Sbobinatura risposte papa francesco sul volo Seul

Transcripción

Sbobinatura risposte papa francesco sul volo Seul
Sbobinatura delle risposte di Papa Francesco sul volo Seul-Roma
Saluto iniziale del Papa:
«Buon giorno grazie tante per il vostro lavoro, è stato abbastanza impegnativo e
adesso c'è l’attenzione nel fare questo colloquio. Grazie tante
!
1) Le vittime del naufragio del traghetto Sewol e il rischio di essere
strumentalizzato
«Quando tu ti trovi davanti al dolore umano, tu devi fare quello che il tuo cuore ti
porta a fare. Poi diranno: ha fatto questo perché ha qualche intenzione politica. Si può
dire di tutto ma quando tu pensi a questi uomini e a queste donne, a questi papà e
mamme che hanno perso i figli, fratelli e sorelle… al dolore tanto grande di una
catastrofe il mio cuore - io sono sacerdote, sai - mi dice che devo avvicinarmi. Lo
sento così. So che la consolazione che potrei dare con una parola mia non è un
rimedio, non dà vita nuova a quelli che sono morti. Ma la vicinanza umana in questi
momenti ci dà forza, c’è la solidarietà. Io ricordo che come arcivescovo di Buenos
Aires, ho vissuto due catastrofi: una era un incendio di una sala da ballo, un concerto
di musica pop e sono morti 193 giovani. Un’altra volta era una catastrofe con i treni
credo che sono mancati 120 persone. In quel tempo ho sentito lo stesso il bisogno di
essere vicino. Il dolore umano è forte e se noi in questi momenti tristi ci avviciniamo,
ci aiutiamo tanto. Io ho preso questo (ha indicato il fiocco giallo sulla mantellina)
l’ho preso per solidarietà con loro. Qualcuno mi ha detto: è meglio toglierlo, lei deve
essere neutrale. Ma quando senti il dolore umano non si può essere neutrali».
2) L'aggressione dell'Isis alle minoranze cristiane in Iraq e le bombe americane
«In questi casi, dove c’è un’aggressione ingiusta, soltanto posso dire che è lecito
“fermare” l’aggressore ingiusto. Sottolineo il verbo “fermare”, non dico bombardare,
fare la guerra, ma fermarlo. I mezzi con i quali si può fermare dovranno essere
valutati. Fermare l’aggressore ingiusto è lecito. Ma dobbiamo avere memoria, quante
volte sotto questa scusa di fermare l’aggressore ingiusto le potenze si sono
impadronite dei popoli e hanno fatto la vera guerra di conquista. Una sola nazione
non può giudicare come si ferma un aggressore ingiusto. Dopo la Seconda Guerra
mondiale è stata l’idea della Nazioni Unite, là si deve discutere e dire: c’è un
aggressore ingiusto? Sembra di si, e allora come lo fermiamo? Soltanto questo, niente
di più. In secondo luogo, le minoranze. Grazie per aver usato questa parola. Perché a
me parlano di cristiani, quelli che soffrono, i martiri. E sì, ci sono tanti martiri. Ma
qui ci sono uomini e donne, minoranze religiose, non tutti cristiani, e tutti sono uguali
davanti a Dio. Fermare l’aggressore ingiusto è un diritto che l’umanità ha ma che è
anche un diritto che ha l’aggressore di essere fermato perché non faccia del male».
3) La possibilità di una visita in Iraq, nella zona del conflitto
«Io ho incontrato poco tempo fa il governatore del Kurdistan, lui aveva un pensiero
molto chiaro sulla situazione, come trovare soluzioni, ma era prima dell'inizio di
quest'ultima aggressione. Sono disponibile ad andare in Iraq e credo di poterlo dire:
quando con i miei collaboratori abbiamo avuto notizia di questa situazione, delle
minoranze religiose e anche il problema in quel momento del Kurdistan che non
poteva accogliere così tanta gente. Abbiamo pensato tante cose. Abbiamo scritto
prima di tutto il comunicato che ha fatto padre Lombardi. Dopo questo comunicato è
stato inviato a tutte le nunziature perché fosse trasmesso ai governi. Poi abbiamo
scritto al Segretario generale delle Nazioni Unite e abbiamo deciso di mandare là un
inviato personale, il cardinale Filoni. Alla fine abbiamo detto se fosse stato
necessario, dopo il ritorno dalla Corea, potevo andare lì, era una delle possibilità.
Questa è la mia risposta: sono disponibile! In questo momento non è la cosa migliore
da fare, ma sono disposto a questo».
4) Il rapporto tra la Santa Sede e la Cina e la possibilità che il Papa ci vada
(Lombardi: posso comunicare che siamo sullo spazio aereo cinese in questo momento
e quindi la domanda è pertinente).
«Quando all'andata stavamo sorvolando lo spazio aereo cinese, io mi trovavo nella
cabina pilotaggio e uno dei piloti mi ha fatto vedere un registro, spiegandomi che
mancavano dieci minuti per entrare nello spazio aereo cinese e dovevamo chiedere
l'autorizzazione - sempre si deve chiedere, è una cosa normale, per ogni Paese - e ho
sentito come chiedevano l’autorizzazione e come rispondevano, sono stato testimone
di quel momento. Il pilota ha detto: adesso partirà il telegramma, non so come l’abbia
fatto, ma l’ha fatto. Poi mi sono congedato da loro, e sono tornato al mio posto e ho
pregato tanto, per quel bello e nobile popolo cinese: un popolo saggio. Penso ai
grandi saggi cinesi, penso alla storia di scienza, di saggezza… Anche noi gesuiti
abbiamo una storia lì… Matteo Ricci e tutte queste storie derivano da lì. Se io ho
voglia di andare in Cina? Ma sicuro, domani! Noi rispettiamo il popolo cinese. La
Chiesa chiese soltanto la libertà per il suo ministero, per il suo lavoro. Nessun’altra
condizione. Poi non bisogna dimenticare la lettera fondamentale per il problema
cinese, quella che è stata inviata ai cinesi da Papa Benedetto XVI. Quella lettera oggi
è attuale. Rileggerla fa bene. La Santa Sede è sempre aperta ai contatti, sempre,
perché ha una vera stima per il popolo cinese.
5) I prossimi viaggi e la speranza di vederlo in Spagna, ad Avila, nel 2015
«La signora presidente della Corea in perfetto spagnolo mi ha detto che la speranza è
l'ultima cosa che si perde. Sperando nell’unificazione della Corea. Mi viene in mente
questo, ma non è deciso. Adesso ti spiego. Quest’anno è previsto l’Albania. Alcuni
dicono che il Papa ha uno stile per cominciare tutte le cose dalla periferia, ma io vado
in Albania per due motivi importanti. In primo luogo perché qui sono riusciti a fare
un governo - pensiamo ai Balcani - un governo di unità nazionale, tra islamici,
ortodossi, cattolici, con un consiglio interreligioso che aiuta tanto ed è equilibrato. E
questo va bene, è armonizzato. Io ho sentito la mia presenza come se fosse una aiuto
da quel popolo nobile. L'altro motivo è questo: pensiamo alla storia dell’Albania,
l’unico dei paesi comunisti che nella sua Costituzione aveva l’ateismo pratico. Se tu
andavi a messa era anticostituzionale! E poi mi diceva uno dei ministri che sono state
distrutte - voglio essere preciso nella cifra - 1.820 chiese, ortodosse e cattoliche. E poi
in quel tempo altre chiese sono state trasformate in cinema, teatro, sale da ballo. Io ho
sentito che dovevo andare, e in un giorno si fa. Poi l’anno prossimo vorrei andare a
Philadelphia all’incontro della famiglie e anche sono stato invitato dal Presidente
degli Stati Uniti al Parlamento americano e anche dal Segretario delle Nazioni Unite
a New York - forse le tre città insieme, Philadelphia, Washington e New York- I
messicani vogliono che in quella occasione io vada anche alla Madonna di Guadalupe
(Città del Messico) e si può approfittare, ma non è sicuro. E alla fine la Spagna. I
reali mi hanno invitato, l’episcopato mi ha invitato, ma c’è una pioggia di inviti per
andare in Spagna… Forse è possibile, si può andare dal mattino si può andare al
pomeriggio, sarebbe possibile, ma non è deciso, questa è la risposta grazie».
6) Che rapporto ha con Benedetto XVI?
«Ci vediamo. Prima di partire sono andato a trovarlo. Due settimane prima mi ha
inviato uno scritto interessante, mi chiedeva un'opinione. Abbiamo un rapporto
normale. Perché intorno a questa idea, che forse non piace a qualche teologo -io non
sono teologo - penso che il Papa emerito non sia una eccezione. Dopo tanti secoli c'è
il primo emerito… La sua rinuncia è stata proprio un bel gesto, di nobiltà, umiltà e
coraggio. Ma io penso: 70 anni fa i anche i vescovi emeriti erano una eccezione, non
esistevano, mentre oggi sono una istituzione. Io penso che il Papa emerito sia già una
istituzione, perché la nostra vita si allunga e a una certa età non c’è la capacità di
governare bene, perché il corpo si stanca… La salute forse è buona ma non c’è più la
capacità di portare avanti tutti i problemi di un governo come quello della Chiesa….
Papa Benedetto ha fatto questa scelta. Può darsi che qualche teologo mi dica che
questo non è giusto, ma io la penso cosi. I secoli diranno se è così o no. E se io non
me la sentissi di andare avanti? Farei lo stesso. Pregherò, ma credo che farei lo stesso.
Lui ha aperto una porta che è istituzionale, non eccezionale. Siamo fratelli, e ho già
detto che è come avere il nonno a casa, per la sua saggezza. È un uomo di saggezza,
di nuance. Mi fa bene sentirlo. E lui mi incoraggia abbastanza”.
7. Cosa ha provato quando ha salutato stamattina le sette “donne di conforto”?
Lei verrà a Nagasaki il prossimo anno?
«Sarebbe bellissimo, bellissimo! Sono stato invitato sia dal governo che
dall’episcopato. Le sofferenze… Lei torna su una delle prime domande. Il popolo
coreano è un popolo che non ha perso la dignità. E stato un popolo invaso, umiliato.
Ha subito guerre, ed è diviso. Con tanta sofferenza. Ieri quando sono andato
all’incontro con i giovani, ho visitato il museo dei martiri. È terribile la sofferenza di
questa gente. (Martirizzati) semplicemente per non aver voluto calpestare la croce. È
una sofferenza storica. Ha capacità di soffrire, questo popolo, è parte della sua
dignità. Anche oggi c’erano queste donne anziane davanti, a messa. Pensare che con
l’invasione sono state da ragazze portate via, nelle caserme, per sfruttarle. Loro non
hanno perso la dignità. Oggi erano lì, mostrando la faccia, donne anziane, le ultime
rimaste. È un popolo forte nella sua dignità. Ma tornando ai queste cose dei martiri,
alle sofferenze, e di queste donne: questi sono i frutti della guerra! E oggi noi siamo
in un mondo in guerra, dappertutto! Qualcuno mi diceva: lei sa, padre, che siamo
nella terza guerra mondiale, ma fatta a pezzi. A capitoli. È un mondo in guerra dove si
fanno queste crudeltà. Vorrei fermarmi su due parole. La prima è crudeltà. Ora i
bambini non contano! Una volta si parlava di una guerra convenzionale, ora questo
non conta. Non dico che le guerre convenzionali siano cosa buona, no. Ma oggi va la
bomba e ammazza l’innocente con il colpevole, il bambino con la donna, la mamma:
ammazza tutti. Ma vogliamo fermarci a pensare un po’ al livello di crudeltà a cui
siamo arrivati? E questo ci deve spaventare. Non è per fare paura. Il livello di
crudeltà della umanità in questo momento è da spaventare un po’».
«L’altra parola è tortura. Oggi la tortura è uno dei mezzi dire quasi ordinari nei
comportamenti dei servizi di intelligence e in alcuni processi giudiziari... E la tortura
è un peccato contro l’umanità, un delitto contro umanità. Ai cattolici dico: torturare
una persona è peccato mortale, è peccato grave. Ma è di più: è un peccato contro
l’umanità. Crudeltà e tortura. Mi piacerebbe tanto che voi nei vostri media faceste
una riflessione su qual è oggi il livello di crudeltà dell'umanità e cosa pensate della
tortura. Credo ci farebbe bene a tutti riflettere su questo».
8) Lei ha una vita molto impegnativa, molto serrata. Poco riposo, niente
vacanze. Viaggi massacranti. C’è da preoccuparsi da ritmo che lei tiene?
«Sì, qualcuno me lo ha detto. Io ho passato le vacanze a casa, come faccio di solito.
Una volta io ho letto un libro, interessante, che s'titolava: "Rallegrati di essere
nevrotico". Anche io ho alcune nevrosi e bisogna curarle bene eh? La mia è che sono
un po’ troppo attaccato al mio habitat. L’ultima volta che ho fatto vacanze fuori, con
la comunità gesuita, è stato nel 1975. Poi sempre faccio vacanze, ma nel mio habitat,
cambio ritmo: dormo di più, leggo cose che mi piacciono, sento musica, prego di più.
E questo mi riposa. A luglio tante volte ho fatto questo. È vero, il giorno che ho
dovuto andare al Gemelli, fino a dieci minuti prima dovevo partire ma non ce la
facevo. Erano stati giorni molto impegnativi. Adesso so che devo essere più prudente.
Tu hai ragione...»
9) Quando la folla diceva Francesco, Francesco, a Rio, lei rispondeva Cristo,
Cristo. Oggi lei come gestisce questa immensa popolarità? Come la vive?
«Io la vivo ringraziando il Signore che il suo popolo sia felice, augurando al popolo il
meglio. La vivo come generosità del popolo, quello vero.. Interiormente cerco di
pensare ai miei peccati, ai miei sbagli, per non “credermela” (espressione in lingua
spagnola che equivale a: "credersi importante"), perché io so che questo durerà come
me, due o tre anni e poi... alla casa del Padre! La vivo come la presenza del Signore
nel suo popolo che usa al vescovo che è il pastore del popolo per manifestare tante
cose. La vivo più naturalmente di prima, perché mi spaventava un po’».
10) Come vive in Vaticano, al di là del lavoro?
«Cerco di essere più libero. Ci sono appuntamenti di ufficio di lavoro, la vita per me è
la più normale che si possa fare. Mi piacerebbe uscire ma non si può, ma non si può.
Poi a Santa Marta faccio la vita normale di lavoro, di riposo, chiacchiere… Se mi
sento prigioniero? No. All’inizio sì, ma sono caduti alcuni muri… per esempio, per
ridere: il Papa non poteva scendere in ascensore da solo, subito qualcuno veniva ad
accompagnarlo! "Ma tu vai al tu posto che io scendo in ascensore da solo! È finita la
storia, e così eh.. la normalità, una normalità»
11. La sua squadra, il San Lorenzo, è diventata campione di America per la
prima volta, come lo sta vivendo?
«È una buona notizia, dopo il secondo posto del Brasile! L’ho saputo a Seul, me lo
hanno detto. E mi hanno detto che mercoledì vengono all’udienza pubblica. Per me il
San Lorenzo è la squadra di cui tutta la mia famiglia era tifosa».
12) La prossima enciclica dedicata alla salvaguardia del creato
«Di questa enciclica, ho parlato tanto con il cardinale Turkson e anche con altri e ho
chiesto al Turkson di raccogliere tutti i contributi arrivati. Prima del viaggio, il
cardinale mi ha consegnato la prima bozza. È grossa così (fa gesto ampio, ndr), un
terzo di più dell’Evangelii Gaudium. È la prima bozza. Si tratta di un problema non
facile perché sulla custodia del Creato, anche l’ecologia - c’è una ecologia umana - si
può parlare con una certa sicurezza solo fino ad un certo punto. Poi vengono le
ipotesi scientifiche, alcuni abbastanza sicure, altre no. E una enciclica che deve essere
magisteriale deve andare avanti soltanto sulle sicurezze, sulle cose che sono sicure.
Se il Papa dice che il centro dell’universo è la terra e non il sole, sbaglia perché dice
una cosa che scientificamente non va. Così succede adesso, dobbiamo fare lo studio
paragrafo per paragrafo. Credo che diventerà più piccola perché bisogna andare
all’essenziale, è quel che si può affermare con sicurezza. Si può mettere nelle note a
pie' di pagina che su questo c’è questa ipotesi o quest'altra. Ma darlo come
informazione, non nel corpo di un’enciclica che è dottrinale e deve essere sicura».
(Padre lombardi: abbiamo fatto 12 domande si vuole fermare e vuole andare a
mangiare? Facciamo un altro giro?)
Papa: «Dipende dalla loro fame»
13) Una nuova domanda sulle «donne di conforto» costrette e sulla divisione
della Corea
«Oggi queste donne erano lì perché malgrado tutto quello che hanno sofferto hanno
dignità e hanno messo la faccia. E ho pensato questo, ho pensato alla guerra e alle
crudeltà delle guerre a queste donne sono state sfruttate, sono state schiavizzate sono
crudeltà tutto questo. Ho pensato alla dignità che loro hanno e anche quanto hanno
sofferto e la sofferenza è un’eredità. I primi martiri della Chiesa dicevano che il
sangue dei martiri è seme di cristiani , voi coreani avete seminato tanto tanto, per
coerenza. Si vede adesso il frutto di quella semina dei martiri. Sulla Corea del Nord
so che è una sofferenza, una la so sicuro, che ci sono alcuni parenti, tanti parenti che
non possono ritrovarsi, questo fa soffrire, quello è vero. È una sofferenza di quella
divisione del paese, oggi in Cattedrale, dove io ho indossato i paramenti per messa,
c’era un regalo che mi hanno fatto, una corona di spine di Cristo, fatta con il filo di
ferro che divide le due parti dell’unica Corea. E lo portiamo sull’aereo, ma è un
regalo che io lo porto... la sofferenza della divisione di una famiglia divisa. Io come
ho detto ieri, parlando ai vescovi, lo ricordo: abbiamo ancora speranza, le due Coree
sono sorelle e parlano la stessa lingua. Quando si parla la stessa lingua è perché si ha
la stessa madre e questo ci da speranza. La sofferenza della divisione è grande. Io
capisco e prego perché finisca».
14) la beatificazione dell'arcivescovo salvadoregno Oscar Romero
«La causa era bloccata, si diceva per prudenza, alla Congregazione della dottrina
della fede. Adesso è sbloccata. È passata alla Congregazione per i santi e segue la
strada normale di un processo, dipende di come si muovono i postulatori. È molto
importante di farlo in fretta. Perché io quello che vorrei è che si chiarisca quando c’è
il martirio in odium fidei, sia per confessare il Credo, sia per fare le opere che Gesù ci
comanda con il prossimo. Questo è un lavoro dei teologi che lo stanno studiando.
Dietro Romero c’è Rutilio Grande e ci sono altri. Altri che sono stati uccisi che non
sono della stessa altezza di Romero, si deve distinguere teologicamente tutto questo.
Per me Romero è un uomo di Dio. Si deve continuare processo, il Signore deva dare
un suo segno, se Lui lo vuole fare, lo farà. Adesso i postulatori devono muoversi
perché non ci sono più impedimenti».
15) Il fallimento della preghiera per la pace: subito dopo i missili e le bombe su
Gaza
«La preghiera per la pace assolutamente non è stato un fallimento: in primo luogo
non era un'iniziativa uscita da me, l’iniziativa di pregare insieme è venuta dai due
presidenti, dal presidente dello Stato di Israele e dal presidente dello Stato di
Palestina. Loro mi hanno fatto arrivare questa inquietudine. Poi potevamo farla là
durante il viaggio, ma non si trovava il posto giusto, il costo politico per ognuno
sarebbe stato molto forte, se andava da una parte o dall'altra. La nunziatura era un
posto neutrale, ma per arrivare in nunziatura il presidente dello stato di Palestina
doveva entrare in Israele, la cosa non era facile. E loro mi hanno detto facciamo in
Vaticano, noi veniamo. Questi due uomini sono uomini di pace, sono uomini che
credono in Dio e hanno vissuto tante cose brutte, tante cose brutte, e sono convinti
che l’unica strada per risolvere la questone è il negoziato, il dialogo, la pace. La sua
domanda adesso: E’ stato un fallimento? Io credo che la porta sia aperta. Tutti quattro
con i rappresentanti, Bartolomeo, Patriarcadell’ortodossia, ma non vorrei usare
termini che forse non piacciono a tutti gli ortodossi, con il Patriarca Ecumenico si
voleva proprio che fosse comune la forza della preghiera, e si diceva, si deve pregare
è un dono di Dio, la pace è un dono che si merita con il nostro lavoro, ma è un dono.
E dire all’umanità che anche la sala del negoziato che è quella importante è la sala
della preghiera. Dopo questo è arrivato quello che è arrivato. Ma questo è
congiunturale. Quell’incontro non era congiunturale è un passo fondamentale
dell’atteggiamento umano, una preghiera. Adesso il fumo delle bombe delle guerre
non lasciano vedere la porta, ma la porta è rimasta aperta da quel momento. Ma io
credo in Dio, credo nel Signore, quella porta è rimasta aperta e chiediamo che Lui ci
aiuti. Ma mi piace quella domanda grazie, grazie per averla fatta».

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