot more who have finished senior or junior secondary school. But the modernity of the Marsala office concerns precisely the assistance and support offered to immigrants and foreign communities, with the objective of building up a synergic communicative network that can facilitate access to services for foreign citizens regularly staying in the territory, accompanying their processes of reception and integration. With the AL SALAM project, which aims to demolish the barriers between public and private administrations and foreign citizens, the cultural mediators, in addition to the linguistic and cultural function, also have the indispensable task of supporting immigrants in bureaucratic procedures. Then there is the MAHRABAN project, whose objective is on one side to favour processes of insertion of immigrants and on the other side to make a change in institutions and in the social context, furnishing opportunities for dialogue and mutual understanding. Lastly, ETHNICITY, in addition to reducing linguistic and cultural barriers, aims to set going cultural initiatives for younger people, managed in collaboration with parents and with the people responsible for the various communities, aiming at the development of identity and a sense of affiliation to one’s own cultural roots. For this purpose spaces for aggregation and meetings between Italians and immigrants have been created (artistic workshops, play workshops, intercultural library, health services). Walter Viviano AMOR SOUHI, A SICILIAN BOY WITH ARAB BLOOD A child having one or both parents foreign, who was born in or came to Italy very young, is defined as a “second generation immigrant.” But this term, first used in English, it is not entirely exact or at least appears ambiguous. If it is true that an immigrant is someone that experiences immigration in the first person, these young people have never had this experience directly, but, in many cases, only through stories told by their parents. Leaving aside the ambiguity, the second generaPERCORSI 114 tion people are numerous, very numerous, and hold out a real hope of true integration. According to the 2008 Istat report, there are are 457,000 foreign boys and girls born in Italy and theirs is not a world apart, but is a beautiful blend made up of traditions, lore and customs connected to the world and the society they live in. So there is nothing wrong if a boy has an Italian girlfriend, if they go dancing in the evening, if they speak in dialect, dress according to the fashion, listen to house music and then pray to Allah and fast during Ramadan. This is the story of Amor Souhi, a handsome and strapping man of 22 who from his height of 187 centimetres tells us his experience as a boy, a boy with a Sicilian mother and a Tunisian father that came to Italy more than twenty-five years ago and that together, united in love, have created a very beautiful family in which Muslims and Catholics pray together. Whether it is Easter or Ramadan matters little to them. Amor, have you ever felt excluded by the rest of your friends, because of your surname? Never. And this is the truth. In the milieu that I frequent I have never felt the least resistance, and besides why should they ever have excluded me? A foreign surname is only a different surname, but having been born and lived in Palermo, I feel I am an Italian citizen to all intents and purposes, with an extra advantage: knowing the culture of Tunisian people, which is part of my genetic code. What have you studied? I took a diploma at art school, but then I went on studying because hoping to find a job in this field is pure utopia. And now? I work as a volunteer in the Red Cross. I recently returned from Abruzzo, where we tried to give a hand to these people afflicted by the earthquake. Before this experience, I worked as a volunteer in Civil Defence. I believe that helping others is my true nature and priority, but in this field too finding a job is very difficult, and people my age know all about it. Amor, do you believe in God, Allah or who? I believe in a single God. We can call him whatever we want, he is always God. Really, I can’t understand all these wars between Catholics and Muslims. My mother is a Catholic, my father a Muslim, and in twenty-five years they have loved each other a lot apart from religion. Here, in your family, how do you experience religious moments? In free respect for everyone. In the Ramadan period, for example, I fast too and not because my father has imposed it on me, but because I feel like doing it without any obligation. My father is a very important figure, he has given me some great teachings and when I have been wrong, he has explained my errors to me with his example and reasoning. And then I have a deep respect for his personal story, for the sacrifices that he had to face by going away from his land and raising a family with dignity and love. Do you speak Arabic? I understand it perfectly, though obviously I speak more Italian. In future, would you like to go and live in Tunisia? Yes, because life is more relaxed there, and if my father, when he retires, wants to return to his country, I will follow him. What do you think about the position recently taken up by our government on the problem of clandestine immigrants? I believe that those who govern do not have the slightest idea of the personal tragedies that each of these people is forced to face when he or she decides to undertake these “journeys of hope.” And the decision to send them back means literally sending them towards hell. Amor, what music do you listen to? The kind of music that I prefer is Argentinian tango, but I also like Battiato, blues, jazz… What do you love in Tunisian and in Italian culture? Of both Italy and Tunisia I love the art, the history, the literature and obviously the cuisine! What do you hope for your future? I would like so much to find a job as a nurse, this is the way forward for me, and then I am very happy with my fiancée Cristina and I hope that our union can continue. In short, a calm life which is the hope of any young man my age and then, in future, I want to raise a family, to have some children and then I will say say to them, on the day of their birth: “Marhaba.” And what does “Marhaba” mean? … Welcome… Paola Pottino At SCHOOL WITH AHMED Like every year, when schools reopens, in front of the gates of the schools in our city we find the usual gathering of children and boys and girls that, schoolbags on their shoulders, await the sound of the bell. But, unlike some years ago, now, in addition to the “homegrown” children, awaiting the bell that signals the start of the lessons there are children that are North African, Singhalese, Chinese, Romanian, Albanian… And often, according to teachers and staff, they are also among the best and most willing. Without considering the fact that if they were not there a lot of elementary and middle schools would be in big difficulty, since they would not succeed own language, as many of these children were born in Palermo and consider Italian their first language. This happens among the Tamils from Sri Lanka, who are guests of the Peppino Impastato comprehensive school in Piazza Principe di Camporeale. Three afternoons a week, the pupils, divided into six classes by age, study Tamil language and literature, English and Italian: “We have at last found a place to let our children study,” says Thayaraj Thayalan, a teacher of English, “we want to preserve our oldest traditions in the young generations, but at the same time to let the children learn Italian well for better integration in the territory.” “Yes, I like studying together with him. He’s a classmate of mine, but all the same I explain some things to him, so I feel older and better, a bit like our teacher.” The person speaking is Giulietta, a twelve-year-girl that sits with Mhedi, thirteen, from Casablanca, Morocco. “I started school here in Sicily. My classmates immediately became my friends. Certainly, the first day is difficult for everybody, but I don’t think it depends on where you come from or where you were born.” What a lot of wisdom and truth in the words of Khaled, with a blue smock and starched red bow; the emotion of the first day of school is universal. He doesn’t even remember very well the name of his native town, because he arrived in Sicily still in swaddling clothes together with his family. He attends the third elementary class and has every intention of going on studying like all the other children in his class. During the break Ahmed and Giovanni play together and share their tuck. The food that now circulates in schools is also different from a few years ago. Alongside the classical brioche, the ham and mozzarella sandwich and the bun, there are containers full of couscous, brochettes, tajin… The fact is that parents and children bring in their satchels dishes typical of their country of origin, sometimes swapping recipes in the most disparate languages. This too is integration, not only among students, but above all among their mothers. We know, as always, at table we are all one family. Claudia Brunetto God? He makes the commander and calls him Asik 26 June 2009, Lampedusa. Francesco Viviano, a Palermitan journalist, receives honorary citizenship of the island for his commitment to immigrants, thousands of whom every year land on its coasts. Viviano is not new to vicissitudes, often dangerous ones, that see him involved alongside people from outside the EU, like the recent one that had as its protagonist a commander and his ship: the Pinar. From this tragic story a play came with the title “The door of life”, brilliantly played by Filippo Luna and adapted for the theatre by Maria Elena Vittorietti. The show, already presented at the time when the journalist was made an honorary citizen of Lampedusa and to be repeated at the Salina Doc Festival, goes step by step over the vicissitudes of some of the protagonists that experienced this tragedy: from the escape from their own villages out of fear – certainty in many cases – of being killed, to crossing the desert to reach Libya, the rape of women, embarkation on dinghies and old wrecks that the profiteers still call boats and from which those that don’t make it –mostly children and women – are thrown in the sea like potato peel, to the meeting with captain Asik Tuygun, whom everyone on board calls god, a man that did what his heart told him to, without hesitating to jeopardize his own life, that of his men and his earnings. These are shocking but true testimonies, improbably true, collected by the journalist, who when he heard the unbelievable story of this ship, anchored between Malta and Italy, loaded with over one hundred and fifty souls left to their own devices, at the mercy of laws and bureaucrats who passed on all responsibilities and duties, decided to rent a raft and after 45 miles of heavy sea asked to go on board the Pinar. From here he began to spread news, and as by a miracle the whole of Italy was on the bridge with him. The commander Asik Tuygun risked his job, the shipowner was angry because all this delay in the delivery of the freighter represented a big financial loss. But by this time even if he had wanted – and he didn’t want – Asik could not move. Meanwhile, on the bridge, the captain, his crew and 154 desperate people, and an eighteen year-old girl who had died with her baby in her womb, had been waiting for ten days. In the meantime there was the risk of an epidemic on board. The authorization finally came to moor in Porto Empedocle. The odyssey had ended, at least for Asik and his men. Another one now began for all the others. “Rejection” was a new word that 154 people would soon learn. Viviano could only go on spreading information, it is his job, he does it well, it is his contribution to justice, his piece in the difficult puzzle serving to build a better world. We asked him to tell us about one of the investigations that have made him famous, as a frontier envoy. I have been dealing with clandestine immigrants for decades. When I worked at Ansa I did a report from Pantelleria of 70 lines that no one published, but after a few years, when the phenomenon had come to the attention of everybody, I read a sentence that I had written on that occasion: “When they arrive they 115 PERCORSI PERCORSI WORLDWIDE in reaching the minimum number of 500 enrolments. Yes, because in many cases foreign students constitute a percentage varying between ten and twenty-five percent of the school population that gravitates in the classrooms. Roberta atends the second class at the Pecoraro junior secondary school in Palermo and, though her parents cannot buy the textbooks, she studies from photocopies and now she can read and write in Italian correctly. She is a Rom child from the gypsy camp at the entrance to the Favorita Park. Like her, 88 other Rom children are regularly enrolled in the schools in the city. Hajar too, a Moroccan child who came to Sicily from Libya on a makeshift boat, after having been followed by the teachers with the project of the school in the Villa Sofia hospital, now successfully attends the third elementary class. These are only fragments of stories of young immigrants that are now an integral part of the Palermo school population thanks to an increasing process of sensitization and a multiethnic approach to teaching. “The children at my school, despite the big material difficulties that they have and the precarious life they lead, in class endeavour to do their best. They are curious, they desire to be accepted and to contribute in turn to school life. For Rom children an agreement has been signed between the schools in the city nearest to the gypsy camp to favour insertion in school: De Gasperi, Monti Iblei, Pallavicino, San Lorenzo, Tomaselli, Trinacria, Borgese, Florio, Marconi, Orlando, Pecoraro and Virgilio Marone,” says Maria Giovanna Granata, an executive of the Alcide De Gasperi school, which has 45 Rom pupils from play school to primary. “You should make more effort, as Ahmed does”: Giovanni may happen to hear his teacher say just this to him. The fact that foreign students are more interested and present than others could also derive from the fact that they feel, “a step behind” the others for language reasons. But in this case too they are supported both by the teaching staff, who integrate Italian as a second language, and by their classmates. “There are a lot of difficult situations,” says Giuseppina Sorce, executive of the Madre Teresa di Calcutta school, “but by and large I can say that the foreign children are happy to come to school. For them it represents an opportunity to know the culture of the city that hosts them, and to learn to read and to write in Italian so as not to eternally feel like foreigners among us. They are really keen and strive to make up for the lacunae that they inevitably have.” Moreover, a lot of communities of immigrants see in school the only way to protect their traditions and their culture. This way the children study the whole day, in the morning in Italian school and in the afternoon in extracurricular activities in which they learn their PERCORSI WORLDWIDE ask for the station but the only station on the island is the police station.” I became more and more interested in the subject, making investigations in Libya and Tunisia, talking about the phenomenon and above all giving names and surnames of the profiteers, some “important” ones, officers in the Libyan or Tunisian army that favoured the transporting of desperate people. I had got into the reception centre on Lampedusa pretending to be from outside the EU and for this reason I was reported and convicted for “declaration of false generalities.” I had succeeded in reaching at sea the Capanamur blocked in the sea for 15 days with 35 clandestine immigrants on board. The investigation on the voyages of clandestine immigrants was one that I had intended to do for a long time and so together with my colleague Luigi Pelazza of the “Iene” programme that I met while I was preparing the report, I decided to set out. Despite comprehensible initial distrust on the part of the boaters, experience helped me to approach them. I found a contact with the doorman of a disreputable pension in Tunis. About fifty euros was enough to get the name of another contact, who in turn, well oiled, took us to another one and so forth. After about fifteen passages and almost a month, at last at Mahdia, between Sousse and Sfax, we contacted the boater that would take us on board. He couldn’t understand why we wanted to take that trip risking our lives, but we succeeded in convincing him and when he was certain that we were not police officers or secret agents, he accepted, not without setting the condition that we would pay a double price for the voyage. We accepted and Mansour, a big 40-yearold fisherman, took us to a farm on the beach where we found about ten clandestine travellers. They were poor desperate people; with us there was also a woman with two children, 3 and 4. A real torment. That day our odyssey started. We slept on makeshift pallets; there was only Turkish toilet that soon clogged up. Luckily in the garden there was a tap with water and somehow we got by. I asked the woman if she could swim and she said no. She told me it was not important to know how to swim. And when I asked her what she would do if things went wrong and the boat was crushed by the waves and sank, with great calm and resignation she answered that everything is written: “if Allah wants I will reach Italy, Europe, with my children, and if he doesn’t want, it means that he has decided this way. So what’s the point of knowing how to swim?” That answer gave me some difficulty and I too, a short time after departure, began to have bad thoughts, which subsequently turned worse on the eve of departure. Mansour had found a boat and had put two outboard motors on it. Naturally I thought about my PERCORSI 116 children, about you too, here to interview me, my mother, my wife, to whom I had promised that as soon as I left I would let her know by phone. I didn’t do it, it served no purpose. A short time before departure I extracted from my backpack a lifebelt that I had brought together with a radio transmitter and a satellite phone. I gave the woman my lifebelt and she put it on. The tension in the hideout was terrible and turned incandescent when Ahmed, one of the young clandestine people, already expelled from Italy once, started to protest that he didn’t know how to swim either and that he should wear that lifebelt. They were dramatic moments when anything could happen. There were knives lying around and he always had one in his pocket. I had one too that I had brought for other uses. I was afraid, very afraid, but the other people sided with me and Ahmed desisted. We were ready, we were waiting for the phone call from Mansour to direct us towards the point where the boat was waiting, when hell was unleashed. Beams of light from photoelectric cells lit up the embarkation area, and we also heard some shots. Our hideout was three hundred metres from the beach; we put out all lights and waited. A few hours later we heard sounds of patrol boat motors and lorries. It was Tunisian soldiers that, probably warned by someone, had intervened and seized the boat and arrested two of Mansour’s friends that had organized everything. Shortly before dawn we saw Mansour appear, full of bruises, and scratches all over his body; he told us to run away fast. In the eyes of the woman you could see despair, but also so much faith. “Allah this night has not wanted, but you will see that sooner or later he will give me the green light” she told us while she was going away with her two children, one of whom had a shirt on on which it said in English Go where the wind takes you. The story of the Palermitan journalist who to do a report on the routes of clandestine emigration pretended to be a non-EU citizen and joined the queues of desperate people awaiting expatriation. Walter Viviano Buenos Aires, Palermo, Venice in the cobweb of Saraceno In Palermo there came into being the fascinating cobweb of elastic cables that made everyone ecstatic at the Venice Biennale, appearing in national TV news bulletins and in the pages of daily papers like the New York Times and the Herald Tribune. An installation that in its primordial simplicity unites beauty, technological boldness and harmo- ny. The work of the Argentinian artist Tomas Saraceno is entitled “Galaxies Forming Along Filaments, Like Droplets Along the Strands of a Spider’s Web” and it represents on a large scale the cobweb of a spider, but it is also a model of the very origin of the universe. What are the meetings and encounters that have determined your artistic development? I have travelled a lot and I can say that every country has left a trace in me, Germany, Argentina, but also Iuav in Venice, where I found good teachers, not only Italian. Which artists do you consider reference points? So many, difficult to choose one. However certainly Thomas Bayrle, Olafur Eliasson, Dan Graham, Kyula Kosiche, R. B. Fuller, Sonic Youth and Ant Farm. You belong to that big population of Italians that live outside the geographical confines of their nation – where do you consider to be your home? When they ask me where I am from I answer: “from the planet earth till now.” Anyway, today I live in Frankfurt and since I returned to Europe I have succeeded in getting good friends again. My family is of Italian origin, my father is from Milan, but I was born in Argentina. I was a little more than a year old when we moved to Italy and then ten years later in 1986 we returned to Buenos Aires, where in the meantime democracy had been re-established. A couple of years ago I went back to see the places of my infancy, the house where I lived and played, which is at Pasian di Prato, near Udine, where my cousins and my uncles and aunts live. The secret of your work? Can you say ‘mobility’ in your language? The secret is never to stay still for too long. How do you see contemporary Italian art? I would not know how to judge, but what surprises me is that the Italian artists that I really like don’t live in Italy. A judgment on the Biennale? In Venice I was happy, I felt at home, my parents always took me to the lagoon. The Biennale was very beautiful, there were so many interesting things but the work that struck me most was certainly that of Thomas Bayrle. Tomas Saraceno went to Venice thanks to the Garrone Foundation in Genoa in synergy with the Sambuca Foundation in Palermo, which came into being just under a year ago thanks to the dream of Marco and Rossella Giammona, entrepreneurs specializing in the recovery of the monumental historical patrimony. “The Sambuca Foundation aims to bring to Palermo artists, collectors and art-loving entrepreneurs that want to invest Antonella Caradonna MUSIC MAINTAINS THE ROOTS Music, theatre, cinema… There is also an artistic side to Anfe. Maintaining traditions, nurturing roots – this is another task of the association, so when in the streets of Montevideo or Buenos Aires you hear someone humming Ciuri ciuri people cheer up because the objective has been attained. Thanks to the collaboration of artists of the calibre of Mario Venuti, Carmen Consoli, Sun and Arancia Sonora, music has thrown out a bridge to our communities overseas, above all to young people, holding out a strong message of affiliation to the land of origin. “I like to think of emigration as an added value. Italians have taken the richness of their customs, language, literature, art and cuisine to the host countries.” The person speaking is Carmen Consoli. We met her in Argentina, one of the overseas destinations of her show Eva against Eva. What does it mean to sing for a Sicilian audience in a country that is not Sicily? I love contaminations; my show is a contamination of genres, a dialogue between theatre and music with monologues by Emma Dante written for Simona Malato. Singing abroad gives me a chance to see how the Sicilians have contaminated the place in which they have settled. In Buenos Aires I inserted some songs in Sicilian dialect continuing along the pathway involving the recovery of the Sicilian folk song. Our culture possesses an extraordinary richness of texts and music with some high-level harmonic and melodic arrangements. Can music be used as an instrument for preserving roots? Yes and also more. Music can be also a political instrument. Political but not a party instrument, in the sense of being an instrument to propose ideals. Politics, in its noblest expression as service to citizens, becomes the common language of all people and as such a locus of pacific and harmonious cohabitation of varied humanities, differing in race, sex, ideas and religion. Do you believe that music can wipe out the confines marked out on the planisphere? As Baudelaire said, music evokes, reminds. All arts have the power to evoke feelings and emotions, to bring to mind a distant land, a taste, an odour, a lost love. Watching a movie, visiting a country, music comes back into the mind. Art succeeds in concentrating all the feelings confined to the undergrowth of our rationality. To what extent do you feel you are a bearer of Sicilian culture? Each of us is a bearer of a culture. We Italians have it in our DNA; we are bearers of culture and beauty. But culture is an authentic economic resource and it is a pity that the institutions don’t realize it and lose talented young artists, who go away from Italy in search of a land that will host their ideas, their arts. I feel I am a bearer of Sicilian culture, not only abroad, but also in Italy, in Sicily, in Palermo, in my own city Catania. We have been ashamed, too long, of the Sicilian language, not realising that it is poetic and for this reason known all over the world. The poetries of Buttitta, of Pitré, the whole Sicilian anthology is untranslatable. I have travelled a lot, in some respects I can also consider myself an emigrant, though I have not been forced to leave my land to seek my fortune. I have found my Eldorado in Catania. Nobody wanted to produce me, I sent samples everywhere, to Milan, to Rome, without any result, yet they were samples of songs that then became very popular. In the end a Catania man produced me. Today I live between Catania and Paris, but I always return to my city, I cannot be far away from Etna, and for me Sicily is not a point of departure but of return. Do you believe that for emigrants too Sicily can be a point of return and not of departure? We Sicilians are always about to depart. As my grandmother said “nuatri ama a partiri siempre (we always love going away). Up to the age of eighty si tu rici a na fimmina ri partiri idda si fa i valigi (if you tell a female to go away she packs her bags).” Then, however, she doesn’t really succeed. But the desire to return? I would not speak of a literal sense of the term. I would say, rather, that we return to a feeling, to a feeling that we Sicilians succeed in creating in every place we move to. We create our Sicily in the place that we choose as an abode. Then Argentina is so similar to our country that the distance is felt less, it doesn’t work in the same way, if you go to live in Denmark. What message do you want to give to young Sicilian emigrants? To create value. We young people are skilled and good at creating value. Because we fall in love with things. With people, trades. We put energy and passion into everything we do. As they say in my part of the world “ni ittamu cu tuttu u sceccu” (we throw ourselves in with all the donkey), we throw ourselves headfirst into everything that we do, without brakes, without minding about the tiredness and the sacrifices that this involves. Antonella Caradonna Sicily on film Franco Nero – a Donatello David as the best lead actor in The Day of the Owl (1968) by Damiano Damiani – this year too, for the second time, is a guest of the Sicilian Film Festival, being held for the fourth time. Already a guest last year for a prize for his career, Franco Nero, an actor in no fewer than 12 films made in Sicily, has agreed to return to America as a guest of honour of the festival, all devoted to Sicily, during which “The Plague Sower” based on the novel by Gesualdo Bufalino was shown. We caught up with him fishing in the bay of Miami Beach, Florida, while struggling with a school of barracuda. “I have always had a very beautiful bond with Sicily, which began at Partinico when I filmed ‘The Day of the Owl’ with Claudia Cardinale. The year after Damiani again asked me to work with him, this time in Confessions of a police commissioner to the public prosecutor, the Italian film most sold in the world. I played the part of a judge, judge Falcone. The Plague Sower too, People of Respect by Luigi Zampa, from the Sicilian novel by Giuseppe Fava and The man excluded were made in Sicily. And I have to say that all the films made in Sicily have always gone very well. Sicily brings me luck. In Palermo I was a guest of Donna Silvana Paladin, who has a splendid old residence near Villa Igea. I preserve some beautiful memories, parties with friends and people met in the place. This year I have agreed to return to the Sicilian Film Festival because it is small in that it is familiar, but big for the beautiful films to show the Americans.” Franco Nero is not lying: the bond exists and is strong. Every year he re- 117 PERCORSI PERCORSI WORLDWIDE in Sicily, to give the world better knowledge of this part of paradise,” declares president Giammona appealing to Italians in the world. “It is a duty of all entrepreneurs to invest in art. In our land in particular the coupling of art and enterprise is not extraneous to the traditions: you just have to think about what the Florios did one hundred years ago.” According to the administrator of the exhibition Paolo Falcone “Saraceno’s work blends science, art, architecture and spatial research and is a perfect synthesis of the future cultural planning of the Sambuca Foundation.” The success in Venice stimulates the founders, who together with the financier Fulvio Reina, after having formed an association with the Riso museum regional, aim to create an archipelago of display places defined ‘a diffused museum system’. A series of charming and unusual spaces that go from a period Rolls Royce to the wharf of a merchantman, through the manege of Palazzo Sambuca and ending in the former barn of one of the most precious noble mansions in Palermo. “Everything can be turned into a venue for contemporary art,” concludes Falcone, “art and territory must hold a dialogue, and from this blending a new Palermo will be born.” PERCORSI WORLDWIDE turns to Sicily: “I go to Capo d’Orlando to fish for surici,” he confesses to us. A consolidated American showcase of Sicilian cinematography, the Sicilian Film Festival, was held at the Miami Beach Cinematheque with the patronage of the Sicilian Regional Parliament. The Sicilian Film Festival promotes overseas Sicilian culture and cinema, offering plenty of attractions and surprises and paying tribute to Sicilians or people originating from Sicily, who have been part of the history of world cinema. But also non-Sicilians can aspire to a tribute at the Festival. When it was held for the fourth time the prize for the best director was won by Marco Amenta for The Rebellious Sicilian Woman, at the same time as it was being distributed in Italy. The lead actress in the film, Veronica D’Agostino, won the prize as best actress. The film had already won two nominations for the Donatello David (best debutante director and Young Davids). The Sicilian Film Festival has the merit of having for the first time highlighted all over the world the existence of a real “Sicilian cinema” and its internationality. Numerous films have been submitted for selection by Italian and foreign productions. From Hollywood MGM sent the famous film Dressed to kill by Brian De Palma and produced by the Sicilian George Litto, to whom the festival devoted a meeting for him to talk about his successful career. In the competitive section here are some titles of certain interest: The Viceroys, a big transposition by Roberto Faenza of the novel by Federico De Roberto; Cover Boy by Carmine Amoroso, the Italian film that has won most prizes at international festivals, produced among others by Augusto Allegra, who held a lecture on Sicilian cinema production; films by young Sicilian directors like Lisa Romano (If you close your eyes). There are also numerous documentaries, some presented by Gambero Rosso, on the culinary tradition, among them Street food and one devoted to Prince Alliata, and then The sea like wine, by Luigi Valente, on the Favignana tuna station, and yet others on the Sicily of Vincenzo Consolo and on various feasts and celebrations in Sicily with filming in Palermo, Trapani, Selinunte, Marsala, Motya, Ustica, Sant’Angelo Muxaro, San Biagio Platani, Prizzi, Terrasini, Cinisi, San Martin delle Scale, Etna, Acitrezza, Syracuse, Vara and other places. This year too Montalbano’s Sicily was one of the special events (with the collaboration of Antonio Bruni, RAI representative for international festivals) who for the second time brought the American audience the new series of the TV fiction played by Luca Zingaretti with the title Paper Moon and based on the novels of Andrea Camilleri. For feature films an international jury assigned a prize for the best film, the best direction, the best cast and the best technical contribution; PERCORSI 118 there were numerous short films by young directors, showing the vitality and the future of Sicilian cinema; there was an exclusive showing of the six short films that were finalists in the Sicilian shorts section of the Taormina Festival, directed by Deborah Young. The Sicilian Film Festival – whose creator and president is the sculptor Emanuele Viscuso while the artistic director is Salvo Bitonti, a theatre and cinema director and a lecturer in History of the Cinema and Directing in Turin – is getting Sicily known and appreciated all over the world. At Tegucigalpa, Honduras, with the support of the Italian Embassy there will be an event devoted to the festival in which the film Letters from Sicily by Manuel Giliberti will be shown, as well as the short film Phaedra by Salvo Bitonti and the documentary Stories of Sicily by Sasà Salvaggio, who has already won prizes at previous festivals. Among the other novelties, a SicilianFilmFestivalWebTV is being worked on that from the next edition should be present with its TV cameras. We must mention that at the second edition the mayor of Miami Beach officially proclaimed a Sicilian Film Festival Day and gave the keys of the city to its creator Emanuele Viscuso who, an all round promoter of Sicilian culture, has also already directly created in Sicily the International Festival of Organ Music in Churches in the Historical Principality of Castelbuono (F.I.M.O.) whose first edition, promoted by the same type of communication as an international cinema festival, was highly successful. President Emanuele Viscuso has also confirmed the artistic direction of Diego Cannizzaro for the second edition of FIMO from 8 to 14 September 2009. “For an Italian abroad,” says Emanuele Viscuso, a Palermitan sculptor who lived in Milan and then moved to Miami, “a festival of this type is almost a shock. Sicily has always only been at the centre of attention for the usual commonplace. A whole festival for an international public and devoted to the island, to its culture and creativeness, to its poetry and the history of Sicily, to its cinema outside the obvious mafia theme, is an unexpected gift to my Region. A gift to Sicilians and all Italians, accustomed in some respects to be a little ashamed of this very particular sister. The SFF is not a markedly local phenomenon, for the whole world is talking about it. We get requests to repeat it all over the world, as from the whole world, even from India or Syria or Egypt.” Carla Incorvaia Joe’s sea, from Sicily to Alaska It all started with a salmon sandwich. The fact is that Vincenzo Incontro – the director of Plemmirio, the protected marine area in Syracuse of which he is considered a pioneer, as well as having been for eight years the underwater advisor for the Rai programme “Linea Blu” – while at Punta Bassana on Marettimo to film all of a sudden felt hungry. So to satisfy his appetite he turned to the local fishermen. They gave him a sandwich with the high quality fish. “I immediately wondered where it had come from,” Incontro says, “and they told me: we have been catching it for more than 100 years.” This was the start of the story “Joe’s sea, from Sicily to Alaska.” The documentary narrates the life of Sicilian fishermen who go abroad to the United States to catch a species of salmon that is among the most appreciated in the world, red salmon, sockeye. The project, costing 120 thousand euros, was realized thanks to a co-production of Scubafilm and Anfe, the national association of emigrants’ families, and will have its world preview on Marettimo in the month of June. “There are still communities of Marettimo people that live in the United States, more than a thousand in Monterey in California, who every year for two weeks catch the sockeye salmon in places like Coldbay, in the bay of Bristol, in the coldest waters in Alaska, opposite the Aleutian Islands, at Nackneck. There are the folowing families: the Guerras, the Bonannos, the Aliottis and the Campos that also originate from Isola and Trapani. The biggest fish dealers are from Augusta, the Trincalis: they speak old Sicilian and American.” The photography for the documentary is by Marco Mensa, of Ethnos, a Bologna production company which also includes the sound technician Maurilio Quadarella. “It took two years of researches and surveys,” continues Enzo Incontro, “and Skype connections. But we succeeded. The fishing lasts five weeks, from June to July, and every year hordes of young people set out. The fishing business is big and can even reach a hundred thousand dollars. Also, the activity is rigidly regulated by the fishing authority, “Fish and game”, which rigidly controls fishing and only opens the fishing when the biologists have ascertained that the number of salmon going up is the correct one to ensure the continuity of the species.” Filming lasted three months on Marettimo and in California and Alaska. The character in the story is Joe Bonanno, alias Giuseppe, 63 years, who has lived in Monterey for more than 40 years though his heart is on Marettimo. “The most overhwleming thing,” says the director of Plemmirio, “is to see the preparation of provisions and foods. Theirs is purely Mediterranean cuisine. They prepare couscous and arancini and eat in their lodgings. The fishing is intense and the climax is on 4 July, when by the biological clock there is the biggest number of fish caught. With the first fish caught the salmon is prepared a ghiotta, with pota- Carla Incorvaia Third clapperboard for the Salinadocfestival So we come to the third edition of SalinadocFest, the narrative documentary festival conceived and directed by Giovanna Taviani. It has proved to be a winning bet organizing a festival in the heart of the Aeolian archipelago, which more than once has been the undisputed protagonist of the history of the cinema. This year, images, sounds and realities of the Mediterranean will alternate with one another from 18 to 27 September in an itinerant festival on the island, divided into various sections. The cinema section includes the competition “My country: the invisible people”, and “Memory items”, a space reserved for the projection of documentaries by big names in Italian and overseas cinema, this year devoted to the great Roberto Rossellini. Then the section “Window on the present” centres on the documentary production of young cineastes who are already well known: they will each hold a meeting-lesson at the end of the showing of their films. Exclusively for the island public is the threeday event “Let’s document”, with voting and a prize for the best documentary among some big contemporary titles that have contributed to redefining the genre. “Glances at Italian cinema” is the section devoted to young Italian directors who mix documentary elements with cinema fiction. In the “Special cinema section”, John Turturro will present his new documentary on Sicily. Then the twinning continues with the prestigious Mostra Internacional del Cinema de Sao Paulo. Another important section of the festival is the one devoted to literature, to writers and intellectuals that have distinguished themselves with their civil commitment on the border between literature and cinema. The section “Theatre and music” also contemplates the presence of the dramatist Emma Dante, who will converse with Polyphemus, and the cuntista Mimmo Cuticchio, dealing with Ulysses. Salinadocfestival is also an important event with workshops for teachers, master classes on the documentary, a documentary photography contest and a creative writing one. Another important feature is the interna- tional conference – organized by Anfe with the collaboration of the U.N. and Save the Children – on the drama of ghost children, unaccompanied minors that disembark on the Italian coasts. There will be numerous prestigious guests during this third edition: among them, in addition to those already mentioned, there will be Vincenzo Pirrotta, Dacia Maraini, Vittorio Taviani, Carlo Lucarelli, Isabella Rossellini and Wu Ming. Alessia Franco And Giovanna Taviani created the SalinaDocFest A contemporary literature scholar, an essayist and a well-known cinema critic, Giovanna Taviani already attracted the attention of the public with her first two documentaries “OUR THIRTY YEARS: GENERATIONS FACING ONE ANOTHER” presented at the Turin Film Festival, and “Return”, presented at the 2006 Rome festival. Immediately after taking her degree in literature she became part of the editing staff of “Allegoria”, a literary theory and criticism journal run by Romano Luperini. Her immense desire to narrate causes her to overcome any confine and barrier. In 2007 on Salina she organized the first narrative documentary festival, SalinaDocFest, beginning with a major success in terms of reaction by critics and the public. It was repeated in 2008 with just as much success, and this year too is being done again with a programme rich in meetings and initiatives. SalinaDocFest began just two years ago with a good response from critics. What has changed this year and above all do you think you have attained the objectives that you set yourself? Right from the start the Festival has certainly had a good media response due to the fact that we have offered a broader cultural range. Salinadocfest is not meant to be a fashionable showcase but aims to propose sustainable cultural tourism through the creation of an ideal place also serving as a workshop for reflection on the documentary. In this connection, Salinadocfest is first of all a festival of “cinema of reality”, devoted to new documentary production which in Italy, unlike what happens in other countries, finds no distribution space able to give it visibility on screens in the national circuit. The documentary has the purpose of reconstructing reality through a personal gaze. In 2008 half of the ten competing films had emigration as their theme and this year too a considerable space is devoted to the same theme. The soul of the festival has precisely been emigration. We all know that today emigration is still a real and objective condition but don’t let’s forget that it is also a subjective-internal condition. Today the condition of the emigrant is proper to the intellectual of the third millennium, who in writing still sees an anchor of salvation for claiming his or her own identity. I myself feel like an eternal emigrant, exiled and estranged, in relation to a society in which I often don’t identify myself. This year too the cinematographic partnership continues between Salina and Sao Paolo. What has inspired this union and above all thing what do two such distant peoples have in common? Brazil is a land of escapes and arrivals, exiles and departures, like the Aeolian Islands, it belongs to the history of men that know the drama of emigration and exile from their own land. For this reason we thought about a twinning with such a geographically distant country. There is also a Brazilian cinematographic tradition which the Salina festival cannot not take into account (one name for all of them is Glaubers Rocha) and a new generation of Brazilian documentarists that is forcefully recounting the atrocious truths of a country where the drama of the desaparecidos is still awaiting justice. In the section devoted to conferences, this year too Anfe is organizing an international conference on the theme “The Ghost Children.” How sensitive do you think public opinion is to the drama of unaccompanied minors that disembark on the Italian coasts? The theme of unaccompanied ghost children that every year after disembarking on our coasts are lost in the capitals of Europe and turn into invisible ghosts is an urgently topical theme on which public opinion should concentrate its attention more. The documentary cinema of the new generations feels this problem very much and often chooses this as a privileged subject (I am thinking of the cases of Constanza Quatriglio, a Palermitan documentarist, and her The world on top, and Paradà by Pontecorvo, the son of Gillo Pontecorvo, another maestro of Italian cinema, which could be shown at the Salina festival at the end of the international conference organized by Anfe). There are a lot of cultural proposals and a lot of guests in this new 2009 edition of SalinaDocFest. Can you tell us something about it in advance? Do you already have in mind any guest in particular you would like to speak about? What is new about the third edition is opening up to the Mediterranean and all those countries that share habits, culture and traditions with our country, particularly with Sicily. The guest of the next edition will be 119 PERCORSI PERCORSI WORLDWIDE toes, olives and tomato and rich in Omega.” Thanks to Anfe and the work of Enzo Incontro of Scuba film and Marco Mensa of Ethnos in Bologna “Joe’s sea, from Sicily to Alaska” will go round the world. PERCORSI WORLDWIDE Spain, to which we will dedicate a specific focus on the documentary, beginning from a tribute to the great Spanish director Buñuel. The intent is to create a Euro-Mediterranean network, made up of exchanges and of meetings, extending from the north shore to the south shore of the Mediterranean, to North Africa and the countries of the Middle East. In this direction the Committee of Honour of the festival has decided to assign for the new edition of the festival a literary prize for the Pakistani writer Mohsin Hamid, an emigrant to England, for The reluctant fundamentalist; from the United States instead we are waiting for confirmation of an invitation to some illustrious characters of the cinema (whose names I will not say to be on the safe side) who could be present at the festival for the sixty years since the film Stromboli, Land of God by Roberto Rossellini to which the Salinadocfest will pay a tribute. Stones tell a story The Aeolian Islands are a sort of bridge between Sicily and mainland Italy, and have always been a meeting place of traditions, peoples and different civilizations. Inhabited starting from the Neolithic because of the lure of obsidian for the surrounding peoples, they were the place of manifold prehistoric settlements that the shrewd and impassioned work of Madeleine Cavalier and the Genoese Luigi Bernabò Brea brought to light; these people also created the Aeolian Archaeological Museum, today named after Bernabò Brea; this place preserves the memory of the history of this central place in the history of the Mediterranean. From Filicudi (Montagnola di Capo Graziano) to Panarea (huts from the Milazzese middle Bronze Age), to Salina (Portella), the pathway unfolds through the millennia of prehistory spent among the dry-stone walls of the circular huts perched among insidious rocks often sheer over the sea. Here came the Mycenaeans in their wandering in search of metals, but also Greeks and Romans. To the latter we owe the alluring collection of masks and figures from Hellenistic-Roman comedy or the sunny marine colours of the Lipari Painter, who left his fine decorations on the vases of the epoch. In the sea around the Aeolian Islands, traces of those millennial passages have been recovered in the cargos of amphoras and quality china like the black-painted china from Campania, recovered in the Capistello wreck off Lipari. However, one of the richest areas for underwater archaeological finds is the Capo Graziano area, in the waters of Filicudi, where an insidious shoal was the cause of many maritime tragedies like that of the cable ship Città di Milano, which lies below it at a depth of over 100 metres. Here it is PERCORSI 120 possible to visit wreck A, named after Gianni Roghi, from which there are Greek-Italic amphoras scattered on a sandy saddle and in a gully together with black-painted ceramics from Campania. On Ustica the biggest traces of life date from the end of the middle Bronze Age (12th century BC). The Rock-stack settlement was reinforced on the land side by a big stone wall with semicircular walls protruding on the outside. Inhabited in the Hellenistic-Roman epoch, it presents manifold traces of this presence at Falconiera and in the western areas. With the first century of the Christian era it seems that on Ustica defensive worries ceased. This was a period of major development and prosperity for the small island of Ustica, which lasted until the crisis of the Roman Empire (5th century BC); to this period there are connected the many underwater archaeological finds identified in the seabeds surrounding the island (Punta Alera, Scoglio del Medico, Secca della Colombaia, Falconiera, etc.), showing once again the historicalarchaeological richness of the seas around Ustica. In the Aegadean Islands the most remarkable archaeological attraction has been the big quantity of caves that marine erosion, during the numerous Pleistocene transgressions, hewed out on the spectacular calcarenite cliffs of the three islands. Marettimo affords a rich and spectacular sample of caves but all at sea level, and hence still forming and consequently of limited archaeological interest though one of them – the so-called Pipe Cave – bore big traces of human frequentation in the Hellenistic-Roman and medieval periods. By contrast, the caves on the other two islands were repeatedly and widely inhabited from the Final Pleistocene or Upper Palaeolithic. The importance of these caves is given above all by the presence, in one case – Grotta di Cala dei Genovesi on Levanzo – of manifestations of animalistic rock art (more ancient) and schematic painting (more recent), among which mention must be made of the famous fawn with its head reclining on its body and the bull seen frontally. Much more robust signs point to the certain existence of vast Hellenistic-Roman settlements on all three islands in the archipelago. Of major interest is the establishment for the processing of fish (production of garum) at Punta Altarella on Levanzo and the “Roman Houses” on Marettimo. Linked to terrestrial testimonies is what the sea has yielded of some Hellenistic, Roman and medieval wrecks, like the recovery, in the area of the well-known battle between Romans and Carthaginians (in the northwestern part of Levanzo), of two rostrums in bronze very probably belonging to ships sunk during the battle. Among the most important destinations we can mention Cala Minnola on Levanzo, where there has come to light what is left of the cargo of a Roman republican ship belonging to the well-known Papia family of Latium entrepreneurs. The field of amphoras left on the seabed about 30 metres down is also visible at a distance through a remote controlled plant with TV cameras directly sending images, currently to the offices of the commune of Favignana. On Pantelleria, corresponding to an advanced phase of the Sicilian Ancient Bronze Age, there was the reinforced Mursia settlement, actively inserted in the commercial Aegean-Levantine network in the middle of the 2nd millennium BC. The settlement, today to be seen through big and monumental vestiges, was constituted by circular huts that in the latest phase change into quadrangular buildings inside a coastal space enclosed by a sturdy fortification wall, beyond which there lies the necropolis, which has made Pantelleria well-known in studies on Mediterranean prehistory thanks to the sesi, circular truncated cone structures, built according to a megalithic technique and used exclusively for funerals. The hegemonic Roman settlement, on the two Santa Teresa and San Marco hills, lies in a vast area above the present-day chief village and therefore in a direct relation with the most valid and important maritime port on the island, which recent underwater archaeological campaigns have verified to be such. The two hills are separated by a fairly big flattish saddle where exploratory digging showed up a vast paved open space divided up by protruding walls that could be identified as a big square (forum). Recent diggings have brought to light part of the ring of walls from the Punic epoch in which there was a gate whose masonry structure partially preserves the remains of a frame wall of the Punic type showing fine facture. The filling of the cisterns on the top of San Marco has yielded interesting sculptural material from the late Punic and Roman epoch in fragments of several statues and some fragmentary Latin epigraphs, but above all the three well-known Roman imperial portraits depicting Julius Caesar, Antonia Minor and Titus. Pantelleria too has seabeds rich in history and wrecks. One of the most interesting places is the bay of Gadir, where rapid reconnaissance by Lamboglia in 1972 and 1973 led to recovery of over 100 Punic and HellenisticRomans amphoras relating to two wrecks datable to between the end of the 3rd century BC and the 1st century BC. Another interesting wreck, which mainly transported a cargo of ceramics relating to the well-known local VITTI ‘NA CROZZA (I have seen a skull) HARLEY-DAVIDSON PALERMO Via Circonvallazione di Monreale, 111 90100 Palermo Tel./Fax 091.6686288 www.harley-davidsonpalermo.com 121 PERCORSI PERCORSI WORLDWIDE production of pots called “Pantelleria ware”, still being excavated, is in the bay of Scauri, among whose finds it is worth mentioning a silver ringlet with a cornelian bezel decorated with the Christian symbol of the anchors and a cornelian gem with a divine figure with an arch and a fawn. The data deduced from the excavation of the wreck reinforce the idea of vivacious dynamism subtending the diffusion of these ceramic objects made on Pantelleria in the Sabratha, Leptis, Djerba, Tharros, Turris Libisonis, Ostia, Luni, Cosa and Albintimilium settlements. The Pelagie Islands have been peopled since prehistory and well inserted in the commercial circuits of the Roman world thanks to the big network of ports constituted above all by the true “fiord” of Cala Guitcia on Lampedusa. Lampedusa and Linosa were even inhabited way back in the Neolithic judging from the transitory but certain traces of a settlement identified on the crags of Cala Pisana on Lampedusa. The presence of a Neolithic settlement created by settlers coming from Sicily allows us to realise the high level of maritime knowledge that the Sicilian populations already possessed in that epoch. The presence of numerous cisterns, the establishment for the production of garum and vast necropolises attest to intense frequentation in the Roman epoch. The splendid waters of the Pelagie Islands, well known for their transparency and visibility, conceal interesting traces of the passage of merchant routes and military fleets in this part of the Mediterranean from antiquity until World War Two. Among the most interesting underwater features from the historical point of view we can mention the guns of Cala Pisana, which must partly have belonged to a fleet commanded by Antonio Doria, shipwrecked on the northern and eastern coasts of Lampedusa while sailing towards Africa. Our knowledge of the prehistory and archaeology of the smaller islands around Sicily is due to the hard research work done by single people, but often, above all recently, in situations of international cooperation. On Pantelleria there work together archaeologists and Italian students together with colleagues of other nationalities, giving an idea of the importance of international cooperation as the best way to get deeper knowledge of our interactive Mediterranean civilization. Sebastiano Tusa New gods choose their Olympus in the islands of Sicily “The awakening of the sleeping gods.” This was how someone defined the birth of the Raya di Panarea hotel, in 1962, giving the credit to Myriam Beltrami and Paolo Tilche PERCORSI 122 for having disclosed to the world the “pearl of the Aeolian Islands” and for having made it the worldliest of the Sicilian islands. But in summer all Sicily reawakens, not only Panarea, not only the Aeolian Islands, renewing the rite that every year brings to the island characters of international calibre that, in certain cases, put down roots there and don’t want to go away again. Already the maniacs of VIP-watching have had plenty of scope, with sightings of characters like Ennio Doris, president of the Mediolanum Bank, who explored the islands of wind on board the “Princess Vaivia”, a luxury sailing yacht that previously belonged to premier Silvio Berlusconi. On Lipari, Panarea or Salina people have also seen the singer Lee Ryan, Osvaldo De Santis, the administrator of Twentieth Century Fox Italy, Mickey Arison, owner of “Miami Heats” and the person responsible for the juvenile sector of Juventus, Gianluca Pessotto. On Lipari the “Cicerone” of the former manager of Juventus is Baron Bartolo Matarazzo, who at “La Nassa” got him to taste the specialties of “Mother Teresa.” Gianluca Pessotto went to Lipari on a suggestion from Pierino Zaia, a Juventus fan that several times has been a guest in Turin to follow the vicissitudes of the team of Alex Del Piero. On Lipari there were also a few days’ relaxation for Claudio Bisio, Massimo Giuliani and Pino Insegno. On one of the boats moored a few metres from the island Mario Zamma, a comedian of the Bagaglino of Pier Francesco Pingitore, has also been sighted. Among the international stars, literally in love with Sicily and its islands is Rod Stewart who, accompanied by his wife Penny Lancaster and some friends, decided to return there, after celebrating an important anniversary there last year. The British star came on board a real jewel of the sea, “Braveheart” and anchored in the harbour on Lipari. He landed on the island in the afternoon and at dusk moved to one of the most exclusive restaurants, “E Pulera”, where he appreciated the fineries of Aeolian cuisine, also ordering a few bottles of malmsey. For the pop star, who now almost always includes an Aeolian stay in his holidays, it is a gastronomic must. The artist, after signing the famous guestbook, proved willing to chat for a while with the owners of the place and, it seems, also manifested the idea of purchasing a little villa in the islands. He then also made a trip to Panarea, where he went to the “Da Pina” restaurant. A pit stop on the island of VIPs par excellence, according to rumours circulating there, also for Alba Parietti, who every year rents the same villa there, and for the very worldly Flavio Briatore and Elisabetta Gregoraci, who on the smallest of the Aeolian Islands spent the long weekend of 2 June. There are also many show business, entrepreneurial and political characters that have been so fascinated by these places as “to invert the route” and purchase marvellous abodes. Like the photographer Fabrizio Ferri and the King of fashion, Giorgio Armani, who in their dammusi on Pantelleria entertain characters that go from Victoria Beckham to Sharon Stone, to Sting and Madonna. To Armani, who purchased a house on the island years ago, in the Gadir area, the mayor has given the keys to the city. “Call me a fellow-countryman”, he says to anyone who meets him in the street. Also among the aficionados of the island is Prince Amedeo di Savoia Aosta and his wife Silvia Paternò di Spedalotto, who own a dammuso with a luxuriant botanical garden. Instead, Favignana, the biggest of the Aegadean Islands, has been preferred by Simona Izzo and Ricky Tognazzi, while Francesco Rutelli and his wife, Barbara Palombelli, have bought a house on Filicudi, perhaps following the path trodden by Giovanna Meandri, who on this small rock in the middle of the sea, distant from the jet-set, has had a house for some years. On Panarea, instead, a beautiful villa belongs to the Minister of the Environment Stefania Prestigiacomo, who, it is said, popped in there in June. Not even Claudio Baglioni has escaped the call of Sicily, though some years ago he was enchanted by the celestial waters of Lampedusa, where towards the end of the summer every year he organizes the O’ Scià music festival. Destinations that are less well known, even to the Sicilians, have also been very successful. One only has to think that Bill Gates has manifested the intention to purchase real estate at Salemi, adhering to the initiative launched by the mayor Vittorio Sgarbi, or Cesare Settepassi, president of Tiffany Italia and vice-president of Tiffany Europa and Paolo Panerai, the publisher of the Class-Milano Finanza group, who have taken a house among the vines and beaches of Menfi (Agrigento). Tortorici, in Messina province, was chosen by the Greek composer Mikis Theodorakis, known in Italy for the soundtrack of the film “Zorba the Greek”, while the actor Luca Zingaretti will always carry in his heart the episodes of his “Commissioner Montalbano”, considering that he put down roots at Ragusa Ibla, where the fiction was filmed. Taormina continues to be an evergreen, where the mayor of Rome, Gianni Alemanno, and the soccer player Christian Panucci have decided to buy houses. Cristiana Rizzo Quand on écrira l’histoire de l’émigration italienne, selon les canons historiographiques chers à Jacques Le Goff, aucun historien ne pourra négliger le patrimoine considérable des activités de l’Anfe, l’Associazione nazionale famiglie emigrati (Association nationale familles d’émigrés), qui célèbre les soixante ans de sa fondation. Mais surtout on ne pourra pas omettre l’œuvre de sa fondatrice, Maria Agamben Federici, née à L’Aquila d’une famille aisée, le 19 septembre 1899. Diplômée en lettres, enseignante et journaliste, elle épousa en 1926 Mario Federici, une des plus éminentes personnalités de la culture abruzzaine, avec qui elle partit à l’étranger, où elle enseigna dans les Centres Culturels Italiens à Sofia, en Egypte et à Paris. Catholique engagée, Maria Federici fut influencée par la pensée chrétienne sociale, le personnalisme de Mounier et l’Humanisme Intégral de Maritain, qui devait connoté profondément la philosophie de la deuxième moitié du XIXème. À son retour en Italie en 1939, elle fit fructifier ses idées par un engagement social intense et d’apostolat laïque. Elle fut active dans les rangs de la Résistance, en organisant un centre d’assistance pour les réfugiés et les anciens combattants. En 1944 elle fut parmi les fondateurs de l’Acli, et en tant que directrice, eut le rôle de déléguée féminine, elle fut aussi parmi les fondatrices du Cif (Centro italiano femminile) et premier président de 1945 à 1950. Mais surtout elle fut l’une des plus importantes figures de la nouvelle République démocratique. Députée à l’Assemblée constituante pour la Démocratie Chrétienne, de 1946 à 1948, elle contribua à écrire les règles fondamentales de la Constitution. Avec Nilde Iotti et Teresa Noce (Pci), Lina Merlin (Psi) et Ottavia Penna (Uomo Qualunque), elle fit partie des cinq femmes entrées à la Commission spéciale des 75 qui élabora le projet de Constitution discutée et approuvée le 22 décembre 1947. Elle fut élue à la Chambre et œuvra aux côtés de De Gasperi à la reconstruction du Pays. On peut considérer de bon droit l’exemple de Maria Federici un exemple ante litteram d’émancipation féminine, avec trente d’avance sur les mouvements nés par la suite en Europe. Le 8 mars 1947, Maria Federici fonda l’Anfe et en devint la présidente, la maintenant comme un devoir moral jusqu’en 1981. Sous sa direction, l’association s’étend dans toute l’Italie, avec un réseau opérationnel diffus dans les communes à haut taux d’émigration. Elle fut active et présente partout où les problèmes se firent particulièrement difficiles, en Argentine, au Brésil, Vénézuela, aux Etats-Unis, Canada, en Australie, mais aussi sur le vieux continent, en Belgique, France, Suisse, Allemagne, Hollande, Luxembourg, Grande-Bretagne. Un réseau capillaire de structures qui deviennent des points décisifs d’assistance pour les émigrés et leurs problèmes sociaux, bureaucratiques mais aussi psychologiques dans l’intégration de leur nouvelle réalité. Les activités de l’association, reconnue en 1968 “personne morale”, en ont fait un partenaire irremplaçable pour les organismes internationaux de l’émigration et de l’immigration. Maria Federici est décédée le 28 juillet 1984. Sa pensée illuminée, son contact direct avec les personnes et problèmes, restent un exemple remarquable au temps où nous vivons. Un modèle qui aujourd’hui jure avec certaines distances, avec la légèreté des références aux grandes valeurs. Dans la difficile transition que vit l’Italie, où domine l’apparence et non l’essence, des exemples de vie telle que celle dont témoigne Maria Federici sont des références indispensables pour pouvoir améliorer le rapport entre les institutions et les citoyens, pour récupérer la crédibilité nécessaire de la politique, pour construire dans un respect réciproque le futur de notre Pays. Goffredo Palmerini UN ITALIEN A NEW YORK L’Amérique représente depuis toujours dans l’imaginaire collectif la liberté. Les Etats-Unis continuent d’être perçus comme la terre des grands espaces. Espaces qui vont au-delà de la simple matérialité des gattesciels de Manhattan ou des quartiers newyorkais, mais plutôt un espace vu comme possibilité qu’une Terre offre aux gens. Aujourd’hui les U.S.A. continuent de représenter cette chance qui dans le passé a été accordée aux immigrés, qui y ont trouvé les conditions pour reconstruire leur vie, pour faire valoir leur savoir-faire, leur professionnalisme, leurs compétences et s’affirmer dans la société. Le self made man pour certains a été une chimère, pour d’autres un mythe, mais beaucoup ont réussi. De ces émigrés de première génération, il en reste peu, mais nombreux sont encore les enfants et petits-enfants qui se sentent encore profondément italiens, si bien qu’ils décident de maintenir la double nationalité. Leurs récits sont encore fortement imprégnés de cette difficulté que les italiens ont rencontré sur le parcours de l’intégration, où les difficultés souvent naissaient du conflit entre deux cultures. La grande capacité d’adaptation et la volonté de trouver une cohabitation pacifique les a poussés à chercher une médiation qui ne les arrachait pas à leurs racines tout en respectant les coutumes du Nouveau Monde, et ils ont démontré ainsi d’avoir totalement accepté la leçon de Thomas Jefferson, troisiè- me président des Etats-Unis, qui au début du XVIIIème siècle disait: “Celui qui reçoit une de mes idées, en tire de la connaissance sans diminuer la mienne; comme celui qui allume une bougie avec la mienne reçoit la lumière sans me laisser dans l’ombre”. Ce n’est donc pas un hasard si à l’occasion des célébrations pour le soixantième anniversaire de la création de l’A.N.F.E., à “l’Italian Art Club” à Manhattan, puis à Rutherford dans le New Jersey à l’”Association Italienne Ieri, Oggi e Domani” et enfin au “Rockleigh Country Club” dans le New Jersey, les deux hymnes, l’américain et l’italien, ont été entonnés. On comprend donc mieux maintenant quelle est encore pour nos concitoyens naturalisés américains, l’importance de se retrouver unis sous le même drapeau, de conserver les traditions et coutumes italiennes, d’utiliser la langue italienne lors de réunions, dans les cercles récréatifs fréquentés par les immigrés italiens arrivés maintenant à la troisième ou quatrième génération. Des valeurs comme la fraternité, l’identité, la patrie deviennent des valeurs communes et partagées par les américains et les italoaméricains, qui se sont bien intégrés dans la communauté américaine, en occupant des postes prestigieux au niveau social et économique et la grande présence des communautés italiennes qui défilent sur la Cinquième Avenue le jour du Colombus Day nous en donne une idée. Les noms célèbres italiens présents dans la société moderne américaine sont connus de tous et beaucoup d’entre eux continuent d’opérer, loin des réflecteurs, en offrant leur aide à travers des associations et organisations no profit, pour l’intégration. Le blason de l’”Association Italienne Ieri, Oggi, Domani” représente de manière emblématique l’état actuel de la réalité italoaméricaine. Trois hommes, symbolisant les segments temporaires auxquels l’association se réfère, sont représentés sous trois drapeaux, le drapeau italien qui représente hier, l’américain pour aujourd’hui et le drapeau italien et américain pour un demain d’intégration complète et définitive. Pasquale Peluso L’ARGENTINE, L’AUTRE ITALIE?... Buenos Aires. Habituellement il y a deux façons en Italie pour parler de l’Argentine: ceux qui liquident l’argument en affirmant, tout court, qu’il s’agit d’une autre Italie et ceux qui de ce Pays ignorent tout, ils ne savent même pas où il se trouve et confondent Buenos Aires avec Rio et le Brésil... Des seconds il ne vaut pas la peine de s’en occuper. Sur la “vision” numéro un, par contre, on peut tenter quelques considérations et ébaucher quelques informations. 123 PERCORSI PERCORSI WORLDWIDE PORTRAIT DE FEMME PERCORSI WORLDWIDE Ceux qui croient que l’Argentine est l’autre Italie, qu’elle est toute italienne, quand ils arrivent une grosse désillusion les attend à propos de la langue. Notre langue ici n’a pas pris racines. Oui, étrange, mais compréhensible comme nous allons le voir. Presque personne ne parle italien. Presque. Sur 40 millions d’argentins il y a toujours 100 mille étudiants d’italien, mais c’est peu, non? Et oui c’est bien peu. Les autres disent toujours qu’ils comprennent l’italien: “entiendo, entiendo”. Mais ce n’est pas vrai. Ils comprennent seulement quelques mots et seulement parfois ils “pêchent” le sens de ce qu’ils entendent. Toutefois ils disent comprendre et souvent avec une certaine pudeur, parce que, ayant presque toujours un nom italien, ils craignent de faire une mauvaise impression. Et ça c’est la particularité des argentins qui résulte immédiatement. Ils sont très attachés au jugement des gens, à ce qu’ils diront... Pour un italien, qui arrive, la découverte générale et immédiate, celle du milieu, du “monde” où il se trouve est agréable, avec des us et coutumes connus, sus. On se sent tout de suite sur un terrain familier, psychologiquement acquis. Aucune difficulté, en somme, un retour à la maison. C’est comme ça avec l’Argentine et les argentins, au-delà de la langue. On voit partout des noms italiens, on respire partout un esprit de famille local. On découvre qu’ils parlent une autre langue pour dire les mêmes choses que nous et de la même manière, avec des attitudes analogues, pensées et vécues de manière identique. Ils ont le même approche méprisant sur la politique et les politiciens, les amitiés sont précieuses, ils familiarisent avec grande facilité, apprécient la même cuisine, parlent beaucoup, sont intelligents, créatifs, malins, parfois escrocs, cyniques et machos. Tout ce qu’il faut. Ils cherchent toujours à s’identifier au plus fort, au meilleur. Ils donnent raison à celui qui gagne. Un italien découvre tout de suite, en tâtant n’importe quel thème, des sentiments analogues aux siens. On dirait qu’il n’y a pas de différences, mais il y en a et elles viennent à la surface. On découvre qu’ils viennent d’une école différente, ils n’ont pas le culte du passé. Ils ne savent jamais, les argentins, de quel village, de quelle province, étaient leurs ancêtres italiens. À la question dantesque “Chi fur li maggior tui?” ils ne savent jamais répondre avec précision. Qu’il s’agisse du père, grandpère ou arrière-grand-père ils ne savent pas indiquer la région, ville, province. Ils savent qu’il était italien, ils en ont hérité les vices, tics et vertus, mais se souviennent de peu de choses: qu’il disait toujours une certaine phrase, mangeait d’une certaine façon, était un grand travailleur, rigide sur ce en quoi il croyait, strict sur l’éducation des filles. Ici la figure de l’italien du XVIIIème avec ses granPERCORSI 124 des moustaches, sévère et intransigeant a fait légende. Quand un argentin, même un argentin d’aujourd’hui, doit expliquer dans une circonstance précise qu’il s’est fâché et a eu une réaction furibonde, violente, il dira toujours, théâtralement, que “toute ma rage italienne est ressortie”! Barzini senior qui a beaucoup écrit sur la présence italienne ici au début du XIXème siècle, remarquait que dans ces familles, même si profondément italiennes, il n’y avait pas un grand respect pour la figure du père et il se référait à l’école d’où provenaient les garçons, une école qui craignait la contamination italienne à cause du morceau dur de nos dialectes qui dominaient le parler d’une grande partie des habitants. Il y avait des îlots de génois, piémontais, vénitiens, siciliens et autres dialectes méridionaux. L’italien presque pas. Entre 1875 et 1924 en Argentine arrivèrent plus de deux millions d’italiens. Les guerres, les famines, les difficultés surgies avant et après l’unification poussaient des hordes de pauvres gens de nos régions par delà l’Océan. Ils miraient deux grandes villes rêvées et vécues comme deux pays touchés par la prospérité: Novaiorca et Bonosaire. C’était la destination de gens qui quittaient un Pays qu’ils connaissaient peu. Des personnes prélevées comme avec une grue des champs, des sommets de montagnes et déposées sur un bateau. Elles voyaient, apercevaient les lumières de Naples, le Beverello ou la Lanterne de Gènes. Et les navires partaient, partaient... Désarmées culturellement, ellels arrivaient dans des villes immenses, nouvelles, en formation, où la spéculation, les abus, la loi du plus fort étaient ce avec quoi il fallait vivre. S’adapter, s’intégrer était un jeu de force. L’italien comme langue, pour eux, n’avait jamais existé. Le dialecte régnait. Le dialecte se mélangeait rapidement avec l’espagnol local, devenait un mélange comique qu’ici à Buenos Aires – dans la tradition publicitaire et littéraire – ils baptisèrent cocoliche du nom – disent-ils – d’un immigré calabrais, Cocolicchio. Et les cocoliche agrémenta longuement la farce de l’avant-spectacle local; les jeunes, qui fréquentaient l’école argentine, n’aimaient pas avoir un père qui parlait cocoliche. Mais les paradoxes ne manquent pas. Dans ce même univers, depuis la moitié du XVIIIe, s’affirme la tradition du journal en langue italienne. Musées et bibliothèques argentines conservent encore des premières pages et des journaux entiers aux titres les plus divers, des gazettes écrites en italien, avec un tirage important pour l’époque, des journaux ayant vécus pendant de longues décennies parfois. Quelqu’un, pas des illettrés, pas des cocoliche, les faisaient, et quelqu’un les lisait, ces journaux. Avec l’émigration humble, souvent non alphabétisée, étaient arrivés des gens instruits, cultivés, expérimentés qui savaient faire des journaux et les diffuser – comme pour le palermitain Salvatore Ingegneri qui, après avoir dirigé à Palerme le papier révolutionnaire “Il Povero”, émigra en Argentine avec son fils Giuseppe, qui devint ici José Ingenieros et fit une longue carrière politique, littéraire et scientifique, en laissant des textes et des livres de valeur rare. Mais déjà avant cette émigration de masse il y en avait eu une culturellement qualifiée de réfugiés politiques mazziniens et garibaldiens qui fuyaient les prisons de la patrie et donnaient libre cours sur les rives du Plata, à Buenos Aires et à Montevideo, à leurs idées à l’époque révolutionnaires. En fait, en 1810, quand l’Argentine – l’année prochaine on célèbrera le bicentenaire – commença le processus d’indépendance, dans le premier gouvernement qui ouvre les hostilités contre les espagnols, on trouve au moins quatre noms italiens, devenus fondateurs de cette Patrie: Belgrano, Alberti, Beruti et Castelli. Et ceci nous porte donc à dire que l’Argentine n’est pas seulement un Pays vers lequel les italiens émigrèrent en alluvion massive, à la recherche d’une vie meilleure, mais aussi un Pays que les italiens ont contribué de fonder, qu’ils y étaient déjà avant que “una Nueva y Gloriosa Nación” – comme récitent les hymnes romantiques de l’époque – se présente au monde. Ce qui sert à expliquer l’identité des argentins qui ont incontestablement l’Italie dans leur DNA, même si bien souvent ils ne savent pas préciser la région ou la commune de provenance de leurs ancêtres et ne parlent presque jamais la langue italienne... Dante Ruscica DE LIEU DE MEMOIRE A CHANTIER POUR DE NOUVELLES IDEES Faire partie d’un groupe, d’une famille agrandie dont les membres, au moins au début, ne se connaissent pas ou peu, mais ils sont certains que la provenance de la terre d’origine est la même. L’histoire des associations est une histoire chargée de mille histoires, qui nait avec les premiers flux migratoires vers le Nouveau Monde. Pour les nombreux émigrés qui arrivèrent sur ces terres inconnues, les associations représentèrent le premier front office, indispensable pour commencer un processus difficile d’intégration dans la nouvelle patrie. Aujourd’hui, plus d’un million et demi d’individus se reconnaît dans plus de 5000 associations éparpillées en Italie et à l’étranger, comme il en résulte à travers les patrimoine culturel. Elle doivent être, pour les jeunes, un lieu où pouvoir faire naitre de nouvelles idées, où pouvoir retrouver ses propres origines en apprenant la langue et la culture des ancêtres. Un instrument de promotion du tourisme de retour à travers des échanges culturels. Gaetano Calà LA MEMOIRE RENFERMEE DANS LES MUSEES Un vieil adage, attribué aux Indiens d’Amérique selon certains, dit ceci: si tu ne sais pas où aller, retourne-toi et regarde d’où tu viens. À toutes les époques, la récupération de la mémoire collective a été vue comme un bien fondamental pour la construction du futur. Et la période des grandes vagues migratoires qui caractérisèrent toute l’Europe ne fait pas exception. L’idée de donner vie aux archives de l’émigration devient concrète en 1990, dans un endroit hautement symbolique: Ellis Island, New York. Une façon différente de regarder l’émigration, celle des archives de la mémoire, avec un regard plus attentif, où les hommes et leurs histoires sont connotés essentiellement comme ressource. Musées, mais aussi centres d’études, archives, centres de documentation et de recherches sont nés également en Italie. L’objectif, à part la récupération de la mémoire, est celui de récupérer les instruments pour affronter les vagues migratoires d’aujourd’hui, qui voient notre Pays non plus terre de départ mais point d’arrivée. À Rome, au Vittoriale, le Musée national des migrations a été inauguré récemment, il se dénoue sur trois sections: la première parcourt la naissance et le développement de la grande émigration italienne; la deuxième trace une géographie de l’émigration, en approfondissant les caractéristiques migratoires particulières à chaque région. La troisième section, enfin, concerne un voyage de l’émigration à travers des zones thématiques qui permettent au visiteur d’avoir une connaissance interactive de toute la période historique à travers le cinéma, la littérature, la musique, des objets et documents rares. La Sicile aussi s’est dotée d’un réseau de Musées siciliens de l’émigration; chaque musée identifie les différences de flux migratoires selon les zones géographiques. Mais les sept musées ont tous un dénominateur commun, l’attraction suscitée par les terres d’outre-mer induite par la propagande capillaire des grandes compagnies de navigation. Le rêve américain, en somme, arrive en Sicile sous forme d’illustrations et textes colorés. Les différences sur les types de flux migratoires sont la caractéristique de chaque musée. L’émigration du latifundium, montrée dans les pièces de Aquaviva Platani, province de Caltanissetta, est par exemple très diffé- rente de celle des côtes, analysée dans les musées de Giarre (Catane), Savoca (Messine) et Canicattini Bagni (Syracuse), dans la zone du Belice. Dans le musée Ibleo de Raguse on peut par contre comprendre comment un territoire caractérisé par des siècles d’absence du latifundium et par la présence d’une petite et moyenne propriété a influencé les flux migratoires. L’émigration des îles siciliennes est représenté au Musée Eolien de l’émigration depuis 1999. À travers le précieux matériel de documentation conservé par les familles des îles et les actes officiels des communes, il a été possible de construire un parcours avant et après le départ. Le musée parcourt certaines phases de la vie éolienne: le modèle économique de développement éolien avant l’émigration, mais aussi l’infection de phyloptère jusqu’à la crise liée à la pierre ponce. Une section importante concerne l’exposition des 1132 lettres provenant de l’Amérique du Nord, de l’Australie, et en plus petite quantité des pays latino-américains, mais aussi du matériel sur la vie des sociétés éoliennes de secours mutuel en Amérique et en Australie, depuis 1898. Les archives comprennent aussi des notes et documents sur les envois d’argent et les donations pour la restauration des églises éoliennes et pour l’exécution d’importantes œuvres publiques; et une richissime collection de photographies. À côté des musées et de la documentation d’un important morceau de vie, il y a aussi le témoignage d’une réalité peu connue, documentée par le volume “Una casa per gli emigranti”, de Claudio Colombo, qui en 140 pages analyse l’odyssée de milliers de travailleurs italiens pendant de nombreuses années contraints de porter leur professionnalisme à l’étranger. La maison des émigrants, un édifice derrière la gare centrale de Milan, fut inaugurée en 1907, et active jusqu’à la moité des années vingt. Elle était composée d’un corps à un étage d’environ 350 mètres de superficie, d’un autre bâtiment de 80 mètres carrés et comprenait une salle d’attente, deux dortoirs, toilettes et salles d’eau, le tout doté de lumière électrique et de chauffage. Durant les cinq premières années, la maison accueillit gratuitement un demi million d’émigrants, qui évitaient ainsi les spéculations de commerçants et hôteliers. Epuisés par de longs voyages en train, les émigrants étaient nourris et en même temps informés sur tout ce qui pouvait leur être utile: horaires de train, changements et correspondances, organisation syndicale du Pays où ils allaient travailler, informations sur le marché du travail qui les attendait. Milan, au début du XIXème, démontrait donc d’être à l’avant-garde face au phénomène migratoire dominant, avec sa foule de 125 PERCORSI PERCORSI WORLDWIDE travaux du séminaire international sur la relance des associations des politiques migratoires, qui a eu lieu à Palerme l’hiver dernier et organisé par l’Anfe. Pour leur constitution les associations d’italiens à l’étranger représente un engagement, collectif et individuel, dans l’accomplissement des principes inéluctables de la solidarité politique, économique et sociale, pour l’affirmation de la parité de la dignité sociale et l’égalité devant la loi, sans distinction de sexe, race, langue, religion, opinions politiques, conditions personnelles et sociales. Des concepts de la Charte Constitutionnelle devenue matière vivante dans le monde des associations italiennes à l’étranger et pour l’étranger. Aujourd’hui le rôle de l’association vit une nouvelle responsabilité sociale, pouvant représenter un fort soutient dans la gestion de l’immigration. “Le phénomène migratoire ne met pas seulement en jeu les questions politiques, économiques et démographiques – affirme Paolo Genco, vice-président national de l’Associazione Nazionale Famiglie Emigrati – connaître l’histoire sociale et culturelle de l’émigration italienne dans le monde nous est utile pour comprendre comment les processus migratoires peuvent se fonder dans notre Pays et opérer pour une intégration positive en valorisant ce qui pour nous a été un instrument essentiel de croissance dans les sociétés d’accueil”. Considérés ces prémisses, le devoir des associations, aujourd’hui, n’est pas secondaire, il doit être réinterprété suivant les exigences et attentes des jeunes et des émigrés de troisième et quatrième génération. Elles ne doivent pas devenir uniquement des lieux de mémoire, mais être des instruments de contemporanéité, qui recueillent de nouvelles idées. Les jeunes d’outre-frontière sont, aujourd’hui plus qu’à d’autres périodes historiques, divisés entre deux appartenances: à la société d’origine, à laquelle ils sont de moins en moins liés au fur et à mesure que la durée de permanence à l’étranger augmente, et au pays d’accueil auquel ils n’appartiennent pas de façon totale. Il est donc nécessaire une implication directe dans les associations, mais aussi un ensemble ciblé d’interventions culturelles, avec des projets concrets de partenariat économique. Ce que les jeunes demandent c’est une information plus concrète, approfondie et objective, unie à des services d’infos-jeunes à travers internet, des sites spécifiques, des blogs. L’histoire des émigrés italiens dans le monde est une histoire triste dont souvent on a honte, une histoire que beaucoup d’émigrés tentent d’oublier. Les associations doivent servir à récupérer une image positive de l’appartenance italienne, devenir un véhicule pour la conservation et transmission du PERCORSI WORLDWIDE personnes aux histoires nombreuses, apeurée et en même temps pleine d’attentes à l’égard du Nouveau Monde. Marcello Saija UN DIALOGUE DE PAIX, AVEC DES IDEES CONCRETES Rendre à la Méditerranée sa fonction primaire de lieu d’échange et de confrontation entre les peuples. De ces prémisses est né Le Comitato Permanente per il Partenariato Euromediterraneo, Coppem, dans le but de promouvoir le dialogue et la coopération pour le développement local ente les villes, communes, Régions des Pays qui y adhèrent. Le règlement du Comité, approuvé à Gaza, accepte complètement la Déclaration de Barcelone signée en 1995, qui vise à instituer un partenariat global euro-méditerranéen pour transformer la Méditerranée en un espace commun de paix, de stabilité et prospérité à travers le renforcement du dialogue politique et sur la sécurité, un partenariat économique et financier et un partenariat social, culturel et humain. Les pays suivants font partie du Comitato Permanente per il Partenariato Euromediterraneo: Algérie, Autrice, Belgique, Chypre, Danemark, Estonie, Egypte, Finlande, France, Jordanie, Grèce, Irlande, Israël, Italie, Lettonie, Liban, Lituanie, Luxembourg, Malte, Maroc, Pays-Bas, Palestine, Pologne, Portugal, Royaume-Uni, République Tchèque, Allemagne, Syrie, Slovaquie, Slovénie, Espagne, Suède, Tunisie, Turquie et Hongrie. “Le comité insiste beaucoup sur le pragmatisme des initiatives qu’il promeut – dit Francesco Sammaritano, dirigent du Coppem – Nous avons des objectifs concrets, parce que c’est important que les communautés où nous travaillons se rendent compte des avantages que le partenariat peut avoir avec d’autres réalités. Une vraie collaboration contribue, en somme, en réalité à rendre la vie meilleure”. Coppem et Anfe ont depuis longtemps engagé une collaboration pour des projets d’excellence. Entre autres, le projet Fisher, destiné à la formation dans la marine sur les rives sud de la Méditerranée, qui concerne des points importants comme la sécurité à bord des bâteaux de pêche, la protection de l’environnement et la mise en valeur de la pêche. Au projet – auquel ont adhéré la Tunisie, l’Egypte, le Maroc, la Libye, la Palestine, Israël – est en partenariat, entre autres, avec le Cnr et le Cosvap de Mazara del Vallo (la plus grande organisation de ports siciliens), avec les communes de Sciacca et Messine et le Parc Technologique de Palerme. Un autre fleuron, la collaboration entre PERCORSI 126 Anfe, Coppem et Ismett, qui est un protocole d’entente pour la réalisation d’un centre permanent pour la formation de médecins et infirmiers. Quels sont les projets avec les Emirats Arabes? “Notre initiative – continue Sammartino – est très ambitieuse: créer les conditions pour que les Emirats ouvrent leur premier consulat à Palerme. Inutile de dire ce que cela représenterait pour la Sicile, pas seulement pour les énormes ressources financières des Emirats arabes unis, mais aussi parce que la présence à Palerme pourrait être le tête d’un pont vers des rapports plus étroits entre le Maghreb et le Moyen-Orient”. Une des premières initiatives discutées est la mise sur pied, à Erice, de trois masters, ouverts à 120 lauréats des Pays qui ont adhéré au traité de Barcelone. L’objectif est de créer dans la petite ville trapanaise une école de spécialisation permanente pour les diplômés universitaires dans la zone euro-méditerranéenne. Le parcours de formation concerne des thématique qui vont du processus historique, culturel et anthropologique des Pays du partenariat euro-méditerranéen à la comparaison des systèmes législatifs et à la reconnaissance du rôle social et juridique des femmes. “Cette initiative signée Coppem, Anfe et Commune de Erice a une grande valeur culturelle et politique – continue Sammartino – parce que mettre ensemble des néo diplômés universitaires provenant de Pays différents au niveau de la langue, culture et tradition signifie activer un échange dans de nombreuses directions entre des personnes qui seront la future classe dirigeante dans les Pays de provenance”. Quelles sont les nécessités les plus urgentes de la zone euro-méditerranéenne? Il est nécessaire avant tout d’affronter des questions délicates, comme immigration, terrorisme, sécurité, protection de l’environnement. Il s’agit de questions complexes qui peuvent être affrontées exclusivement grâce à des partenariats énormes. Une autre question à affronter est celle du tourisme: s’il était possible, par exemple, d’harmoniser la restauration de l’immense patrimoine culturel présent dans cette zone, on créerait un massif développement du tourisme qui garantirait énormément les Pays intéressés. La cohabitation entre les peuples passe aussi à travers la confrontation religieuse, qui a porté à des tensions et extrémismes. Quelle voie parcourir vers un dialogue constructeur? Je crois que tout d’abord il faut valoriser les différences, les considérer des ressources et non pas des obstacles. Dans un passage du Coran il est écrit que Allah créa des peuples, des classes sociales et des gens différents. Et par pour qu’ils se disputent entre eux pour savoir quel est le meilleur, mais pour que chacun apprécie la diversité de l’autre. Il faut rappeler que les extrémismes, peu importe d’où ils viennent, sont des expressions d’intolérance marginales et que la modération l’emporte. Rossella Catalano L’EMIGRATION EN CHIFFRES Le marché italien du travail est ouvert depuis des années aux immigrés pour remplir des fonctions physiquement pénibles et fatigantes, appartenant autrefois aux classes les plus défavorisées. Mais depuis quelques temps on remarque un phénomène, confirmé par les chiffres de Unioncamere, qui concerne les immigrés qui décident de travailler à leur propre compte comme entrepreneurs, aujourd’hui les entreprises avec un entrepreneur à leur tête né au Maroc, sont plus de quarante mille en Italie. En Sicile on compte 3464 entrepreneurs marocains, 1608 chinois et 1020 nés au Bangladesh, avec une véritable colonie palermitaine de 819 activités, équivalant à 11% des chiffres nationaux. Importante également la présence des tunisiens à Palerme et des sénégalais à Catane. La présence la plus grosse d’entrepreneurs extra-communautaires se trouve dans le chef-lieu régional, avec 3260 entreprises sur un total de plus de douze mille. La lanterne rouge va à Enna où il n’y a que 189 activités d’immigrés. Dans l’ensemble, malgré l’augmentation vertigineuse d’inscriptions au registre des entreprises siciliennes, l’île est en pourcentage à la queue de la classification nationale pour le nombre d’entreprises individuelles avec à leur tête une personne extra-communautaire. Dans l’île l’impact est de 3,8%, à Palerme 5,3% et à Enna 1,5%, peu par rapport au 6,5% de la moyenne nationale et les pics de 10% de la Toscane et Lombardie. Le principal secteur d’activités des entreprises d’immigrés sur le territoire sicilien est le commerce (9348), en particulier au détail, suivi par l’agriculture, qui compte 921 activités; enfin elles sont 520 dans le secteur des constructions, 507 dans le secteur manufacturier et 230 entre hôtels et restaurants. Du point de vue de l’état civil, ces entrepreneurs ont en général entre 30 et 50 ans. Un des principaux problèmes que les immigrés affrontent, en Sicile comme sur la péninsule, c’est celui de l’accès au crédit: il y a encore beaucoup de difficultés rencontrées pour fournir les garanties demandées par les banques à ceux qui voudraient augmenter encore le taux d’activités. Mariangela Vacanti Un des fleurons de l’Anfe est le guichet multifonctionnel de Marsala, qui offre des services aux citoyens, et surtout aux immigrés, visant l’insertion dans le monde du travail. Il nait en 1998 de façon expérimentale, mais rapidement son activité, reconnue d’utilité publique, est financée par la Région Sicile et par l’Agence Régionale pour l’Emploi. Les principales activités concernent les informations sur le marché du travail, les colloques, séminaires et la formation orientée, la consultation mais aussi d’autres types de services comme la promotion à la propre entreprise, le croisement demande-offre de travail. Stages et apprentissages d’informations et assistance aux projets de reconversion professionnelle et remise à jour du personnel. Les usagers sont variés, il s’agit principalement de chômeurs ou personnes à la recherche d’un premier emploi, surtout des femmes de plus de vingt-cinq ans, peu de diplômés universitaires, plus de diplômés de l’enseignement supérieur ou bien du collège. Mais la modernité du centre de Marsala concerne l’assistance et le soutient offert aux citoyens immigrés et aux communautés étrangères, avec l’objectif de construire un réseau de communication synergique qui puisse aider l’accès aux services de la part des citoyens étrangers séjournant régulièrement sur le territoire en les accompagnant dans les processus d’accueil et d’intégration. Avec le projet AL SALAM, qui propose d’abattre les obstacles entre les administrations publiques et privées et les citoyens étrangers, les médiateurs culturels, en plus de la fonction linguistique et culturelle, ont le devoir indispensable de soutenir les immigrés dans la préparation d’instruction des dossiers. Puis il y a le projet MAHRABAN dont l’objectif est d’une part de favoriser les parcours d’insertion des immigrés et de l’autre d’apporter un changement dans les institutions et le contexte social, en fournissant des opportunités de dialogue et de compréhension réciproque. Enfin ETHNICITY mire, à la réduction des barrières linguistiques et culturelles, mais aussi à la mise en route d’initiatives culturelles s’adressant aux mineurs, gérées en collaboration avec les parents et les responsables des communautés d’appartenance, ayant pour but le développement de l’identité et du sens d’appartenance aux propres racines culturelles. Dans cet objectif des espaces d’agrégation et de rencontres entre italiens et immigrés ont été créés (laboratoires artistiques, de jeu, bibliothèque interculturelle, services de santé). Walter Viviano LE PEUPLE DES IMMIGRES DE LA SECONDE GENERATION Un enfant fils de l’un ou des deux géniteurs étrangers, né ou arrivé, très jeune, se définit “immigré de seconde génération”. Et déjà l’acception, d’origine anglaise (second generation), n’est pas tout à fait exacte ou, est ambiguë. Si l’immigré est celui qui vit directement l’expérience de l’immigration, ces jeunes, par contre, cette expérience eux, ils ne l’ont jamais vécues directement, mais, dans de nombreux cas, seulement à travers les récits de leurs parents. L’ambiguïté mise à part, eux, les peuples de la seconde génération, sont nombreux, et représentent la possibilité réelle d’une vraie intégration. Selon les statistiques Istat de 2008, ils sont 457 mille, filles et garçons étrangers nés en Italie, et leur monde n’est pas un monde à part, mais une très belle union faite de traditions, usages et coutumes liés et reliés au monde et à la société dans laquelle ils vivent. Rien de mal donc si leur fiancée est italienne, s’ils vont danser le soir, parlent le dialecte, s’habillent à la mode, écoutent de la musique house et puis prient Allah et jeûnent pendant le Ramadan. C’est l’histoire d’Amor Souhi, un jeune homme bien planté de 22 ans qui de son mètre quatre-vingt-sept de hauteur nous raconte son expérience de jeune homme, fils d’une maman sicilienne et d’un papa tunisien arrivé en Italie il y a plus de vingtcinq ans et qui ensemble, unis dans l’amour, ont créé une très belle famille dans laquelle musulmans et catholiques prient ensemble. Que ça soit Pâques ou le Ramadan pour eux, peu importe. Amor, tu ne t’es jamais senti exclu du reste de tes amis à cause de ton nom? Jamais. Et je dis la vérité. Je n’ai jamais senti dans le milieu que je fréquente aucune plus petite résistance, et pourquoi d’ailleurs devraient-ils m’exclure? Un nom étranger est seulement un nom différent, mais étant né et ayant vécu à Palerme, je me sens un citoyen italien à part entière et avec une chance en plus: celle de connaître la culture du peuple tunisien qui fait partie de mon code génétique. Quelles études as-tu fait? Je me suis diplômé à l’Institut artistique, mais ensuite je n’ai pas continué parce que trouvé un travail dans ce milieu est une vraie utopie. Et maintenant? Je travaille comme volontaire pour la Croix Rouge. Je viens de rentré des Abruzzes, où nous avons tenté d’aider cette population persécutée par le tremblement de terre. Avant cette expérience j’ai travaillé, comme volontaire, dans la Protection Civile. Aider les autres je crois que c’est ma vraie nature et priorité, mais là aussi trouver un travail est très difficile, et les jeunes de mon âge en savent quelque chose. Amor, tu crois en Dieu, Allah ou qui? Je crois en un seul Dieu. Appelons-le comme on veut, c’est toujours Dieu. Vraiment, je ne réussis pas à comprendre toutes ces guerres entre catholiques et musulmans. Ma mère est catholique, mon père musulman et pendant vingt-cinq ans ils se sont aimés indépendamment de leur religion. Et, dans ta famille, comment vivez-vous les moments religieux? Dans la liberté pour chacun de nous. Pendant le ramadan par exemple je jeûne moi aussi et non pas parce que mon père me l’a imposé, mais parce que je sens ce désir, sans aucune constriction. Mon père est une figure très importante, il m’a donné de grands enseignements et quand je me suis trompé, il m’a expliqué mes erreurs avec des exemple et par le raisonnement. Et puis je nourris un profond respect pour son histoire personnelle, pour les sacrifices qu’il a dû faire en quittant sa terre et pour faire grandir sa famille dans la dignité et l’amour. Tu parles l’arabe? Je le comprend parfaitement, mais bien sûr je parle plus l’italien. Et plus tard, tu voudrais aller vivre en Tunisie? Oui, parce qu’on y vit une vie plus tranquille, et si mon père, quand il sera en retraite, voudra retrouver sa terre natale, je le suivrai. Que penses-tu de la récente prise de position de notre gouvernement sur le problème des clandestins? Je crois que ceux qui nous gouvernent n’ont pas la plus pâle idée des tragédies personnelles que toutes ces personnes sont contraintes d’affronter quand ils décident d’entreprendre ces “voyages de l’espoir”. Et la décision de les ramener en arrière signifie littéralement les réexpédier vers l’enfer. Amor, quelle musique tu écoutes? Le genre de musique que je préfère est le tango argentin, mais j’aime aussi Battiato, le blues, le jazz... Qu’est-ce que tu aimes dans la culture tunisienne et la culture italienne? Ce que j’aime aussi bien pour l’Italie que la Tunisie c’est l’art, l’histoire, la littérature et bien sûr la cuisine! Que te souhaites-tu pour le futur? Je voudrais vraiment trouver un travail comme infirmier, c’est ma voie et puis je suis très heureux avec ma fiancée Cristina et j’espère que notre union durera. Une vie tranquille en fait, que tous les garçons de mon âge désirent, et plus tard je voudrais créer une famille, avoir des enfants, et le jour de leur naissance, je leur dirai : “Marhaba”. 127 PERCORSI PERCORSI WORLDWIDE ANFE MET LE PROGRES AU SERVICE DES IMMIGRES PERCORSI WORLDWIDE Que signifie “Marhaba”? ...Bienvenu... Paola Pottino A L’ECOLE AVEC AHMED Comme tous les ans, avec la réouverture des établissements scolaires, on trouve devant les portes des écoles de la ville des groupes d’enfants, avec leur cartable, qui attendent le son de la cloche pour entrer en classe. Mais la différence avec les années passées, c’est que maintenant, en plus de “nos” enfants, à attendre le dring-dring du début des leçons, il y a des enfants nord-africains, du Sri-Lanka, chinois, roumains, albanais...Et souvent, d’après les instituteurs, ce sont les plus doués et de bonne volonté. Sans considérer, que sans eux, beaucoup d’écoles élémentaires et collèges seraient en difficulté, vu que le nombre minimum d’inscriptions fixé à 500 élèves ne seraient pas atteint. Parce que dans de nombreux cas les étudiants étrangers constituent un pourcentage variable entre dix et vingt-cinq pour cent de la population scolaire. Roberta fréquente la 5ème de l’école Pecoraro de Palerme et, même si ses parents ne peuvent acheter les livres, elle utilise des photocopies et maintenant elle sait lire et écrire correctement en italien. C’est une fille roumaine du camp de nomades aux portes du parc de la Favorita. Comme elle il y a 88 autres enfants roumains régulièrement inscrits dans les écoles de la ville. Hajar elle, une petite fille marocaine arrivée en Sicile par la Libye avec un bateau de fortune, après avoir été suivie par les enseignants avec le projet de l’école à l’hôpital à Villa Sofia, maintenant fréquente avec succès la 4ème. Des fragments d’histoires de petits immigrés qui désormais font partie intégrante du tissu scolaire palermitain grâce à un processus croissant de sensibilisation et une approche multi-ethnique de l’enseignement. “Les enfants de mon école, malgré les grandes difficultés matérielles qu’ils ont et les conditions précaires de vie, en classe tentent de faire de leur mieux. Ils sont curieux, ils veulent être acceptés et contribuer eux-aussi à la vie scolaire. Pour les enfants roumains un protocole à été signé entre les écoles de la ville les plus proches du camp nomades pour favoriser l’insertion scolaire: De Gasperi, Monti Iblei, Pallavicono, San Lorenzo, Tomaselli, Trinacria, Borgese, Florio, Marconi, Orlando, Pecoraro, Virgilio Marone”. Nous dit Maria Giovanna Granata, directrice de l’école Alcide De Gasperi qui accueille 45 élèves roumains entre maternelle et primaire. “Tu devrais travailler plus, comme fait Ahmed”, Giovanni pourrait entendre son professeur lui dire cela. Peut-être que les élèves étrangers sont plus intéressés et présents parce qu’ils se sentent, en arrière, par rapport PERCORSI 128 aux autres à cause de langue. Mais, là aussi, ils sont aidés par les professeurs, qui intègre l’italien comme seconde langue, et aussi par leurs copains de classe. “Il y a beaucoup de situations difficiles – nous dit Giuseppina Sorce, directrice du Madre Teresa de Calcutta – mais en gros je peux dire que les élèves étrangers sont contents d’aller à l’école. Pour eux c’est la possibilité de connaître la culture de la ville qui les accueille, d’apprendre à lire et écrire en italien de façon à ne pas se sentir toujours étrangers parmi nous. Ils sont vraiment plein de bonne volonté et s’efforcent de combler les lacunes que bien évidemment ils ont”. Beaucoup de communautés d’immigrés, de plus, voient à travers l’école le seul moyen pour protéger leurs traditions et leur culture. Les enfants étudient toute la journée, le matin à l’école italienne et l’après-midi où ils apprennent leur langue d’origine, vu que beaucoup de ces enfants sont nés à Palerme et considère l’italien leur première langue. C’est ce qui se passe chez les tamils du Sri Lanka, qui sont accueillis au complexe “Peppino Impastato” de Place Principe di Camporeale. Trois après-midi par semaine, les élèves divisés en six classes selon l’âge, étudient la langue et littérature tamil, l’anglais et l’italien: “Finalement nous avons trouvé un endroit où nos enfants peuvent étudier – nous dit Thayaraj Thayalan, enseignant d’anglais – nous voulons transmettre nos plus anciennes traditions aux jeunes générations, mais en même temps faire bien apprendre l’italien aux enfants pour une intégration plus heureuse sur le territoire”. “Oui, J’aime étudier avec lui. C’est mon compagnon de classe, et je lui explique certaines choses, comme ça je me sens plus grande, comme notre prof”. C’est Giulietta qui parle, une petite fille de douze ans qui partage le pupitre avec Mehdi, treize ans provenant de Casablanca au Maroc. “J’ai commencé l’école ici en Sicile. Les élèves de ma classe sont devenus tout de suite mes copains. Bien sur, le premier jour est difficile pour tout le monde, mais je ne crois pas que ça dépend d’où tu viens ou bien où tu es né”. Que de sagesse et de vérité dans les mots de Khaled, tablier bleu et nœud rouge amidonné, l’émotion du premier jour d’école est universelle. Il ne se souvient pas très bien du nom de sa ville natale, parce qu’il est arrivé en Sicile dans ses langes, avec sa famille. Il fréquente le CE2 et il veut absolument continuer ses études comme tous les enfants de sa classe. Pendant la récréation Ahmed et Giovanni jouent ensemble et partagent leurs confiseries. Même la nourriture qui circule maintenant dans les écoles est différentes. Avec la brioche classique, le sandwich au jambon et mozzarella, les beignets on trouve des récipients plein de couscous, brochettes, ta- jine...Parents et enfants apportent les mets typiques de leur pays d’origine, et s’échangent parfois les recettes dans des langues disparates. Ca aussi c’est de l’intégration, pas seulement entre les élèves, mais surtout leurs mamans. Comme nous le savons, à table nous sommes tous unis. Claudia Brunetto DIEU? IL EST COMMANDANT ET S’APPELLE ASIK 26 juin 2009 Lampedusa. Francesco Viviano, journaliste palermitain est nommé citoyen d’honneur de l’île, pour l’engagement manifesté envers les immigrés qui tous les ans débarquent par milliers sur les côtes. Ce n’est pas la première fois que Viviano est impliqué dans des affaires, souvent dangereuses, qui concernent les immigrés extra-communautaires, comme la plus récente qui a eu comme personnage un commandant et son bateau: la Pinar. De cette histoire tragique est née une pièce théâtrale : “La porta della vita” magistralement interprétée par Filippo Luna et adaptée théâtralement par Maria Elena Vittorietti. Le spectacle, présenté à l’occasion de la soirée dédiée au journaliste et qui sera proposé au Salina Doc Festival, parcourt pas à pas les vicissitudes de certains personnages qui ont vécu cette tragédie. De la fuite du village par peur d’être tués – certitude dans de nombreux cas –, à la traversée du désert pour rejoindre la Libye, aux viols subis par les femmes, à l’embarcation sur les canots à moteur et vieilles charrettes que les passeurs appellent encore bateaux et d’où, ceux qui ne supportent pas, les femmes et les enfants en général, sont jetés à mer comme des pelures de pommes de terre, jusqu’à la rencontre avec le capitaine Asik Tuygun, que tous à bord appellent dieu, un homme qui a suivi ce que lui dictait son cœur, sans hésiter à risquer la vie, celle des ses hommes et perdre son pain. Des témoignages forts mais vrais, incroyablement vrais, recueillis par le journaliste, qui ayant découvert l’incroyable histoire de ce bateau, au mouillage entre Malte et l’Italie, chargée de cent-cinquante âmes abandonnées à elles-mêmes à la merci de lois et bureaucrates qui se renvoyaient les responsabilités et devoirs, décide de louer un canot à moteur et après 45 miles de mer agitée, demande de monter à bord de la Pinar. A partir de là, la nouvelle commence à se répandre, et comme par miracle toute l’Italie est sur la passerelle avec lui. Le commandant Asik Tuygun, risque son poste de travail, son armateur est en colère parce que tout ce retard dans la livraison du cargo représente une grosse perte économique. Mais maintenant même s’il le voulait, Nous acceptâmes et Mansour, un homme d’environ 40 ans, pêcheur, nous conduisit dans une baraque sur la plage où se trouvaient une dizaine de clandestins. C’était surtout des pauvres désespérés, mais des sales gueules, avec nous il y avait aussi une femme avec ses deux enfants de 3 et 4 ans. Un vrai supplice. À partir de ce jour notre odyssée commença. Nous dormions sur des paillasses improvisées, il y avait un seul WC à la turque qui se boucha bien vite. Heureusement que dans la jardin il y avait un robinet avec de l’eau et nous réussîmes à nous en sortir. Je demandais à la femme si elle savait nager et elle me dit que non. Elle me dit qu’il n’était pas important de savoir nager. Et quand je lui demandais comment elle aurait fait si par malchance le canot aurait été emporté par les vagues et coulé, avec beaucoup de tranquillité et résignation, elle me dit que tout est écrit “si Allah le veut j’arriverai en Italie, en Europe avec mes enfants, s’il ne veut pas, ça veut dire qu’il en a décidé ainsi. Donc à quoi sert de savoir nager?”. Cette réponse me créa des difficultés et moi aussi, à quelques heures du départ, je commençai à avoir des idées noires, qui s’amplifièrent encore la veille du départ. Mansour avait récupéré un canot et avait monté deux moteurs hors bord. Naturellement je pensais à mes enfants, à toi qui est là en train de me faire l’interview, à ma mère, ma femme à laquelle j’avais promis que, juste après le départ, je l’aurais avertie par un coup de fil. Je ne le fis pas, ça ne servait à rien. Quelques heures avant le départ je sortis de mon sac à dos un gilet de sauvetage que j’avais apporté d’Italie avec une radio émetteur et un téléphone satellite. Je donnai mon gilet de sauvetage à la femme et elle le mit. La tension dans la planque était très forte et s’embrasa quand Ahmed, un des jeunes clandestins, déjà expulsé une fois d’Italie, commença de protester que lui aussi ne savait pas nager et que c’était lui qui devait porter le gilet de sauvetage. Ce fut des moments dramatiques et il pouvait se passer n’importe quoi. Il y a avait des couteaux qui trainaient et lui en avait toujours un dans sa poche. Moi aussi j’en avais un, amené pour autre chose. J’eus peur, très peur, mais les autres clandestins se mirent de mon côté et Ahmed abandonna. Nous étions prêts, nous attendions le coup de fil de Mansour pour nous diriger vers l’endroit où nous attendait le bateau, quand l’enfer se déchaina. Des faisceaux de lumière photoélectriques illuminaient la zone d’embarquement, nous entendirent des coups d’arme à feu. Notre planque se trouvait à trois cent mètres de la plage, nous éteignîmes toutes les lumières et attendîmes. Quelques heures plus tard nous entendîmes des bruits de vedettes à moteur et camions. C’étaient les militaires tunisiens qui, probablement avertis par quelqu’un, avaient séquestrés le bateau et arrêtés deux des amis de Mansour qui avait tout organisé. Peu avant l’aube nous vîmes Mansour arrivé plein de bleus et meurtrissures sur tout le corps, ils nous dit de nous enfuir en vitesse. Dans les yeux de la femme on lisait le désespoir, mais aussi beaucoup de foi. Allah cette nuit n’a pas voulu, mais vous verrez tôt ou tard il me fera passer nous dit-elle alors qu’elle s’éloignait avec ses deux enfants, l’un d’eux portait un tee-shirt avec une inscription en anglais: va où te porte le vent. Récit du journaliste palermitain qui pour réaliser un reportage sur les voies de l’émigration clandestine s’est fait passé pour un extracommunautaire en s’infiltrant dans les rangs des désespérés en attente d’expatriation. Walter Viviano BUENOS AIRES, PALERME, VENISE, A TRAVERS LA TOILE D’ARAIGNEE DE SARACENO La fascinante toile d’araignée de câbles élastiques qui à la biennale de Venise a fasciné tout le monde, apparaissant aux journaux télé nationaux et sur les pages d’hebdomadaires comme le New York Times et l’Herald Tribune est née à Palerme. Une installation qui dans sa simplicité première unit beauté, technologie audacieuse et harmonie. L’œuvre de l’artiste argentin Tomas Saraceno se nomme “Galaxies Forming Along Filamens, Like Droplets Along the Strands of a Spider’s Web” (Galaxies qui se forment le long de filaments, comme des petites gouttes le long des fils d’une toile d’araignée) et représente à grande échelle la toile d’une araignée, mais c’est aussi la maquette de l’origine de l’univers. Quels ont-été les rencontres et les lieux qui ont déterminé votre parcours artistique? J’ai beaucoup voyagé et je peux dire que tous les pays ont laissé une trace en moi, l’Allemagne, l’Argentine, mais aussi le Iuav de Venise, où j’ai trouvé de très bons enseignants, pas seulement italiens. Quels sont les artistes que vous considérez une référence? Beaucoup, difficile d’en choisir un. Sans aucun doute Thomas Bayrle, Olafur Eliasson, Dan Graham, Kyula Kosiche, R. B: Fuller, Sonic Youth et les Ant Farm. Vous faites partie de ce peuple nombreux d’italiens qui vit hors des frontières géographiques de la nation, où considérezvous votre chez vous? Quand on me demande d’où je suis je réponds: “jusqu’à présent de la planète terre”. Je vis à Francfort et depuis que je suis retourné en Europe j’ai réussi à me faire des tas d’amis. Ma famille est d’origine italienne, mon père est de Milan, mais moi je suis né en Argentine. J’avais un peu plus d’un an quand 129 PERCORSI PERCORSI WORLDWIDE mais il ne veut pas, Asik ne peut pas bouger. Sur la passerelle du bateau, le capitaine, son équipage et 154 désespérés, dont une jeune fille de dix-huit ans morte avec son enfant dans le ventre, attendent depuis dix jours. Des jours durant lesquels on risque l’épidémie à bord. Finalement l’autorisation de l’amarrage à Porto Empedocle arrive. L’odyssée est terminée, pour Asik et ses hommes, mais une autre commence seulement maintenant pour tous les autres. “Refoulement” est un mot nouveau que les 154 rescapés apprendront bien vite. À Viviano il ne reste qu’à continuer de diffuser les nouvelles, c’est son travail, il le fait bien, c’est son aide à la justice, son élément dans le difficile puzzle pour construire un monde meilleur. Nous lui avons demandé de nous raconter une des enquêtes qui l’a rendu célèbre, comme envoyé de frontière. Je m’occupe de clandestins depuis des décennies. Quand je travaillais à l’Ansa je fis un article depuis Pantelleria de 70 lignes que personne ne publia, mais après quelques années, quand le phénomène était désormais connu, je lus une phrase que j’avais écrite précédemment “quand ils arrivent ils demandent la station, mais la seule station qu’il y a sur l’île c’est celle des flics”. Je commençais de m’intéresser de plus en plus à l’argument et menais des enquêtes en Libye, Tunisie, en racontant le phénomène et surtout en dénonçant les passeurs, certains “excellents” parce que des officiers en service dans l’armée libyenne ou tunisienne qui alimentaient la traite des désespérés. Je me suis introduit dans le centre d’accueil de Lampedusa en me faisant passer pour un extra-communautaire et j’ai été dénoncé et condamné pour “fausses déclarations”, j’avais réussi à rejoindre en pleine mer la Capanamur bloquée depuis 15 jours avec 35 clandestins à bord. L’enquête sur la traversée des clandestins, j’avais l’intention de la faire depuis longtemps et donc, avec mon collègue Luigi Pelazza du programme “le Iene” rencontré alors que je préparais l’article, nous décidions de partir ensemble. Malgré une méfiance au début compréhensible, de la part des passeurs, l’expérience me servit à me rapprocher d’eux. Je trouvai un contact avec un concierge d’une pension malfamée de Tunis. J’eus besoin que de cinquante euros pour qu’il me fournisse un autre contact, qui bien huilé, nous amena à un autre et ainsi de suite. Après une quinzaine de passages et environ un mois de temps finalement à Mahdia, entre Sousse et Sfax nous contactâmes le passeur qui allait nous prendre à bord. Il ne comprenait pas pourquoi nous voulions faire ce voyage risquant notre vie, mais nous réussîmes à la convaincre et quand il eut la certitude que nous n’étions pas des flics ni des agents secrets, il accepta mais en posant comme condition le paiement double du trajet. PERCORSI WORLDWIDE nous sommes retournés en Italie et dix ans plus tard en 1986 nous sommes repartis à Buenos Aires, où entre temps la démocratie avait été rétablie. Il y a deux ans je suis retourné voir les lieux de mon enfance, la maison où j’ai vécu et ou je jouais, qui se trouve à Pasian di Prato, près d’Udine et où vivent mes cousins et mes oncles. Le secret de votre travail? La mobilité, on peut le dire en italien? Le secret c’est de ne pas resté au même endroit trop longtemps. Comment voyez-vous l’art contemporain italien? Je ne saurais pas porter un jugement, mais ce qui me surprend c’est que les artistes italiens qui me plaisent vraiment ne vivent pas en Italie. Un jugement sur la Biennale? À Venise je me sens bien, je me sens chez moi, mes parents m’amenaient souvent sur la lagune. La Biennale est merveilleuse, il y avait un tas de choses intéressantes, mais l’œuvre qui m’a le plus touché est sans aucun doute celle de Thomas Bayrle. À faire venir Tomas Saraceno ça a été, en synergie avec La Fondation Garrone de Gènes, La Fondation Sambuca de Palerme, née un peu moins d’an du rêve de Marco et Rossella Giammona, entrepreneurs spécialisés dans la restauration du patrimoine historique monumental. “La Fondation Sambuca vise à amener à Palerme des artistes, collectionneurs et entrepreneurs amateurs d’art, qui veulent investir en Sicile, pour mieux faire connaître au monde ce coin de paradis – déclare le président Giammona en faisant appel aux italiens dans le monde. C’est le devoir de tous les entrepreneurs d’investir dans l’art. Sur notre terre en particulier le binôme art-entreprise n’est pas étranger aux traditions, il suffit de penser aux Florio d’il y a cent ans”. Selon Paolo Falcone chargé de l’exposition “l’œuvre de Saraceno conjugue sciences, art, architecture et recherche spatiale et c’est une synthèse parfaite pour la programmation culturelle future de la Fondation Sambuca”. Le succès de Venise poussent les fondateurs, qui avec le financier Fulvio Reina, après avoir conclu une association avec le musée régional Riso, visent à créer un archipel de lieux d’exposition défini ‘un système de musées diffus’. Une série d’espace séduisants et insolites qui vont de la Rolls Royce d’époque au débarcadère d’un cargo, en passant par le manège du Palazzo Sambuca et se terminant dans l’ex-fenil de l’un des palais les plus prestigieux de Palerme. “Tout peut être transformer en lieu d’exposition pour l’art contemporain – conclut Falcone – art et territoire doivent dialoguer, et de cette union peut naître un nouveau Palerme”. Antonella Caradonna PERCORSI 130 LA MUSIQUE MAINTIENT LES RACINES Musique, théâtre, cinéma...Il y a aussi le côté artistique de l’Anfe. Maintenir les traditions, nourrir les racines, cela aussi c’est le devoir de l’association, et quand dans les rues de Montevideo ou Buenos Aires on entend chantonner Ciuri, ciuri on sourit parce que l’objectif a été rejoint. Grâce à la collaboration d’artistes du calibre de Mario Venuti, Carment Consoli, Sun et Arancia Sonora, la musique a jeté un pont à nos communautés d’outre-atlantique, surtout aux jeunes, en lançant un message fort d’appartenance à la terre d’origine. “J’aime penser à l’émigration comme à une valeur ajoutée. Les italiens ont amené la richesse de leurs coutumes, la langue, la littérature, l’art et la cuisine dans les pays d’adoption”. C’est Carmen Consoli qui parle, que nous avons rencontré en Argentine, lors d’une des étapes à l’étranger de son spectacle Eva contro Eva. Que signifie chanter pour un public sicilien dans un pays qui n’est pas la Sicile? J’aime les contaminations, mon spectacle est une contamination de genres, un dialogue entre théâtre et la musique avec des monologues de Emma Dante écrits pour Simona Malato. Chanter à l’étranger me donne la possibilité de voir comment les siciliens ont contaminé le lieu où ils se sont établis. À Buenos Aires j’ai intégré quelques chansons en dialectes sicilien en poursuivant le chemin vers le retour à la chanson populaire sicilienne. Notre culture possède une richesse de textes et de musiques extraordinaires avec des sons harmoniques et mélodiques de haut niveau. Peut-on utiliser la musique comme instrument pour conserver les racines? Oui et même plus. La musique peut être un instrument politique. Politique mais pas de partis, dans le sens d’un instrument pour défendre des idéaux. La politique, dans son expression la plus noble de service aux citoyens devient le langage commun à tous les peuples et comme tel un lieu de cohabitation pacifique et harmonieux d’humanité variée, différents entre eux de par la race, le sexe, les idées et la religion. Croyez-vous que la musique peut effacer les frontières marquées sur le planisphère? Comme disait Baudelaire la musique évoque, rappelle. Tous les arts ont le pouvoir d’évoquer des sensations et émotions, ramener à l’esprit une terre lointaine, un saveur, une odeur, un amour perdu. En regardant un film, en visitant un pays une musique revient à l’esprit. L’art réussit à regrouper tous les sentiments confinés dans le sous-bois de notre rationalité Dans quelle mesure vous sentez-vous porteuse de culture sicilienne? Nous sommes tous porteur d’une culture. Nous italiens nous l’avons dans le DNA, nous sommes porteurs de culture et de beauté. Mais la culture est une authentique ressource économique et c’est un grand dommage que les institutions ne s’en rendent pas compte et laissent s’échapper de jeunes artistes talentueux, qui quittent l’Italie à la recherche d’une terre qui puisse accueillir leurs idées, leur art. Moi je me sens porteuse de la culture sicilienne, mais pas seulement à l’étranger, en Italie aussi, en Sicile, à Palerme, à Catane chez moi. Nous avons eu honte, pendant trop longtemps, de la langue sicilienne, sans nous rendre compte combien elle est poétique et pour cela connue dans le monde entier. Les poésies de Buttitta, Pitré, toute l’anthologie sicilienne est intraduisible. J’ai beaucoup voyagé, je peux d’une certaine manière me considérer une émigrante moi aussi, même si je n’ai pas été contrainte de quitter ma terre pour trouver la fortune. Moi j’ai trouvé mon Eldorado à Catane. Personne ne voulait me produire, j’ai fait des auditions un peu partout, à Milan, Rome, sans aucun résultat, même si c’était des chansons qui ensuite ont eu une vaste approbation. À la fin c’est un catanais qui m’a produite. Maintenant je vis entre Catane et Paris, mais je retourne toujours chez moi, je ne peux pas rester loin de l’Etna, pour moi la Sicile n’est pas un point de départ mais de retour. Croyez-vous que pour les émigrés la Sicile peut être, de la même façon, un point de retour et non de départ? Nous siciliens nous sommes toujours sur le point de partir. Comme disait ma grand-mère “nous autres nous aimons partir toujours. Jusqu’à quatre-vingts ans si tu dis à une femme de partir, celle-ci fait ses valises”. Mais à la fin vraiment on n’y arrive pas. Et l’envie de retourner? Je ne parlerais pas d’un sens littéral du terme. Je dirais plutôt que nous retournons vers un sentiment, une sensation que nous siciliens nous réussissons à créer partout où nous allons. Nous créons notre Sicile dans le lieu que nous choisissons pour demeure.. L’Argentine par exemple est si semblable à notre pays que l’éloignement se fait moins sentir, ce n’est pas pareil si on va vivre au Danemark. Quel message voudriez-vous donner aux jeunes émigrés siciliens? De créer des valeurs. Nous les jeunes nous sommes capables et habiles de créer des valeurs. Parce que nous tombons amoureux des choses. Des personnes, des métiers. Nous mettons l’énergie et la passion dans tout ce que nous faisons. Comme on dit chez Antonella Caradonna SICILE EN FILM Franco Nero, David de Donatello comme meilleur acteur protagoniste dans Il giorno della civetta (1968) de Damiano Damiani, cette année encore, pour la deuxième fois, est l’invité du Sicilian Film Festival, à sa quatrième édition. Déjà invité l’année dernière pour le prix à la carrière, Franco Nero, acteur de plus de 12 films tous tournés en Sicile a accepté de retourné en Amérique comme invité d’honneur du SFF, un festival entier dédié à la Sicile, qui a projeté Dicerie dell’untore tiré du roman homonyme de Gesualdo Bufalino. Nous l’avons rejoint à la pêche dans la baie de Miami Beach, en Floride, devant un banc de barracudas. “J’ai toujours eu un beau lien avec la Sicile, qui est né à Partinico quand je tournais Il giorno della civetta avec Claudia Cardinale. L’année suivante Damiani m’a à nouveau demandé de travailler avec lui, cette fois dans Confessioni di un commissario di polizia al procuratore de la Repubblica, le film italien le plus vendu au monde. J’interprétais le rôle d’un magistrat., le juge Falcone. Dicerie dell’untore, Gente di rispetto de Luigi Zampa tiré du roman sicilien de Giuseppe Fava et L’escluso, ont été réalisés en Sicile. Et je dois dire que tous les films tournés en Sicile ont toujours bien marchés. La Sicile me porte chance. A Palerme j’étais l’invité de Donna Silvana Paladino, qui a une demeure antique et splendide près de Villa Igea. Je garde de très bons souvenirs, soirées et fêtes avec des amis connus alors. Cette année j’ai accepté de retourner au Sicilian Film Festival parce qu’il est petit, c’est à dire familial, mais très grand pour les très beaux films à faire découvrir aux américains”. Franco Nero ne ment pas, il y a un lien très fort. Tous les ans il retourne en Sicile “je vais à Capo d’Orlando pêcher les surici” nous confesse-t-il. Vitrine américaine du cinéma sicilien, le Sicilian Film Festival, a eu lieu à la Miami Beach Cinematheque avec le sponsoring de l’Assemblée Régionale Sicilienne. Le Sicilian Film Festival promeut outre-Atlantique la culture et le cinéma sicilien, intéressant et plein de surprises et rend hommage aux siciliens et siciliens d’origine qui ont fait partie de l’histoire du cinéma mondial. Mais les non siciliens peuvent aussi aspirer à un hommage du Festival. A l’occasion de sa quatrième édition le prix comme meilleur réalisateur a été décerné à Marco Amenta pour la Siciliana ri- belle, en même temps que sa distribution en Italie. A l’actrice principale du film, Veronica D’Agostino, le prix de la meilleure actrice. Le film avait déjà eu deux candidatures au David de Donatello (meilleur jeune réalisateur et David Jeunes). Le Sicilian Film Festival a le mérite d’avoir mis en évidence dans le monde entier l’existence d’un véritable cinéma sicilien, et de son internationalité. Nombreux les films qui sont arrivés pour les sélections de la part de productions italiennes et étrangères. La MGM a envoyé d’Hollywood le célèbre film Vestitio per uccidere de Brian De Palma et produit par le sicilien George Litto, auquel le festival a dédié un moment, pour raconter sa belle carrière. En compétition voici quelques titres d’un intérêt certain: I Vicere, grande transposition du roman homonyme de Federico De Roberto et réalisé par Roberto Faenza; Cover Boy de Carmine Amoroso, le film italien le plus récompensé dans les festivals internationaux, produit entre autre, par Augusto Allegra, qui a tenu une conférence sur la production cinématographique sicilienne; films de jeunes auteurs siciliens, comme Lisa Romano, Se chiudi gli occhi. Nombreux aussi les documentaires, certains présentés par Gambero Rosso, sur la tradition gastronomique, dont Street food et un autre dédié au Principe Alliata, et puis aussi Il mare come il vino, de Luigi Valente sur la tonnara de Favignana et d’autres encore sur la Sicile de Vincenzo Consolo sur diverses fêtes et célébrations en terre de Sicile avec des prises de vue à Palerme, Trapani,Selinunte, Marsala, Mozia, Ustica, Sant’Angelo Muxaro, San Biagio Platani, Prizzi, Terrasini, Cinisi, San Martino delle Scale, Etna, Acitrezza, Siracusa, Vari et bien d’autres lieux. Cette année aussi La Sicilia di Montalbano a été un des évènements spéciaux (avec la collaboration de Antonio Bruni, responsable RAI pour les festivals internationaux) qui pour la deuxième fois a amené au public américain la nouvelle série de la série télévisée interprétée par Luca Zingaretti au titre La Luna di Carta et extraite des romans de Andrea Camilleri. Un jury international a récompensé dans les longs métrages, le meilleur film, la meilleure réalisation, les meilleurs interprètes et la meilleure aide technique, nombreux les courts métrages réalisés par quelques jeunes auteurs, arrivés pour démontrer combien le cinéma italien est vital et a un futur. En exclusivité les six courts métrages finalistes de la section courts siciliens du Festival de Taormine, dirigé par Deborah Young. Le Sicilian Film Festival, dont le sculpteur Emanuele Viscuso est le créateur et président et dont le directeur artistique est Salvo Bitonti, metteur en scène, réalisateur et professeur d’His- toire du Cinéma et Réalisation à Turin, est en train de faire connaître et apprécier la Sicile dans le monde. A Tegucigalpa, Honduras, avec le support de l’Ambassade Italienne, un évènement dédié au festival sera réalisé où seront projetés les films Lettere dalla Sicilia de Manuel Giliberti, le court métrage Fedra de Salvo Bitonti et le documentaire Storie di Sicilia de Sasà Salvaggio déjà récompensé dans d’autres éditions du festival. Parmi les nouveautés, à l’étude une SicilianFilmFestivalWebTV qui, à partir de la prochaine édition devrait être présentée avec les caméras. Rappelons qu’à la deuxième édition, le maire de Miami Beach a officiellement proclamé un Sicilian Film Festival Day et remis les clés de la ville à son créateur Emanuele Viscuso qui, promoteur à 360 degrés de la culture sicilienne, a déjà créé directement en Sicile le Festival Internazionale di Musica d’Organo nelle Chiese dello Storico Principato di Castelbuono (F.I.M.O.) dont la première édition, promue par le même type de communication d’un festival de cinéma international, a été un grand succès. Le président Emanuele Viscuso a confirmé la direction artistique de Diego Cannizzaro pour la 2ème édition du FIMO du 8 au 14 septembre 2009. “Pour un italien à l’étranger – nous dit Emanuele Viscuso, sculpteur palermitain ayant vécu à Milan et ensuite à Miami – un festival de ce type est presque un choc. La Sicile a toujours été au centre de l’attention pour un seul cliché. Tout un festival destiné à un public international et dédié à l’Ile, à sa culture et créativité, à sa poésie et l’histoire de la Sicile, à son cinéma loin du thème de la mafia, sont un don inattendu à ma Région. Un cadeau au siciliens et à tous les italiens, qui souvent ont honte de cette sœur un peu particulière. Il SFF n’est pas un festival local uniquement, le monde entier en parle. Ils nous arrivent des propositions pour l’organiser ailleurs, dans tout le monde, même de l’Inde, de la Syrie ou de l’Egypte. Carla Incorvaia Joe le marin Tout a commencé avec un sandwich au saumon. Parce que Vincenzo Incontro, directeur du Plemmirio, la zone maritime protégée de Syracuse dont on considère qu’il est le pionnier et pendant huit ans conseiller plongeur pour le programme de la Rai “Linea Blu”, alors qu’il se trouvait à Punta Bassana à Marettimo pour faire des prises de vue, il a eu faim. Et pour satisfaire son appétit il s’est adressé aux pêcheurs du coin. Ils lui ont donné un sandwich avec le précieux poisson. “Je me suis tout de suite demandé d’où il venait- raconte Incontro -ils m’ont dit: C’est nous qui le pêchons depuis plus de 100 ans” 131 PERCORSI PERCORSI WORLDWIDE nous “nous nous jetons avec le seau”, nous nous jetons à corps perdu dans tout ce que nous faisons, sans freins, sans tenir compte de la fatigue et des sacrifices que cela comporte. PERCORSI 132 Carla Incorvaia TROISIEME CIAK POUR LE SALINADOCFESTIVAL Troisième édition pour SalinadocFestival, le festival du documentaire narratif conçu et dirigé par Giovanna Taviani. Un pari gagnant, l’idée d’organiser un festival dans le cœur de l’archipel éolien, qui plus d’une fois a été le personnage principal absolu de l’histoire du cinéma. Cette année, images sons et réalité de la Méditerranée s’alterneront du 18 au 27 septembre à travers un parcours itinérant de l’île, qui s’articule en différentes sections. De la section cinéma feront partie du concours Il mio paese: gli invisibili et Reperti di memoria, espace réservé à la projection de documentaires de grands noms du cinéma italien et étranger, cette année dédié au grand Roberto Rossellini. La section Finestra sul presente est dédiée à la production de documentaires de jeunes cinéastes déjà affirmés, qui après la projection de leur film animeront un débat-leçon. Réservés exclusivement au public îlien les trois jours Documentiamoci, qui vote et récompense le meilleur documentaire parmi des grands titres contemporains qui ont contribué à redéfinir le genre. Sguardi sul cinema italiano est la section dédiée aux jeunes réalisateurs italiens, qui mélangent des éléments de films documentaires au cinéma de fiction. Dans la section Speciale cinema, John Tuturro présentera son nouveau documentaire sur la Sicile. Puis, le jumelage avec la prestigieuse Mostra Internacional del Cinema de Sao Paulo continue. Une autre section importante du festival est celle dédiée à la littérature, sur des écrivains et intellectuels qui se sont distingués dans leur engagement civil aux confins de la littérature et du cinéma. La section Teatro e Musica prévoit la présence de la dramaturge Emma Dante, qui dialoguera avec Polyphème, et du conteur Mimmo Cuticchio, aux prises avec Ulysse. Salinadocfestival est aussi un rendez-vous important ponctué de workshop pour enseignants, masterclass sur le documentaire, un concours de photographies documentaires et un d’écriture créative. Importante également, la conférence internationale - organisée par l’Anfe en collaboration avec l’Onu et Save the Children – sur le drame des enfants fantômes, les mineurs non accompagnés qui débarquent sur les côtes italiennes. Nombreux les invités importants qui s’alterneront au cours de cette troisième édition: En plus de ceux déjà cités, Vincenzo Pirrotta, Dacia Maraini, Vittorio Taviani, Carlo Lucarelli, Isabella Rossellini, Wu Ming. Alessia Franco GIOVANNA TAVIANI Spécialiste en littérature contemporaine, essayiste et célèbre critique de cinéma, Giovanna Taviani, a déjà attiré l’attention du public avec ses deux premiers documentaires, I nostri trent’anni: generazioni a confronto présenté dans le cadre du Torino Film Festival et Ritorni, présenté à la fête de Rome 2006. Tout de suite après la maitrise en littérature elle est rentrée dans la rédaction de Allegoria, une revue de théorie et critique littéraire dirigée par Romano Luperini. Son immense désir de narrer lui fait dépasser n’importe quelle frontière ou barrière. En 2007 elle organise à Salina le premier festival du documentaire narratif: SalinaDocFest; débutant avec un excellent succès de critique et public. Proposé à nouveau en 2008 avec autant de succès, il retourne cette année avec un programme riche en rencontres et initiatives. Le SalinaDocFest a commencé il y a à peine deux ans avec une excellente réponse de la part de la critique. Qu’est ce qui a changé cette année et surtout est-ce que vous pensez avoir rejoint des objectifs préétablis? Depuis la première édition le Festival a reçu une bonne réponse médiatique due au fait que nous avons fait une proposition culturelle plus large. Le SalinaDocFest ne veut pas être une vitrine mondaine mais veut proposer un tourisme culturel possible à travers la création d’un lieu idéal, qui puisse être aussi, un cabinet de réflexion sur le documentaire. SalinaDocFest est en fait avant tout le festival du “cinéma du réel” dédié à la nouvelle production de documentaires en Italie. Contrairement à d’autres pays, elle ne réussit pas à trouver une distribution capable de lui donner une visibilité sur les écrans du circuit national. Le documentaire a pour but de reconstruire la réalité à travers un regard personnel. Dans l’édition de 2008 parmi les dix films en concours, la moitié a eu comme thème l’émigration et cette année aussi un espace considérable lui est dédié. L’âme du festival a été l’émigration. Nous savons tous que l’émigration est encore aujourd’hui une condition réelle et objective mais n’oublions pas aussi une condition subjective-intérieure. La condition du migrant est celle de l’intellectuel du troisième millénaire, qui voit dans l’écriture une bouée de sauvetage pour revendiquer sa propre identité. Moi même je me sens une éternelle émigrée, exilée et éloignée, par rapport à une société dans laquelle souvent je ne m’identifie pas. Cette année aussi la partnership cinématographique entre Salina et Sao Paolo continue. Qu’a inspiré cette union et surtout qu’ont en commun deux peuples si éloignés? 133 PERCORSI PERCORSI WORLDWIDE et voici comment est née l’histoire “Il mare di Joe, dalla Sicilia all’Alaska”. Le documentaire narre la vie des pêcheurs siciliens en déplacement dans les Etats-Unis pour la pêche d’une des variétés de saumons parmi les plus rares au monde, le saumon rouge, le sockeye. Le projet, qui a couté 120 mille euros, a été réalisé grâce à une coproduction de Scubafilm et Anfe, L’association nationale familles d’émigrés et a été présenté en avant première mondiale à Marettimo au mois de juin. “Il y a encore des communautés de Marettimo qui vivent aux Etats-Unis, plus de mille à Monterey en Californie, qui tous les ans pendant quinze jours pêchent le saumon sockeye à Coldbay, dans la baie de Bristol, dans les eaux les plus froides de l’Alaska, en face des îles Aleutian, à Nackneck. Il y a les familles: Guerra, Bonanno, Aliotti, et Campo qui proviennent de Isola et de Trapani. Les plus gros commerçants de poissons sont de Augusta, la famille Trincali: ils parlent l’ancien sicilien et l’américain”. La photographie du documentaire a été dirigée par Marco Mensa, de la Ethnos, une société de production de Bologne dont fait partie le preneur de son Maurilio Quadarella. “Il a fallu deux années de recherches et d’inspections – continue Enzo Incontro – et de liaison sur Skype. Mais nous avons réussi. La pêche dure cinq semaines, de juin à juillet, et tous les ans il y a des flottes de jeunes qui partent. Le business de la pêche est gros et peut arriver jusqu’à 100 mille dollars. De plus l’activité est réglée sévèrement par l’autorité de la pêche la “Fish and game”, qui gère fermement le mode de capture et ouvre la pêche seulement quand les biologistes ont constaté que le nombre de saumons qui remontent est juste pour assurer la continuité de l’espèce”. Les prises de vue ont duré trois mois entre Marettimo, California et Alaska. Le personnage de l’histoire est Joe Bonanno, alias Giuseppe, 63 ans, il vit à Monterey depuis plus de 40 ans même si son cœur est à Marettimo. “La chose la plus impressionnante – nous dit le directeur du Plemmirio – est de voir la préparation des victuailles et des mets. Leur cuisine est essentiellement méditerranéenne. Ils préparent du couscous et des arancine et mangent dans les logements. La pêche est intense et le summum est le 4 juillet, quand à l’horloge biologique il y a le plus de captures. Avec la première pêche on prépare le saumon à la ghiotta, avec des patates, olives et tomates, riche en Oméga”. Grace à l’Anfe et au travail de Enzo Incontro de la Scuba Film et de Marco Mensa de la Ethnos de Bologne “Il mare di Joe, della Sicilia all’Alaska” fera le tour du monde. PERCORSI WORLDWIDE Terre de fuites et d’accostage, d’exils et de départs, le Brésil comme les îles Eoliennes, appartiennent à l’histoire des hommes qui connaissent le drame de l’émigration et de l’exil de la propre terre. C’est pour ça que nous avons pensé à un jumelage avec un pays si lointain géographiquement. Il y a en plus une tradition cinématographique brésilienne dont le festival de Salina ne peut pas ne pas tenir compte (un nom pour tous Glauber Rocha) et une nouvelle génération de documentaristes brésiliens est en train de retourner avec force pour raconter les atroces vérités d’un pays où le drame des desaparecidos attend encore qu’on lui rende justice. Dans la section dédiée aux rendez-vous, cette année aussi l’Anfe, organise une conférence internationale sur le thème “Les enfants fantômes”. Combien, selon vous, l’opinion publique est sensible au drame des mineurs non accompagnés qui débarquent sur les côtes italiennes? Le thème des enfants fantômes non accompagnés qui tous les ans après avoir débarqués sur nos côtes se perdent dans les capitales d’Europe pour se transformer en fantômes invisibles est un thème d’une urgente actualité que l’opinion publique devrait prendre un peu plus en considération. Le cinéma documentaire des nouvelles générations sent fortement ce problème et souvent le choisit comme thème privilégié (je pense à Costanza Quatriglio, documentariste palermitaine, et à son Il mondo addosso, et à Paradà de Pontecorvo, fils de Gilo, un autre grand maître du cinéma italien, qui pourraient être projetés au festival de Salina au terme de la conférence internationale organisée par l’Anfe). Nombreuses les propositions culturelles et nombreux les invités présents pour cette nouvelle édition 2009 du SalinaDocFest. Pouvez-vous anticiper quelque chose? Vous pensez déjà à un invité en particulier dont vous voudriez nous parler? La nouveauté de la troisième édition concerne l’ouverture à la Méditerranée et à tous les pays qui partagent avec notre pays, en particulier avec la Sicile, des habitudes, culture et tradition. L’invité de la prochaine édition est l’Espagne, à laquelle nous dédierons un Focus spécial sur le documentaire, à partir d’un hommage au grand maître du cinéma espagnol Bunuel. L’intention est de créer un réseau euro-méditerranéen, fait d’échanges et de rencontres, qui s’étende de la rive nord à la rive sud de la Méditerranée, jusqu’au nord de l’Afrique et aux pays du Moyen-Orient. Dans cette direction le Comité d’Honneur du festival a décidé de décerner pour la nouvelle édition du festival le prix littéraire à l’écrivain pakistanais émigré PERCORSI 134 en Angleterre Moshin Hamid, pour Il fondamentalista riluttante. Des Etats-Unis nous attendons la confirmation pour un invité et quelques personnages illustres du cinéma (que je ne nomme pas par superstition) qui pourraient être présents au festival pour les soixante ans du film Stromboli, Terra di Dio de Roberto Rossellini auquel le SalinaDocFest rendra hommage. D’autres artistes de la scène internationale se sont joints à la performance, tels que Claudia Acuña, Dead Perz et beaucoup d’autres. De New York l’exposition ira à l’automne à Miami, dans le noble club Casa Tua de South Beach. Parce que le rêve de la Dolce Vita ne finit pas d’enchanter. Pas même les américains. Vita Augusta Rossella Catalano LES PIERRES RACONTENT UNE FABLE QUI CONTINUE DE FAIRE REVER Journey to La Dolce Vita: un voyage entre photographie, musique, cinéma et goût pour rappeler cette déclinaison d’Italian Style. Aux enfants démunis et aux victimes du séisme en Abruzzes iront les gains. Plus qu’un film, Vacanze Romane, est un tourbillon d’émotions et, dans un certain sens, une façon aussi de regarder la vie, d’en savourer l’intensité. Ça doit être pour cela que trois mots comme ‘La Dolce Vita’ continuent encore aujourd’hui d’avoir un charme certain. Et pas seulement en Italie. Cette déclinaison de l’Italian Style est arrivé dans un des endroits les plus fascinants des Usa. Réalisé en collaboration avec le Centre Culturel Italien de New York, Rai Corporation, la Ville de Brooklyn et Organismes et Institutions nationaux et américains, Foedus USA, Journey to La Dolce Vita, s’est développé en cinéma, musique, photographie. Dumbo est le quartier qui a été choisi pour l’évènement: sous le pont de Brooklyn, dans une zone d’artistes, de vieilles usines et lofts qui garde encore le charme d’une New York marchande et oubliée. Journey to La Dolce Vita n’a pas été qu’un rendez-vous glamour pour revivre une fable, mais une occasion pour réunir des fonds pour les enfants démunis et les victimes du récent tremblement de terre des Abruzzes. La manifestation s’articulait autour d’une exposition de photographies d’archives de la Dolce Vita romaine des années 50 et 60, géré par Renato Miracco, directeur du centre culturel italien de New York. L’exposition a eu lieu à Powerhouse Arena, célèbre maison d’édition et organisme fondateur du prestigieux New York Photo Festival. Les photos, inédites aux Etats-Unis, représentent de vraies familles, présidents et stars hollywoodiennes durant leurs visites à Rome pendant cette décennie. Après la projection du film Vacanze romane dans le Parc du Pont de Brooklyn, l’Empire Fulton Ferry State Park,les intervenants ont gouté aux meilleurs plats de la tradition italienne, du jambon de parme au fromage Lombard Taleggio, du cappuccino à la glace artisanale. À Brooklyn Bridge Park, l’artiste italo-brésilienne Rosalia de Souza, s’est exhibée toujours sur le thème de la Dolce Vita. Les îles éoliennes sont la charnière entre la Sicile et la Péninsule, depuis toujours lieu de rencontre de traditions, personnes et civilisations diverses. Habitées depuis le Néolithique à cause de l’attraction de l’obsidienne sur les peuples environnants, elles furent le centre de nombreux habitats préhistoriques que l’œuvre avertie et passionnée de Madeleine Cavalier et Luigi Bernabò Brea ont mis au jour en réalisant le Musée Archéologique Eolien, aujourd’hui dédié justement au spécialiste génois, qui recueille la mémoire de l’histoire de ce lieu central dans l’histoire de la Méditerranée. De Filicudi (Montagnola di Capo Graziano) à Panarea (cabanes du Moyen Age du bronze de la région de Milazzo) à Salina (Portella), le parcours se déroule à travers les millénaires de la préhistoire vécus entre les petits murs en pierre séchées des cabanes circulaires qui s’enracinent entre les rochers dangereux souvent en surplomb sur la mer. Par ici passèrent les Mycéniens dans leurs pérégrinations à la recherches des métaux, mais aussi les Grecs et les Romains. C’est à ces derniers que l’on doit la fascinante collection de masques et figures de la comédie hellénistique et romaine ou les couleurs solaires et marines du Peintre de Lipari qui laissa ses décorations précieuses sur les vases de l’époque. Dans la mer des Eoliennes, des traces de ces passages millénaires ont été retrouvées dans les chargements d’amphores et de vaisselle précieuse, comme celle vernis de noir provenant de la Campane, et retrouvée dans l’épave de Capistello à Lipari. Un des lieux les plus riches pour les découvertes archéologiques sous-marines est toujours Capo Graziano, dans les eaux de Filicudi, ou le haut-fond dangereux fut la cause de nombreuses tragédies de la mer, comme celle du bâteau pause-câble Città di Milano qui gît à ses pieds sur une profondeur de plus de 100 mètres. Ici on peut visiter l’épave A, intitulée à Gianni Roghi, où il reste des amphores greco-italiques éparpillées entre un banc sableux et un gros canal, et des céramiques au vernis noir de la Campane. A Ustica les traces les plus importantes de vie remontent à la fin du Moyen Age du bronze (XIIè av. J.C.). L’habitat des Faraglio- environ 30 mètres est visible à distance par un système télécommandé par des caméras qui ramènent les images en direct actuellement à la mairie de Favignana. A Pantelleria, en correspondance avec une phase avancée de l’ancien âge du bronze sicilien, vécut l’habitat fortifié de Mursia, activement inséré dans le réseau commercial égéo-levantain de la moitié du IIè millénaire av. J.C.. L’habitat, visible aujourd’hui à travers des vestiges imposants et monumentaux, était constitué de cabanes circulaires qui changeront durant la phase plus tardive pour devenir des édifices quadrangulaires à l’intérieur d’un espace côtier renfermé par un puissant mur de fortification, au-delà duquel s’étend la nécropole, qui a rendu célèbre Pantelleria dans le cadre es études de préhistoire méditerranéenne pour les Sesi, structures circulaires au tronc en cône, construites selon une technique mégalithique et utilisées uniquement pour des fonctions funéraires. L’habitat romain hégémonique, sur les deux hauteurs de Santa Teresa et San Marco, se déploie sur une vaste zone en amont du chef-lieu communal actuel et, donc, en directe relation avec l’escale maritime la plus acceptable et importante de l’île que de récentes recherches archéologiques sous-marines ont vérifié. Les deux hauteurs sont séparées par une zone plate assez grande où des fouilles ont mis en évidence une vaste esplanade dallée segmentée par des morceaux de murs saillants qui pourrait être identifiable en une grande place (forum). Les fouilles ont permis de découvrir une partie de l’enceinte d’époque punique traversée par une porte dont la structure des murs conserve encore partiellement les restes d’un châssis de type punique d’une grande valeur. Du remplissage des citernes sur le sommet de San Marco proviennent des sculptures intéressantes d’époque punique et romaine tardive en fragments pour plusieurs statues et quelques épigraphes latines, mais surtout les trois célèbres portraits impériaux romains représentant Jules César, Antonia Mineure et Titus. Pantelleria possède aussi des fonds marins riches en histoire et épaves. Un des lieux les plus intéressants est la baie de Gadir où des recherches rapides effectuées par Lamboglia en 1972-73 firent découvrir plus de 100 amphores puniques et hellénistiques-romaines appartenant à deux épaves datables entre la fin du IIIè et le Ier siècles av. J.C.. Une autre épave intéressante, qui transportait surtout un chargement de céramiques concernant la production bien connue de marmites appelée “pantellerian ware” toujours en cours de fouilles, se trouve dans la baie de Scauri. Parmi les objets trouvés il faut citer un petit anneau d’argent avec un chaton en cornaline décoré du symbole chrétien de l’ancre et une perle en cornaline avec une figure divine portant un arc et un faon. Les données provenant des fouilles de l’épave renforce la vision d’un dynamisme prompt qui concerne la diffusion de ce type de céramique faite à Pantelleria dans les habitats de Sabratha, Leptis, Djerba, Tharros, Turris Libisonis, Ostia, Luni, Cosa et Albintimilium. Les îles Pelagie sont peuplées depuis la préhistoire, et très bien insérées dans les circuits commerciaux du monde romain grâce aux formidables ports et surtout au véritable fjord de l’anse Guitcia de Lampedusa. Lampedusa et Linosa furent habitées déjà depuis le néolithique à juger des traces, mais des traces certaines sont celles de l’habitat identifié sur les corniches de Cala Pisana à Lampedusa. La présence d’un habitat au néolithique réalisé par des colons venant de Sicile, nous permet de comprendre le haut niveau de connaissances marines que les populations siciliennes possédaient déjà à cette époque. La présence de nombreuses citernes, de l’établissement pour la production de garum et de vastes nécropoles, attestent l’intense fréquentation à l’époque romaine. Les eaux splendides des Pelagie, connue pour leur limpidité et visibilité, renferment d’intéressants témoignages du passages des voies marchandes et de flottes en guerre dans cette portion de la Méditerranée depuis l’antiquité jusqu’au deuxième conflit mondial. Parmi les découvertes sous-marines les plus intéressantes du point de vue historique, rappelons les canons de Cala Pisana qui, en partie, devaient appartenir à une flotte commandée par Antonio Doria qui fit naufrage sur les côtes septentrionales et orientales de Lampedusa alors qu’il naviguait vers l’Afrique. Les connaissances sur la préhistoire et l’archéologie des îles mineures de la Sicile se doivent au travail fatiguant de recherche réalisé par de seules personnes, mais souvent, surtout récemment, par des projets de coopération internationale. A Pantelleria des archéologues et étudiants italiens travaillent avec des collègues d’autres nationalités en faisant comprendre l’importance de la coopération internationale comme la meilleure voie pour approfondir la connaissance de notre civilisation méditerranéenne interactive. Sebastiano Tusa 135 PERCORSI PERCORSI WORLDWIDE ni était fortifié sur un côté par un grand mur en pierre doté de remparts semi-circulaires donnant sur l’extérieur. Habitée à l’époque hellénistico-romaine elle présente de nombreuses traces de présence à la Falconiera et dans les contrées à l’ouest. Avec le premier siècle de l’ère chrétienne on dirait qu’à Ustica les inquiétudes défensives cessent. C’est à cette période de grand développement et prospérité pour la petite Ustica, qui a duré jusqu’à la crise de l’empire romain (Vè apr. J.C.) que remontent les découvertes archéologiques sous-marines identifiées sur les fonds autour de l’île (Punta Alera, Scoglio del Medico, Secca della Colombaia, Falconiera etc..) démontrant encore une fois la richesse archéologique des eaux de Ustica. Dans les îles Egadi l’attraction archéologique la plus importante est la grande quantité de grottes que l’érosion marine, au cours des nombreuses transgressions pléistocènes, a creusé sur les falaises spectaculaires calcaires des trois îles. Marettimo offre un riche échantillon de grottes, mais toutes au niveau de la mer, donc, encore en formation et de ce fait d’intérêt archéologique limité même si l’une d’entre elles – La grotta della Pipa – portait des traces importantes de fréquentation anthropique d’époque hellénistico-romaine et médiévale. Les grottes des deux autres îles, furent, elles, maintes fois et abondemment habitées à partir du Pléistocène Final ou Paléolithique Supérieur. L’importance de ces cavernes est due surtout à la présence, dans un cas – Grotta di Cala dei Genovesi – à Levanzo, d’art rupestre animalier (plus ancien) et dessins schématiques (plus récent), dont il faut citer le célèbre faon à la tête baissée sur le corps et le taureau vu de face. Des indices bien plus gros indiquent l’existence certaine de vastes habitats hellénistico-romains dans les trois îles de l’archipel. Très intéressant l’établissement pour le travail du poisson (production de garum) qui se trouve sur la Punta Altarella de Levanzo et les “Maisons Romaines” de Marettimo. Ce que la mer a rendu de certaines épaves hellénistiques, romaines et médiévales est lié aux témoignages terrestres, comme la découverte, dans la zone de la fameuse bataille entre Romains et Carthaginois (au nord-ouest de Levanzo), de deux rostres en bronze ayant appartenus très probablement à des bateaux coulés durant le conflit. Parmi les lieux les plus intéressants rappelons Cala Minnola à Levanzo où a été découvert ce qui reste du chargement d’un bateau romain républicain appartenant à la célèbre famille Papia entrepreneurs du Latium. Le champ d’amphores restées sur le fond à PERCORSI WORLDWIDE RETRATO DE SEÑORA Cuando se escriba la historia de la emigración italiana, según los cánones historiográficos amados por Jacques Le Goff, ningún historiador podrá evitar tener en cuenta el relevante patrimonio de actividades de la Anfe, la Asociación nacional de familias de emigrantes, que celebra los sesenta años de su fundación. Pero, sobre todo, no se podrá evitar conocer las obras de su fundadora, Maria Agamben Federici. Nació en L’Aquila, en una familia acomodada, el 19 de septiembre de 1899. Licenciada en Letras, profesora y periodista, se casó en 1926 con Mario Federici, una de las personalidades más insignes de la cultura de Abruzzo, con el cual se fue al extranjero, donde enseñó en los Instituto Italianos de Cultura en Sofía, Egipto y París. Católica activa, Federici fue influenciada por el pensamiento cristiano social, el personalismo de Mounir y el humanismo integral de Maritai, que connotaría profundamente la filosofía de la segunda mitad del siglo XX. Al volver a Italia, en 1939, concretó sus ideas con un intenso compromiso social y apostolado laico. Activista en las filas de la Resistencia, organizó un centro de asistencia para prófugos y veteranos. En 1944, fue una de los fundadoras de las ACLI, en cuya dirección desempeñó la función de delegada femenina, y una de las fundadoras del CIF (Centro italiano femenino), del cual fue primer presidente, desde el 45 hasta el 50. Pero, sobre todo, fue una de las figuras más importantes de la nueva República democrática. Diputada en la Asamblea Constituyente para la Democracia Cristiana, desde 1946 hasta 1948, contribuyó a la redacción de las reglas fundamentales de la Constitución. Junto a Nilde Iotti y Teresa Noce (PCI), a Lina Merlin (PSI) y Ottavia Penna (Uomo Qualunque), fue una de las cinco mujeres que entraron en la Comisión especial de los 75 que elaboró el proyecto de Constitución que más tarde se llevó a las cámaras aprobándose el 22 de diciembre del 47. Elegida por la Cámara de diputados, actuó al lado de De Gasperi en la reconstrucción del País. El de Federici se puede considerar con razón un ejemplo ante litteram de emancipación femenina, con treinta años de antelación respeto a los movimiento nacidos en Europa. El 8 de marzo, Maria Federici funda la Anfe y asume su presidencia, manteniéndola como deber moral hasta 1981. Bajo su guía, la asociación se expande por toda Italia, con una red operativa difundida en los municipios con mayor emigración. Estuvo activa y presente en cualquier lugar donde los problemas se presentaban especialmente difíciles, en Argentina, en Brasil, en Venezuela, en los Estados Unidos, en Canadá, en Australia, pero también en el viejo continente, en Bélgica, en Francia, en Suiza, en Alemania, en Holanda, en Luxemburgo, en Gran Bretaña. Una red capilar de infraestructuras que se convierten en puntos decisivos para los emigrantes y sus problemas sociales, burocráticos, pero también psicológicos en la integración en las nuevas realidades. Las actividades de la asociación, reconocida en 1968 “entidad moral”, PERCORSI 136 han hecho de ella un pártner en los más altos organismos internacionales para la emigración y la inmigración. Maria Federici desapareció el 28 de julio de 1984. Su pensamiento iluminado, su contacto directo con personas y problemas, siguen siendo un ejemplo notable en el tiempo en que vivimos. Un modelo que hoy choca con ciertas distancias mediúmnicas, con la labilidad de las referencias a los grandes valores. En la difícil transición que vive Italia, en la que domina la apariencia más que la sustancia, ejemplos de vida como el testimoniado por Maria Federici son referencias indispensables para mejorar la relación entre instituciones y ciudadanos, para recuperar la necesaria credibilidad de la política, para construir el futuro de nuestro País en el respeto mutuo. Goffredo Palmerini Un italiano en Nueva York América representa, desde siempre, en el imaginario colectivo la libertad. Los Estados Unidos siguen siendo percibidos como la tierra de los grandes espacios. Espacios que superan el mero volumen de los rascacielos de Manhattan o de los barrios neoyorkinos, más que un espacio entendido como posibilidad que una Tierra ofrece a la gente. Hoy, los Estados Unidos siguen representando aquella oportunidad que en el pasado se les brindó a los emigrantes, quienes encontraron aquí las condiciones para reconstruirse una vida, para aprovechar sus habilidades, profesionalidades, competencias y afirmarse en la sociedad. El sel made man para algunos ha sido una quimera, para otros un mito, muchos, sin embargo, lo han conseguido. De aquellos emigrantes de primera generación, han quedado pocos, muchos son, en cambio, los hijos y los nietos que se siguen sintiendo profundamente italianos, hasta el punto que han optado por mantener la doble nacionalidad. Sus narraciones siguen impregnadas de aquella dificultad que los italianos han encontrado en su camino hacia la integración, donde a menudo las dificultades nacían del choque entre dos culturas. Sin embargo, la gran capacidad de adaptación y la voluntad de encontrar una pacífica convivencia los ha empujado a buscar una mediación que no los arrancara de sus propias raíces aun respetando las costumbres del Nuevo Mundo, demostrando, de esta manera, haber entendido la lección de Thomas Jefferson, tercer presidente de los Estados Unidos, que a principios del siglo XIX decía: “Quien reciba una idea de mí, adquiere conocimiento sin que disminuya el mío; como quien enciende su vela con la mía, recibe luz sin dejarme a oscuras”. No es por casualidad, entonces, que en ocasión de las celebraciones de sesenta aniversario de la constitución del A.N.F.E., en la sede del “Italian Art Club” en Manhattan, y luego en Rutherford, en New Jersey en la Asociación Italiana Ayer, Hoy y Mañana” (“Associazione Italiana Ieri, Oggi e Domani”), y, finalmente en el “Rockleigh Country Club” en New Jersey, se han entonado siempre el himno americano y el italiano. Se entiende, por lo tanto, cuál es, para nuestros conciudadanos italianos ya naturalizados americanos, la importancia de encontrarse unidos bajo la misma bandera, de custodiar tradiciones y costumbres italianas, de emplear la lengua italiana en los lugares, en los locales y en los círculos frecuentados por los emigrantes italianos que ya han llegado a la tercera o, incluso, cuarta generación. Valores como la fraternidad, la identidad, la patria se convierten en valores comunes y compartidos tanto por los americanos como por los ítalo-americanos, que han conseguido integrarse en la comunidad americana, ocupando puestos de prestigio en el nivel social y económico y la maciza presencia de las comunidades italianas que desfilan por la Quinta Avenida el día del Columbus day es prueba de ello. Los nombres italianos excelentes presentes en la moderna sociedad americana son muy conocidos y muchos de ellos siguen operando, fuera de los ojos de la gente, ofreciendo su contribución a través de asociaciones y organizaciones noprofit, a favor de la integración. El emblema de la “Associazione Italiana Ieri, Oggi, Domani” representa, simbólicamente el estado actual de la realidad ítalo-americana. Tres hombres, que representan los segmentos temporales a los que la asociación se refiere, están dibujados bajo tres banderas, respectivamente, la italiana que se refiere al ayer, la americana que se refiere al hoy y la italiana y americana que se refiere a un mañana de completa y definitiva integración. Pasquale Peluso Argentina, es decir ¿Otra Italia?... Buenos Aires. Normalmente hay dos maneras en Italia para hablar de Argentina: la manera de quienes despachan el tema afirmando, tout court, que se trata de otra Italia, y la manera de quienes de este País lo ignoran todo, ni siquiera saben dónde está y confunden Buenos Aires con Río y con el Brasil... Del segundo caso no merece la pena ocuparse, como se decía antaño. Sobre la “visión” número uno merece la pena, en cambio, intentar alguna consideración y esbozar alguna información. Quienes consideran que Argentina es la otra Italia, que es toda italiana, nada más llegar sufren una gran decepción por lo que se refiere a la lengua. Nuestra lengua aquí no se ha arraigado mucho. Extraño. Sí, extraño, pero explicable, como veremos. El italiano no lo habla casi nadie. Casi. Sobre 40 millones de argentinos, siempre hay unos 100.000 estudiantes de italiano, pero son pocos, ¿no? Sí señor, son pocos. Los demás siempre dicen entender italiano: “entiendo, entiendo”. Pero no es verdad. No entienden sino algunas palabras y solo algunas veces “pescan” el sentido de lo que oyen. Sin embargo, dicen que entienden y a menudo con cierto sentido del pudor, porque, llevando casi siempre un apellido italiano, temen quedar mal, no quieren quedar decepcionados. Y ésta es una característica de los argentinos que emerge re. Eran la meta de gente que dejaba un País del que sabía poco. Gente sacada como con un grúa de los campos, de una cumbre de un monte y colocados en un barco. Veía, divisaba las luces de Nápoles, el Beverello o la Lanterna de Génova. Y salían, salían buques... Culturalmente desarmados, llegaban a ciudades inmensas, nuevas, en vías de formación, donde la especulación, el abuso, la ley del más fuerte era la norma con la que vivir. Ambientarse, integrarse era obligatorio. El italiano como lengua para ellos no había existido nunca. Imperaba el dialecto, y el dialecto se fundía rápidamente con el español local, se convertía en una mezcla cómica que aquí en Buenos Aires – en la tradición publicista y literaria – acabaron bautizando cocoliche, del apellido – dicen – de un emigrante calabrés, Cocolicchio. Y el cocoliche “adornó” durante mucho tiempo la farsa teatral local; y a los jóvenes que frecuentaban la escuela argentina no les gustaba tener un padre que hablara cococliche. No faltan, sin embargo, las paradojas. En este mismo ambiente, ya desde la mitad del siglo XIX, se afirma la tradición del periódico en lengua italiana. Museos y bibliotecas argentinas siguen conservando primeras páginas y periódicos enteros con los títulos más diversos, gacetas escritas en italiano, con tiradas relevantes para la época, periódicos que a veces duraron largos decenios. Alguien, no analfabeto, no cocoliche, los hacía, alguien los leía estos periódicos. Junto a la emigración humilde, a menudo sin alfabetizar, había llegado también gente instruida, culta, experimentada que sabía hacer periódicos y difundirlos – como le sucedió al palermitano Salvatore Ingegneri que, después de haber dirigido en Palermo el diario revolucionario “Il Povero”, emigró a Argentina con su hijo Giuseppe, que aquí se convirtió en “José Ingenieros” e hizo una larga carrera política, literaria y científica, dejando textos y libros de raro valor. Pero, ya antes de esta emigración masiva, había habido otra culturalmente calificada de emigrantes mazzinianos y garibaldinos que huían de las cárceles y desahogaban, en las riberas del Plata, en Buenos Aires y Montevideo, sus ideas revolucionarias. De hecho, en 1810, cuando Argentina – el año que viene se celebrará el bicentenario – dio comienzo a su proceso de independencia, en la primera Junta de Gobierno que abre las hostilidades contra los españoles, aparecen cuatro apellidos italianos, que se convirtieron en fundadores de esta Patria: Belgrano, Alberti, Beruti y Castelli. Esto nos anima a decir que Argentina no es sólo un País hacia el cual los italianos emigraron como un aluvión masivo, en busca de una vida mejor, sino que es también un País que los italianos contribuyeron a fundar, es decir, que estaban desde antes de que “una Nueva y Gloriosa Nación” – como cantan los himnos románticos de la época – se asomara al mundo. Eso explica, desde luego, la identidad de los argentinos que tienen innegablemente a Italia en su ADN, aunque no siempre sepan precisar región y municipio de procedencia de sus antepasados y casi nunca hablen italiano... De lugar de la memoria a cantera para nuevas ideas Formar parte de un grupo, de una gran familia cuyos miembros, por lo menos en la fase inicial, se conocen poco o nada entre ellos. Saben con certeza, sin embargo, que la procedencia de la tierra de origen es la misma. La del asociacionismo es una historia cargada de infinitas historias, que nace con los primeros flujos migratorios en el Nuevo Mundo. Para muchísimos emigrantes que llegaron a estas tierras ignotas, las asociaciones representaron el primer front office, indispensable para poner en marcha un difícil proceso de integración en la nueva patria. Hoy, más de un millón y medio de individuos se reconoce en las más de 5000 asociaciones esparcidas por Italia y en el extranjero, como se deduce de los trabajos del congreso internacional sobre el relanzamiento del asociacionismo en las políticas migratorias, que se ha desarrollado en Palermo el pasado invierno y organizado por ANFE. Por su misma constitución, las asociaciones de italianos en el extranjero representan un empeño, colectivo e individual, en el respeto de principios inderogables de solidaridad política, económica y social, para la afirmación de la igualdad de dignidad social y la igualdad ante la ley, sin distinción de sexo, de raza, de lengua, de religión, de opiniones políticas, de condiciones personales y sociales. Conceptos de la Carta Constitucional que se han convertido en materia viva en el mundo del asociacionismo italiano en el extranjero y para el extranjero. Hoy el papel del asociacionismo vive una renovada responsabilidad social, puesto que puede representar un fuerte apoyo en la gestión de la emigración.“El fenómeno migratorio no pone en juego sólo cuestiones políticas, económicas y demográficas – afirma Paolo Greco, vicepresidente nacional de la Asociación Nacional de Familias De Emigrantes -. Conocer la historia social y cultural de la emigración italiana en el mundo nos es útil para comprender cómo los procesos migratorios pueden fundarse en nuestro País y actuar para una positiva integración valorizando lo que para nosotros ha sido esencial instrumento de crecimiento en las sociedades de acogida”. Considerando estos presupuestos, el papel del asociacionismo, hoy, no es nada secundario, aunque va reinterpretado a la luz de las exigencias y de las expectativas de los jóvenes, los emigrantes de tercera y cuarta generación, haciendo de las asociaciones no sólo lugares de la memoria, sino también instrumento de contemporaneidad que recoge nuevos estímulos. Los jóvenes que viven en el extranjero están, hoy más que en otros momentos históricos, divididos entre dos pertenencias: la de la sociedad de origen, a la cual están ligados cada vez menos a medida que aumenta la duración de la permanencia en el extranjero, y la del país de acogida, a la cual, sin embargo, no sienten pertenecer de manera total. Es necesario, por 137 PERCORSI PERCORSI WORLDWIDE en seguida. Temen el juicio de la gente, el qué dirán... Para un italiano que llega, el descubrimiento más general e inmediato, el del ambiente, del “mundo” en el que se encuentra, es de todas formas agradable, entre usos y costumbres conocidos, notorios. Uno se siente en seguida en su propio terreno, sicológicamente consabido. Ningún sentimiento de incomodidad, de alguna manera, una vuelta a casa. Esto sucede con Argentina y los argentinos, más allá de la lengua. Se ven en todas partes apellidos italianos, se siente respirar dondequiera un espíritu de familia paisano. Se descubre que hablan otra lengua para decir nuestras mismas cosas y de la misma manera, con una actitud análoga, pensadas y vividas de una idéntica manera. Tiene la misma actitud desinteresada con la política y los políticos, consideran sagrada la amistad, familiarizan con extrema facilidad, aprecian la misma mesa, hablan demasiado, son inteligentes, creativos, listos, a veces mentirosos, cínicos y lo suficientemente gamberros. Intentan identificarse siempre con el más fuerte, con el mejor. Dan la razón a quien gana. Un italiano aquí descubre en seguida, en cuanto cata cualquier tema, sentimientos análogos a los suyos. Parece que no haya diferencias, pero luego las diferencias existen, afloran. Se descubre que proceden de una escuela diferente, no tienen el culto al pasado. Nunca saben, los argentinos, de qué pueblo, de qué provincia eran sus antepasados italianos. A la pregunta dantesca «¿Quién fue tu mayor?», nunca saben contestar con precisión. Si fue el padre, el abuelo o el bisabuelo, no saben explicar de qué región, ciudad o provincia. Saben que era italiano, han heredado sus vicios, tic y virtudes, pero recuerdan pocas cosas: que decía siempre la misma broma, que comía de aquella manera, que era muy trabajador, rígidos en sus modales y en las cosas en las que creía, riguroso en la educación de sus hijas. Ha hecho historia aquí la figura del italiano del siglo XIX, de grandes bigotes, severo e intransigente. Cuando un argentino, también un argentino actual, debe explicar que en una determinada circunstancia se ha enfadado de verdad y ha tenido una reacción furibunda, violenta, dirá siempre, teatralmente, que “me ha salido toda la vehemencia italiana!”. Barzini señor, que escribió mucho sobre la presencia italiana aquí en los primeros años del siglo XX, notaba que en estas familias, aun siendo tan característicamente italianas, no había demasiado respeto por la figura humilde y modesta del padre y se refería a la escuela de la que provenían los muchachos, una escuela que temía la contaminatio italiana por el núcleo duro de los dialectos que dominaban el habla de gran parte de la población. Había islas de genovés, piamontés, véneto, siciliano y otros dialectos meridionales. Italiano casi nada. Entre 1875 y 1924, a Argentina llegaron más de dos millones de italianos. Las guerras, las carestías, las dificultades surgidas antes y después de la unificación empujaban a catervas de pobre gente de nuestras regiones más allá del Océano. Se dirigían a dos grandes ciudades soñadas y vividas como dos países besados por la prosperidad: Novaiorca y Bonosai- PERCORSI WORLDWIDE tanto, involucrarlos directamente en las asociaciones, pero también intervenir adecuadamente con intervenciones culturales, con proyectos más concretos de partenariado económico. Lo que los jóvenes piden es una información más concreta, profunda y objetiva, unida a servicios de “informajóvenes” a través de internet, páginas específicas, blog. La historia de los emigrantes italianos en el mundo es una historia triste de la que a menudo uno se avergüenza, una historia que muchos emigrantes tienden a olvidar. El asociacionismo debe servir para rescatar una imagen positiva del ser italianos, debe representar un vehículo para la conservación y la transmisión del patrimonio cultural. Debe ser, para los jóvenes, un lugar donde poder hacer nacer nuevas ideas, donde redescubrir sus propios orígenes aprendiendo la lengua y la cultura de sus abuelos. Un instrumento de promoción del turismo de retorno a través de intercambios culturales. Gaetano Calà Aquella memoria conservada en los museos Un viejo refrán, por algunos atribuido a los Pieles rojas de América, recita: si no sabes adónde ir, date la vuelta y mira por dónde has venido. En todas las épocas, la recuperación de la memoria colectiva ha sido sentida como un bien fundamental para la construcción del futuro. No hace excepción el período de los grandes flujos migratorios que afectaron a toda Europa. La idea de dar vida a los archivos de la emigración se hace concreta en 1990, en un lugar fuertemente simbólico: Ellis Island, Nueva York. Un modo diferente de mirar la emigración, el de los archivos de la memoria, con una mirada más atenta, en la que los hombres y sus historias están connotados esencialmente como recurso. Museos, pero también centros de estudio, archivos, centros de documentación e investigación han nacido también en Italia. El objetivo, además de la recuperación de la memoria, es el de recuperar los instrumentos para afrontar los flujos migratorios hodiernos, que ven nuestro País ya no como tierra de partida, sino como lugar de llegada. En Roma, en el Vittoriale, se ha inaugurado hace poco el Museo nacional de las migraciones, que se articula en tres secciones: la primera recorre el nacimiento y el desarrollo de la gran emigración italiana; la segunda sección traza una geografía de la emigración, profundizando las características migratorias peculiares de cada región. La tercera sección, finalmente, está dedicad a un viaje por la emigración a través de áreas temáticas que le consienten al visitante tener un conocimiento interactivo de todo el período histórico mediante el cine, la literatura, la música, los objetos y documentos raros. También Sicilia se ha dotado de una red de Museos sicilianos de la emigración; cada uno identifica las diferencias de los flujos migratorios según las distintas áreas geográficas. Los PERCORSI 138 siete museos tienen, sin embargo, el mínimo denominador común de la atracción suscitada por las tierras de más allá del océano, inducida por la capilar propaganda de las grandes compañías de navegación. El sueño americano, en resumidas cuentas, llega a Sicilia en forma de ilustraciones e inscripciones a color. Las diferencias entre los tipos de flujos migratorios son, en cambio, el elemento peculiar evidenciado en cada museo. La emigración del latifundio, expuesta en los pabellones de Aquaviva Platani, en la provincia di Caltanissetta, es, por ejemplo, muy diferente de la de las costas, analizada en cambio en los museos de Giarre (Catania), Savoca (Messina) y Canicattini Bagni (Siracusa), en el área del Belice. En el museo Ibleo de Ragusa es posible comprender hasta que punto un territorio caracterizado durante siglos por la ausencia del latifundio y por la presencia de una pequeña y mediana propiedad influyó en los flujos migratorios. La emigración desde las islas si está representada, en cambio, por el Museo Eoliano de la emigración existe desde 1999. A través del precioso material documentario custodiado por las familias isleñas y las actas oficiales de los municipios, de hecho, ha sido posible construir un recorrido antes y después del viaje. El museo recorre algunas fases de vida eoliana: el modelo económico de desarrollo eoliano antes de la emigración, pero también la infección de filoxera, la crisis de la piedra pómez. Una sección importante está dedicada, además, a la exposición de las 1132 cartas procedentes de América del Norte, de Australia y, en menor medida, de los países latinoamericanos, pero también de materiales sobre la vida de las sociedades eolianas de mutua ayuda en América y Australia, desde 1898 en adelante. El archivo comprende también noticias y documentos sobre las remesas y los donativos para la restauración de las iglesias eolianas y para la ejecución de importantes obras públicas; y una riquísima colección de fotografías. Además de los museos y la documentación de un importante retrato de vida, existe también el testimonio de una realidad poco conocida, documentada por el volumen “Una casa para los emigrantes”, al cuidado de Claudio Colombo, que en 140 páginas analiza la odisea de miles de trabajadores italianos durante años obligados a llevar su profesionalidad al extranjero. La casa de los emigrantes, un edificio que se encuentra detrás de la estación ferroviaria central de Milán, fue inaugurada en el mes de diciembre de 1907, y siguió activa hasta mediados de los años Veinte. Estaba compuesta por un cuerpo en un piso realzado de unos 350 metros de superficie, y de otro accesorio de 80 metros cuadrados; tenía una sala de espera, dos dormitorios, cuartos de baños y lavaderos, todo dotado de luz eléctrica y calefacción. Durante sus primeros cinco años de vida, la casa hospedó gratuitamente a medio millón de emigrantes, a los que se evitaba, de esta manera, especulaciones de comerciantes y hoteleros. Reventados por los largos viajes en tren, a los emigrantes se les daba de comer y, a la vez, se les informaba sobre todo lo que les pudiera ser útil: horarios ferroviarios, coincidencias y cambios, organi- zación sindical del País al que iban a trabajar, informaciones sobre el mercado del trabajo que los esperaba. Una Milán, la de principios del siglo XX, que demuestra estar a la vanguardia en el afrontar el fenómeno migratorio incumbente, con su masa de gente, con sus numerosas historias, asustada y, al mismo tiempo, llena de expectativas hacia el Nuevo Mundo. Marcello Saija Un diálogo de paz, con ideas concretas Devolver al Mediterráneo su función primaria de lugar de intercambio y de confrontación entre pueblos. Con estas premisas ha nacido el Comité Permanente para el Partenariado Euromediterráneo (Coppem), con el fin de promocionar el diálogo y la cooperación para el desarrollo local entre ciudades, municipios y Regiones de los Países que lo integran. El reglamento del Comité, aprobado en Gaza en el 2000, acoge plenamente la Declaración de Barcelona firmada en 1995, que pretende instituir un Partenariado global euromediterráneo para transformar el Mediterráneo en un espacio común de paz, de estabilidad y prosperidad a través del fortalecimiento del diálogo político y la seguridad, un Partenariado económico y financiero y un partenariado social, cultural y humano. Forman parte del Comité Permanente para el Partenariado Euromediterráneo Argel, Austria, Bélgica, Chipre, Dinamarca, Estonia, Egipto, Finlandia, Francia, Jordania, Grecia, Irlanda, Israel, Italia, Letonia, Líbano, Lituania, Luxemburgo, Malta, Maruecos, Países Bajos, Palestina, Polonia, Portugal, Reino Unido, República Checa, Alemania, Siria, Eslovaquia, Eslovenia, España, Suecia, Túnez, Turquía y Hungría. “El Comité insiste mucho sobre el carácter concreto de las iniciativas que promociona – dice Francesco Sammaritano, dirigente del Coppem. Nos planteamos objetivos concretos, porque es importante que las comunidades en las que actuamos toquen con la mano las ventajas que puede tener el partenariado con otras realidades. Una colaboración a total, en resumidas cuentas, contribuye concretamente a hacer mejor la vida”. Coppem y Anfe han puesto en marcha desde hace tiempo una colaboración para proyectos de excelencia. Entre éstos, el proyecto Fishar, destinado a la formación de las marinas de la costa sur del Mediterráneo, que toca puntos fundamentales como la seguridad a bordo de los barcos pesqueros, la tutela del medioambiente y la valorización del pescado. Del proyecto – en el que participan Túnez, Egipto, Marruecos, Libia, Palestina, Israel – son pártner, entre otros, el CNR y el COSVAP de Mazara del Vallo (esta última es la mayor organización de marinas sicilianas), los municipios de Sciacca y Messina y el Parque Tecnológico de Palermo. Otro broche de oro que ve colaborar Anfe, Coppen e Ismett es el protocolo de acuerdo para la realización de un centro permanente para la formación de personal médico y enfermero-técnico. Rossella Catalano EXTRANJERO ES/Y EXTRAÑO Se desintegran las naciones, caen las fronteras, tienden a desaparecer los guetos, todos podemos ir a donde queramos. Nos mezclamos, hacemos intercambios, nos confundimos. Y, sin embargo, los prejuicios siguen imperando. A menudo permanecen latentes, pero en momentos de crisis emergen con violencia. Y, así, cuando se habla de bárbaros, de extranjeros y, más en general, de flujos de gente, de fronteras y de límites que se atraviesan y se vuelven a atravesar, entramos en el campo específico del prejuicio, y del prejuicio al racismo, o mejor dicho, a los racismos (de los extranjeros a los ancianos, a los homosexuales, a las mujeres, a los diferentes, etcétera) el paso es breve. Pero, ¿cuál es el origen de todo esto? Estereotipos, prejuicios y autoengaños protegen al “Sí mismo” y lo colocan en una zona de sombra. La pantalla se pone entre el “Sí mismo” y lo real, entre identidad y objetividad, entre seguridad e incertidumbre. Pero, ¿Qué es el prejuicio? El prejuicio es una suerte de evaluación íntimamente vinculada al sentido de lo común, que no solamente no es una expresión de una elección objetiva de evaluación, sino que tampoco se conecta con específicos y conscientes parámetros definitorios de nuestro campo de experiencia. El prejuicio, además, tiene un fuerte poder de prescripción sobre las conductas individuales o de grupo y un igual poder de veto hacia el posible surgir de juicios más sujetivos. El racismo es un precipitado del prejuicio. El racismo no es simple hostilidad hacia todo lo que es diferente de sí, no es tampoco etnocentrismo, no es evidenciar las diferencias para interés propio, sino que es todo esto a la vez y, además, utilizar la diferencia contra los demás con el fin de sacar provecho de ello, como sucede en toda colonización. Algunos estudiosos ligan el racismo a la tesis del chivo expiatorio, otros lo definen como creer que un determinado grupo étnico es inferior por razones genéticas. Éstos, desde luego, son sólo algunas sugerencias para ulteriores profundizaciones. En esta ocasión es importante subrayar que el racismo puede manifestarse tanto a nivel individual como a nivel institucional, y es también el infiltrado o latente en leyes o en normas sociales que discriminan algunos grupos culturales y étnicos (los negros, los árabes, los eslavos, etcétera). La hostilidad hacia grupos diferentes nace del hecho que se desea conservar la propia identidad (mejor dicho, “identicidad”), también fenotípica, morfológica, de aspecto exterior, y encontrarla lo más posible en los propios descendientes (certeza y continuidad). Pagès lo ha definido como “homofiliación física”, de ahí el odio hacia los mestizos, los mulatos, las mezclas en general, el miedo a ensuciarse en las mezclas de sangre. Siempre Pagès habla también de “homofiliación cultural”, es decir, el deseo de perpetuación de una similitud relativa a valores, juicios, costumbres, convicciones. Llegamos, de esta manera, al Otro y a su irreducible diversidad. El Otro es el extranjero, el enfermo psíquico, el homosexual, en resumidas cuentas, el Otro con piel, comportamientos, códigos, lengua, diferentes de la nuestra. Se identifica por un progresivo proceso de diferenciación de nosotros, es decir, por una percepción de la Alteridad, en cuanto agresión a nuestra “normalidad”. El Otro es el que perturba, el que de repente inquieta nuestros sueños, nuestras relaciones, nuestras costumbres. El Otro es también el amor, la ruptura del equilibrio, el final de homeostasis, el Otro es el hermanito recién nacido que turba equilibrios familiares consolidados. El Otro, por tanto, se coloca en el interior de la dinámica amigo/enemigo. Si es amigo, amante, es, pues, identificable con nosotros, se nos parece, nos atrae, nos seduce, hay algo de su diversidad de lo que queremos apropiarnos, que queremos fagocitar, hay algo de nosotros que queremos que el Otro coma, que se nutra de ello. Si es enemigo, entonces, es el “falso enemigo”, la amenaza, el que invade (bárbaro porque invasor e incívico, falto de nuestros códigos de relación de nuestra lengua, de nuestras costumbres, de nuestro estilos de vida). El Otro es la sombra persecutoria de la perturbación, es el temor, el temblor, el rostro que se colora, la pesadilla, la monstruosidad que ataca nuestra tranquilizante personalidad. La relación, sin embargo, es el espacio de la diversidad y del conflicto, inútil negarlo. El espacio mental compartido tiene que convertirse en el espacio ambiental en el que es necesario aceptar la diversidad y lo extraño”. Pero, sobre todo, el extraño y lo extraño que están dentro de nosotros. El extranjero real, en carne y hueso, de hecho, evoca y hace visibles nuestras partes en la sombra y desconocidas, el extraño y lo extraño que nos habitan. Extranjero no es sólo el que es diferente de nosotros, sino, sobre todo, quien cuya pertenencia nos parece “infiel” y opuesta a la nuestra. El extranjero y lo extraño que están en nosotros se confrontan con lo conocido, tranquilizante y objeto de la continuidad entre existir y estar (entendido como “estar en un lugar”). El miedo a la pérdida del estar se convierte en miedo al extranjero que el Otro, el extraño real, acaba por el configurar, por el definir y por el proponer en cuanto variable compartida por el miedo y la ansiedad, el pánico y la depresión. Los procesos que determinan la individualización y la gestión de este espacio mental no son exclusivamente políticos, sino que interactúan con aquellos procesos de formación y de circulación de las competencias sociales sobre las que es necesario poder trabajar para mejorarlas. En una sociedad que hay que debe poderse pensar y actuar de manera multiétnica, necesitamos conocimientos y competencias muy diversificadas y, también, fuertemente ancladas en una idea de la diferencia y de la comunidad. El ambiente con el que nuestra mente debe confrontarse no pertenece a la simple configuración geoantropológica, sino a la selección de lo vivido y a la realización de un espacio del encuentro y de la solidaridad. Pero, el encuentro se pone a sí mismo como variable independiente, sólo si en la sociedad de la mente (el mundo interior, intrapsíquico) es posible situar la diferencia, no como choque, no como “lucha en contra”, sino como “lucha por”, como espacio de la cesión de partes de sí y de adquisición de partes del otro. Un ejemplo puede ser ofrecido justo por el Mediterráneo y por su particular configuración, como espacio ambiental compartido, perteneciente tanto a la posibilidad de la coherencia, como a la de la complejidad, al horizonte de la legibilidad, pero también a la 139 PERCORSI PERCORSI WORLDWIDE ¿Cuáles son en cambio lo proyectos con los Emiratos árabes? “Nuestra iniciativa – continúa Samaritano – es muy ambiciosa: crear las condiciones para que los Emiratos abran su primer consulado italiano en Palermo. Inútil decir qué representará esto para Sicilia, no sólo por los enormes recursos financieros de los Emiratos árabes unidos, sino también porque la sede de Palermo podría ser la cabeza de puente para relaciones más estrechas con el Maghreb y Oriente Medio”. Una de las primeras iniciativas de las que se ha hablado es la puesta en marcha, en Erice, de tres máster, abiertos a 120 licenciados de los Países que han firmado el tratado de Barcelona. El objetivo es crear en la ciudad trapanesa una escuela de especialización permanente para licenciados del área euromediterránea. El iter formativo comprende temas que abarcan desde el proceso histórico-cultural y antropológico de los Países del Partenariado auromediterráneo hasta la comparación de los sistemas legislativos y el reconocimiento del papel social y jurídico de las mujeres. “Esta iniciativa firmada por Coppem, Anfe y el Ayuntamiento de Erice tiene un gran valor cultural y político – continúa Samaritano – porque juntar neolicenciados procedentes de Países diferentes por lengua, cultura y tradición significa activar un intercambio en muchas direcciones entre sujetos que serán la futura clase dirigente en los Países de los que proceden”. ¿Cuáles son las necesidades más urgentes del área euromediterránea? Es necesario, ante todo, afrontar cuestiones delicadas, como inmigración, terrorismo, seguridad, tutela del medioambiente. Se trata de fenómenos muy complejos, que pueden ser afrontados exclusivamente mediante amplios partenariados. Otra cuestión que hay que afrontar es la del turismo: si se consiguiera, por ejemplo, armonizar la restauración del inmenso patrimonio cultural presente en esta área, se favorecería un macizo desarrollo del turismo que garantizaría enormemente a los países involucrados. La convivencia entre pueblos se realiza también mediante la confrontación religiosa, que ha producido tensiones y extremismos. ¿Qué camino recorrer para un diálogo constructivo? Creo que es necesario, antes que nada, valorizar las diferencias, considerarlas recursos y no obstáculos. En un fragmento se lee que Alá creó pueblos, clases sociales, gentes diferentes. No porque lucharan entre ellos para decidir quién era el mejor, sino porque cada uno apreciara la diversidad del otro. Está bien recordar que los extremismos, de dondequiera que procedan, son expresiones de intolerancia muy marginales y que prevalece la moderación. PERCORSI WORLDWIDE del misterio. No es una casualidad que diversos estudiosos hayan enfocado en la individualización de un “Mediterráneo en la mente”, un espacio de trabajo que abre diversas perspectivas. Desde un punto de vista ejemplificador, el espacio ambiental, el mediterráneo en particular, interviene en términos de construcción de la satisfacción de las necesidades ambientales, de las gratificaciones, pero también de las ansiedades, del estrés o de los conflictos intersujetivos. En general, de hecho, el espacio ambiental que “nosotros podemos pensar” se confronta con la posibilidad que se nos da de pensar también en espacios mentales afectivos y emocionales. El Mediterráneo es espacio de la diversidad y del conflicto, inútil negarlo. El espacio mental compartido se convierte, justo en este contexto, en espacio ambiental en el que es necesario poder aceptar la diversidad y la “extrajeridad”, pero, sobre todo, como se ha dicho, el extraño y lo extraño que habitan en él. El proceso que determina el cambio, sin embargo, es interno a una posibilidad de pensabilidad del cambio. Como proceso entendemos no sólo la registración de las transformaciones, sino también la capacidad de proyectarlas y gobernarlas, delimitando nuestra función emocional sobre ellas. Desde este punto de vista, el extranjero es la posibilidad que la irrupción de lo nuevo puede ser compartida, que el conflicto se viva como crecimiento en la reciprocidad, en cuanto relación entre nuevos que todavía deben desplegarse. Franco Di Maria LA EMIGRACIÓN DA LOS NÚMEROS El mercado italiano del trabajo se abre ya desde hace años a los inmigrantes, para desempeñar funciones físicamente incómodas y fatigosas, antaño destinadas a las clases menos pudientes. Sin embargo, desde hace algún tiempo se registra un fenómeno, confirmado por los datos de Unioncamere, relativo a los inmigrantes que deciden trabajar autónomamente como empresarios; hoy, de hecho, son más de cuarenta mil, en Italia, las empresas cuyo titular ha nacido en Marruecos. En Sicilia se cuentan 3464 empresarios marroquíes, 160 chinos y 1020 de Bangladesh, con una verdadera colonia palermitana de 819 actividades empresariales, equivalentes a más del 11% de la cifra nacional. Significativa también es la presencia de tunecinos en la zona de Palermo y de los senegaleses en la de Catania. La presencia más difundida de los empresarios extracomunitarios se encuentra en la capital regional, con 3620 empresas sobre un total de más de doce mil. El farolillo rojo lo tiene, en cambio, Enna, donde operan apenas 189 inmigrantes. En general, a pesar del vertiginoso aumento de inscripciones en el registro de las empresas sicilianas, el porcentaje de la isla está a la cola de la clasificación nacional por número de empresas individuales con titular inmigrante no UE. En la isla la incidencia es del 3.8%, en Palermo del 5.3% y en Enna del 1.5%: poca cosa en comparación con el 6.5% de la media nacional PERCORSI 140 y las máximas del 10% alcanzada en Toscana y Lombardía. El sector principal de actividad de las empresas de inmigrantes en territorio siciliano es el comercio (9348), especialmente al por menor, seguido por la agricultura, que cuenta con 921 empresas con titular no comunitario; finalmente, son 520 las empresas con titular extracomunitario en el sector de la construcción, 507 en la manufacturera y 230 entre hoteles y restaurantes. Desde el punto de vista de la edad anagráfica, estos empresarios tienen en su mayoría de 30 a 50 años. Uno de los problemas principales que los inmigrantes afrontan, tanto en Sicilia como en la península, es el acceso al crédito: son todavía muchas las dificultades encontradas, para cumplir con las garantías exigidas por los bancos, por quienes se esmeran en incrementar ulteriormente el porcentaje de empresarialidad. Mariangela Vacanti Anfe pone el progreso al servicio de los inmigrantes Uno de los motivos de orgullo de Anfe es la sucursal multifuncional de Marsala, que ofrece servicios a los ciudadanos, también y, tal vez principalmente, inmigrados, destinados a la inserción en el mundo del trabajo. Nace en 1998 de manera experimental, pero pronto su actividad, reconocida de utilidad pública, es financiada por la Regione Sicilia y por la Agencia Regional para el Empleo. Las principales actividades son informaciones sobre el mercado del trabajo, coloquios, seminarios y formación orientadora, asesoría, pero también otros tipos de servicios como la promoción de la autoempresarialidad, el cruce demanda-oferta de trabajo, stage y prácticas informadoras y asistencia a la proyectación de intervenciones de recualificación y actualización del personal. Los usuarios de la sucursal son varios; se trata, principalmente, de desempleados o en busca de primera ocupación, sobre todo mujeres de más de veinticinco años, poco los licenciados, muchos más los diplomados o con un diploma de enseñanza obligatoria. Pero la modernidad de la sede de Marsala se refiere exactamente a la asistencia y ayuda ofrecidos a los ciudadanos inmigrantes y a las comunidades extranjeras, con el objetivo de construir una red sinérgica comunicativa que pueda facilitar el acceso a los servicios a los ciudadanos extranjeros regularmente residentes en el territorio, acompañando los procesos de acogida y de integración. Con el proyecto “AL SALAM”, que se propone abatir los obstáculos entre las administraciones públicas y privadas y los ciudadanos extranjeros, los mediatores culturales, además de la función lingüística y cultural, desempeñan también el papel de ayudar a los inmigrantes en la preparación de los trámites burocráticos. Existe, también, el proyecto MAHRABAN, cuyo objetivo es, por un lado, favorecer el camino de inserción de los inmigrantes y, por otro, aportar un cambio en las instituciones y en el contexto social, dando oportunidades de diálogo y de comprensión recíproca. Finalmente, ETHNICITY aspira, además de a la reducción de barreras lingüísticas y culturales, a la puesta en marcha de iniciativas culturales destinadas a los menores, gestionadas en colaboración con los padres y los responsables de las diversas comunidades, destinadas al desarrollo de la identidad y del sentido de pertenencia a las propias raíces culturales. Con este objetivo, se han creado espacios de agregación y de encuentro entre italianos e inmigrantes (talleres artísticos, talleres de juego, biblioteca intercultural, servicios sanitarios). Walter Viviano UN CHICO SICILIANO DE SANGRE ÁRABE Un muchacho, hijo de uno o de ambos padres extranjeros, nacido o llegado a Italia en tierna edad, se define “inmigrante de segunda generación”. La misma acepción, de origen inglés (second generation), no es del todo exacta o, por lo menos, parece ambigua. Si es verdad que el inmigrante es quien vive en primera persona la experiencia de la inmigración, estos chicos, en cambio, tal experiencia, no la han vivido nunca directamente, sino, en muchos casos, sólo a través de las narraciones de sus padres. Ambigüedad a parte, ellos, los pueblos de las segundas generaciones, son muchos, muchísimos, y representan la efectiva posibilidad de una integración real. Según el informe Istat de 2008, son 457.000 los chicos y las chicas extranjeras nacidos en Italia y el suyo no es un mundo a parte, sino un bellísimo connubio hecho de tradiciones, usos y costumbres ligados y vinculados al mundo y a la sociedad en la que viven. Nada malo, por tanto, si su novia es italiana, si van a bailar por la noche, si hablan en dialecto, visten a la moda, escuchan música house y luego rezan a Alá y ayunan durante el Ramadán. Esta es la historia de Amor Souhi, un muchachón de 22 años que, desde sus 187 centímetros de altura, nos cuenta su experiencia de chico, hijo de madre siciliana y de padre tunecino, llegado a Italia hace más de veinticinco años, y que, juntos, unidos en el amor, han creado una familia bellísima en la cual musulmanes y católicos rezan juntos. Que sea Semana Santa o el Ramadán a ellos les importa poco. Amor, ¿te has sentido alguna vez excluido por tus amigos, por el apellidos que llevas? Nunca. Y digo la verdad. Nunca he advertido en el ambiente que frecuento ninguna mínima resistencia. Además, ¿por qué tendrían que haberme excluido? Un apellido extranjero es sólo un apellido diferente, pero, habiendo nacido y vivido en Palermo, yo me siento a todos los efectos ciudadano italiano con una suerte más: la de conocer la cultura del pueblo tunecino que forma parte de mi código genético. ¿Qué has estudiado? Me he diplomado en el instituto de arte, pero Paola Pottino EN LA ESCUELA CON AHMED Como todos los años, en concomitancia con la vuelta al colegio, nos podemos encontrar delante de las cancelas de los institutos de nuestra ciudad con la habitual reunión de niños y chiquillos que, con sus mochilas en los hombros, esperan que suene el timbre. Pero, diferentemente a hace algunos años, esperando el ring-ring que señala el comienzo de las clases hay algunos niños norteafricanos, srilankeses, chinos, rumanos, albaneses... Y, a menudo, según dicen los maestros y los especialistas son de los mejores y voluntariosos. Sin considerar el hecho de que, si faltara su presencia, muchas escuelas y colegios tendrían grandes dificultades, puesto que no conseguirían alcanzar el número mínimo de inscripciones fijado en 500. Obvio, porque en muchos casos los estudiantes extranjeros constituyen un porcentaje variable entre el diez y el veinticinco por ciento de la población escolar que gravita en las aulas. Roberta cursa la segunda media en la escuela Pecoraro de Palermo y, aunque sus padres no pueden comprar los libros de texto, estudia con las fotocopias y ya sabe leer y escribir en italiano correctamente. Es una niña rumana del campo nómada a las puertas de la Favorita. Como ellas, otros 88 niños rumanos está regularmente matriculados en las escuelas de la ciudad. También Hajar, una niña marroquí llegada a Sicilia desde Libia en un cayuco, después de haber sido guiada por las profesoras con el proyecto de la escuela en el hospital de Villa Sofia, ahora cursa con éxito tercero de primaria. Son solamente fragmentos de historias de pequeños inmigrados que ya forman parte integrante del tejido escolar palermitano, gracias a un creciente proceso se sensibilización y a un enfoque multiétnico de la enseñanza. «Los niños de mi escuela, a pesar de las grandes dificultades materiales que tienen y las condiciones precarias de la vida que conducen, en clase se esfuerzan por rendir de la mejor manera posible. Son curiosos, desean ser aceptados y contribuir a su vez a la vida escolar. Para los niños rumanos se ha firmado un protocolo de acuerdo entre las escuelas de la ciudad más cercanas al campo nómada para favorecer la integración escolar: De Gasperi, Monti Iblei, Pallavicino, San Lorenzo, Tomaselli, Trinacria, Borgese, Florio, Marconi, Orlando, Pecoraro y Virgilio Marone», dice Maria Giovanna Granata, directora del Alcide De Gasperi acoge a 45 alumnos rumanos desde la guardería hasta la primaria. «Tendrías que esforzarte más, como hace Ahmed»: justo esto podría oírle decir Giovanni a su profesor. El hecho de que los estudiantes extranjeros estén más interesados y presentes que los demás podría derivar también del hecho de que se sienten “un paso atrás” con respeto a sus compañeros, por cuestiones estrictamente vinculadas a la lengua. Pero, también en esto, están ayudados tanto por los profesores, que integran el italiano como segunda lengua, como por los propios compañeros de pupitre. «Hay muchas situaciones difíciles – dice Giuseppina Sorce, directora del Madre Teresa de Calcuta – pero, en general, puedo afirmar que los niños extranjeros son felices de venir a la escuela. Para ellos representa la posibilidad de conocer la cultura de la ciudad que los acoge, de aprender a leer y escribir en italiano de modo que no se sientan eternamente extranjeros entre nosotros. Son verdaderamente voluntariosos y se esfuerzan para superar las lagunas que inevitablemente tienen.» Muchas comunidades de inmigrados, además, ven en la escuela la única manera para tutelar sus tradiciones y su cultura. Por eso, los niños estudian todo el día, por la mañana en la escuela italiana y por la tarde en clases donde aprenden su propia lengua de origen, puesto que muchos de estos niños han nacido en Palermo y consideran el italiano su primera lengua. Esto sucede entre los tamil de Sri Lanka, matriculados en la escuela “Peppino Impastato” de pza. Principe di Camporeale. Tres tardes a la semana, los alumnos, repartidos en seis clases según la edad, estudian la lengua y la literatura tamil, el inglés y el italiano: «Por fin hemos encontrado un lugar para que nuestros niños estudien – dice Thayaraj Thayalan, profesor de inglés – queremos conservar nuestras tradiciones más antiguas entre las jóvenes generaciones, pero, a la vez, que aprendan bien italiano para una integración más feliz en el territorio». «Sí, me gusta estudiar con él. Es un compañero, pero le explico igualmente algunas cosas, así me siento mayor y mejor, casi como nuestra profesora». Habla Giulietta, una niña de doce años que comparte el pupitre con Medí, de trece años, originaria de Casablanca, Marruecos. «Empecé la escuela aquí en Sicilia. Mis compañeros se han convertido en seguida en mis amigos. Claro, el primer día fue difícil para todos, pero no pienso que dependa de donde vienes o de donde has nacido». Cuánta sabiduría y verdad en las palabras de Khaled, babi azul y lazo rojo almidonado, la emoción del primer día de escuela es universal. No recuerda bien ni siquiera el nombre de s ciudad natal, porque llegó a Sicilia todavía bebé junto a su familia. Curso tercero de primaria y tiene intención de seguir estudiando como todos los demás niños de su clase. Durante el recreo Ahmed y Giovanni juegan juntos y comparten sus meriendas. También la comida que ahora circula en las escuelas es diferente de la de hace algunos años. Además del clásico cruasán, del bocadillo de jamón y mozzarella, de la rosquilla, se encuentran recipientes llenos de cous cous, brochettes, tajin… Padres y niños, de hecho, llevan en las carteras platos típicos de su país de origen, intercambiando a veces las recetas en las lenguas más diferentes. Esta también es integración, no sólo entre los estudiantes, pero sobre todo entre sus mamás. Ya se sabe, en la mesa somos todos una única familia. Claudia Brunetto ¿Dios? Es un comandante y se llama Asik 26 de junio de 2009, Lampedusa. Francesco Viviano, periodista palermitano, recibe la ciudadanía honorífica de la isla, por el empeño 141 PERCORSI PERCORSI WORLDWIDE luego no he seguido estudiando porque encontrar un trabajo en este ámbito es pura utopía. ¿Y ahora? Trabajo como voluntario en Cruz Roja. He venido hace poco de Abruzzo, donde hemos intentado dar una mano a esta gente martirizada por el terremoto. Antes de esta experiencia, he trabajado, como voluntario, en Protección Civil. Creo que ayudar a los demás es mi verdadera índole y prioridad, pero también en este campo encontrar un trabajo es muy difícil y mis coetáneos lo saben. Amor, ¿crees en Dios, Alá o en quién? Creo en un solo Dios. Llamémoslo como queramos, sigue siendo Dios. De verdad, no consigo entender todas estas guerras entre católicos y musulmanes. Mi madre es católica, mi padre musulmán y, durante veinticinco años, se han querido mucho a pesar de su religión. Entonces, en tu familia, ¿cómo vivís los momentos religiosos? En libre respeto mutuo. En el período del ramadán, por ejemplo, yo también estoy en ayunas y no porque me lo haya impuesto mi padre, sino porque quiero hacerlo, sin constricciones. Mi padre es una figura muy importante, me ha enseñado mucho y cuando me he equivocado me ha explicado los errores con el ejemplo y el razonamiento. Además, siento un profundo respeto por su historia personal, por los sacrificios que ha tenido que afrontar yéndose de su tierra para que su familia creciera con dignidad y amor. ¿Tú hablas árabe? Lo entiendo perfectamente, aunque, obviamente, hablo más italiano. En un futuro, ¿te gustaría ir a vivir a Túnez? Sí, porque se vive una vida más relajada y si mi padre, cuando se jubile, quisiera volver a su tierra, yo le seguiría. ¿Qué opinas de la reciente postura de nuestro gobierno a propósito del problema de los clandestinos? Creo que quien gobierna no tiene la mínima idea de las tragedias personales que cada una de estas personas está obligada a afrontar cuando decide emprender estos “viajes de la esperanza”. Y la decisión de devolverlos a su país significa literalmente mandarlos al infierno. Amor, ¿qué música escuchas? El género de música que prefiero es el tango argentino, pero me gusta también Battiato, el blues, el jazz... ¿Qué esperas del futuro? Me gustaría mucho encontrar un trabajo de enfermero, este es mi camino y, además, soy muy feliz con mi novia Cristina y espero que nuestra unión pueda continuar. En resumidas cuentas, una vida tranquila que desea cualquier chico de mi edad y, además, deseo crear una familia, tener hijos, a los que, el día de su nacimiento les diré: “Marhaba”. ¿Y qué significa “Marhaba”? Bienvenida... PERCORSI WORLDWIDE demostrado con los inmigrados que todos los años, a miles, desembarcan en sus costas. No es la primera vez que Viviano se ve involucrado en historias, a menudo peligrosas, al lado de ciudadanos extracomunitarios, como la reciente que ha tenido como protagonista un comandante y su barco: el Pinar. De esta trágica historia ha nacido una obra teatral titulada “La puerta de la vida”, magistralmente interpretada por Filippo Luna y adaptada teatralmente por Maria Elena Vittorietti. El espectáculo, ya presentado en ocasión de la entrega al periodista de la ciudadanía honorífica lampedusana y que se volverá a proponer en el Salina Doc Festival, recorre paso a paso los avatares de los protagonistas que han vivido esta tragedia. Desde la fuga de su aldea, por miedo – certeza, en muchos casos – a ser matados, hasta la travesía del desierto para llegar a Libia, hasta los estupros sufridos por las mujeres, hasta el embarque en lanchas y pateras, que los patrones siguen llamando barcas, y de las que, los que no aguantan, normalmente niños y mujeres, son tirados al mar como piel de patata, hasta el encuentro con el capitán Asik Tuygun que todos, a bordo, llaman dios, un hombre que ha hecho lo que le decía el corazón, sin dudar en poner en peligro su vida, la de sus hombres y su pan. Testimonios fuertes, pero verdaderos, inverosímilmente verdaderos, recogidos por el periodista, que habiendo oído la increíble historia de este barco, anclado entre Malta e Italia, cargado con más de ciento cincuenta almas abandonadas a su suerte a merced de leyes y burócratas que se endosaban recíprocamente responsabilidades y deberes, decide flotar una lancha y después de 45 millas de mar gruesa, pide subir a bordo del Pinar. Desde aquí, empieza a difundir noticias y, como por milagro, toda Italia está en la pasarela con él. El comandante Asik Tuygun arriesga su puesto de trabajo, su armador está enfadado, porque todo este retraso en la entrega de la carga representa una notable pérdida económica. Pero, a estas alturas, aunque quisiera, y no quiere, Asik no puede moverse. Mientras tanto, en la pasarela del barco, el capitán, su tripulación y 154 desesperados, entre los cuales se encuentra una joven de 18 años fallecida con su niño en el regazo, esperan diez días. Días durante los cuales a bordo puede propagarse una epidemia. Por fin llega la autorización para amarrar en Puerto Empedocles. La odisea ha terminado, por lo menos para Asik y sus hombres. Otra empieza sólo ahora para todos los demás. “Rechazo” es una palabra nueva que 154 aprenderán pronto. A Viviano no le queda otra posibilidad que seguir difundiendo noticias, es su trabajo, lo hace bien, es su contribución a la justicia, su pieza en el difícil puzzle para construir un mundo mejor. Le hemos pedido que nos cuente una de los reportajes que lo han hecho famoso, como enviado de frontera. Me ocupo de clandestinos desde hace decenios. Cuando trabajaba para el Ansa escribí desde Pantelleria un artículo de 70 líneas que nadie publicó, pero, después de unos años, cuando el fenómeno PERCORSI 142 saltó a la crónica, leí una frase que había escrito en aquella ocasión «cuando llegan preguntan por la estación, pero la única estación que hay en la isla es la de los carabinieri». Empecé a sentir un interés cada vez mayor por el tema realizando artículos en Libia, Túnez, relatando el fenómeno y, sobre todo, publicando nombres y apellidos de los patrones, algunos “excelentes”, porque oficiales al servicio del ejército líbico o tunecino que favorecían la trata de los desesperados. Me introduje en el centro de acogida de Lampedusa haciéndome pasar por extracomunitario y, por eso, me han denunciado y condenado por “declarar señas personales falsas”, conseguí alcanzar en alta mar el Capanamur bloqueado en mar durante 15 días con 35 clandestinos a bordo. El sobre las travesías de los clandestinos era un artículo que tenía intención de hacer desde hacía mucho y así, con el colega Luigi Pelazza de las “Iene”, con el que me había cruzado mientras preparaba el reportaje, decidimos partir. A pesar de una comprensible difidencia inicial de los patrones, la experiencia me ayudó a acercarme a ello. Encontré un contacto con el portero de una pensión de alta fama en Túnez. Fueron suficientes unos cincuenta euros para que me diera el nombre de otro contacto, quien a su vez, bien sobornado, nos llevó a otro, y éste a otro... Después de unos quince contactos y casi un mes de tiempo, por fin, en Mahdia, entre Sousse y Sfax, contactamos con el patrón que nos llevaría a bordo. No entendía por qué queríamos hacer aquel viaje arriesgando la vida, pero conseguimos convencerle y cuando estuvo seguro de que no éramos policías, ni agentes secretos, aceptó, poniendo como condición que pagáramos el doble por la travesía. Aceptamos y Mansour, un hombrón de unos 40 años, pescador, nos llevó a una caseta en la playa donde encontramos a una decena de clandestinos. Eran sobre todo pobres desesperados, pero de aspecto sospechoso; con nosotros había también una mujer con dos niños de 3 y 4 años. Una verdadera tragedia. Aquel día empezó nuestra odisea. Dormíamos en lechos de fortuna, había sólo un baño a la turca que pronto se atascó. Afortunadamente, en el jardín había un grifo con agua y, de alguna manera nos apañamos. Le pregunté a la mujer si sabía nadar y ella me contestó que no. Me dijo que no era importante saber nadar. Y cuando le pregunté qué haría si por desgracia la barca fuera arrastrada por las olas y se hundiera, con mucha tranquilidad y resignación, me contestó que todo está escrito “si Alá quiere, llegaré a Italia, a Europa con mis hijos, si no quiere, significa que lo ha decidido así. Por tanto, ¿para qué sirve saber nadar?” Aquella respuesta me inquietó y yo también, a pocas horas del viaje, empecé a tener malos pensamientos, que empeoraron más el día anterior a la salida. Monsour había recuperado una barca y le había montado dos motores fuera borda. Desde luego, pensaba en mis hijos, también en ti que ahora me estás entrevistando, en mi madre, en mi mujer a la que había prometido que, nada más partir, la avisaría con una llamada. No lo hice, no servía para nada. Algunas horas antes de salir, saqué de mi mochila un chaleco salvavidas que me había llevado desde Italia, junto a un radiorreceptor y a un teléfono satelital. Le di a la mujer el chaleco y ella se lo puso. La tensión en el refugio era altísima y se hizo candente cuando Ahmed, uno de los jóvenes clandestinos, expulsado ya una vez de Italia, empezó a protestar porque el tampoco sabía nadar y aquel chaleco tenía que ponérselo él. Fueron momentos dramáticos durante los cuales podría haber pasado cualquier cosa. Circulaban algunos cuchillos y él siempre tenía uno en el bolsillo. Yo también tenía uno que llevaba para usarlo de otra manera. Tuve miedo, pero los demás clandestinos se pusieron de mi parte y Ahmed desistió. Estábamos preparados, esperábamos la llamada de Mansour para dirigirnos hacia el punto en el que nos esperaba la barca, cuando se desencadenó el infierno. Rayos de luz de células fotoeléctricas iluminaban la zona del embarque, oímos también unos disparos. Nuestro refugio estaba a trescientos metros de la playa, apagamos todas las luces y esperamos. Algunas horas después, oímos ruidos de patrulleras y camiones. Eran los militares tunecinos que, probablemente avisados por alguien, intervenían requisando la barca y arrestando a dos amigos de Monsour que lo habían organizado todo. Poco antes del alba vimos aparecer a Monsour, lleno de cardenales, y arañazos por todo el cuerpo, nos dijo que huyéramos rápido. En los ojos de la mujer se leía la desesperación, pero también tanta fe. “Alá esta noche no ha querido, pero ya veréis que antes o después me lo permitirá”, nos dijo mientras se alejaba con sus dos hijos, uno de los cuales llevaba una camiseta con una frase en inglés ve dónde te lleve el viento. Narración del periodista palermitano que, para realizar un reportaje sobre las rutas de la emigración clandestina, se ha hecho pasar por extracomunitario, infiltrándose en las filas de los “desesperados” a la espera de expatriación. Walter Viviano dentro de la telaraña de Saraceno Ha nacido en Palermo la fascinante telaraña de cables elásticos que en la Bienal de Venecia ha dejado a todo el mundo extasiado, apareciendo en los telediarios nacionales y en las páginas de periódicos como el New York Times y el Herald Tribune. Una instalación que en su primordial simplicidad une belleza, osadía tecnológica y armonía. La obra del artista argentino Tomás Sarraceno se titula “Galaxies Forming Along Filamens, Like Droplets Along the Strands of a Spider’s Web” (Galaxias que se forman a lo largo de filamentos, como gotitas a lo largo de los hilos de una telaraña) y representa a gran escala una telaraña, pero es también el modelo del origen mismo del universo. ¿Cuáles han sido los encuentros y los lugares que han determinado su recorrido artístico? He viajado mucho y puedo decir que cada país ha dejado una huella, Alemania, Argentina, pero también el Iuav de Venecia, donde he encontrado óptimos maestros, no sólo italianos. Han llevado a Venecia a Tomás Sarraceno, en colaboración con la Fundación Garrone de Génova, la Fundación Sambuca de Palermo, nacida hace poco menos de un año del sueño de Marco y Rossella Giammona, empresarios especializados en la recuperación del patrimonio histórico monumental. “La Fundación Sambuca quiere traer a Palermo artistas, coleccionistas y empresarios amantes del arte, que quieran invertir en Sicilia, para que el mundo conozca mejor este rincón de paraíso – declara el presidente Giammona apelando a los italianos por el mundo.- “Es un deber de todos los empresarios invertir en arte. En nuestra tierra; en particular, el binomio arte-empresa no es ajeno a las tradiciones, basta pensar en lo que hicieron los Florio hace cien años”. Según Paolo Falcone, el director de la exposición , “La obra de Sarraceno conjuga ciencia, arte, arquitectura y estudio espacial y es una síntesis perfecta de la futura programación cultural de la Fundación Sambuca.”. El éxito obtenido en Venecia incentiva a los fundadores, que junto al financiero Fulvio Reina, después de establecer un acuerdo con el museo regional Riso, pretenden crear un archipiélago de lugares expositivos definido ‘un sistema museal difundido’. Una serie de espacios sugestivos e insólitos que van desde un Rolls Royce antiguo a una pasarela de un buque mercante, pasando por las caballeri- zas de Palacio Sambuca, hasta el exhenil de uno de los palacios nobiliarios más preciosos de Palermo. “Todo puede ser transformado en sede para el arte contemporáneo – concluye Falcone - arte y territorio tienen que dialogar, y de esta unión nacerá una nueva Palermo”. Antonella Caradonna UN CUENTO QUE NO DEJA DE HACER SOÑAR Jorney to La Dolce Vita. Un viaje entre fotografía, música, cine y gusto por recordar esta declinación de Italian Style. A los niños indigentes y a las víctimas del seísmo en Abruzzo, los ingresos Más que una película, Vacaciones en Roma es un vértice de emociones y, en cierto sentido, también una manera de ver la vida, de saborear su intensidad. Será por eso que tres palabras como ‘La dolce vita’ hoy siguen evocando una fascinación indiscutible. No solamente en Italia. De hecho, esta declinación del Italian Style ha desembarcado en uno de los lugares más sugestivos de EE. UU. Realizado con la colaboración del Instituto Italiano de Cultura de Nueva York, Rai Corporation, la Ciudad de Brooklyn y Entidades e Instituciones nacionales estadounidenses, Foedus USA, Journey to La Dolce Vita se ha articulado en cine, música, fotografía. Dumbo ha sido el barrio elegido para el evento: bajo el puente de Brooklyn, en una zona de artistas, de viejas fábricas y loft, que sigue conservando la fascinación de una Nueva York mercantil y olvidada. Journey to La Dolce Vita no ha sido solamente un evento de glamour para revivir un cuento, sino una ocasión para recolectar fondos a favor de los niños pobres y las víctimas del reciente terremoto en Abruzzo. La manifestación giraba alrededor de una exposición de imágenes fotográficas de archivo sobre la Dolce Vita romana de los años 50 y 60, dirigida por Renato Miracco, director del Instituto Italiano de Cultura de Nueva York. La exposición se ha realizado en la Powerhouse Arena, conocida editorial e institución fundadora del prestigioso New York Photo Festival. Las imágenes, inéditas en los Estados Unidos, retratan a familias reales, presidentes y estrellas de Hollywood durante sus visitas a Roma en ese decenio. Después de la proyección de la película Vacaciones en Roma en el Parque del Puente de Brooklyn, l’Empire-Fulton Ferry State Park, los participantes han degustado los mejores platos de la tradición italiana, desde el jamón de Parma al queso taleggio, desde el capuchino al helado artesanal. En el Brooklyn Bridge Park, ha actuado la artista ítalo-brasileña Rosalia de Souza, siempre sobre el tema de la Dolce vita. En la performance han participado otros artistas de la escena internacional, como Claudia Acuña, Dead Perez y muchos otros. De Nueva York la exposición irá en otoño también a Miami, blasonado club Casa Tua de South Beach. Porque el sueño de la Dolce Vita no deja de encantar. Tampoco a los americanos. Alessia Franco LA MÚSICA MANTIENE LAS RAÍCES Música, teatro, cine... Hay también una faceta artística del Anfe. Mantener las tradiciones, nutrir las raíces, ésta también es tarea de la asociación, así, cuando por las callejuelas de Montevideo o Buenos Aires se oye canturrear Ciuri ciuri uno se alegra porque se ha alcanzado el objetivo. Gracias a la colaboración de artistas del calibre de Mario Venuti, Carmen Consoli, Sun y Arancia Sonora, la música ha lanzado un puente a nuestras comunidades de más allá del Océano, sobre todo a los jóvenes, lanzando un mensaje fuerte de pertenencia a la tierra de origen. “Me gusta considerar la emigración como un valor añadido. Los italianos han llevado la riqueza de sus costumbres, la lengua, la literatura, el arte y la cocina a los países de adopción”. Habla así Carmen Consoli; la hemos encontrado en Argentina, una de las etapas extranjeras de su espectáculo Eva contro Eva. ¿Qué significa cantar para un público siciliano en un país que no es Sicilia? Yo amo las contaminaciones, mi espectáculo es una contaminación de géneros, un diálogo entre teatro y música con monólogos de Emma Dante escritos para Simona Malato. Cantar en el extranjero me brinda la posibilidad de ver cómo los sicilianos han contaminado el lugar en el que se han establecido. En Buenos Aires he añadido algunas canciones en dialecto siciliano prosiguiendo el camino que ve la recuperación de la canción popular siciliana. Nuestra cultura posee una riqueza de textos y de músicas extraordinaria con estructuras armónicas y melódicas de altísimo nivel. ¿Se puede utilizar la música como instrumento para preservar las raíces? Sí y también para más. La música puede ser también un instrumento político. Político, no de partido, en el sentido de un instrumento para desarrollar ideales. La política, en su expresión más noble de servicio a los ciudadanos se convierte en lenguaje común de todos los pueblos y, como tal, lugar de convivencia pacífica y armoniosa de diferentes humanidades, diferentes por su raza, sexo, ideas y religión. ¿Cree que la música puede borrar los confines marcados en el planisferio? Como decía Baudelaire la música evoca, recuerda. Todas las artes tienen el poder de evocar sensaciones y emociones, traer a la mente una tierra lejana, un sabor, un olor, un amor perdido. Viendo una película, visitando un país vuelve a la mente una música. El arte consigue reunir todos los sentimientos confinados en sotobosque de nuestra racionalidad. ¿En qué medida se siente portadora de cultura siciliana? Cada uno de nosotros es portador de una cultura. Los italianos lo llevamos en el ADN, somos portadores de cultura y de belleza. Pero la cultura es un auténtico recurso económico y es una pena que las instituciones no se den cuenta de ello y se dejen escapar a jóvenes artistas con talento, que dejan Italia en busca de una tierra que acoja sus ideas, sus artes. Yo me siento portado- 143 PERCORSI PERCORSI WORLDWIDE ¿Qué artistas considera como punto de referencia? Muchos, difícil elegir uno. Sin duda, Thomas Bayrle, Olafur Eliasson, Dan Graham, Kyula Kosiche, R. B. Fuller, Sonic Youth y los Ant Farm. Usted pertenece a aquel numeroso pueblo de italianos que viven fuera de los confines geográficos de su nación, ¿qué país considera su casa? Cuando me preguntan que de dónde soy, contesto: “del planeta tierra, hasta ahora.” De todas formas, hoy vivo en Frankfurt y desde que he vuelto a Europa he conseguido hacer buenos amigos. Mi familia es de origen italiano, mi padre es de Milán, pero yo nací en Argentina. Tenía poco más de un año cuando volvimos a trasladarnos a Italia y diez años después, en el 86, volvimos a Buenos Aires, donde, mientras tanto se había restablecido la democracia. Hace un par de años volví a ver los lugares de mi infancia, la casa donde vivía y jugaba, que se encuentra en Pasian de Prato, cerca de Udine y donde viven mis primos y mis tíos. ¿El secreto de su trabajo? La movilidad (¿se puede decir en italiano?). El secreto es no quedarse nunca parados durante demasiado tiempo. ¿Cómo ve el arte contemporáneo italiano? No se juzgarlo, pero lo que me asombra es que los artistas italianos que me gustan de verdad no viven en Italia. ¿Un juicio sobre la Bienal? En Venecia me he sentido feliz, me sentía en casa, mis padres me llevaban siempre a la laguna. La Bienal ha sido bellísima, había muchas cosas interesantes, pero la obra que me ha sorprendido ha sido sin duda la de Thomas Bayrle. PERCORSI WORLDWIDE ra de la cultura siciliana, no sólo en el extranjero, sino también en Italia, en Sicilia, en Palermo, en mi Catania. Nosotros hemos sentido vergüenza, durante demasiado tiempo, de la lengua siciliana, sin darnos cuenta de lo poética que es y por esto conocida en todo el mundo. Los poemas de Buttitta, de Pitré, toda la antología siciliana no se puede traducir. He viajado mucho, en cierto sentido yo también me puedo considerar una emigrante, aunque no me han obligado a dejar mi tierra para encontrar fortuna. Mi “El Dorado” lo he encontrado justo en Catania. Nadie quería producir mi música, mandé maquetas por todos lados, a Milán, a Roma, sin ningún resultado, y sin embargo aquellas maquetas eran canciones que luego han tenido mucho éxito. Al final encontré un productor en Catania. Hoy vivo entre Catania y París, pero vuelvo siempre a mi ciudad, no puedo estar lejos del Etna, para mí Sicilia no es un punto de partida sino de retorno. ¿Cree que para los emigrantes Sicilia puede ser, de la misma manera, un punto de retorno y no de partida? Los sicilianos estamos siempre dispuestos a partir. Como decía mi abuela: “nuatri ama a partiri, siempre. Fino a ottant’anni si tu rici a na fimmina ri partiri idda si fa i valigi”. Luego, sin embargo, de verdad, no lo conseguimos. ¿Y las ganas de volver? No hablaría de un sentido literal del término. Diría, más bien, que volvemos a un sentimiento, a una sensación que los sicilianos conseguimos crear en cada lugar al que nos trasladamos. Creamos nuestra Sicilia en el lugar que elegimos como residencia. Argentina, además, es tan parecida a nuestro país que la distancia se siente menos, no funciona de la misma manera si se va a vivir a Dinamarca. ¿Qué mensaje quiere dar a los jóvenes emigrantes sicilianos? Que creen valor. Los jóvenes somos capaces y buenos en crear valor. Porque nos enamoramos de las cosas. De las personas, de los trabajos. Ponemos energía y pasión en todo lo que hacemos. Como se dice en mi tierra “ni ittamu cu tuttu u sceccu”, nos tiramos de cabeza en todo lo que hacemos, sin frenos, sin hacerle caso al cansancio y a los sacrificios que eso conlleva. Antonella Caradonna Sicilia en película Franco Nero, David de Donatello como mejor actor protagonista en El día de la lechuza (1968) de Damiano Damiani, también este año, por segunda vez, está invitado al Sicilian Film Festival, llegado a su cuarta edición. Ya invitado el año pasado por el premio a la carrera, Franco Nero, actor de 12 películas todas rodadas en Sicilia, ha aceptado volver a América como invitado de honor del SFF, un festival enteramente dedicado a Sicilia, durante el cual se ha proyectado «Perorata de un apestado», sacada de la homónima novela de Gesualdo Bufalino. Nos hemos visto mientras pescaba en la bahía de Miami Beach, en Florida, mientras luchaba con un banco de barracuda. «Siempre he tenido una espléndida PERCORSI 144 relación con Sicilia, nacida en Partinico, cuando rodaba “El día de la lechuza”, con Claudia Cardinale. Al año siguiente, Damiani me volvió a pedir que trabajara con él, esta vez en ¿Por qué se asesina a un magistrado?, la película italiana más vendida en el mundo. He interpretado el papel de un magistrado, el juez Falcone. También Perorata de un apestado, Gente de respeto de Luigi Zampa sacada de la novela siciliana de Giuseppe Fava y Sin invitación, se han realizado en Sicilia. Y tengo que decir que todas la películas rodadas en Sicilia han ido siempre muy bien. Sicilia siempre me ha dado suerte. En Palermo estaba invitado por la señora Silavana Paladino, que tiene una antigua y espléndida casa cerca de Villa Igea. Guardo bellísimos recuerdos, party y fiestas con amigos y personas conocidas allí. Esta año he aceptado volver al Sicilian Film Festival porque es pequeño, siendo familiar, pero grande y con películas bellísimas que hay que enseñar a los americanos». No miente Franco Nero, la relación existe y es fuerte. Todos los años vuelve a Sicilia, «voy a Capo d’Orlando a pescar surici», nos confiesa. Consolidado escaparate americano de la cinematografía siciliana, el Sicilian Film Festival, se ha realizado en la Miami Beach Cinematheque con el patrocinio de la Assemblea Regionale Siciliana. El Sicilian Film Festival promociona más allá del océano la cultura y el cine siciliano, que ofrecen atracciones y sorpresas y rinde homenaje a los sicilianos u oriundos sicilianos, que han formado parte de la historia del cine mundial. Pero también los no sicilianos pueden aspirar a un homenaje del Festival. En ocasión de su IV edición, el premio como mejor director lo ha ganado Marco Amenta por La siciliana rebelde, contemporáneamente a su distribución en Italia. La protagonista de la película, Verónica D’Agostino, ha ganado el premio como mejor actriz. La película ya había obtenido dos candidaturas a los David de Donatello (mejor director novel y David Giovanni). El Sicilian Film Festival tiene el mérito de haber sido el primero en evidenciar en todo el mundo la existencia de un verdadero “cine siciliano” y su internacionalidad. Son numerosísimas las películas llegadas para las selecciones, tanto producciones italianas como extranjeras. La MGM ha enviado desde Hollywood la célebre película Vestida para matar de Brian De Palma y producida por el siciliano George Litto,, a quien el festival ha dedicado un encuentro, para contar su afortunada carrera. Entre las películas que han competido hay unos títulos seguramente interesantes: Los virreyes, gran transposición de la novela homónima de Federico De Roberto de Roberto Faenza; Cover Boy de Carmine Amoroso, la película italiana más premiada en los festivales internacionales, producida, entre otros, por Augusto Allegra, que ha dado una conferencia sobre la producción cinematográfica siciliana; películas de jóvenes autores sicilianos, como Lisa Romano (Se chiudi gli occhi). Numerosos, además, los documentales, algunos presentados por Gambero rosso, sobre la tradición culinaria, entre los cuales Street food y uno dedicado al Principe Alliata, o Il mare come il vino, de Luigi Valente sobre la lonja de Favignana, y otros sobre Sici- lia de Vincenzo Consolo y sobre varias fiestas en tierra Siciliana rodados en Palermo, Trapani, Selinunte, Marsala, Mozia, Ustica, Sant’angelo Muxaro, San Biagio Platani, Prizzi, Terrrasini, Cinisi, San Martino delle Scale, Etna, Acitrezza, Siracusa, Vara y otros lugares. También este año La Sicilia di Montalbano de Montalbano ha sido uno de los eventos especiales (con la colaboración de Antonio Bruni, responsable RAI para los festivales internacionales), que, por segunda vez, ha llevado al público americano la nueva serie televisiva interpretada por Luca Zingaretti, titulada La Luna di Carta y sacada de las novelas de Andrea Camilleri. Un jurado internacional ha asignado a los largometrajes un premio a la mejor película, la mejor dirección, los mejores intérpretes y la mejor contribución técnica; numerosos los cortometrajes firmados por algunos jóvenes autores, que han demostrado la vitalidad y el futuro del cine siciliano; en exclusiva los seis cortometrajes finalistas de la sección cortos sicilianos del Festival di Taormina, dirigido por Deborah Young. El Sicilian Film Festival, cuyo creador y presidente es el escultor Emanuele Viscuso y cuyo director artístico es Salvo Bitonti, director teatral y cinematográfico y profesor de historia del Cine y Dirección en Turín, está haciendo conocer y apreciar Sicilia en todo el mundo. En Tegucigalpa, Honduras, con el apoyo de la Embajada Italiana se realizará un evento dedicado al festival en el que se proyectarán la película Lettere dalla Sicilia de Manuel Giliberti, el corto Fedra de Salvo Bitonti y el documental Storie di Sicilia de Sasà Salvaggio ya premiados en otras ocasiones del festival. Entre otras novedades, se está estudiando un SicilianFilmFestivalWebTV que, ya desde la próxima edición debería estar presente con sus cámaras. Recordemos que en su segunda edición, el alcalde de Miami Beach ha proclamado oficialmente un Sicilian Film Festival Day y ha concedido las llaves de la ciudad a su creador Emanuele Viscuso que, siendo promotor de la cultura siciliana, ya ha creado directamente en Sicilia también el Festival Internazionale di Musica d’Organo nelle Chiese dello Storico Principato di Castelbuono (F.I.M.O.) , cuya primera edición, promocionada por el mismo tipo de comunicación de un festival cinematográfico internacional, ha tenido gran éxito. El presidente Emanuele Viscuso ha confirmado la dirección artística de Diego Cannizzaro también para la segunda edición del FIMO desde el 8 hasta 14 septiembre de 2009. «Para un italiano en el extranjero – dice Emanuele Viscuso, escultor palermitano que ha vivido en Milán y luego se ha trasladado a Miami – un festival de este tipo es casi un shock. Sicilia ha estado en el centro siempre y solo por el mismo lugar común. Un festival destinado enteramente a un público internacional y dedicado a la Isla, a su cultura y creatividad, a su poesía y a la historia de Sicilia, a su cine sin el tema mafioso de siempre, son un inesperado don a mi Región. Un regalo a los sicilianos y a todos los italianos, acostumbrados en cierto sentido a avergonzarse un poco de esta hermana tan especial. El SFF no es un fenómeno estrictamente local sino del que se habla en Carla Incorvaia EL MAR DE JOE Todo empezó con un bocadillo de salmón. Porque a Vincenzo Incontro, director del Plemmirio, área marina protegida de Siracusa, de la que está considerado pionero y durante ocho años asesor submarino para el programa Rai “Linea Blu”, mientras se encontraba en Punta Bassana en Marettimo para un rodaje, a un cierto punto le entró hambre. Y para satisfacer su apetito se dirigió a los pescadores del lugar. Le entregaron un bocadillo con el preciosísimo pescado. “Me pregunté en seguida de dónde venía – cuenta Incontro – me dijeron: lo pescamos nosotros desde hace más de cien años”. Y es así como nace la historia “El mar de Joe, desde Sicilia a Alaska”. El documental narra la vida de los pescadores sicilianos que se trasladan a los Estados Unidos para pescar una especie de salmón entre las más apreciadas, el rojo, el sockeye. El proyecto, que ha costado 120 mil euros, ha sido realizado con una coproducción de Scubafilm y Anfe, la asociación nacional familias emigrantes y será preestrenado en Marettimo en el mes de junio. “hay todavía comunidades de marettimani que viven en los Estados Unidos, más de mil en Monterrey en California, que cada año durante quince días pescan el salmón sockeye en localidades como Coldbay, en la Bahía de Bristol, en las aguas más frías de Alaska, en frente de las islas aleutinas, en Nackneck. Están las familias: los Guerra, los Bonanno, los Aliotti y los Campo que provienen de Isola y Trapani. Los mayores comerciantes de pescado son de Augusta, los Trincali: hablan siciliano antiguo y americano”. La fotografía del documental ha sido cuidada por Marco Mensa, de la Ethnos, una sociedad de producción de Bolonia para la que trabaja también el técnico de sonido Maurilio Quadarella. “Han sido necesarios dos años de estudio y de localizaciones – continúa Enzo Incontro – y de llamadas con Skype. Pero, lo hemos conseguido. La pesca dura cinco semanas, de junio a julio y cada año parten flotas de jóvenes. El negocio de la pesca es próspero y puede alcanzar incluso los 100 mil dólares. Además, la actividad está rígidamente reglamentada por la autoridad encargada de la pesca, la “Fish and game”, que gestiona de manera férrea el régimen de captura y abre la pesca sólo cuando los biólogos han constatado que el número de salmones que remontan es el adecuado para asegurar la continuidad de la especie”. El rodaje ha durado tres meses, entre Marettimo, California y Alaska. El personaje de la historia es Joe Bonanno, alias Giuseppe, 63 años, vive en Monterrey desde hace más de 40, aunque su corazón está en Marettimo. “lo más impresionante – dice el director del Plemmirio – es ver la preparación de comidas y platos. La suya es una cocina fundamentalmente mediterránea. Preparan cous cous y arancini y comen en sus alojamientos. La pesca es intensa y el ápice es el 4 de julio, cuando por el reloj biológico se produce el número más alto de capturas. Con el primer pescado se prepara el salmón “a ghiotta”, con patatas, aceitunas y tomate, es rico en Omega”. Gracias al Anfe y al trabajo de Enzo Incontro de la Scuba film y de Marco Mensa de la Ethnos de Bolonia, “El mar de Joe, desde Sicilia a Alaska” dará la vuelta al mundo. Carla Incorvaia Tercer Golpe de Claqueta para el Salinadocfestival Tercera edición para Salinadocfestival, el festival del documental narrativo ideado y dirigido por Giovanna Taviani. Una apuesta vencedora, la de organizar un festival en el corazón del archipiélago eólico, que más de una vez ha sido protagonista indiscutible de la historia del cine. Este año, imágenes sonidos y realidades del Mediterráneo se alternarán del 18 al 27 septiembre a través de un recorrido itinerante por la isla, que se articula en distintas secciones. A la sección cine pertenecen el concurso “Mi pueblo: los invisibles” y “Restos de memoria”, espacio reservado a la proyección de documentales de grandes nombres del cine italiano y extranjero, este año dedicado al gran Roberto Rossellini. Más aún, la sección “Ventana en el presente” está centrada en la producción documentaria de jóvenes cineastas ya consagrados, que al término de la proyección de sus películas darán una charla-lección. Reservada exclusivamente al público insular son los tres días “Documentémonos”, que vota y premia al mejor documental entre algunos grandes títulos contemporáneos que han contribuido a redefinir el género. “Miradas sobre cine italiano” es sin embargo la sección dedicada a los jóvenes directores italianos, que mezclan elementos documentales al cine de ficción. En la “Sección especial cine”, sin embargo, John Turturro presentará su nuevo documental sobre Sicilia. Continúa, después, el hermanamiento con la prestigiosa Mostra internacional del Cinema de Sao Paolo. Otra importante sección del festival es la dedicada a la literatura, sobre escritores e intelectuales que han destacado por su empeño civil en la frontera entre literatura y cine. La sección “Teatro y música” prevé además la presencia de la dramaturga Emma Dante, que dialogará con Polifemo, y del cuntista Mimmo Cuticchio, empeñado con Ulises. Salinadocfestival es también una importante cita caracterizada por talleres para enseñantes, masterclass en documentales, un concurso de fotografía documental y uno de escritura creativa. Relevante, además, la conferencia internacional –organizada por Anfe con la colaboración de Onu y Save the Children – sobre el drama de los niños fantasma, los menores no acompañados que desembarcan en las costas italianas. Numerosos los invitados de prestigio que se alternarán en el curso de esta tercera edición: entre ellos, además de los ya citados, Vincenzo Pirota, Dacia Maraini, Vittorio Taviani, Carlo Lucarelli, Isabella Rossellini, Wu Ming. Alessia Franco Y Giovanna Taviani creó el SalinadocFest Estudiosa de literatura contemporánea, ensayista y crítica de cine, Giovanna Taviani, ya ha llamado la atención del público con sus dos primeros documentales “NUESTROS TREINTA AÑOS: GENERACIONES FRENTE A FRENTE” presentado en el ámbito del Torino film festival y “RETORNOS”, presentado en la fiesta de Roma 2006. Enseguida después de la licenciatura en literatura ha entrado a formar parte de la redacción de “allegoria”, revista de teoría y crítica literaria dirigida por Romano Luperini. Su inmenso deseo de narrar le hace superar cualquier frontera y barrera. En 2007 organiza en Salina el primer festival del documental narrativo: SalinadocFest; debutando con óptimo éxito de crítica y público. Repropuesto en 2008 con igual éxito, vuelve también este año con un programa rico en encuentros e iniciativas. El SalinaDocFest ha surgido apenas hace dos años con una óptima respuesta por parte de la crítica. ¿Qué ha cambiado este año y, sobre todo, cree que ha conseguido los objetivos que se había fijado? Desde la primera edición el festival ha recibido una buena respuesta mediática sin lugar a dudas debida al hecho de haber ofertado una propuesta cultural más amplia. El Salinadocfest no quiere ser un escaparate mundano sino proponer un turismo cultural sostenible a través de la creación de un lugar ideal, que sea también, un taller de reflexión sobre el documental. Salinadocfest es de hecho, antes de nada, el festival del “cine de lo real”, dedicado a la nueva producción documental que en Italia, a diferencia de otros países, no encuentra una distribución capaz de proyectarlos en las pantallas del circuito nacional. El Documental tiene la función de reconstruir la realidad a través de una mirada personal. En la edición 2008 entre las diez películas a concurso la mitad ha tenido como tema la emigración y también este año un considerable espacio está dedicado al mismo tema. El alma del festival ha sido justamente la emigración. Todos sabemos que la emigración es todavía hoy una condición real y objetiva pero no olvidemos que también una condición subjetiva-interior. La condición del emigrante hoy es propia del intelectual del tercer milenio, que ve en la escritura un salvavidas para reivindicar la propia identidad. Yo misma me siento una eterna emigrante, exiliada y ajena, respecto a una sociedad con la que a menudo no me identifico. También este año continúa la partnership cinematográfica entre Salina y San Paolo. ¿Qué ha inspirado esta unión y sobre todo qué tienen en común dos pueblos tan lejanos? Tierra de fugas y de desembarques, de exilios y salidas, el Brasil, como las Eólicas, pertenece a la historia de los hombres que conocen el drama de la emigración y del exilio de la propia tierra. Por esto hemos pensado en un herma- 145 PERCORSI PERCORSI WORLDWIDE todo el mundo. Nos llegan propuestas para repetirlo en todo el mundo, y de todo el mundo, hasta de la India, Siria o Egipto». PERCORSI WORLDWIDE namiento con un país tan lejano geográficamente. Hay además una tradición cinematográfica brasileña que el festival de Salina no puede no tener en cuenta (es suficiente citar a Glauber Rocha) y una nueva generación de documentalistas brasileños que está volviendo con fuerza a contar las atroces verdades de un país donde el drama de los desaparecidos espera todavía encontrar justicia. En la sección dedicada a los congresos también este año la Anfe organiza, una conferencia internacional del tema “Los niños fantasma”. ¿Cuánto, según usted, la opinión pública es sensible al drama de los menores no acompañados que desembarcan en las costas italianas? El tema de los niños fantasma no acompañados que cada año después de desembarcar en nuestras costas se pierden en las capitales de Europa para transformarse en fantasmas invisibles es un tema de urgentísima actualidad sobre el cual la opinión pública debería concentrar más la propia atención. El cine documental de las nuevas generaciones es muy sensible a este problema y a menudo lo elige como sujeto privilegiado (pienso en los casos de Costanza Quatriglio, documentalista palermitana, y de su El mundo encima, y en el Paradà de Pontecorvo, hijo de Gillo, otro maestro del cine italiano, que podría proyectarse en el festival de Salina al final de la conferencia internacional organizada por la Anfe). Muchas las propuestas culturales y muchos los invitados en esta nueva edición 2009 del SalinaDocFest. ¿Puede anticiparnos algo? ¿Tiene ya en mente un invitado en particular de quien quisiera hablarnos? La novedad de la tercera edición se refiere a la apertura hacia el Mediterráneo y a todos aquellos países que comparten con el nuestro, en particular Sicilia, costumbres, cultura y tradiciones. Invitado de la próxima edición será España, a la que dedicaremos un Focus específico sobre el documental, partiendo de un homenaje al gran maestro del cine español Buñuel. La intención es la de crear una red euromediterránea, hecha de intercambios y encuentros, que se extienda de la ribera norte a la ribera sur del Mediterráneo, hasta el norte de África y a los países de Oriente Medio. En esta dirección el Comité de Honor del festival ha decidido asignar para la nueva edición del festival el premio literario al escritor paquistaní emigrado a Inglaterra Mohsin Hamid, por El Fundamentalista contrario; de los Estados Unidos esperamos confirmación de una invitación a algunos ilustres personajes del cine (de los cuales por si acaso no digo los nombres) que podrían estar presentes en el festival por los sesenta años de la película Stromboli, Tierra de Dios de Roberto Rossellini de la cual Salinadocfest rendirá homenaje. Rossella Catalano Las piedras cuentan Las islas Eólicas son la cremallera entre Sicilia y la Península, desde siempre lugar de encuentro de tradiciones, gentes y civilizaciones diferentes. Pobladas desde el Neolítico a causa de PERCORSI 146 la atracción de la obsidiana sobre los pueblos circunstantes, fueron sede de múltiples poblados prehistóricos que la sabia y apasionada obra de Madeleine Cavalier y Luigi Bernabò Brea a sacado a luz realizando también aquel Museo Arqueológico Eoliano, hoy dedicado al estudioso genovés, que recoge la memoria de la historia de este lugar central en la historia del Mediterráneo. Desde Filicudi (Montagnola de Capo Graziano) hasta Panarea (cabañas de la edad media del bronce del área de Milazzo), hasta Salina (Portella), el recorrido se despliega a lo largo de milenios de la prehistoria vividos entre los muros en seco de las cabañas circulares que trepan entre los acantilados insidiosos (que se asoman al mar). Por aquí pasaron los Miceneos en su peregrinación en busca de los metales, pero también Griegos y Romanos. A estos últimos se les debe la cautivante colección de máscaras y figuras de la comedia helenístico-romana o los colores solares y marinos del Pintor de Lipari que dejo sus apreciadas decoraciones en los jarrones de la época. En el mar de las Eolícas se han encontrado huellas de estos pasajes milenarios en las ánforas y vasijas de valor, como el de pintura negra de procedencia campana, encontrado en los restos del barco de Capistello en Lipari. Una de las áreas más ricas por sus restos arqueológicos submarinos sigue siendo el de Capo Graciano, en las aguas de Filicudi, donde el insidioso bajío fue la causa de numerosas tragedias del mar, como la del barco cablero Ciudad de Milán que yace a sus pies a más de 100 metros de profundidad. Aquí es posible visitar los restos A, dedicado a Gianni Roghi, de los que quedan ánforas griego-itálicas esparcidas en un banco de arena y en un canalón junto a cerámicas de pintura negra de producción campana. En Ústica las huellas más consistentes de vida se remontan a finales de la edad media del bronce (siglo XII a. C.). el asentamiento de los Farallones estaba fortificado en el lado hacia el interior mediante un gran muro de piedra con murallas semicirculares que resaltan hacia el exterior. Poblada en época helenístico-romana, presenta numerosas huellas de esta presencia en la Falconiera y en las áreas occidentales. Con el primer siglo de la era cristiana parece ser que en Ústica desaparecen las preocupaciones defensivas. A esta época de gran desarrollo y prosperidad para la pequeña Ústica, que dura hasta la crisis del imperio romano (Siglo V d.C.), se remontan los numerosos restos arqueológicos submarinos identificados en los fondos que rodean la isla (Punta Alera, Escollo del Médico, Bajío de la Palomar, Falconiera, etc.), demostrando una vez más la riqueza histórico-arqueológica del mar de Ústica. En las islas Egadi, la más relevante atracción arqueológica del archipiélago ha sido la gran cantidad de grutas que la erosión marina, a lo largo de las numerosas transgresiones pleistocénicas, ha cavado en las espectaculares acantilados calcareníticos de las tres islas. Marettimo ofrece una rica y espectacular muestra de grutas, pero todas al nivel del mar y, por tanto, aún en vía de formación y, por consiguiente, de escaso interés arqueológico, si bien, una de éstas – la Gruta de la Pipa – tenía huellas consistentes de frecuentación antrópica de época helenístico-romana y medieval. Las grutas de las otras dos islas, en cambio, estuvieron repetidamente y ampliamente pobladas desde el Pleistoceno Final o Paleolítico Superior. La relevancia de estas cuevas está determinada, sobre todo, por la presencia, en un caso – Gruta de Cava de los Genoveses – en Levanzo, de arte rupestre zoomórfico (más antiguo) y de pintura esquemática (más reciente), del que merece citar el famoso cervato con la cabeza reclinada sobre el cuerpo y el toro visto frontalmente. Indicios bastante más consistentes indican la segura existencia de amplios asentamientos helenístico-romanos en las tres islas del archipiélago. Interesantísimo es el establecimiento para la elaboración del pescado (producción de “garum”) que se encuentra que se encuentra en la Punta Altarella de Levanzo y las “Casas Romanas” e Marettimo. Ligado a los testimonios terrestres es lo que el mar ha devuelto de algunos restos de barcos helenísticos, romanos y medievales, como el descubrimiento, en el área de la conocida batalla entre Romanos y Cartaginenses (Al nor-oeste de Levanzo), de dos espolones de bronce, que pertenecieron probablemente a barcos hundidos durante el conflicto. Entre las metas de mayor relieve recordamos Cala Minnola en Levanzo, donde se ha encontrado lo que queda de una carga de un barco romano republicano de propiedad de la conocida familia Papia de empresarios laciales. El campo de ánforas, que se ha quedado en el fondo a unos 30 metros, se puede ver de lejos mediante una instalación de telecontrol de cámaras que devuelven las imágenes en directo, actualmente en el ayuntamiento de Favignana. En Pantelleria, coincidiendo con una fase avanzada de la antigua edad del bronce siciliana, vivió el asentamiento fortificado de Mursia, activamente integrado en la red comercial egeo-levantina de la mitad del II milenio a. C. El asentamiento, hoy visible por importantes y monumentales vestigios, estaba constituido por cabañas circulares que se convirtieron, en la última fase, en edificios cuadrangulares en el interior de un espacio costero encerrado por un poderoso muro de fortificación, más allá del cual se extiende la necrópolis, que ha hecho famosa Pantelleria en el ámbito de los estudios de prehistoria mediterránea por los “Sesi”, estructuras circuares en tronco de cono, construidas según una técnica megalítica y destinadas exclusivamente a función funeraria. El asentamiento romano hegemónico, en las dos alturas de Santa Teresa y San Marcos, se despliega en una amplia área más arriba de la capital actual y, por lo tanto, en directa relación con el puerto más válido e importante de la isla que recientes investigaciones arqueológicas submarinas han confirmado como tal. Las dos alturas están separadas por un puerto llano en donde una primera excavación ha puesto en evidencia una vasta expla- El conocimiento de la prehistoria y la arqueología de las isla menores de Sicilia se deben al duro trabajo de investigación realizado individualmente, pero, a menudo, sobre todo recientemente, en situaciones de cooperación internacional. En Pantelleria trabajan arqueólogos y estudiantes italianos junto a colegas de otras nacionalidades demostrando la importancia de la cooperación internacional como el mejor camino para profundizar en el conocimiento de nuestra interactiva civilización mediterránea. Sebastiano Tusa Nuevos Dioses eligen su Olimpo en las islas de Sicilia “El despertar de los dioses durmientes”. Así alguien definió el nacimiento del hotel Raya de Panarea, en 1962, dando el mérito a Myriam Beltrami y a Paolo Tilche por haber revelado al mundo la “perla de las Eólicas” y por haber hecho de ella la más mundana de las islas sicilianas. Pero en verano se despierta Sicilia entera, no sólo Panarea, no sólo las Eólicas, renovando el rito que lleva cada año a la Isla personajes de calibre internacional que, en algunos casos, echan raíces y no quieren volver a atrás. Ya los maniacos del vip watching se han entretenido viendo a personajes como Ennio Doris, presidente del Banco Mediolanum, que ha explorado las islas del viento a bordo del “ Princesa Vaivia”, un yate a vela de lujo que perteneció al primer ministro Silvio Berlusconi. Entre Lipari, Panarea y Salina han sido vistos también el cantante Lee Ryan, Osvaldo De Santis administrador de la Twenty Century Fox Italia, Mickey Arison, propietario de “Miami Heats” y el responsable de la cantera de la Juventus, Gianluca Pessotto. En Lipari el “Cicerón” del ex manager blanconegro es el barón Bartolo Matarazzo que en “La Nassa” le ha hecho degustar las especialidades de “Mamma Teresa”. Gianluca Pessotto ha ido a Lipari aconsejado por Pierino Zaia, hincha blanconegro que muchas veces ha sido invitado a Turín para seguir las aventuras del equipo de Alex Del Piero. En Lipari, algún día de relax también para Claudio Bisio, Massimo Giuliani e Pino Insegno. En una de las embarcaciones atracadas a pocos metros de la isla ha sido visto también Mario Zamma, cómico del Bagaglino de Pier Francesco Pingitore. Entre las estrellas internacionales, literalmente enamorado de Sicilia y de sus islas está Rod Stewart que, acompañado de su mujer Penny Lancaster y de algunos amigos, ha decidido volver, después de haber festejado allí, el año pasado, un aniversario importante. La estrella británica ha llegado a bordo de una verdadera joya del mar, “Braveheart” y lo ha anclado en la rada de Lipari. Ha llegado por la tarde y cuando estaba anocheciendo ha ido a uno de los restaurantes más exclusivos, “E Pulera”, donde ha apreciado las exquisiteces de la cocina eólica, sin perderse algunas botellas de malvasía. Para la estrella del pop, que ya incluye casi siempre la etapa en las Eólicas durante sus vacaciones, se trata de una parada gastronómica irrenunciable. El artista, después de firmar en el libro de los huéspedes famosos, se ha parado a charlar con los titulares del establecimiento y, al parecer, ha manifestado también la idea de comprar una villita en las islas. No ha renunciado, después, a una parada en Panarea, donde se ha dirigido al restaurante “Da Pina”. Pit stop en la isla de los vip por excelencia, según los rumores que circulaban, también para Alba Parietti, que allí alquila todos los años la misma villa, y para los mundanísimos Flavio Briatore y Elisabetta Gregoraci, que en la más pequeña isla de las Eólicas han pasado el puente del 2 de junio. Son muchos también los personajes del show business, de las empresas y de la política que se han quedado tan fascinados por estos lugares que han “invertido la ruta” y han comprado maravillosas viviendas. Como el fotógrafo Fabrizio Ferri y el Rey de la moda, Giorgio Armani, que hospedan en sus dammusi de Pantelleria a personajes que van desde Victoria Beckham a Sharon Stone, desde Sting a Madonna. A Armani, que ha comprado una casa en la isla hace ya unos años, en la zona de Gadir, el alcalde le ha entregado las llaves. “Llamadme paisano”, le dice a quien se encuentra por la calle. Entre los aficionados a la isla, se encuentran también el príncipe Amadeo de Saboya Aosta y su esposa Silvia Paternò de Spedalotto, que poseen un dammuso con un frondoso jardín botánico. En cambio, han preferido Favignana, la mayor de las Egadi, Simona Izzo y Ricky Tognazzi, mientras Francesco Rutelli y su mujer, Barbara Palombelli, han comprado casa en Filicudi, tal vez siguiendo el camino recorrido por Giovanni Melandri, que en este pequeño escollo, en medio del mar, lejos de la jet-set, tiene una casa desde hace unos años. En Panarea, en cambio, tiene una bellísima villa la ministra de Medioambiente, Stefania Prestigiacomo, y que, al parecer, ya ha hecho una escapada en junio. No ha podido evitar la atracción de Sicilia ni siquiera Claudio Baglioni, que hace unos años se dejó encantar por las aguas celestes de Lampedusa, donde al final del verano, todos los años organiza el festival O’ Scià. Incluso metas menos conocidas a los sicilianos han despertado atracción. Es suficiente pensar en Bill Gates que ha manifestado la intención de comprar inmuebles en Salemi, acogiendo la iniciativa promovida por el alcalde Vittorio Sgarbi; o en Cesare Settepassi, presidente de Tiffany Italia y vicepresidente de Tiffany Europa y en Paolo Panerai, el editor del grupo Class-Milano Finanza, que han comprado una casa entre los viñedos y las playas de Menfi (Agrigento). Tortorici, en la provincia de Messina, ha sido elegida por el compositor griego Mikis Theodorakis, conocido en Italia por la banda sonora de la película “Zorba el griego”, mientras que el actor Luca Zingaretti guardará siempre en su corazón los episodios de su “Commissario Montalbano”, dado que ha echado raíces en Ragusa Ibla, donde se ha rodado la serie. Sigue siendo un evergreen Taormina, donde han decidido comprar una casa el alcalde de Roma, Gianni Alemanno, y el futbolista Christian Panucci. Cristiana Rizzo 147 PERCORSI PERCORSI WORLDWIDE nada pavimentada marcada por tabiques que resaltan y que podrían identificarse como una gran plaza (foro). Las excavaciones recientes han sacado a la luz parte de la muralla de época púnica atravesada por una puerta urbana cuya estructura muraría conserva parcialmente los restos de un muro de gran valor. Del rellenado de las cisternas en la cumbre de San Marcos proviene interesante material escultórico de época tardo-púnica y romana en fragmentos pertenecientes diversas estatuas y algunos epígrafes latinas fragmentarias, pero, sobre todo, los tres conocidos retratos imperiales romanos que representan a Julio César, Antonia Menor y Tito. También Pantelleria posee fondo marinos ricos de historias y de restos de barcos. Uno de los lugares más interesantes es la bahía de Gadir donde las primeras investigaciones efectuadas por Lamboglia en 72-73 llevaron a recuperar más de 100 ánforas púnicas y helenístico-romanas, pertenecientes a los restos de dos barcos que datan entre finales del siglo III y el siglo I a. C. Otros restos interesantes de un barco que transportaba principalmente una carga de cerámicas de la bien conocida producción local de ollas, llamada “pantellerian ware”, aún sin finalizar su rescate, se encuentra en la bahía de Scauri, entre cuyos restos merece la pena citar un pequeño anillo de plata con un engaste de corniola decorado con el símbolo cristiano del ancla y una gema de corniola con una figura divina con arco y un cervato. Los datos deducidos por la excavación de los restos del barco refuerzan la visión del vivaz dinamismo que caracteriza la difusión de esta cerámica hecha en Pantelleria en los asentamientos de Sabratha, Leptis, Djerba, Tharros, Turris Libisonis, Ostia, Luni, Cosa ed Albintimilium. Las islas Pelagias están pobladas desde la prehistoria y bien integradas en los circuitos comerciales del mundo romano gracias a la formidables características portuarias constituidas sobre todo por la veradera “ría” de cala Guitcia de Lampedusa. Lampeusa y Linosa fueron pobladas, nada menos, ya en el neolítico según se deduce por las débiles, pero seguras, huellas de asentamiento identificado en las terrazas de la Cala Pisana en Lampedusa. La presencia de un asentamiento neolítico realizado por colonos procedentes de Sicilia, nos permite comprender el alto nivel de conocimientos marineros que ya en esa época poseían las poblaciones sicilianas. La presencia de numerosas cisternas, en el establecimiento para la producción del garum y de vastas necrópolis, testimonian una intensa frecuentación en época romana. Las maravillosas aguas de las Pelagias, conocidas por su transparencia y visibilidad, esconden interesantes testimonios del paso de rutas mercantiles y de flotas guerreras en esta área del Mediterráneo desde la antigüedad hasta el segundo conflicto mundial. Entre las restos submarinos más interesantes por su valor histórico, recordamos también los cañones de Cala Pisana que, en parte, debían de pertenecer a una flota comandada por Antonio Doria que naufragó en las costas septentrionales de Lampedusa mientras navegaba hacia África. Last call “Chi guarda l’oro non pensa mai che c’è gente che muore in miniera” PERCORSI Voli diretti Palermo - New York a partire da 184 euro* call center 892.928** ooo&e]ja\aYfY&[geooo&]mjg^dq&al nelle migliori agenzie di viaggio * Tariffa di sola andata, per persona, valida dal 10 maggio al 27 settembre 2009 (esclusi luglio ed agosto) soggetta a specifiche restrizioni, tasse ed oneri inclusi. 300 posti disponibili dall’inizio della promozione 15 maggio 2009 fino ad esaurimento. I collegamenti sono in code-share tra Meridiana e Eurofly e operati da Eurofly. ** Costo della telefonata da rete fissa: 0,625 euro al minuto, scatto alla risposta 0,25 euro, iva esclusa. I costi da rete mobile variano in base all’operatore.